Le Sezioni Unite Civili hanno precisato che il termine breve annuale di prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere e cioè, nel caso di silenzio rifiuto, dalla data di formazione dello stesso.
Con riferimento alle prestazioni di previdenza ed assistenza, il decorso della prescrizione - che comincia solo se e quando il diritto può essere fatto valere - è sospeso durante il tempo di formazione del silenzio rifiuto nonché durante il tempo in cui la domanda è improcedibile per non essere ancora decorso, in generale, il termine di 180 giorni dalla data in cui è stato proposto il ricorso amministrativo ovvero, in particolare, per non essere ancora esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa, ovvero decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 5572/2012 depositata il 6 aprile. Il caso. Una lavoratrice adiva il Tribunale di Roma per vedere riconosciuto il proprio diritto a percepire il trattamento di maternità, per il periodo di astensione obbligatoria compreso tra il 15 dicembre 1998 ed il 15 maggio 1999. Con sentenza successivamente confermata dalla Corte di Appello, il Tribunale respingeva la domanda accogliendo l’eccezione di prescrizione annuale ex Legge numero 138/1943 sollevata dall’Istituto. Riteneva in particolare il Giudicante che la decorrenza del termine di prescrizione dovesse coincidere con il giorno in cui si erano perfezionati i requisiti costitutivi del diritto e che la durata del procedimento amministrativo, con cui la lavoratrice aveva impugnato il rifiuto dell’Istituto, non incidesse sul predetto termine. Nel caso di specie - atteso che il suddetto termine annuale risultava decorso prima della proposizione del ricorso amministrativo del 15 gennaio 1999, mentre il provvedimento di rigetto della richiesta di prestazione del 19 ottobre 1998 non poteva in alcun modo ritenersi interruttivo della prescrizione – il diritto alla prestazione doveva ritenersi prescritto. Sulla questione era presente un contrasto giurisprudenziale palla alle Sezioni Unite. Avverso la pronuncia di Appello la lavoratrice ricorreva alla Corte di Cassazione sezione Lavoro formulando il seguente quesito di diritto «dica la Corte se, in materia di trattamento di indennità di maternità, il termine breve annuale di prescrizione inizia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere e cioè, nel caso di silenzio rifiuto, dalla data di formazione dello stesso, ovvero – in caso di eventuale ricorso amministrativo contro il provvedimento negativo dell’INPS – dalla comunicazione del ricorso amministrativo stesso o dalla data del ricorso amministrativo, valida per l’interruzione». La sezione Lavoro, ravvisando un contrasto giurisprudenziale, rimetteva la causa al primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite. Sul tema, infatti, erano presenti due orientamenti I il primo Cass. 21595/2003 Cass. 9286/2003 che aveva ritenuto l’applicabilità dell’articolo 97, comma 5, del RDL numero 1827/1935 convertito in Legge numero 1155/1936 , a mente del quale «il procedimento in sede amministrativa ha effetto sospensivo dei termini di prescrizione», con l’effetto che il decorso della prescrizione deve ritenersi sospeso per tutta la durata del procedimento amministrativo che decide sul rigetto della prestazione ed II il secondo Cass. 8134/2008 Cass. 8533/2006 secondo il quale nessuna efficacia sospensiva poteva riconoscersi all’articolo 97 cit., trattandosi di norma tacitamente abrogata dalla riforma della disciplina del «contenzioso amministrativo» da ultimo con Legge numero 88/1989 . Adire l’autorità giudiziaria solo dopo L’azione amministrativa. La vigente disciplina, come efficacemente riassunto dalle Sezioni Unite, prevede che la prestazione sia erogata a seguito di domanda della lavoratrice all’Istituto. Tale domanda, ex articolo 7 Legge numero 533/1973, si intende respinta decorsi 120 giorni dalla data di presentazione senza che l’INPS si sia pronunciata. Intervenuto il provvedimento negativo o formatosi il silenzio-rifiuto, la lavoratrice può proporre ricorso amministrativo entro 90 giorni. In mancanza di una decisione nei successivi 90 giorni, il ricorso si intende respinto e l’assicurata ha facoltà di adire l’Autorità Giudiziaria rispetto alla quale l’esperimento dell’azione amministrativa costituisce condizione di procedibilità . La perdurante vigenza dell’articolo 97 RDL numero 1827/1935. Oltre all’analisi della disciplina attualmente vigente, le Sezioni Unite effettuano una approfondita ricostruzione dell’evoluzione storica della disciplina applicabile, anche alla luce delle più significative pronunce che di tempo in tempo hanno interpretato tale normativa. All’esito di tale analisi, la Corte ricava un principio generale «di settore», desumibile dall’articolo 97 cit. da ritenersi tuttora vigente, per il quale il decorso della prescrizione