Chiede nuovo termine per la notifica del ricorso: la Corte d’Appello dice no, la Cassazione dice sì

In caso di appello avverso la sentenza di divorzio, il termine per la notifica del ricorso e del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di comparizione non ha carattere perentorio, con la conseguenza che la sua inosservanza non comporta la dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, ma impone soltanto, ove l’appellato non si sia costituito, la fissazione di un nuovo termine, avente invece carattere perentorio, mentre la costituzione dell’appellato ha efficacia sanante del vizio di omessa o inesistente notifica, in applicazione analogica del regime previsto dagli articolo 164 e 291 c.p.c

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 21111, depositata il 7 ottobre 2014. Il caso. Con sentenza, la Corte d’Appello, dichiarava improcedibile l’impugnazione proposta dall’appellante, per mancata notificazione del ricorso entro il termine fissato, escludendo la possibilità di disporne la proroga. In particolare, il difensore dell’appellante, all’udienza fissata per la comparizione delle parti, aveva chiesto la concessione di un nuovo termine per procedere alla notifica del ricorso, dichiarando di non avervi potuto provvedere per ragioni di salute. Avverso la predetta decisione ricorreva per cassazione l’appellante, denunciando la violazione e falsa applicazione degli articolo 154, 291, 348 e 352 c.p.c. e dell’articolo 8 della legge numero 74/1987. Il mancato rispetto del termine per la notificazione. In giurisprudenza, numerose pronunce hanno sottolineato che il mancato rispetto del termine per la notificazione del ricorso non ha alcun effetto preclusivo, trattandosi di un termine la cui fissazione risponde esclusivamente alla finalità di consentire l’instaurazione del contraddittorio, con la conseguenza che, indipendentemente dalla mancata presentazione di un’istanza preventiva di proroga, l’inutile decorso dello stesso comporta soltanto la necessità della fissazione di un nuovo termine, ove la controparte non si sia costituita, mentre la costituzione di quest’ultima comporta la sanatoria del vizio, con efficacia ex tunc Cass., Sez. I, numero 25211/13, numero 14057/07, numero 7790/07 . L’orientamento delle Sezioni Unite. Secondo un ultimo orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, pur dovendosi riconoscere al legislatore la facoltà di condizionare il compimento di atti di difesa giudiziale al rispetto dei termini, anche a pena di improcedibilità e inammissibilità, non è lecito ritenere che una tale sanzione possa essere ricollegata implicitamente a situazioni nelle quali non risulti, al contempo, garantita alla parte onerata il rispetto del termine la tempestiva conoscenza del momento dal quale esso prende a decorrere Cass., SS.UU., numero 9558/14 . Nel caso di specie, trattandosi di appello avverso la sentenza di divorzio, per il quale l’articolo 4, comma 15, della legge numero 898/1970 si limita a richiamare la disciplina dei procedimenti camerali, il termine per la notifica del ricorso e del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di comparizione non ha carattere perentorio, con la conseguenza che la sua inosservanza non comporta la dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, ma impone soltanto, ove l’appellato non si sia costituito, la fissazione di un nuovo termine, avente invece carattere perentorio, mentre la costituzione dell’appellato ha efficacia sanante del vizio di omessa o inesistente notifica, in applicazione analogica del regime previsto dagli articolo 164 e 291 c.p.c Per questi motivi la Corte accoglie il ricorso e cassa con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 8 luglio– 7 ottobre 2014, numero 21111 Presidente Vitrone– Relatore Mercolino Svolgimento del processo 1. - C.G. propose appello avverso la sentenza emessa il 9 marzo 2011, con cui il Tribunale di Termini Imerese, nel dichiarare cessati gli effetti civili del matrimonio da lui contratto con E.S., aveva posto a suo carico l'obbligo di corrispondere alla donna un assegno mensile di Euro 422,60. All'udienza fissata per la comparizione delle parti, il difensore dell'appellante chiese la concessione di un nuovo termine per procedere alla notifica del ricorso, dichiarando di non avervi potuto provvedere per ragioni di salute. 2. - Con sentenza del 7 novembre 2001, la Corte d'Appello ha dichiarato improcedibile l'impugnazione, per mancata notificazione dei ricorso entro il termine all'uopo fissato, escludendo la possibilità di disporne la proroga, avuto riguardo all'intervenuta scadenza, osservando che l'inesistenza della notifica impediva di disporne la rinnovazione ai sensi dell'articolo 291 cod. proc. civ., applicabile soltanto in caso di nullità, e ritenendo inammissibile anche la rimessione in termini, in quanto dal certificato medico prodotto non risultava un obiettivo impedimento. 3. - Avverso la predetta sentenza il G. propone ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo. La S. non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1. - Con l'unico motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione degli articolo 154, 291, 348 e 352 cod. proc. civ. e dell'articolo 8 della legge 6 marzo 1987, numero 74. Premesso che, a seguito della richiesta di fissazione di un nuovo termine per la notificazione del ricorso, la Corte d'Appello non aveva sollevato alcun rilievo in ordine al certificato medico prodotto, ma si era limitata ad invitarlo a dedurre in ordine alle conseguenze processuali della mancata notifica, osserva che la decisione, inaspettatamente pronunciata dopo che la Corte si era riservata di valutare l'istanza di rimessione in termini formulata da esso ricorrente, gli ha impedito di produrre ulteriore documentazione, con la conseguente violazione dell'articolo 352 cod. proc. civ., applicabile anche al procedimento d'appello in materia di divorzio. 