Quando una cooperativa agricola ha diritto alla prelazione agraria?

Ai fini del riconoscimento del diritto di prelazione agraria è necessaria l’esistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla legge, in particolare che la cooperativa realizzi una efficiente conduzione associata dei fondi.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza numero 22872, depositata il 10 novembre. Il fatto. Una società cooperativa agricola ricorre in Cassazione contro la decisione con la quale i giudici di primo grado non concedevano la prelazione agraria su alcuni fondi oggetto della disputa. La Corte d’appello deduceva che, poiché il fondo oggetto di prelazione era condotto da una pluralità di soggetto autonomi, talvolta soci e talaltra no, subaffittuari della cooperativa, concedente fondiaria, questa non aveva diritto alla prelazione agraria. Non vi era, infatti, alcuna direzione unitaria della coltivazione dei fondi. Nel rigettare il ricorso i giudici di legittimità riportano il principio di diritto al quale si sono correttamente attenuti i giudici di merito nella loro decisione. In primo luogo, ricordano come, la cooperativa deve essere un imprenditore agricolo che svolge attività di gestione associata attraverso i suoi soci è una società che perciò esercita in comune l’attività agricola ed in cui sono compenetrati i soci. Il diritto di prelazione. Ed ancora «perché – in applicazione della l. numero 817/1971 – sussista, in favore di una cooperativa agricola, il diritto di prelazione e di riscatto di cui alla l. numero 590/1965, è necessario, da un lato, che ricorrano le condizioni, soggettive ed oggettive, di cui all’articolo 8 di tale legge, dall’altro, che la cooperativa realizzi una efficiente conduzione associata dei fondi. A questo fine, siano o meno i terreni nella disponibilità della cooperativa divisi o meno, è indispensabile una conduzione unitaria dei terreni stessi, mediante una coordinazione di sostegno da parte della cooperativa stessa, come emergente dalle norme statutarie e trovante concreta attuazione nella pratica». Gli accertamenti della Corte di merito. La Corte di merito ha accertato che i terreni condotti in affitto dalla cooperativa sono stati assegnati non soltanto ai soci, ma anche a terzi, che non solo manca una gestione unitariamente coordinata dei singoli appezzamento di terreno da parte della cooperativa, ma che essa non gestisce neppure una struttura ausiliaria nell’interesse collettivo per la commercializzazione dei prodotti dai soci, essendo del tutto disinteressata alla conduzione dei singoli lotti i cui rischi e profitti sono esclusivamente a carico ed a vantaggio degli assegnatari, che i servizi offerti di scavo e pulizia dei fossi e delle scoline non hanno alcun rilievo gestionale, pertanto, in corretta applicazione del principio sopra richiamato, e con totale condivisione da parte dei giudici della Cassazione, ha escluso il diritto di prelazione della cooperativa. Queste le ragioni in base alle quali la S.C. ha concluso per il rigetto del ricorso e per la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 12 marzo – 10 novembre 2015, numero 22872 Presidente Salmè – Relatore Chiarini Svolgimento del processo Con sentenza del 2 marzo 2010 numero 4934 questa Corte, in accoglimento del secondo motivo del ricorso principale proposto per violazione degli articolo 8 della legge numero 590 del 1965 e 16, commi 1 e 5, della legge del 1971 numero 817 da M.L. e F. e da V.G. , Ge. , S. e da Mu.Ce. avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia del 2006 numero 1567 che, ritenendo esistenti i presupposti di cui all'articolo 8 della legge numero 590 del 1965 aveva accolto la domanda della coop. Unione agricola Vangadizza s.r.l. di trasferimento del fondo Zona del Comune di Legnago per il prezzo di lire 4.047.850.000, rigettando la domanda dei M. - V. e Mu. di trasferimento del medesimo fondo ai sensi dell'articolo 2932 cod. civ. ha cassato, in relazione al motivo accolto, la sentenza della Corte di appello di Venezia. In particolare questa Corte ha preliminarmente respinto il ricorso incidentale dell'Unione Agricola coop. riaffermando che ai fini del riconoscimento del diritto di prelazione agraria non è sufficiente l’accettazione della denuntiatio, - nell'aprile 1996 - essendo altresì necessaria l'esistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti dalla legge. Quindi, rilevato che il primo comma dell'articolo 16 della legge numero 871 del 1971 contempla la formazione della proprietà diretto - coltivatrice da parte di cooperative agricole, ed il quinto