risulta sospeso per il tempo di inerzia giustificata e quindi incolpevole dell’assicurato, che sia in attesa delle determinazioni dell’Istituto e degli organi preposti alla decisione dei ricorsi amministrativi. Principio che, ritiene la Corte nell’enunciare la massima sopra esposta, si pone in termini di specialità rispetto ai principi generali desumibili dalla disciplina codicistica per cui, da un lato, la prescrizione inizia a decorrere solo da quando il diritto può essere fatto valere e, dall’altro, prevede che le cause di sospensione della prescrizione siano tipiche. Questa soluzione interpretativa, ritiene la Corte, risponde altresì all’esigenza di interpretare la normativa nazionale in conformità ai trattati internazionali, il che postula il rispetto del principio dell’equo processo fissato dall’articolo 6 della Convenzione Europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo , letto in combinato disposto con la garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale ed ora anche con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali UE, che assicura il diritto ad un ricorso effettivo al Giudice.
Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 6 dicembre 2011- 6 aprile 2012, numero 5572 Presidente Canevari – Relatore Amoroso Svolgimento del processo 1. Con ricorso del 28 ottobre 1999 F.A.M. adiva il tribunale di Roma per vedersi riconoscere l'indennità di maternità per il periodo di astensione obbligatoria dal 15 dicembre 1998 al 15 maggio 1999 chiedeva condannarsi l'Inps al pagamento di tale prestazione, previa declaratoria incidentale della sussistenza del rapporto di lavoro con la ditta Felici Nestore. L'Inps si costituiva resistendo alla domanda. Con sentenza del 9 ottobre 2002, il Tribunale di Roma respingeva la domanda della F. accogliendo l'eccezione di prescrizione sollevata dall'Inps nella memoria di costituzione. 2. Proponeva appello la F. deducendo che ai sensi dell'articolo 2135 c.c. la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere regola questa che - sosteneva l'appellante - trovava applicazione anche alla prescrizione annuale di cui all'articolo 6 della legge numero 138 del 1943, cui era soggetta la prestazione richiesta all'Inps. Con sentenza del 22 aprile 2009, la Corte di appello di Roma respingeva il gravame della lavoratrice, affermando che, in riferimento alla sua domanda del 30 ottobre 1997, seguita dal ricorso amministrativo proposto il 15 gennaio 1999 e dall'azione giudiziaria intrapresa il 28 ottobre 1999, era maturata la prescrizione annuale ex lege numero 138 del 1943, in quanto l'inizio della decorrenza del termine breve annuale doveva farsi coincidere con il giorno in cui si erano perfezionati i requisiti costitutivi del diritto e che la durata del procedimento amministrativo non incideva sul predetto termine in mancanza di specifica previsione. Rilevava, in particolare, che doveva ritenersi maturata la prescrizione, atteso che era decorso il termine annuale prima della proposizione del ricorso amministrativo del 15 gennaio 1999, mentre il provvedimento amministrativo del 19 ottobre 1998 di rigetto della richiesta della prestazione non poteva in alcun modo ritenersi interruttivo del corso della prescrizione perché l'effetto interruttivo poteva riconoscersi solo all'accertamento del diritto e non anche alla sua negazione. 3. La F. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo, a cui l'INPS ha resistito con controricorso. La sezione lavoro con ordinanza numero 5294 del 3 febbraio 2011 - 11 marzo 2011 ha rimesso la causa al Primo Presidente per l'assegnazione alle sezioni unite ravvisando un contrasto di giurisprudenza. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1. Con l'unico motivo di ricorso la ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia considerato che l'INPS avrebbe dovuto provvedere sulla domanda amministrativa del 30 ottobre 1997 della lavoratrice entro 90 o 120 giorni e che, pertanto, il provvedimento negativo implicito silenzio rifiuto doveva datarsi 31 gennaio 1998 o 28 febbraio 1998 e che, conseguentemente, essendo stato il ricorso amministrativo proposto il 15 gennaio 1999, il suo diritto in ogni caso non poteva considerarsi prescritto. In particolare la ricorrente invoca la giurisprudenza di questa Corte costituita dalla sentenza numero 1396 del 4 febbraio 2002 che ha affermato che il termine prescrizionale annuale del diritto all'indennità di malattia e di maternità inizia a decorrere dalla data di formazione del silenzio rifiuto ai sensi dell'articolo 7 della legge numero 533 del 1973 sulla domanda rivolta all'Inps. Ha quindi formulato il seguente quesito di diritto dica la Corte se, in materia di trattamento di indennità di maternità, il termine breve annuale di prescrizione, di cui all'articolo 6 della legge numero 138 del 1943, inizia a decorrere dal giorno in cui può esser fatta valere, ai sensi dell'articolo 2935 c.c., e cioè, nel caso di silenzio rifiuto ai sensi dell'articolo 7 della legge numero 533 del 1973, dalla data di formazione dello stesso, ovvero - in caso di eventuale ricorso amministrativo contro il provvedimento negativo dell'Inps ai sensi dell'articolo 46, quinto comma, legge numero 88 del 1989 - dalla comunicazione del ricorso amministrativo stesso o dalla data del ricorso amministrativo, valida per l'interruzione. 