Lei lo colpisce alle spalle e lui reagisce con forza. Niente legittima difesa ed ex marito condannato

Lo scontro si è verificato durante una lite per il figlio. Il colpo dato dalla donna è ritenuto non sufficiente a giustificare la reazione dell’uomo, che le ha procurato un trauma contusivo alla spalla, al braccio e al gomito destro. Impossibile, quindi, secondo i Giudici, parlare di legittima difesa.

Ennesimo momento di tensione tra coniugi già separati. Lei colpisce alle spalle lui, che però non sceglie la strada del buonsenso, non decide semplicemente di allontanarsi ma reagisce con violenza. Inevitabile la condanna dell’uomo che, secondo i giudici, si è reso colpevole del reato di lesioni personali ai danni dell’ex moglie. Impossibile, contrariamente a quanto sostenuto dal difensore, parlare di legittima difesa. Cassazione, sentenza numero 28336/19, sez. III Penale, depositata il 28 giugno . Pericolo. La linea seguita dal Giudice di Pace prima e dai Giudici del Tribunale poi viene ora condivisa anche dalla Cassazione. Per i Giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, non vi sono giustificazioni possibili per il comportamento violento tenuto dall’uomo sotto processo verso l’ex moglie in occasione dell’ennesima lite. Irrilevante è ritenuto il fatto che la donna abbia colpito alle spalle con un pugno l’ex marito. Ciò che conta è la reazione dell’uomo – durante uno scambio di colpi nell’ambito di una ‘contesa’ per il figlio – e, soprattutto, le conseguenze provocate all’ex moglie, che ha riportato «un trauma contusivo alla spalla, al braccio e al gomito destro». Respinta poi l’obiezione difensiva mirata a catalogare il comportamento dell’uomo come «legittima difesa». Su questo fronte i giudici osservano che «non ricorreva alcuna situazione di pericolo per l’incolumità fisica» dell’ex marito, né vi era «la necessità di difendersi». Piuttosto, «nell’ambito di una banale lite tra ex coniugi, l’uomo avrebbe dovuto limitarsi a neutralizzare, se necessario, l’offesa e ad allontanarsi», concludono i Giudici.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 6 – 28 giugno 2019, numero 28336 Presidente Bruno – Relatore Riccardi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa il 25.06.2018 il Tribunale di Chieti ha confermato la sentenza emessa dal Giudice di Pace di Chieti che aveva dichiarato Sc. Am. Gi. responsabile del reato di lesioni personali ai danni dell'ex moglie Pa. Sa 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di Sc. Am. Gi., Avv. Ga. Ce., deducendo cinque motivi di ricorso. Con i primi quattro motivi deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione, lamentando che - il Tribunale abbia omesso di valutare l'esame dell'imputato, affermando dapprima che costui non si era sottoposto all'esame, e successivamente che aveva ammesso il contatto fisico con la ex moglie - l'esame della parte civile era stato condotto da G.d.P., che non ammetteva alcuna delle domande proposte dal difensore, e senza che venisse verbalizzato il consenso delle parti inoltre, non era stato ammesso il controesame - l'affermazione di responsabilità è stata basata sull'esame della persona offesa e dell'unico teste oculare, ignorando l'esame dell'imputato, che aveva dichiarato di essere stato colpito alle spalle dalla ex moglie, e di essersi limitato al respingimento della Pa., come confermato dal padre dell'imputato, Gi. Sc. - il Tribunale avrebbe omesso di valutare le perplessità avanzate nei confronti della valutazione della diagnosi di ingresso del P.S., e non avrebbe valutato l'elemento soggettivo alla luce del movente del fatto quel giorno l'imputato aveva il diritto di portare con sé il figlio minore, e la Pa. ingiustamente lo ostacolava, tentando di strapparglielo, e colpendolo con un pugno. Con il quinto motivo deduce il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della legittima difesa, sulla base della ricostruzione fornita dallo stesso imputato e riscontrata dal teste oculare, secondo cui lo Sc. si era limitato ad un gesto di respingimento, nell'intento di proteggere il figlioletto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché, oltre ad essere del tutto generico, propone motivi non consentiti dalla legge, eminentemente di fatto, che sollecitano, in realtà, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali Sez. U, numero 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 infatti, pur essendo formalmente riferite a vizi riconducibili alle categorie del vizio di motivazione e della violazione di legge, ai sensi dell'articolo 606 c.p.p., sono in realtà dirette a richiedere a questa Corte un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dalla Corte territoriale Sez. U, numero 2110 del 23/11/1995, Fachini, Rv. 203767 Sez. U, numero 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944 Sez. U, numero 24 del 24/11/1999, Spina, Rv. 214794 . In particolare, con le censure proposte il ricorrente non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica - unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell'articolo 606, lett, e , cod. proc. penumero -, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata in merito alla attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, e dello stesso imputato in sede di esame. Il controllo di legittimità, tuttavia, concerne il rapporto tra motivazione e decisione, non già il rapporto tra prova e decisione sicché il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria sottesa, che, in quanto riservata al giudice di merito, è estranea al perimetro cognitivo e valutativo della Corte di Cassazione. 