comma dello stesso articolo attribuisce ad esse il diritto di prelazione di cui all'articolo 8 della legge numero 590 del 1965 in modo da consentire una efficiente conduzione associativa dei terreni, sia che venga attuata con proprietà cooperativa a conduzione unita dei poderi, sia con la divisione dei poderi tra i soci, ha affermato l'esistenza delle denunciate violazioni per avere la Corte di merito erroneamente parificato le due ipotesi, ed ha affermato che in entrambe la conduzione dei terreni - sotto il profilo gestionale, della direzione, fiscale - ancorché per appezzamenti separati, deve esser associata, essendo questo tipo di conduzione la giustificazione dell'esistenza di una coop. agricola e la realizzazione del suo scopo mutualistico. Pertanto, ha statuito questa Corte, la coop. deve esser un imprenditore agricolo che svolge attività di gestione associata attraverso i suoi soci. E poiché la Corte di merito non aveva verificato l'esistenza di questo necessario requisito, ha rinviato la causa ai giudici di appello per nuovo esame alla luce del seguente, principio di diritto Perché - in applicazione della L. numero 817 del 1971, articolo 16, comma 5 - sussista, in favore di una cooperativa agricola, il diritto di prelazione e di riscatto di cui alla L. numero 590 del 1965, articolo 8, è necessario, da un lato, che ricorrano le condizioni soggettive e oggettive di cui al ricordato articolo 8, dall'altro, che la cooperativa realizzi una efficiente conduzione associata dei fondi dell'articolo 16, ex comma 1 . Al detto fine, siano o meno i terreni nella disponibilità della cooperativa divisi o meno, è indispensabile una conduzione unitaria dei terreni stessi, mediante una coordinazione di sostegno da parte della cooperativa stessa, come emergente dalle norme statutarie e trovante concreta attuazione nella pratica . In applicazione del predetto principio, con sentenza del 14 gennaio 2014 la Corte di appello di Venezia ha trasferito, ai sensi dell'articolo 2932 c.c., la proprietà del fondo rustico Zona del Comune di Legnago ai M. , V. , Mu. sulle seguenti considerazioni 1 le istanze istruttorie richieste dalla cooperativa erano state respinte dal Tribunale e la statuizione non era stata impugnata in appello comunque erano irrilevanti alla luce dell'istruttoria svolta e dei documenti acquisiti al processo 2 infatti da essi e dalle stesse ammissioni della coop. risultava che a la società aveva acquisito la disponibilità del fondo e ne aveva distribuito l’utilizzazione e la coltivazione, secondo la forza lavoro e la disponibilità dei mezzi meccanici di ciascuno degli assegnatari, a loro rischio e pericolo, e la funzione cooperativistica di coordinamento e di sostegno da parte della cooperativa, che non esplicava nessuna diretta ed efficiente conduzione del fondo e non dichiarava nessun reddito agrario, consisteva nel consentire a detti assegnatari di condurre i lotti a condizioni più favorevoli di quelle che ciascuno di essi avrebbe potuto ottenere sul mercato fondiario b peraltro era risultato che non vi era coincidenza tra il numero delle quote sociali e quello dei soci risultanti dal libro, che i trasferimenti delle quote erano state annotate soltanto dal settembre 1996, e che la coop. era sprovvista della documentazione obbligatoria secondo il c.c. inoltre gli assegnatari ufficiali non corrispondevano a quelli reali e le assegnazioni erano avvenute, in contrasto con lo statuto, anche a favore di soggetti estranei alla coop., indicati come coltivatori, ma che non risultava avessero pagato fitti c la coop. non provvedeva neppure a vendere o acquistare i prodotti per conto degli assegnatari, ma si limitava a dare suggerimenti per il conferimento o l’acquisto di essi a terzi, ed infatti soltanto dal primo novembre 1996 aveva aperto una partita IVA per la coltivazione dei cereali d i compiti della coop. erano limitati a pulire e scavare i fossi e a migliorare lo stato delle scoline, mentre alla data dell'esercitato riscatto - aprile 1996 - disponeva soltanto di un trattore del 1990, con possibilità di presa di un escavatore ed i crediti della stessa dal 1986 al 1996 erano per fitti maturati e per lavori di scavo o diserbo 2 pertanto era ravvisabile soltanto una sorta di affittanza collettiva ed un'attività pratica di sostegno per il mantenimento del buono stato dei fossi e delle scoline onde evitare allagamenti dei fondi, ma senza nessuna direzione unitaria della coltivazione di essi, mentre secondo il principio affermato dalla Suprema Corte era necessario che la scelta colturale, l’acquisto dei mezzi comuni di produzione, la gestione e manutenzione di macchinari comuni, la scelta di trasformazione e commercializzazione dei prodotti, avvenisse sulla base di un programma unitario e non secondo l’autonomia dei singoli assegnatari 3 quindi, poiché il fondo oggetto di prelazione era condotto da una pluralità di soggetti autonomi, talvolta soci e talaltra no, subaffittuari della coop., concedente fondiaria, questa non aveva diritto alla prelazione agraria. Ricorre per cassazione l’Unione agricola Vangadizza, coop. s.r.l. Resistono i M. , i V. e la Mu. . La ricorrente e questi ultimi hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1.