La l. numero 90/2013 impone che gli impianti termici installati successivamente al 31 agosto 2013 debbano essere collegati ad appositi camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione, con sbocco sopra il tetto dell'edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica vigente. La sentenza annotata ne dà una nuova esegesi considerando regolare lo scarico a parete, qualora non sia possibile adottare le soluzioni tecniche richieste dalla legge ed i terminali del tiraggio siano posizionati in conformità alle vigenti norme tecniche. Inoltre, chiarisce che la sostituzione della caldaia con una ad alta efficienza energetica rientra nell’ordinaria manutenzione e perciò non necessita di alcun permesso a costruire da parte del Comune.
Sono questi i principi sanciti dalla sentenza numero 432 del TAR Calabria, sez. II, e depositata il 4 marzo 2015. Il caso. Il proprietario di un appartamento, sito in un condominio, all’inizio del 2014 sostituiva la vecchia caldaia con una più moderna, a bassi consumi energetici e basse emissioni inquinanti, collocandola all’interno del suo appartamento, ma facendone fuoriuscire il tubo sulla parete condominiale. Ne dava regolare comunicazione al Comune chiarendo che «in ragione delle norme tecniche applicabili non era possibile collegare lo scarico dei fumi alla preesistente canna fumaria e che il nuovo scarico dei fumi è ideato per consentire la massima dispersione degli stessi e ad adeguata distanza di sicurezza dai balconi degli altri condomini». La P.A., però, ne ordinava la rimozione perché non era stato chiesto e concesso il relativo titolo abilitativo. L’uomo, ritendo che tutto ciò rientrasse nell’ordinaria manutenzione impugnava vittoriosamente questo provvedimento. È necessario un titolo abilitativo per gli interventi di ordinaria manutenzione? No, «purché risultino rispettate le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque le altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio». Nozione d’intervento di manutenzione ordinaria. Come esplicato dal TAR Umbria nella pronuncia numero 391/2002, ai sensi dell’art.1 d.P.R. numero 380/2001 rientrano in questa categoria «gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti». Sono state rispettate le nuove norme imposte dalla l. numero 90/2013? Sì, perché la legge oltre a quanto esplicato in epigrafe prevede che «è possibile derogare a tale regola nei casi, tra gli altri, in cui si procede, anche nell'ambito di una riqualificazione energetica dell'impianto termico, alla sostituzione di generatori di calore individuali che risultano installati in data antecedente al 31 agosto 2013, con scarico a parete o in canna collettiva ramificata. In tali casi, è obbligatorio installare generatori di calore a gas che, per valori di prestazione energetica e di emissioni, appartengano alle classi 4 e 5 e posizionare i terminali di tiraggio in conformità alla vigente norma tecnica». Orbene la nuova caldaia rientrava nella classe 5 e le sopra menzionate modalità con cui era stato progettato e collocato il nuovo scarico, a parere del TAR, sono conformi a queste nuove norme, tanto più che la P.A. non ha contestato difformità dell’opera rispetto ai limiti imposti dalla l. numero 90/2013, né quali fossero le distanze tra lo sbocco e le altre proprietà. Ergo è un’ordinaria manutenzione conforme alle nuove regole che, di conseguenza, non necessità di alcun titolo abilitativo.
TAR Calabria, sez. II, sentenza 6 febbraio – 4 marzo 2015, numero 432 Presidente Schillaci – Estensore Tallaro Fatto e diritto 1.1. - Antonio Giacinto Grillo è proprietario di un immobile adibito a civile abitazione sito nel Comune di Vibo Valentia, alla via S. Jemma, numero 2, posto all’interno di un fabbricato condominiale. Nei primi mesi dell’anno 2014, egli ha provveduto a sostituire la vecchia caldaia murale a camera aperta per il riscaldamento e l’acqua calda con altra più moderna, a condensazione con basse emissioni inquinanti. Lo scarico dei fumi della nuova caldaia, collocata all’interno dell’appartamento, non è stato collegato alla canna fumaria cui era allacciato lo scarico della precedente, giacché il tecnico incaricato della progettazione del nuovo impianto aveva rappresentato l’impossibilità normativa di procedere secondo tale soluzione. Piuttosto, è stato realizzato uno scarico a parete, mediante un tubo che fuoriesce dal muro esterno dell’appartamento di Antonio Giacinto Grillo. 1.2. - Sul piano amministrativo, in data 4 marzo 2014 il privato ha indirizzato al Sindaco del Comune di Vibo Valentia comunicazione di attività edilizia libera, significando che il successivo 6 marzo 2014 avrebbe completato i lavori invero già avviati di manutenzione ordinaria, consistenti nella sostituzione caldaia muraria posta a servizio dell’appartamento di sua proprietà. 