Pugno allo zigomo durante una partita di calcio: esclusa la trance agonistica

Se la violazione consapevole della regola cautelare risulta finalizzata al conseguimento, in forma antisportiva, di un determinato obiettivo agonistico, è integrato il reato di lesioni personali dolose.

Durante una partita di calcio se ne vedono di tutti i colori spintoni in area di rigore, falli da tergo ed “entrate” da espulsione diretta. Fa parte del gioco, in qualche modo. Ciò che non fa parte del gioco, non rientrando nel cd. «rischio consentito», è la condotta volontariamente lesiva dell’incolumità dell’avversario in relazione alla quale l’occasione del gioco può dirsi solamente pretestuosa. La fattispecie. Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 11260/13, depositata l’11 marzo scorso, è stata così confermata la responsabilità a titolo di dolo di un giocatore che aveva colpito, in maniera del tutto volontaria, un avversario con un pugno allo zigomo. Il pugno inferto al di fuori di una ordinaria azione di gioco è una dolosa aggressione fisica. Anche la Cassazione, quindi, conferma la responsabilità penale dell’imputato affermata dalla Corte di appello. Nel caso di specie, secondo i giudici, non è infatti applicabile la cosiddetta scriminante del «rischio consentito» nel caso in cui l’avversario venga colpito al di fuori di un’azione di gioco ordinaria. L’azione di gioco - viene ulteriormente precisato - «non può ricomprendere indiscriminatamente tutto ciò che avvenga in campo, sia pure nei tempi di durata regolamentare dell’incontro» Cass., numero 42114/2011 . Trance agonistica o lesioni dolose? Nel gioco del calcio, da ritenersi uno sport a «violenza eventuale», il rischio sportivo è fisiologicamente coessenziale alla partecipazione alla gara stessa. Tuttavia – conclude la S.C. – ricorre l’ipotesi di lesioni personali dolose in caso di «accertata volontarietà o di preventiva accettazione del rischio di pregiudicare l’altrui incolumità, ovvero di lesioni personali semplicemente colpose, allorché la violazione consapevole della regola cautelare risulti finalizzata al conseguimento – in forma illecita e dunque, antisportiva – di un determinato obiettivo agonistico».