- Con il primo motivo la ricorrente deduce Violazione del principio di diritto nella sua portata letterale articolo 1362 c.c. e sistematica articolo 1363 c.c. che la sentenza rescindente della Suprema Corte aveva stabilito erronea interpretazione della regula iuris alla stregua dei canoni ermeneutici di cui agli articolo 1362 e 1363 c.c. falsando il concetto giuridico di efficiente conduzione associata, da ricavarsi dal contratto di affitto e dalle norme statutarie della coop. In particolare violazione dell'articolo 384 secondo comma in relazione all'articolo 360 numero 4 c.p.c. . La coop si era costituita nei primi anni del 1900 con scopi mutualistici aventi ad oggetto la presa in affitto o l’acquisto di fondi rustici per venderli o affittarli ai soci che avrebbero provveduto in totale autonomia a coltivarli e a vendere i prodotti limitandosi la coop. a prestare alcuni servizi attraverso il proprio parco macchine. La coop. era formata da braccianti, coloni, compartecipanti, mezzadri, fittavoli, e coltivatori della terra e i ricavi - affitti e costo dei servizi pagati da costoro - hanno consentito di coprire i costi di gestione della coop. I soci avevano adeguata capacità lavorativa e la coop. era affittuaria del terreno, la gestione sociale era espressione della mutualità e gli interessi del socio, collegati con quelli della coop., erano coincidenti, e la qualifica dei soci si trasmette alla società che ben può utilizzare il loro lavoro agricolo attività agricola per connessione soggettiva articolo 2135, terzo comma, c.c , avendo la stessa il compito dominante di fornire i terreni ai soci per calmierare i prezzi ed escludere l’intermediazione capitalistica, e di garantire l’equità dei flussi ai soci in conformità allo scopo mutualistico, e questa è attività di impresa e costituisce efficiente conduzione associata dei terreni. La coop. è una società - articolo 2247 c.c. - che perciò esercita in comune l'attività agricola articolo 2511, 2521, 2525 c.c., costituzionalmente coperti dal'articolo 45 , ed in cui sono compenetrati i soci. Lo statuto prevede lo studio e l'applicazione dei mezzi di perfezionamento agrario per incrementarlo e migliorarlo, finanziato da un fondo aziendale con obbligo dei soci, aventi la qualifica di coltivatori diretti, di pagare un canone per coprire i costi, con diritto di voto e disciplina del trasferimento di quota, ed anche l’assegnazione dei lotti a terzi rientra nella funzione della coop. che può condurre il fondo per appezzamenti separati, come statuito dalla Suprema Corte, e per questo sussiste l’autonomia dei soci. 2.- Con il secondo motivo la ricorrente deduce Violazione delle norme e dei principi in tema di società cooperativa articolo 2511, 2521, 2525 cod. civ. e di imprenditore agricolo articolo 2135 cod. civ., 8 legge 590/1965 e 16 legge 817/1971, articolo 1, comma 2, D.L.gs. 18 maggio 2001 numero 228 , in relazione all'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. per non avere la Corte di merito considerato che l’interesse della cooperativa era coincidente con quello dei soci e che il bene che essa forniva a costoro era la terra da coltivare e questo era lo scopo mutualistico adeguatamente distribuito. 3.- Con il terzo motivo lamenta Violazione del giudicato interno in particolare violazione degli articolo 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ. in relazione all'articolo 360 numero 4 c.p.c. per non avere la Corte di merito considerato che per il principio commutativo tra coop. e soci l’unica conduttrice del terreno era la coop. e che i soci assegnatari erano coltivatori diretti dei singoli lotti, come aveva accertato la Corte di merito nella prima sentenza, non cassata su tali accertamenti. I motivi, connessi, sono infondati. Il principio di diritto che il giudice di rinvio era vincolato ad applicare è stato palesemente enunciato dalla Corte di Cassazione interpretando la ratio del diritto di