L’avvertimento della sanzione per l’omessa o falsa dichiarazione dei beni pignorabili del debitore deve essere espressa

L’invito dell’ufficiale giudiziario rivolto al debitore di indicare cose e crediti pignorabili deve contenere espressamente l’avvertimento della sanzione penale per l’omessa o falsa dichiarazione, nonché il termine entro il quale rendere quest’ultima, costituendo requisito essenziale ai fini della condotta omissiva di cui all’articolo 388 c.p

Così si esprime la Corte di Cassazione con la sentenza numero 28516/19, depositata il 1° luglio. Il caso. La Corte d’Appello di Ancona confermava parzialmente la sentenza del Tribunale di Macerata, che condannava l’imputato per il reato previsto dall’articolo 388, comma 6, c.p., per avere egli omesso, al fine di sottrarsi agli obblighi scaturenti da un procedimento civile, di rispondere all’invito dell’ufficiale giudiziario di indicare cose e crediti pignorabili entro il termine di legge. Contro la suddetta decisione, l’imputato propone ricorso per cassazione, sostenendo, tra i diversi motivi, che il suddetto invito non conteneva alcun avvertimento espresso circa la sanzione per l’omessa o falsa dichiarazione ex articolo 492, comma 4, c.p.c., e nemmeno il termine per formulare tale dichiarazione. L’avvertimento espresso di cui all’articolo 492 c.p.c La Corte di Cassazione dichiara il ricorso fondato, rilevando che tra gli adempimenti esecutivi ai fini dell’invito oggetto dell’articolo 388 c.p., è previsto anche quello contenuto nell’articolo 492 c.p.c., il quale sancisce che l’ufficiale giudiziario, nel caso in cui i beni assoggettati a pignoramento siano insufficienti ovvero la durata della liquidazione appaia manifestamente lunga, debba invitare il debitore «ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori, avvertendolo della sanzione prevista per l’omessa o falsa dichiarazione». Ciò richiamato, gli Ermellini osservano che il citato avvertimento debba essere espresso, dovendo la norma incriminatrice essere letta in logica correlazione con l’articolo 492 c.p.c Dunque, costituendo il suddetto avvertimento espresso un requisito essenziale della specifica procedura esecutiva incidentale, ed avendo riscontrato la mancanza dello stesso nel testo del modulo utilizzato per l’invito, la Suprema Corte accoglie il ricorso e annulla la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 30 aprile – 1 luglio 2019, numero 28516 Presidente Mogini – Relatore Calvanese Ritenuto in fatto 1. E.A. , a mezzo del suo difensore, ha proposto ricorso avverso la sentenza in epigrafe indicata con la quale è stata confermata parzialmente la sentenza del Tribunale di Macerata che lo aveva dichiarato responsabile del reato di cui all’articolo 388 c.p., comma 6, condannandolo alla pena ritenuta di giustizia e alle statuizioni in favore della parte civile. All’imputato era stato contestato di aver omesso, per sottrarsi agli obblighi nascenti da un procedimento civile, di rispondere nel termine di legge all’invito dell’ufficiale giudiziario di indicare cose e crediti pignorabili fatti del 18 marzo 2011 . La Corte di appello riteneva sufficiente che l’invito fosse stato lasciato al consulente della società esecutata presso la sede legale di quest’ultima e che nell’ultima pagina, ancorché risultassero sbarrate alcune parti, vi fosse comunque la dicitura ho lasciato l’avviso con l’invito all’esecutato di ottemperare agli adempimenti di cui all’articolo 492 c.p.c. . 2. Nel ricorso si deducono i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’articolo 173, disp. att. c.p.p 2.1. Vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato contestato. L’invito dell’ufficiale giudiziario - in quanto la relativa parte contenuta nel modello era stata sbarrata - non conteneva l’avvertimento espresso al debitore tra l’altro non presente al momento della notifica - della sanzione per l’omessa o falsa dichiarazione, come prescrive l’articolo 492 c.p.c., comma 4, né il termine per formulare la dichiarazione. Dopo aver ritenuto necessario ai fini della configurabilità del reato che l’invito debba contenere il suddetto avvertimento, la Corte di appello avrebbe ritenuto in modo illogico che l’avviso, ancorché sbarrato nelle parti rilevanti, lasciato a persona diversa dal debitore esecutato e neppure sottoscritto dal ricevente, fosse idoneo ai fini dell’articolo 492 c.p.c., perché la frase scritta a mano corrispondeva a quella descritta nella parte sbarrata, che faceva riferimento anche alle sanzioni penali. 