1.3. - Con ordinanza del 17 marzo 2014, numero 3, il Dirigente del Settore numero 3 – Governo del Territorio del Comune di Vibo Valentia ha ingiunto ad Antonio Giacinto Grillo la rimozione a sua cura e spese della caldaia con fuoriuscita di canna fumaria e il ripristino dello status quo ante, in quanto opera realizzata in assenza di titolo abilitativo. Avverso tale provvedimento, il privato ha dapprima presentato all’amministrazione istanza di annullamento in autotutela quindi, con ricorso ritualmente notificato il 15 maggio 2014, si è rivolto a questo Tribunale Amministrativo Regionale, chiedendone l’annullamento, previa sospensiva. 1.4. - Intanto, con atto del 7 aprile 2014, numero 16016 prot., l’amministrazione comunale ha avvisato Antonio Giacinto Grillo dell’avvio del procedimento per la valutazione di presunte illegittimità della comunicazione di attività libera. Quindi, dopo il deposito, da parte del privato, di memorie ex articolo 10 l. 7 agosto 1990, numero 241, con provvedimento del 15 maggio 2014, numero 21806 prot., notificato il 19 maggio 2014, il Comune di Vibo Valentia ha “rigettato” la comunicazione di attività libera e ne ha “annullato” gli effetti con la seguente motivazione “Lo scarico a parete non rispetta quanto previsto dalla legge n° 90/2013 per la deroga di cui all’articolo 9 comma a-b-c. inoltre lo sbocco della canna fumaria è posta nelle immediate vicinanza di aperture di altro proprietà”. Antonio Giacinto Grillo ha impugnato, con motivi aggiunti notificati il 18 luglio 2014, anche tale nuovo provvedimento, chiedendone la sospensione in via cautelare. 2. - Il Comune di Vibo Valentia non si è costituito in giudizio, né lo ha fatto Maria Garreffa, cui il ricorso per motivi aggiunti è stato pure notificato. 3. - Con distinte ordinanze dell’11 luglio 2014, numero 328, e del 4 settembre 2014, numero 467, i due provvedimenti impugnati sono stati sospesi. Il ricorso è stato quindi discusso all’udienza pubblica del 6 febbraio 2015. 4. - Appare opportuno sintetizzare le doglianze proposte avverso i due provvedimenti. 4.1. - Con il ricorso principale Antonio Giacinto Grillo ha articolato tre motivi di censura dell’ordinanza di demolizione. 1 Violazione o falsa applicazione dell’articolo 6 d.P.R. 6 giugno 2001, numero 380 violazione e falsa applicazione dell’articolo 1 l. 7 agosto 1990, numero 241 e dell’articolo 97 Cost. eccesso di potere per carente o insufficiente istruttoria e sviamento funzionale difetto di motivazione difetto dei presupposti. L’intervento edilizio posto in essere, in conformità con la normativa vigente, non avrebbe richiesto alcun titolo edilizio, né alcuna comunicazione all’Autorità amministrativa, integrando un’ipotesi di manutenzione ordinaria. In ogni caso, la comunicazione di attività era stata depositata il giorno 4 marzo 2014, ma essa non aveva dato luogo ad alcuna attività istruttoria. Poi, se anche tale comunicazione fosse stata considerata tardiva, nondimeno tale tardività avrebbe potuto comportare solo l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria. 2 Violazione degli articolo 7 ed 8 l. 7 agosto 1990, numero 241. Era mancata la comunicazione di avvio del procedimento, sicché egli non aveva potuto prendere parte al procedimento amministrativo. 3 Violazione e falsa applicazione dell’articolo 19 l. 7 agosto 1990, numero 241. La comunicazione di avvio del procedimento per la valutazione di presunte illegittimità della comunicazione di attività libera sarebbe in primo luogo abnorme, in quanto inoltrata allorché era stato già assunto un provvedimento repressivo della presunta illegittimità edilizia, e cioè quando l’amministrazione aveva già sfavorevolmente valutato l’attività edilizia del privato. In ogni caso, essa sarebbe intervenuta allorché era già maturato il silenzio assenso di cui all’articolo 19 l. 7 agosto 1990, numero 241. 4.2. - Con il ricorso per motivi aggiunti, sono stati articolate due censure avverso il provvedimento di “annullamento” della comunicazione di attività edilizia libera. 1 Violazione dell’articolo 10-bis l. 7 agosto 1990, numero 241. La mancata comunicazione del preavviso di rigetto avrebbe privato il ricorrente delle garanzia partecipative, non essendo all’uopo sufficiente la comunicazione di avvio del procedimento. 2 Violazione dell’articolo 17-bis, comma 9-bis lett. c , l. 3 agosto 2013, numero 90 recte l’articolo 5, comma 9-bis d.P.R. 26 agosto 1993, numero 412, come introdotto dal d.l. 4 giugno 2013, numero 63, conv. con mod. dalla l. 3 agosto 2013, numero 90 eccesso di potere per erronea valutazione delle circostanze di fatto e di diritto difetto di motivazione e di istruttoria disparità di trattamento. Benché il provvedimento impugnato affermi il contrario, la caldaia installata risponderebbe pienamente ai requisiti richiesti alla disciplina vigente. 