Sproporzionato il licenziamento del dipendente trovato in stato di ebbrezza non in orario di servizio ma durante il turno di reperibilità.
La sanzione disciplinare va sempre rapportata alle circostanze concrete con cui si è verificato il fatto illecito addebitato al lavoratore, nonché alle previsioni contrattuali è eccessivo e sproporzionato il licenziamento di un dipendente a cui è stata ritirata la patente per guida in stato di ebbrezza durante il turno di reperibilità. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 23063 del 7 novembre scorso. La fattispecie. Un lavoratore, operaio addetto alla riparazione di ascensori, impugnava il licenziamento e otteneva la reintegra nel posto di lavoro e il risarcimento del danno. Tribunale e Corte d'appello, infatti, giudicavano illegittima, perché sproporzionata, la sanzione inflitta dalla società datrice di lavoro dopo che al dipendente era stata sospesa la patente per guida in stato di ebbrezza, durante un turno di reperibilità. La sanzione inflitta è eccessiva e sproporzionata. Il ragionamento dei giudici di merito, che viene ampiamente confermato dalla S.C., prende le mosse dalla vicenda concreta, così come ricostruita durante il giudizio. Il lavoratore è stato sottoposto ai controlli di rito della Polizia stradale dopo una cena al ristorante con la moglie è vero che il suo tasso alcolemico era superiore ai limiti previsti dalle norme in materia di circolazione stradale, ma non può ignorarsi che il concetto di stato di ebbrezza non coincide necessariamente con quello di manifesta ubriachezza. Il fatto è sicuramente grave, ma non così tanto da giustificare il licenziamento Lavoratore ubriaco in orario di lavoro? La sanzione prevista è comunque più lieve del licenziamento. La gravità del fatto, pacifica e riconosciuta anche dalla Corte territoriale, deve essere rapportata alle circostanze concrete e, soprattutto, alle previsioni contrattuali. Il ccnl di riferimento, infatti, in caso di lavoratore sorpreso in stato di manifesta ubriachezza durante l'orario di lavoro, prevede la possibilità di irrogare una sanzione conservativa, e non quella, più grave, del licenziamento. Il contratto collettivo, insomma, prevede una sanzione meno afflittiva di quella irrogata nel caso in esame, per comportamenti sicuramente più gravi. Essere nel turno di reperibilità è cosa diversa dall'essere in servizio non è orario di lavoro. Anche perchè, è stato correttamente rilevato, «l'essere inserito nel turno di reperibilità non può essere equiparato all'essere in servizio effettivo e nell'espletamento delle mansioni lavorative» il dipendente, infatti, si trovava nel turno settimanale di reperibilità notturna per interventi urgenti. Cosa ben diversa dall'essere effettivamente in servizio infatti, in concreto, la notte in cui è stato fermato, in stato di ebbrezza, non c'è stata alcuna chiamata e, quindi, non si è verificata la necessità di prestare l'attività lavorativa. Alla luce delle considerazioni che precedono, nonché dell'assenza di precedenti disciplinari a carico del lavoratore, il licenziamento appare eccessivo e non proporzionato, e il ricorso della datrice di lavoro viene rigettato.
La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 36145/2011 depositata il 5 ottobre, ha dichiarato diffamante una lettera inviata a due magistrati in cui si accusa il proprio difensore di infedele patrocinio. L'esposizione dei fatti deve essere avalutativa. In più, il reato di diffamazione è integrato perché della missiva sono venuti a conoscenza anche i soggetti che, per dovere di ufficio, i predetti magistrati sono tenuti ad informare.Il caso. Su querela di un avvocato, viene instaurato un procedimento penale a carico di un uomo, la cui difesa viene affidata ad un avvocato d'ufficio. Ed è qui che nascono i problemi. L'imputato, infatti, incolpa il suo difensore di infedele patrocinio, asserendo che vi fosse una sorta di scorretta intelligenza tra il legale che lo aveva querelato e il proprio difensore. Il fatto è che queste accuse vengono riportate in una missiva, indirizzata al giudice di pace di Novara e al procuratore della Repubblica dello stesso tribunale. Scatta la condanna 800 euro di multa, risarcimento danni e rifusione delle spese in favore della parte civile. L'imputato, contro questa decisione, presenta ricorso per cassazione.Secondo il ricorrente, non può essere considerato diffamazione segnalare reati a due o più magistrati, se non sussiste quello di calunnia. Inoltre, rileva alcune irregolarità formali della sentenza impugnata, in quanto la copia della motivazione ricevuta dal proprio avvocato era priva del frontespizio e del numero della sentenza.E il diritto di critica? Il Collegio, osserva che per ritenersi integrata la generale causa di giustificazione del diritto di critica articolo 51 c.p. , l'interessato avrebbe dovuto esprimere l'interrogativo sulla correttezza professionale del proprio difensore con un'avalutativa esposizione delle vicende processuali agli organi preposti al controllo della capacità e della lealtà professionali del difensore d'ufficio . È altresì da sottolineare il fatto che della missiva sono venuti a conoscenza i soggetti che, per doveri di ufficio, sono stati informati dai magistrati.La missiva è lesiva del credito professionale dell'avvocato. Infatti, l'avvocato o meglio l'avvocatessa è stata accusata ingiustamente di rendersi infedele ai suo doveri professionali, cercando di arrecare nocumento agli interessi del suo assistito .Infine, neanche le asserite irregolarità formali degli atti indicati dal ricorrente hanno convinto gli Ermellini a rigettare il ricorso. Tali irregolarità, ai fini del riconoscimento di un qualsiasi ostacolo al pieno esercizio del diritto di difesa, non sono ritenute rilevanti.Sullo stesso argomento leggi anche - Avvocati, non è scriminata la falsa accusa di infedele patrocinio in uno scritto difensivo, di Davide Galasso DirittoeGiustizi@ 23 luglio 2011- Contro il proprio avvocato si possono inviare lettere al Consiglio dell'ordine, DirittoeGiustizi@ 19 luglio 2011- Avvocati, la lettera di reclamo inviata al Presidente dell'ordine può integrare la diffamazione, DirittoeGiustizi@ 16 giugno 2011