2.2. Vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del reato contestato. La Corte di appello, nel motivare come sopra indicato, non avrebbe neppure risposto a quanto evidenziato dalla difesa nell’appello e nella memoria depositata in ordine alle carenze dell’invito de quo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Va preliminarmente rilevato che il reato, commesso il 18 marzo 2011, è oramai prescritto. Peraltro, stante le statuizioni di condanna in favore della parte civile, il ricorso va in ogni caso esaminato agli effetti civili. 3. L’articolo 388 c.p., prevede all’comma 8 comma 6, all’epoca dei fatti la punizione della condotta del debitore che invitato dall’ufficiale giudiziario a indicare le cose o crediti pignorabili, omette di rispondere nel termine di 15 giorni o effettua una falsa dichiarazione . Tale previsione è stata introdotta dalla L. 24 febbraio 2006, numero 52, che ha riformato le esecuzioni mobiliari, modificando l’articolo 492 c.p.c., sulla forma del pignoramento, che risulta così espressamente coordinato con l’articolo 388 c.p In particolare, tra gli adempimenti esecutivi è previsto dall’articolo 492 c.p.c., che l’ufficiale giudiziario, quando per la soddisfazione del creditore procedente i beni assoggettati a pignoramento appaiano insufficienti ovvero per essi appaia manifesta la lunga durata della liquidazione, inviti il debitore ad indicare ulteriori beni utilmente pignorabili, i luoghi in cui si trovano ovvero le generalità dei terzi debitori, avvertendolo della sanzione prevista per l’omessa o falsa dichiarazione . Secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità, ai fini della sussistenza del reato previsto dal comma 6 ora ottavo dell’articolo 388 c.p., l’invito dell’ufficiale giudiziario al debitore deve contenere espressamente l’avvertimento della sanzione penale per l’omessa o falsa dichiarazione nonché l’indicazione, anche essa espressa, del termine entro il quale tale dichiarazione deve essere resa Sez. 6, numero 41682 del 23/10/2012, Gambirasio, Rv. 254117 Sez. 6, numero 26060 del 26/04/2012, Braini, Rv. 253230 Sez. 6, numero 39218 del 09/04/2013, Triolo, non mass. Sez. 6, numero 42914 del 12/06/2018, Massoni, Rv. 274218 . Si è condivisibilmente osservato che la norma incriminatrice non può che essere letta in logica correlazione con la parallela e contestualmente introdotta norma di cui all’articolo 492 c.p.c., che prevede espressamente che l’invito deve contenere il detto avvertimento. Senza tali contenuti verrebbe meno il senso della previsione della doverosità dell’avvertimento in questione. Quindi l’avvertimento, di cui al combinato disposto dell’articolo 492 c.p.c., e dell’articolo 388 cit., costituisce un requisito essenziale della specifica procedura esecutiva incidentale e condizione di apprezzabilità penale della condotta omissiva o mendace del destinatario dell’intimazione-invito dell’ufficiale giudiziario. 4. Venendo al caso in esame, la Corte di appello, pur ammettendo che l’ufficiale giudiziario avesse annullato, sbarrandole, le parti del modulo contenenti l’avvertimento circa le conseguenze penali derivanti dalla omessa dichiarazione, ha ritenuto in modo illogico che tale avvertimento fosse comunque presente nel testo del modulo utilizzato per l’invito. Difettando quindi un avvertimento espresso nel senso precisato dalla giurisprudenza di legittimità era assente un presupposto essenziale del reato. Pertanto, pur in presenza della maturazione del termine di prescrizione del reato contestato, sussistendo i presupposti per il proscioglimento nel merito dell’imputato, la sentenza va annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste, restando per l’effetto assorbite dall’annullamento le questioni civili. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.