1.1. - Il ricorso merita accoglimento. A fondamento della decisione, la Corte di merito ha richiamato il principio, enunciato da alcune pronunce di legittimità in riferimento ai procedimenti d'impugnazione che si svolgono con il rito camerale, come quello previsto dall'articolo 4, comma quindicesimo, della legge 1 ° dicembre 1970, numero 898, secondo cui l'inosservanza del termine per la notificazione del ricorso e del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza di comparizione determina l'improcedibilità dell'impugnazione, nonostante l'avvenuto deposito del ricorso nel termine previsto dalla legge, dovendosi escludere, alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata, imposta dal principio di ragionevole durata del processo, la possibilità di assegnare all'appellante, previo rinvio dell'udienza fissata, un nuovo termine per provvedervi, a norma dell'articolo 251 cod. proc. civ. cfr. Cass., Sez. I, 11 luglio 2013, numero 17202 15 dicembre 2011, numero 27086 17 maggio 2010, numero 11992 . Alle predette pronunce se ne contrappongono altre, secondo cui il mancato rispetto del termine in questione non ha alcun effetto preclusivo, trattandosi di un termine la cui fissazione risponde esclusivamente alla finalità di consentire l'instaurazione dei contraddittorio, con la conseguenza che, indipendentemente dalla mancata presentazione di un'istanza preventiva di proroga, l'inutile decorso dello stesso comporta soltanto la necessità della fissazione di un nuovo termine, ove la controparte non si sia costituita, mentre la costituzione di quest'ultima comporta la sanatoria del vizio, con efficacia ex tunc cfr. Cass., Sez. I, 8 novembre 2013, numero 25211 18 giugno 2007, numero 14057 29 marzo 2007, numero 7790 . Quest'ultimo orientamento ha recentemente trovato l'autorevole avallo delle Sezioni Unite, le quali, in riferimento al procedimento camerale previsto dall'articolo 3 della legge 24 marzo 2001, numero 89 nel testo anteriore alla sostituzione disposta dall'articolo 55, comma primo, lett. c del decreto-legge 22 giugno 2012, che richiamava gli articolo 737 e ss. cod. proc. civ. per l'equa riparazione del danno derivante dall'irragionevole durata del processo, hanno affermato che il principio del giusto processo, sancito dall'articolo 6 della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dello Uomo e delle Libertà Fondamentali e recepito nel nostro ordinamento con legge costituzionale 23 novembre 1999, numero 2, che ha modificato l'articolo 111 Cost., non si risolve nella sola previsione della ragionevole durata dello stesso, ma impone il rispetto di altri valori in cui pure si sostanzia il processo equo, quali il diritto di difesa, il diritto al contraddittorio e, in definitiva, il diritto ad un giudizio. Alla stregua di tale premessa, hanno evidenziato la mancanza di una norma espressa che attribuisca carattere perentorio al termine in questione o ne sanzioni l'inosservanza con il divieto di accesso alla giurisdizione, rilevando che, a differenza di quanto accade nel rito del lavoro, tale conseguenza non ha un contrappeso nell'obbligo di comunicare al difensore il deposito del decreto di fissazione dell'udienza hanno pertanto affermato che, pur dovendosi riconoscere al legislatore la facoltà di condizionare il compimento di atti di difesa giudiziale al rispetto di termini, anche a pena d'improcedibilità o d'inammissibilità, non è lecito ritenere che una tale sanzione possa essere ricollegata implicitamente a situazioni nelle quali non risulti, al contempo, garantita alla parte onerata del rispetto del termine la tempestiva conoscenza del momento dal quale esso prende a decorrere cfr. Cass., Sez. Unumero , 2 maggio 2014, numero 9558 12 marzo 2014, numero 5700 . In virtù di tali considerazioni, che il Collegio condivide ed intende ribadire anche in questa sede, deve concludersi che, anche nel procedimento di appello avverso la sentenza di divorzio, per il quale l'articolo 4, comma quindicesimo, della legge numero 898 del 1970 si limita a richiamare la disciplina dei procedimenti camerali, il termine per la notifica del ricorso e del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza di comparizione non ha carattere perentorio, con la conseguenza che la sua inosservanza non comporta la dichiarazione d'inammissibilità o improcedibilità dell'impugnazione, ma impone soltanto, ove l'appellato non si sia costituito, la fissazione di un nuovo termine, avente invece carattere perentorio, mentre la costituzione dell'appellato ha efficacia sanante del vizio di omessa o inesistente notifica, in applicazione analogica del regime previsto dagli articolo 164 e 291 cod. proc. civ. 2. - In applicazione del predetto principio, la sentenza impugnata va pertanto cassata, restando assorbite le censure proposte dal ricorrente in ordine alla violazione dell'articolo 352 cod. proc. civ., e la causa va rinviata alla Corte d'Appello di Palermo, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Palermo, anche per la liquidazione delle spese processuali. Ai sensi dell'articolo 52 del d.lgs. 30 giugno 2003, numero 196, dispone che, in caso di diffusione della presente sentenza, siano omessi le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.