Nessun dubbio sulle cose spiacevoli raccontate, ma la donna, finita sotto accusa, si salva per aver saputo variare argomenti e ascoltatori. Così viene meno il requisito della pluralità di destinatari della comunicazione poco edificante.
Bisogna saper diversificare. Ma il riferimento, in questo caso, non è alle strategie d’impresa, bensì, più semplicemente, all’abitudine – molto italiana – alla perversa arte del pettegolezzo. Perché solo così, variando argomenti e ascoltatori, ci si può salvare da addebiti penali Cassazione, sentenza numero 17978/2013, Quinta Sezione Penale, depositata oggi . Lingua lunga A finire sotto accusa è una donna, troppo abituata a parlare e a sparlare Solo così si spiega il doppio episodio addebitatole, ossia aver parlato in maniera poco piacevole di una persona – un uomo – prima con Tizia e poi con Caia, presumibilmente due amiche. E le chiacchiere non sono state proprio edificanti in un caso viene raccontato che il figlio dell’uomo è «drogato e alcolizzato», e in un altro che l’uomo si è reso protagonista di insidie nei confronti della donna. Basta per attribuire almeno l’ipotesi della diffamazione? Assolutamente no. Così, di conseguenza, la donna viene liberata, prima dal Giudice di pace e poi dal Tribunale, da ogni accusa. Decisivo anche il fatto che i due colloqui siano stati ritenuti di «carattere confidenziale e riservato». Orecchie Stesso, identico risultato si raggiunge, in via definitiva, anche nel contesto della Cassazione nessuna possibilità di addebitare alla donna il reato della diffamazione. Diverso, però, è il percorso logico Nessun dubbio, ovviamente, sui contenuti delle due chiacchierate si tratta, evidentemente, di «cose sfavorevoli» per l’uomo. Ma ciò che conta è che la donna abbia parlato a «due persone diverse, in due momenti diversi» e facendo riferimento – ecco il passaggio decisivo – a «due fatti diversi», perché così viene a mancare, secondo i giudici, «il requisito della comunicazione con più persone». Difatti, «ognuna delle due persone è destinataria di una informazione denigratoria diversa» ciò porta alla concretizzazione di «due distinte e separate maldicenze», comunicate una a Tizia e una a Caia. Di conseguenza, si può certificare, concludono i giudici, che manca «l’elemento costitutivo» della diffamazione, ossia la «pluralità dei destinatari». Con la correlata conferma dell’assoluzione per la donna.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 21 febbraio – 19 aprile 2013, numero 17978 Presidente Marasca – Relatore Fumo Ritenuto di fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, il tribunale di Chieti, sezione distaccata di Ortona, in funzione di giudice di appello, ha rigettato l'appello proposto dalla parte civile C.G. avverso la sentenza del giudice di pace di Francavilla al Mare, con la quale D.F.G. veniva assolta dal delitto di cui all'articolo 595 c.p. perché il fatto non sussiste. 2. Ricorre per cassazione il difensore della parte civile deducendo violazione dl legge e carenza dell'apparato motivazionale, atteso che il tribunale ha ritenuto la insussistenza dell'elemento oggettivo dei reato in questione perché la D.F. avrebbe parlato separatamente con due persone F.N. e L.F. , riferendo a entrambe circostanze sfavorevoli sui C. alla prima avrebbe riferito che C. aveva detto che il figlio della F. era drogato e alcolizzato, alla seconda avrebbe riferito che C., in un'occasione, l'aveva insidiata. 2.1. Secondo quanto si legge in sentenza, la persona offesa avrebbe appreso la circostanza da terze persone e, in ogni caso il dialogo tra D.F. e L. avrebbe avuto carattere confidenziale. 2.2. La violazione di legge consiste nel fatto che il diffamato viene sempre a conoscenza del contenuto della comunicazione diffamatoria da terze persone, in quanto l'assenza della persona offesa alla comunicazione della frase denigratoria è elemento costitutivo dei reato. Per altro verso, non risulta affatto che il colloquio tra D.F. e L. avesse carattere confidenziale e riservato, in quanto esso si svolse in una struttura pubblica ASL , in occasione delle elezioni, ed ebbe ad oggetto principale proprio il risultato elettorale. Considerato in diritto. 1. E vero che l'assenza dei denigrato è elemento costitutivo dei delitto di diffamazione, di talché lo stesso non può che venire a conoscenza indirettamente da terza persona, leggendo giornali eccetera, delle affermazioni negative fatte sui suo conto. 1.1. Non di meno, il ricorso merita rigetto e il ricorrente va condannato alle spese del grado. 2. Nel caso in esame la medesima persona D.F. è accusata di aver detto cose sfavorevoli sul C. a due persone diverse, in due momenti diversi, ma - ciò che rileva - con riferimento due d'atti diversi. I fatti riferiti hanno il carattere della determinatezza e tuttavia, come premesso, sono appunto due fatti diversi consegue che il requisito della comunicazione con più persone in relazione al medesimo fatto denigratorio non si è verificato. Invero, ognuna della due persone è destinataria di una informazione denigratoria diversa. Si tratta dunque di due distinte e separate maldicenze , con riferimento alle quali non risulta integrato l'elemento costitutivo del delitto ex articolo 595 cp della pluralità dei destinatari. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.