Il Giudice d’Appello è tenuto a decidere sulla domanda proposta dall’attore e non oltre, la quale si articola nelle due componenti strutturali quali la causa petendi e il petitum.
Lo ha ribadito il Collegio di legittimità con ordinanza numero 20744/17 depositata il 4 settembre. Il caso. La Corte d’Appello di Palermo, in riforma della decisione del Tribunale, rigettava la domanda proposta dell’attrice nei confronti della società, volta a far valere la garanzia per vizi relativa ai difetti riscontrati sul tettuccio dell’autovettura oggetto di compravendita. La ricorrente adisce la cassazione deducendo la violazione dell’articolo 112 e 113 c.p.c., nonché dell’articolo 130 del codice del consumo. Qualificazione della domanda. La Suprema Corte ritiene il ricorso fondato, in quanto i Giudici d’Appello sono incorsi nella violazione della norma che impone loro di decidere sulla domanda proposta e non oltre. In particolare, la Corte territoriale ha qualificato la domanda come garanzia per vizi della cosa venduta in luogo di quella più favorevole al consumatore, ritenendo applicabile la disciplina del codice civile invece di quella prevista dal d.lgs. numero 206/2005 codice del consumo . Tale qualificazione, afferma la Cassazione, deve ritenersi errata in ordine al rapporto di specialità tra la disciplina generale del contratto di vendita di cosa mobile, propria del codice civile, e le norme speciali, proprie del codice del consumo. Dette norme, infatti, attribuiscono al consumatore diritti inderogabili e sono integrabili da altre discipline solo e più favorevoli al consumatore, oppure se regolano aspetti del contratto di vendita non direttamente disciplinati dal Codice in questione. L’errore, dunque, di qualificazione sulla causa petendi e sul petitum si traduce in un vizio di nullità relativo all’attività processuale della Corte d’Appello, poiché non ha risolto la controversia così come individuata nella domanda attorea. Pertanto, gli Ermellini accolgono il ricorso e cassano la sentenza impugnata rinviando alla Corte territoriale di Palermo.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 30 marzo – 4 settembre 2017, numero 20744 Presidente Armano – Relatore Olivieri Fatto e diritto Premesso In riforma della decisione di prime cure la Corte d’appello di Palermo in data 17.12.2015 numero 1862 rigettava la domanda proposta da C.G. nei confronti di CAI Commercio Auto Iblea s.r.l. e volta a far valere la garanzia per vizi relativa ai difetti riscontrati sul tettuccio dell’autovettura oggetto di compravendita Il Giudice di appello accoglieva la impugnazione della società ritenendo che erroneamente il Tribunale aveva condannato la venditrice alla sostituzione della vetture ex articolo 1512 c.c. in quanto la domanda attorea doveva inquadrarsi nella fattispecie di cui all’articolo 1490 c.c. con conseguente alternativa rimessa al contraente danneggiato tra la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo non avendo la C. formulato alcuna delle indicate domande, rimaneva soccombente anche in punto di risarcimento danni non avendo indicato il Tribunale i criteri di liquidazione. La sentenza è stata ritualmente impugnata per cassazione dalla C. che ha dedotto un unico motivo relativo a violazione dell’articolo 112 e 113 c.p.c. nonché dell’articolo 130 Codice del consumo. CAI s.r.l. cui il ricorso è stato notificato in data 27.1.2016 non ha svolto difese. Ritenuto il motivo è fondato. La Corte territoriale è incorsa nella palese violazione della norma che impone al Giudice di decidere su tutta -e non oltre la domanda che si articola nelle due componenti strutturali della causa petendi e del petitum. Nella specie la ricorrente aveva allegato con l’atto di citazione proposto in primo grado che il veicolo acquistato da CAI s.r.l. presentava vizi consistenti in fessurazioni del tettuccio dalle quali si infiltrava l’acqua piovana causa petendi ed aveva quindi chiesto la condanna della convenuta alla sostituzione della vettura ed il risarcimento dei danni per mancato utilizzo della stessa in via equitativa . Sulla scorta di tali elementi la Corte territoriale, ritenuta correttamente radicata la competenza territoriale in base al foro del consumatore , ai sensi degli articolo 33co2 lett. U , 34co5 e 36co1 Dlgs 6.9.2055 numero 206, ha inteso qualificare la domanda come garanzia per vizi della cosa venduta, ritenendo applicabile la disciplina normativa del codice civile articolo 1490-1495 c.c. in luogo di quella, più favorevole al consumatore, prevista dal Dlgs 6 settembre 2005 numero 206, nel testo vigente ratione temporis . Orbene dalla domanda emergeva che 1-oggetto della compravendita era un bene di consumo secondo la definizione propria data dall’articolo 128 comma 2 del Dlgs 6 settembre 2005 numero 206 2-che il fatto allegato a fondamento della domanda integrava un vizio originario che lo rendeva non conforme alle specifiche del contratto di vendita in difetto della coesistenza delle circostanze indicate nell’articolo 129, comma 2, lett. a-d del medesimo decreto legislativo 3-che l’attrice aveva espressamente richiesto la condanna della società convenuta alla sostituzione del veicolo oltre che al risarcimento dei danni per dimidiato utilizzo del bene, domanda -la prima espressamente contemplata dall’articolo 130, commi 2 e 3, del Dlgs numero 206/2005. Nella specie la diversa qualificazione giuridica della domanda, ai fini della applicazione della disciplina di cui agli articolo 1490 ss. c.c., operata dal Giudice di appello appare del tutto errata in considerazione del rapporto di specialità che intercorre tra la disciplina generale del tipo contrattuale della vendita di cosa mobile, contenuta nel codice civile, e le norme speciali, contenute invece nel Codice del consumo, che attribuiscono al consumatore diritti inderogabili articolo 134 comma 1 articolo 143 comma 1 Dlgs numero 206/2005 e sono integra bili da altre discipline normative solo se più favorevoli al consumatore ovvero se regolano aspetti del contratto di vendita che non ricevono diretta normazione nel Codice del consumo articolo 135 . Incontroverso il contenuto dell’atto introduttivo non venendo pertanto in questione un vizio inerente la interpretazione della volontà espressa dalla parte, ridondante nel vizio di motivazione Corte cass. Sez. L, Sentenza numero 2630 del 05/02/2014 , l’errore di qualificazione sulla causa petendi e sul petitum , viene a tradursi in un vizio di nullità afferente l’attività processuale del Giudice d’appello il quale ha definito il giudizio senza risolvere la controversia -come individuata dalla domanda relativa a vendita di bene mobile di consumo , stipulata tra acquirente-consumatore e professionista-venditore, omettendo di pronunciare sulla stessa, laddove ha rigettato una domanda azione di garanzia per vizi della cosa ex articolo 1490 c.c. che non era stata, invece, proposta. In conclusione il ricorso va accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata in parte qua e la causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Palermo, in diversa composizione, per nuovo esame e liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione cassa la sentenza in relazione al motivo accolto rinvia alla Corte di appello di Palermo in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.