2. Il ricorso è fondato. 3. Giova premettere che con una precedente ordinanza interlocutoria del 18 luglio 2008 la sezione lavoro aveva già rimesso altra causa al Primo Presidente per l'assegnazione alle Sezioni Unite, ravvisando nella giurisprudenza della sezione lo stesso contrasto di giurisprudenza circa gli effetti sospensivi del decorso del termine di prescrizione, da riconoscersi alla domanda di prestazione previdenziale. Si era già rilevato che in alcune pronunce cfr. Cass., sez. lav., 10 giugno 2003, numero 9286 id., 15 novembre 2003, numero 21595 questa Corte aveva ritenuto l'applicabilità del disposto dell'articolo 97, quinto comma, R.D.L. numero 1827 del 1935, convertito in L. numero 1155 del 1936, in base al quale il procedimento in sede amministrativa ha effetto sospensivo dei termini di prescrizione , siccome non modificato dalla sopravvenuta normativa in tema di ricorsi amministrativi d.P.R. numero 639 del 1970, articolo 44, 45 e 46 dapprima legge numero 88 del 1989, articolo 46, successivamente enunciando il principio di diritto secondo cui In tema di prescrizione annuale del diritto di ottenere dal Fondo di garanzia gestito dall'INPS il pagamento delle retribuzioni relative agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, secondo la previsione del d.lgs. numero 80 del 1992, articolo 2, comma 5, la presentazione della prescritta domanda, secondo le norme che regolano il conseguimento delle prestazioni previdenziali, ai sensi della L. numero 88 del 1989, articolo 25 e 46, oltre a costituire atto interruttivo della prescrizione, determina l'apertura del procedimento amministrativo preordinato alla liquidazione, cosicché il decorso della prescrizione resta sospeso fino alla sua conclusione . Secondo invece un diverso orientamento cfr. Cass., sez. lav., 12 aprile 2006 numero 8533 id., 28 marzo 2008, numero 8134 nessuna efficacia poteva riconoscersi alla previsione della sospensione del termine di prescrizione di cui all'articolo 97 del R.D.L. numero 1827 del 1935, cit., trattandosi di disposizione -contenuta nella disciplina dei ricorsi, ivi prevista all'interno del titolo terzo ricorsi e controversie - tacitamente abrogata per incompatibilità a seguito dell'intervenuta nuova regolamentazione dell'intera materia del contenzioso amministrativo , ad opera, dapprima, del d.P.R. numero 639 del 1970 articolo 44 e 46, inseriti all'interno del titolo terzo ricorsi e controversie in materia di prestazioni e, poi, della legge numero 88 del 1989 articolo 46, intitolato contenzioso in materia di prestazioni , che al comma primo ha abrogato la precedente disciplina dettata dal d.P.R. numero 638 del 1970, articolo 44 e 47 cit. , non assumendo rilievo che, in altri procedimenti contenziosi relativi ai riconoscimento di prestazioni analoghe, la legge preveda la sospensione della prescrizione cfr. d.P.R. numero 1124 del 1965, articolo 111 . Si è osservato inoltre che non rileva a tal fine la previsione di improcedibilità della domanda giudiziale prima della definizione del procedimento amministrativo e del decorso dei termini all'uopo fissati, improcedibilità che è destinata ad operare esclusivamente in relazione alla proposizione della domanda giudiziale, non potendo incidere sulla determinazione del decorso della prescrizione, atteso che il diritto agli accessori, in caso di ritardo nell'erogazione della prestazione, può essere fatto valere al centoventunesimo giorno dalla presentazione della domanda amministrativa, mentre la procedimentalizzazione delle varie fasi attiene alle modalità di tutela dei diritto ma non costituisce un impedimento al suo esercizio. Con decisione del 17 settembre 2009 numero 19992, queste Sezioni Unite hanno ritenuto che la questione relativa al decorso del termine di decadenza di cui all'articolo 47 d.P.R. 30 aprile 1970, numero 639, anch'essa rimessa all'esame della Corte, costituisse autonomo fondamento della decisione impugnata e che quindi era superfluo l'esame anche dell'ulteriore questione attinente alla prescrizione. Successivamente la sezione lavoro con ordinanza numero 5294 del 3 febbraio 2011 - 11 marzo 2011 ha rimesso la presente causa al primo presidente per l'assegnazione alle sezioni unite, che sono state nuovamente investite del medesimo contrasto giurisprudenza. 