Sussiste litispendenza tra opposizione a precetto e opposizione all’esecuzione, successivamente proposta avverso il medesimo titolo esecutivo, laddove «le due azioni siano fondate su fatti costitutivi identici, concernenti l’inesistenza del diritto di procedere all’esecuzione forzata e sempreché le cause pendano innanzi a giudici diversi».
Sul tema la sentenza della Suprema Corte numero 26285/19, depositata il 17 ottobre decidendo su una vicenda che vedeva contrapposti un condominio e una società fornitrice che aveva avviato la procedura esecutiva per il pagamento di fatture inevase. Venutasi a creare una situazione di litispendenza tra diversi processi di cognizione «riguardando il primo di tali processi – instaurato successivamente all’altro – la medesima opposizione all’esecuzione oggetto del secondo»-, la questione approda davanti alla Corte di Cassazione. Litispendenza. Gli Ermellini riconoscono la sussistenza della litispendenza tra opposizione a precetto e opposizione all’esecuzione, successivamente proposta avverso il medesimo titolo esecutivo, laddove «le due azioni siano fondate su fatti costitutivi identici, concernenti l’inesistenza del diritto di procedere all’esecuzione forzata e sempreché le cause pendano innanzi a giudici diversi». Nel caso invece in cui le due opposizioni, riassunta la seconda nel merito, risultino pendenti innanzi al medesimo ufficio giudiziario, dovrà esserne disposta la riunione ai sensi dell’articolo 273 c.p.c Qualora ciò non sia possibile per impedimenti di carattere processuale, la seconda causa dovrà essere sospesa pregiudizialmente ai sensi dell’articolo 295 c.p.c In conclusione, «l’opposizione a precetto e l’opposizione all’esecuzione successivamente proposta avverso il medesimo titolo esecutivo, fondate su identici fatti costitutivi e pendenti, nel merito, innanzi al medesimo ufficio giudiziario, vanno riunite d’ufficio, ai sensi dell’articolo 273 c.p.c., ferme restando le decadenze già maturate nella causa iniziata per prima». Provvedimenti sospensivi. Passando all’analisi dei poteri sospensivi del giudice nell’ipotesi processuale sopra descritta, il Collegio afferma che il giudice dell’opposizione a precetto c.d. opposizione pre-esecutiva cui sia stato chiesto di disporre la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo ai sensi dell’articolo 615, comma 1, c.p.c. come modificato dal d.l. numero 35/2005 «non perde il potere di provvedere sull’istanza per effetto dell’attuazione del pignoramento o, comunque, dell’avvio dell’azione esecutiva, sicchè l’ordinanza sospensiva da questi successivamente pronunciata determinerà ab esterno la sospensione ex articolo 623 e 626 c.p.c. di tutte le procedure esecutive nel frattempo instaurate». Di conseguenza il pignoramento eseguito dopo il giudice dell’opposizione a precetto abbia disposto la sospensione dell’esecutività del titolo è radicalmente nullo e tale invalidità deve essere rilevata dal giudice dell’esecuzione anche d’ufficio. In conclusione. Laddove siano contemporaneamente pendenti l’opposizione a precetto e l’opposizione all’esecuzione già iniziata sulla base dello stesso precetto, i giudici «hanno una competenza mutuamente esclusiva quanto all’adozione dei provvedimenti sospensivi di rispettiva competenza, nel senso che, sebbene l’opponente possa in astratto rivolgersi all’uno o all’altro giudice, una volta presentata l’istanza innanzi a quello con il potere “maggiore” il giudice dell’opposizione a precetto , egli consuma interamente il suo potere processuale e, pertanto, non potrà più adire al medesimo fine il giudice dell’esecuzione, neppure se l’altro non sia ancora pronunciato». Nel caso in cui invece «sussista litispendenza tra la causa di opposizione a precetto c.d. opposizione pre-esecutiva e la causa di opposizione all’esecuzione già iniziata, il giudice dell’esecuzione, all’esito della fase sommaria, non deve assegnare alle parti, ai sensi dell’articolo 616 c.p.c., un termine per introdurre il giudizio nel merito, giacché un simile giudizio sarebbe immediatamente cancellato dal ruolo ai sensi dell’articolo 39, comma 1, c.p.c Il giudizio che le parti hanno l’onere di proseguire si identifica infatti con la causa iscritta a ruolo per prima, ossia l’opposizione a precetto». «Qualora pendendo una causa di opposizione a precetto il giudice dell’esecuzione – o il collegio adito in sede di reclamo ex articolo 624, comma 2, e 669-terdecies c.p.c. – sospenda l’esecuzione per i medesimi motivi prospettati nell’opposizione pre-esecutiva, le parti non sono tenute ad introdurre il giudizio di merito nel termine di cui all’articolo 616 c.p.c. che sia stato loro eventualmente assegnato, senza che tale omissione determini il prodursi degli effetti estintivi del processo esecutivo previsti dall’articolo 624, comma 3, c.p.c., in quanto l’unico giudizio che le parti sono tenute a coltivare è quello già introdotto di opposizione a precetto, rispetto al quale una nuova causa si porrebbe in relazione di litispendenza». «Qualora il giudice dell’esecuzione, ravvisando l’identità di petitum e la causa petendi fra l’opposizione a precetto e l’opposizione all’esecuzione innanzi a lui pendente, dopo aver provveduto sulla richiesta di sospensiva, non assegni alle parti il termine di cui all’articolo 616 c.p.c. per l’introduzione nel merito della seconda causa, la parte interessata a sostenere che le domande svolte nelle due opposizioni non siano del tutto coincidenti, dovrà introdurre egualmente il giudizio di merito, nel termine di cui all’articolo 289 c.p.c., chiedendo che in quella sede sia accertata l’insussistenza della litispendenza o, comunque, un rapporto di mera continenza. Infatti, avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione, avente natura meramente ordinatoria, non possono essere esperiti né l’opposizione agli atti esecutivi, né il ricorso straordinario per cassazione ex articolo 111, comma 7, Cost., né il regolamento di competenza».
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 gennaio – 17 ottobre 2019, numero 26285 Presidente Vivaldi – Relatore D’Arrigo