prelazione conferito dal quinto comma dell'articolo 16 della legge numero 817 del 1971 alle società cooperative alla luce dello scopo indicato nel primo comma della stessa legge e cioè la agevolazione della formazione della proprietà diretto-coltivatrice da parte di società di braccianti, compartecipanti, coloni, mezzadri, fittavoli ed altri coltivatori della terra, e perciò ha affermato la necessità che costoro, anche nel caso di affittanza collettiva divisa, siano soggetti ad una disciplina associativa per il soddisfacimento dell'interesse comune e dello scopo sociale. Per questo la cooperativa non può disinteressarsi della gestione agricola dei soci e consentire ai singoli la dissociazione dall'interesse e dallo scopo comune, ma deve stabilire i criteri produttivi, le interdipendenze delle attività tra i soci, il programma di attività che trascende l'interesse di ciascuno, disporre di strutture commerciali comuni di acquisto e vendita dei prodotti, anche per ottenere dei prezzi convenienti in ragione delle quantità e dell'andamento del mercato onde diminuire i costi di produzione e incrementare i vantaggi a beneficio degli associati. Ed infatti, ha stabilito questa Corte con la sentenza numero 4934 del 2010, se l’attività sociale è limitata a procurare, non solo ai soci, la terra da coltivare a condizioni più vantaggiose del mercato, viene meno la ratio del beneficio riconosciuto alle cooperative agricole dall'articolo 16, quinto comma, della legge numero 817 del 1971 nel solco segnato dall'articolo 42, secondo comma, della Carta Costituzionale , non essendo sufficiente il presupposto della natura agricola del soggetto collettivo che per statuto dovrebbe svolgere una o più delle attività di cui all'articolo 2135 cod. civ. - e che a norma dell'articolo 1, secondo comma, del D.L.gs. del 2001 numero 228, invocato dalla ricorrente, per le cooperative consiste nella prevalente utilizzazione dei prodotti dei soci, ovvero nella fornitura prevalentemente ad essi di beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico - se ne manca la concreta attuazione. E poiché la Corte di merito, come evidenziato in narrativa, ha accertato che i terreni condotti in affitto dalla cooperativa sono stati assegnati non soltanto ai soci, ma anche a terzi che non solo manca una gestione unitariamente coordinata dei singoli appezzamenti di terreno da parte della cooperativa, ma che essa non gestisce neppure una struttura ausiliaria nell'interesse collettivo per la commercializzazione dei prodotti dai soci, essendo del tutto disinteressata alla conduzione dei singoli lotti i cui rischi e profitti sono esclusivamente a carico ed a vantaggio degli assegnatari, che i servizi offerti di scavo e pulizia dei fossi e delle scoline non hanno alcun rilievo gestionale, in corretta applicazione del principio su enunciato ha escluso il diritto di prelazione della coop. 4.- Con il quarto motivo la società lamenta Violazione del combinato disposto di cui agli articolo 8 legge numero 590/1965 e 17 legge 817/1971, come ricostruito dalla sentenza impugnata, in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. Prospettazione di non manifesta infondatezza della questione di legittimità, costituzionale degli articolo 8 numero 590/1965 e 16 legge 817/1971, in relazione agli articolo 3, 45, primo comma, e 47 secondo comma della Costituzione per avere il giudice di rinvio escluso, malgrado la qualità di coltivatrice diretta della coop., il suo diritto di prelazione e di riflesso quello di tutti i suoi soci, penalizzandoli, con disparità di trattamento rispetto agli altri coltivatori diretti non associati e in violazione degli articolo 45 e 47 Costit Il motivo e la prospettazione di incostituzionalità sono infondati. Ed infatti, accertato che la cooperativa Vangadizza non svolge una conduzione unitaria dei terreni subaffittati mediante una efficiente e coordinata cooperazione né conosce e monitora le attività dei subaffittuari, da un lato, come ha affermato questa Corte, non può esser ritenuta cooperativa agricola alla luce soltanto dei compiti di statuto dall'altro l’assunzione di fatto della sola veste di intermediario tra il proprietario del terreno e gli assegnatari, autonomi e dissociati, esclude la paventata disparità di trattamento con coltivatori diretti non associati. 5.