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 febbraio – 11 marzo 2013, numero 11260 Presidente Grassi – Relatore Demarchi Albengo Ritenuto in fatto 1. S.M. è imputato del reato di cui agli articoli 582 e 583 cod. penumero per aver cagionato a Sa.Ch. lesioni personali consistite in una frattura allo zigomo, da cui è derivata una malattia al corpo giudicata guaribile in giorni 54, nel corso di una partita di calcio. 2. Il tribunale di Mantova ha ritenuto l'imputato responsabile del reato ascrittogli, esclusa la scriminante dell'esercizio di attività sportiva, e lo ha condannato alla pena di mesi due di reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sull'aggravante contestata. 3. La Corte d'appello di Brescia ha confermato l'affermazione di colpevolezza di primo grado, aumentando però la pena a mesi tre di reclusione, su appello del Procuratore Generale della corte d'appello, essendo stata irrogata dal tribunale di Mantova una pena inferiore al minimo di legge. a. Propone oggi ricorso per cassazione l'imputato per -violazione del principio della scriminante dell'attività sportiva, nonché degli articoli 590, 40, 42, 43 cod. penumero -contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Attraverso una lunga ricostruzione dei fatti il ricorrente giunge alla conclusione che i giudici di merito hanno fatto applicazione illegittima sia della scriminante, sia della derubricazione del reato nell'ipotesi colposa di cui all'articolo 590 cod. penumero . Inoltre, lamenta la mancanza di una motivazione adeguata a sostegno della ricostruzione dei fatti. b. Il 7 febbraio 2013 l'imputato ha depositato memoria difensiva, con la quale ha insistito nei motivi di ricorso, allegando una recente sentenza di questa Corte sez. 4, 28 febbraio 2012, numero 7768 . Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato i motivi di ricorso - che nascondono sotto violazioni di legge censure che in realtà attengono alla ricostruzione del fatto storico, che si assume diverso da quello ritenuto dalla Corte -sollecitano in verità un riesame delle prove e contengono valutazioni del tutto opinabili, laddove la motivazione soddisfa i canoni della coerenza, specificità e logicità. 2. Le valutazioni sulla scriminante sportiva contenute nella sentenza sono corrette e corrispondenti agli insegnamenti di questa Corte il suo mancato riconoscimento, dunque, non deriva da una violazione di legge, quanto piuttosto da valutazioni in fatto riservate alla Corte di merito e non censurabili in cassazione se, come nel caso di specie, adeguatamente motivate. Analogo discorso per quanto riguarda l'elemento soggettivo la ritenuta sussistenza del dolo è stata adeguatamente motivata in sentenza e, trattandosi di valutazione di merito, non è rivedibile in questa sede. 3. Si deve ricordare che in tema di competizioni sportive, non è applicabile la cosiddetta scriminante del rischio consentito, qualora nel corso di un incontro di calcio, l'imputato colpisca l'avversario con un pugno al di fuori di un'azione ordinaria di gioco, trattandosi di dolosa aggressione fisica per ragioni avulse dalla peculiare dinamica sportiva, considerato che nella disciplina calcistica l'azione di gioco è quella focalizzata dalla presenza del pallone ovvero da movimenti, anche senza palla, funzionali alle più efficaci strategie tattiche blocco degli avversari, marcamenti, tagli in area ecc. e non può ricomprendere indiscriminatamente tutto ciò che avvenga in campo, sia pure nei tempi di durata regolamentare dell'incontro Sez. 5, numero 42114 del 04/07/2011, B., Rv. 251703 . 4. Il caso prospettato da sez. 4, 28 febbraio 2012, numero 7768 era del tutto diverso rispetto a quello oggetto del presente giudizio ed invero si trattava di una gomitata all'addome nel corso di una partita di calcio amatoriale. La Corte osservava correttamente che le pratiche sportive possono suddividersi in due categorie concettuali, a seconda che escludano o meno il contatto fisico e quindi l'uso della violenza nei confronti dell'avversario. La seconda categoria si suddivide ulteriormente in due partizioni a seconda che le forme di applicazione della violenza fisica risultino meramente eventuali come nel caso del calcio oppure necessarie, coessenziali alla natura stessa della specifica attività sportiva come il pugilato . Riteneva quindi del tutto pacifico che nella pratica degli sports a violenza eventuale ben potessero prodursi effetti anche lesivi dell'incolumità degli atleti, essendo il c.d. rischio sportivo fisiologicamente coessenziale alla partecipazione alla gara stessa in cui rivestono un ruolo rilevante sia la prestanza fisica che le capacità di soverchiare l'avversario, ai fini del mantenimento più a lungo possibile del possesso del pallone fino a giungere alla meta . Detto rischio viene contenuto entro limiti non pregiudizievoli dall'imposizione di regolamenti specifici disciplinanti le pratiche sportive, con i quali in buona sostanza si pongono regole cautelari scritte, la cui violazione implica la responsabilità per colpa ex articolo 43 cod. penumero . 5. Questo Collegio condivide l'affermazione secondo cui le condotte di lesione, quando non superano la soglia del c.d. rischio consentito, restano confinate nell'ambito dell'illecito sportivo, penalmente irrilevante cfr. Cass. penumero Sez. 5 numero 19473 del 2005 . Ed invero nella partecipazione ad una gara è insita l'accettazione e quindi la prestazione del consenso del rischio che, da determinate azioni precipuamente connotate dall'impeto o dalla concitazione agonistica si pensi in particolare alle azioni del gioco del calcio violentemente contrastate dai giocatori avversari, nell'intento di evitare di subire il goal possano derivare eventi pregiudizievoli per l'incolumità personale. Non si fuoriesce dal perimetro del c.d. rischio consentito ed assentito qualora si travalichino le regole scritte preordinate alla disciplina dell'uso della violenza nel gioco del calcio, ad esempio nel caso in cui la condotta non sia volontaria, ma rappresenti piuttosto lo sviluppo fisiologico di un'azione che, nella concitazione o nella trance agonistica ansia del risultato può portare alla non voluta elusione delle regole anzidette , ben potendo, al contrario, ricorrer l'ipotesi di lesioni personali dolose, in caso di accertata volontarietà o di preventiva accettazione del rischio di pregiudicare l'altrui incolumità, ovvero di lesioni personali semplicemente colpose, allorché la violazione consapevole della regola cautelare risulti finalizzata al conseguimento - in forma illecita e dunque, antisportiva -di un determinato obiettivo agonistico . 6. In conclusione, la sentenza richiamata dalla difesa sez. 4, 28 febbraio 2012, numero 7768 aveva ritenuto sussistere a carico dell'imputato una responsabilità a titolo di colpa, desunta dal fatto che la gomitata fu volontariamente inferta, ma nel corso ed a causa di un'azione di gioco, al fine di sottrarre all'avversario il controllo del pallone, nell'ambito di una condotta di gioco pericoloso. 7. Vi è, invece, responsabilità a titolo di dolo lo afferma la stessa sentenza più volte richiamata per la condotta volontariamente lesiva dell'incolumità dell'avversario in relazione alla quale l'occasione del gioco può dirsi solamente pretestuosa come nel caso di colpo inferto a gioco fermo ovvero deliberatamente diretto ad attingere l'avversario al volto od all'addome sia pure in un'azione di contrasto per il possesso del pallone . Questa è la situazione di fatto che la Corte territoriale, nell'ambito dei propri poteri di merito, ha ricostruito nel caso in esame, e della quale ha dato ampia, logica e congrua motivazione. 8. Per questi motivi il ricorso deve essere rigettato, con ogni conseguenza in punto spese. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.