5. - Il primo motivo di ricorso ed il secondo dei motivi aggiunti sono palesemente fondati, sicché, in accoglimento del ricorso, come integrato con motivi aggiunti, vanno annullati i provvedimenti impugnati. 5.1. - Ai sensi dell’articolo 6 d.P.R. 6 giugno 2001, numero 380, gli interventi di manutenzione ordinaria non sono soggetti ad alcun titolo abilitativo, purché risultino rispettate le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque le altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio. Per interventi di manutenzione ordinaria si intende, ai sensi dell’art, comma 1, lett. a del medesimo testo normativo, gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti. E’ evidente che la sostituzione di una caldaia rientra nella manutenzione ordinaria, con la conseguenza che non occorre alcun titolo edilizio, neanche tacito a seguito di denuncia di inizio attività cfr. T.A.R. Umbria, 8 giugno 2002, numero 391, che ha fatto applicazione dell’articolo 31 lett. a , l. 5 agosto 1978, numero 457, poi trasfuso nel d.P.R. 6 giugno 2001, numero 380 . 5.2. - Quanto alla specifica disciplina relativa agli impianti termici, viene in rilievo l’articolo 5, commi 9, 9-bis e 9-ter d.P.R. 26 agosto 1993, numero 412, come introdotti dal d.l. 4 giugno 2013, numero 63, conv. con mod. dalla l. 3 agosto 2013, numero 90. Secondo tale normativa, gli impianti termici installati successivamente al 31 agosto 2013 devono essere collegati ad appositi camini, canne fumarie o sistemi di evacuazione dei prodotti della combustione, con sbocco sopra il tetto dell'edificio alla quota prescritta dalla regolamentazione tecnica vigente. E' tuttavia possibile derogare a tale regola nei casi, tra gli altri, in cui si procede, anche nell'ambito di una riqualificazione energetica dell'impianto termico, alla sostituzione di generatori di calore individuali che risultano installati in data antecedente al 31 agosto 2013, con scarico a parete o in canna collettiva ramificata. In tali casi, è obbligatorio installare generatori di calore a gas che, per valori di prestazione energetica e di emissioni, appartengano alle classi 4 e 5 e posizionare i terminali di tiraggio in conformità alla vigente norma tecnica. 5.3. - Nel caso di specie, nel provvedimento del 15 maggio 2014 si legge che lo scarico a parete “non rispetta quanto previsto dalla legge n° 90/2013 per la deroga di cui all’articolo 9 comma a-b-c” e che “lo sbocco della canna fumaria è posta nelle immediate vicinanza di aperture di altro proprietà”. Si tratta, tuttavia, di affermazioni generiche, in quanto l’amministrazione non specifica in cosa consista la difformità tra l’impianto installato e la disciplina applicabile né quale sia la distanza tra lo sbocco della canna fumaria e la diversa proprietà. A fronte di ciò, il ricorrente ha prodotto relazione a firma di un tecnico ing. Rocco Ruffa , dalla quale risulta che la caldaia precedentemente installata era obsoleta, che la nuova caldaia installata è ad alta efficienza energetica classe 5 , che - in ragione delle norme tecniche applicabili – non era possibile collegare lo scarico dei fumi alla preesistente canna fumaria, che il nuovo scarico dei fumi è ideato per consentire la massima dispersione degli stessi e ad adeguata distanza di sicurezza dai balconi degli altri condomini. 5.4. - Si può concludere, allora, che la nuova caldaia risulta installata in conformità con la disciplina specifica vigente e che la sua sostituzione, da intendere quale manutenzione ordinaria, non era soggetta ad alcun titolo abilitativo, seppur tacito. I due provvedimenti impugnati sono, per tali ragioni illegittimi. 6. - La regolamentazione delle spese di lite, liquidate come da dispositivo, segue il principio della soccombenza. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Seconda , definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, a annulla l’ordinanza del Dirigente del Settore numero 3 – Governo del Territorio del Comune di Vibo Valentia del 17 marzo 2014, numero 3 b annulla il provvedimento del Dirigente del Settore numero 3 – Governo del Territorio del Comune di Vibo Valentia del 15 maggio 2014, prot. numero 21806 c condanna il Comune di Vibo Valentia, in persona del suo Sindaco in carica, alla rifusione, in favore di Antonio Giacinto Grillo, delle spese e competenze di lite, che liquida nella misura complessiva di € 2.000,00, oltre al rimborso del contributo unificato e delle spese generali, IVA e CPA come per legge. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.