- Con il quinto motivo lamenta Violazione delle norme e dei principi comunitari fissati dagli articolo 38 e 39 del Trattato di Lisbona come recepiti da ultimo dal regolamento CE numero 1435/2003 in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c Prospettazione della questione pregiudiziale comunitaria con riferimento all'articolo 8 della legge 590/1965 e legge 817/1971, così come interpretati dalla Corte di appello di Venezia con la sentenza impugnata , in quanto l’articolo 39 del TFUE dispone che la finalità della politica agricola comune è quella di incrementare la produttività dell'agricoltura, sviluppando il progresso tecnico, assicurando lo sviluppo razionale della produzione agricola come pure un impiego migliore dei fattori di produzione, in particolare della manodopera articolo 39 , adeguando le strutture produttive alla dimensione comunitaria con l’obbligo per gli Stati membri di dotare le coop. di strumenti giuridici adeguati e idonei a facilitare lo sviluppo delle loro attività transnazionali garantendo alle stesse di operare in condizioni di parità rispetto alle altre imprese, con la preminenza della persona dei soci rispetto ai terzi utilizzatori, si che è in contrasto con detto principio l’esclusione del diritto di prelazione alla coop. che conduce i terreni dati in affitto e pertanto sul punto sussistono i presupposti per il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia. Il motivo è infondato. Le coop. tutelate dalla normativa comunitaria sono soltanto quelle che svolgono in concreto un ruolo di coordinamento e direzione dell'attività di conduzione associata dei terreni ed un effettivo sostegno ai soci, requisiti oggettivi esclusi dagli accertamenti svolti dalla Corte in sede di rinvio, e non già le coop. che, in violazione dell'articolo 21, secondo comma, della legge numero 11 del 1971 secondo cui è ammessa la subconcessione di terreni ai soci da parte delle cooperative che si propongano, nell'oggetto sociale, la conduzione e coltivazione dei terreni affittati , assumono la veste di intermediario finanziario tra il proprietario, del terreno e gli assegnatari. 6.- Con il sesto motivo lamenta Violazione dell'articolo 360 numero 5 c.p.c. per avere la sentenza impugnata omesso l’esame di fatti decisivi per il giudizio che hanno formato oggetto di discussione tra le parti e in particolare dello statuto che evidenzia l’oggetto sociale nell'affittanza di terreni agricoli da assegnare ai coltivatori e nella prestazione di alcuni servizi a loro favore, tra cui scavo di fossi, diserbo, scoline bilanciando i costi della gestione trattori con i ricavi della gestione e così svolgendo un'efficiente conduzione associata, come richiesto dalla Corte di Cassazione. Il motivo va respinto per le considerazioni espresse nel rigetto dei motivi che precedono. 7.- Con il settimo motivo deduce Violazione degli articolo 91 primo comma c.p.c. e 132 numero 4 c.p.c. apparente motivazione in relazione all'articolo 111 sesto comma Costit. e all'articolo 360 numero 4 c.p.c. . avendo i giudici di rinvio posto a carico della coop. le spese di giudizio senza considerare che la coop. era stata soccombente una volta e due volte i M. - V. - Mu. si che le spese dovevano esser equamente compensate. Il motivo è infondato. Ed infatti, pacifico che l’esito complessivo della lite è la soccombenza della coop. Vangadizza, il mancato uso della facoltà di compensare le spese non è censurabile in alcun modo in cassazione Cass. 15586 del 2014, in motivazione, con richiamo a principi assolutamente consolidati . 8.- Con l’ottavo motivo deduce Violazione del D.M. 127/2004 in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. per avere la Corte di merito applicato per gli onorari del giudizio di cassazione una somma - Euro 28.000 - superiore al massimo contemplato dal predetto D.M. - Euro 23.000 - avuto riguardo allo scaglione di riferimento. La censura è infondata poiché l’articolo 5, quarto comma, dell'invocato D.M. prevede la possibilità di aumentare sino al 20% l’onorario nel caso di attività difensiva di più parti, come nella specie. 9.- Concludendo il ricorso va respinto. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. La Corte da atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, numero 228. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la scarl Unione Agricola Vangadizza a pagare le spese del giudizio di cassazione pari ad Euro 17.600, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali e accessori di legge, a favore di ciascuna parte V.G. , Ge. , S. e Mu.Ce. , in solido tra loro e M.L. e F. , in solido tra loro . La Corte da atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dall'articolo 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, nel testo introdotto dall'articolo 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, numero 228.