2. Pertanto, nel rammentare che la Corte di Cassazione è giudice della motivazione, non già della decisione, ed esclusa l'ammissibilità di una rivalutazione del compendio probatorio, va al contrario evidenziato che la sentenza impugnata ha fornito logica e coerente motivazione in ordine alla ricostruzione dei fatti, con argomentazioni prive di illogicità tantomeno manifeste e di contraddittorietà, evidenziando che la mattina del 24 luglio 2014 Pa. Sa. veniva colpita dallo Sc., coniuge legalmente separato che si era recato a prendere il figlio nell'esercizio del cd. diritto di visita, nell'ambito di una contesa per il figlio, che aveva fatto registrare un reciproco scambio di colpi. Tanto premesso, la sentenza impugnata, lungi dall'avere omesso la valutazione della versione resa dall'imputato in sede di esame - in tal senso essendo irrilevante se il riferimento contenuto a p. 3 alla mancata sottoposizione all'esame integri un mero refuso -, ha ritenuto che la stessa non fosse attendibile e non potesse fondare l'invocata scriminante della legittima difesa. Secondo la ricostruzione dell'imputato, infatti, nel corso della 'contesa' per il figlio, la ex moglie lo aveva colpito per prima alle spalle, e lui avrebbe colpito la donna fortuitamente, per reagire e proteggere il bambino tuttavia, il Tribunale, con apprezzamento di fatto immune da censure di illogicità, e dunque insindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto inverosimile che un colpo fortuito potesse avere causato le lesioni diagnosticate trauma contusivo alla spalla, al braccio e al gomito destro , affermando che non ricorresse una situazione di legittima difesa, per l'assenza della necessità di difendersi, ben potendo l'imputato allontanarsi senza reagire. Se, pertanto, il primo ed il terzo motivo sono inammissibili in quanto concernenti la ricostruzione dei fatti, sulla base di una rilettura degli elementi di prova, adeguatamente valutati dal giudice di merito, il quinto motivo è manifestamente infondato, in quanto l'esclusione della causa di giustificazione invocata è conforme alla consolidata interpretazione di questa Corte, secondo cui è configurabile l'esimente della legittima difesa solo qualora l'autore del fatto versi in una situazione di pericolo attuale per la propria incolumità fisica, tale da rendere necessitata e priva di alternative la sua reazione all'offesa mediante aggressione Sez. 1, numero 51262 del 13/06/2017, Cali', Rv. 272080 , mentre non è configurabile allorché, come nella fattispecie concreta, il soggetto non agisce nella convinzione, sia pure erronea, di dover reagire a solo scopo difensivo, ma per risentimento o ritorsione contro chi ritenga essere portatore di una qualsiasi offesa Sez. 1, numero 52617 del 14/11/2017, Pileggi, Rv. 271605 nel caso in esame, infatti, pur ammettendo che l'imputato fosse stato colpito dalla ex moglie alle spalle, non ricorreva alcuna situazione di pericolo per la propria incolumità fisica, tale da integrare la necessità di difendersi, ben potendo egli, nell'ambito di una banale lite tra ex coniugi, limitarsi a neutralizzare, se necessario, l'offesa, e ad allontanarsi. 3. La doglianza con cui si lamenta la conduzione dell'esame della parte civile da parte del giudice di pace in mancanza di espresso consenso è inammissibile, in quanto, in assenza di qualsivoglia tempestiva eccezione processuale, le violazioni, dedotte peraltro in maniera generica, non integrano invalidità processuali. 4. Anche le doglianze concernenti la compatibilità delle lesioni diagnosticate ed il movente sono inammissibili, perché sollecitano una rivalutazione del merito. Oltre ad evidenziare che i traumi contusivi descritti nel referto del P.S. appaiono pienamente compatibili con la dinamica dei fatti narrata dalla persona offesa, va rammentato che anche l'irritazione momentanea per gli ostacoli asseritamente frapposti dalla ex moglie all'esercizio del diritto di visita del figlio, che avrebbe determinato il colpo, non sarebbe elemento in grado di escludere la coscienza e volontà del fatto, trattandosi del mero movente dell'azione, della causa psichica della condotta umana, dello stimolo che ha indotto l'autore ad agire, facendo scattare la volontà al riguardo, è pacifico che il movente dell'azione, pur potendo contribuire all'accertamento del dolo, costituendo una potenziale circostanza inferenziale, non coincide con la coscienza e volontà del fatto, della quale può rappresentare, invece, il presupposto Sez. 1, numero 466 del 11/11/1993, dep. 1994, Hasani, Rv. 196106 Il movente è la causa psichica della condotta umana e costituisce lo stimolo che ha indotto l'individuo ad agire esso va distinto dal dolo, che è l'elemento costitutivo del reato e riguarda la sfera della rappresentazione e volizione dell'evento in una fattispecie analoga, Sez. 3, numero 14742 del 11/02/2016, P, Rv. 266634 Lo stato di nervosismo e di risentimento non esclude l'elemento psicologico del reato di maltrattamenti in famiglia, costituendo, al contrario, uno dei possibili moventi dell'ipotesi delittuosa Sez. 6, numero 5541 del 02/04/1996, Tosi, Rv. 204874 . 5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, somma che si ritiene equo determinare in Euro 3.000,00. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'articolo 52 D.Lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.