4. Centrale nell'esame dell'insorto e perdurante contrasto di giurisprudenza è il citato articolo 97, quinto comma, R.D.L. numero 1827 del 1935, di cui ora si viene a dire. Ma mette conto innanzitutto ricordare che l'articolo 15 della legge 30 dicembre 1971, numero 1204, nel prevedere l'indennità di maternità in favore delle lavoratrici madri, stabilisce che essa è corrisposta con gli stessi criteri previsti per la erogazione delle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro le malattie dall'ente assicuratore di malattia presso il quale la lavoratrice è assicurata. Trova quindi applicazione in particolare - ciò che è pacifico in causa - l'articolo 6, sesto comma, della legge 11 gennaio 1943, numero 138, che prevede che l'azione per conseguire le prestazioni, di cui alla legge medesima, si prescrive nel termine di un anno dal giorno in cui esse sono dovute. L'erogazione della prestazione presuppone la domanda della lavoratrice madre all'ente previdenziale, domanda che, ai sensi dell'articolo 7 della legge numero 533 del 1973, si intende respinta quando siano trascorsi 120 giorni dalla data della presentazione senza che l'istituto assicuratore si sia pronunciato in generale la previa domanda amministrativa all'istituto condiziona la proponibilità della domanda giudiziale Cass., sez. lav., 28 dicembre 2011, numero 29236 . Intervenuto il provvedimento negativo o formatosi il silenzio rigetto per l'inutile decorso del suddetto termine di 120 giorni, la lavoratrice madre può proporre ricorso amministrativo al comitato provinciale dell'istituto assicuratore nel termine di 90 giorni di cui all'articolo 46 legge 9 marzo 1989, numero 88 disposizione questa che prevede un ulteriore termine di 90 giorni per la decisione del ricorso, in mancanza della quale, entro tale termine, il ricorso si intende respinto a tutti gli effetti e l'assicurata ha la facoltà di adire l'autorità giudiziaria. Quindi, dopo la domanda della prestazione nella specie, dell'indennità di maternità , in mancanza di atti di messa in mora o comunque idonei ad interrompere il decorso del termine annuale di prescrizione, vi è in ogni caso il ricorso amministrativo che tale idoneità certamente ha. Cfr. Cass., sez. lav., 1 marzo 1993, numero 2509, che ha puntualizzato che la decorrenza del termine prescrizionale annuale previsto dall'articolo 6, ultimo comma, L. 11 gennaio 1943 numero 138 applicabile al diritto all'indennità giornaliera di maternità di cui all'articolo 15 L. 30 dicembre 1971, numero 1204 è interrotta sia dalla domanda all'Istituto di pagamento della prestazione, sia dal ricorso amministrativo avverso il provvedimento espresso o tacito di rifiuto dell'erogazione, che comportano entrambi, ai sensi dell'articolo 2943, quarto comma, c.c. la costituzione in mora dell'ente debitore. In punto di fatto va poi rilevato che, al di là di alcune incertezze in ordine alle date del periodo di astensione obbligatoria della ricorrente, ciò che è certo nella specie è che dalla data della domanda dell'indennità di maternità 30 ottobre 1997 sino a quella della proposizione del ricorso amministrativo 15 gennaio 1999 è decorso più di un anno sicché rileva - ed è determinante ai fini del decidere - stabilire se il termine di prescrizione rimane sospeso come sostiene la difesa della ricorrente nel suo unico motivo di ricorso , o no come affermato dalla sentenza impugnata , per il periodo di tempo necessario per la formazione del silenzio rifiuto ai sensi dell'articolo 7 della legge numero 533 del 1973, che - come già rilevato - prevede che in generale, in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie, la richiesta all'istituto assicuratore si intende respinta, a tutti gli effetti di legge, quando siano trascorsi 120 giorni dalla data della presentazione, senza che l'istituto si sia pronunciato questione questa che si inquadra in quella più ampia concernente la sospensione, o no, del termine di prescrizione durante il procedimento amministrativo tout court, sia quello ordinario che si conclude con il provvedimento di accoglimento o di rigetto espresso o tacito della domanda, sia quello contenzioso che si conclude con l'accoglimento o con il rigetto anch'esso espresso o tacito del ricorso amministrativo. Il contrasto di giurisprudenza, come risulterà dall'esame dei precedenti di questa corte che si viene a svolgere, riguarda questo profilo più generale, che va comunque esaminato, anche in ragione della funzione di nomofilachia assegnata a questa corte, perché costituisce il presupposto interpretativo i.e. la premessa del sillogismo giuridico , da cui consegue, come inferenza logica, la regala iuris da applicarsi nella specie per la valutazione del vizio di violazione di legge dedotto dalla ricorrente, anche se i contrastanti orientamenti giurisprudenziali, di cui ora si dirà, appaiono in realtà, con riferimento al caso particolare oggetto del ricorso, convergere per l'accoglimento del ricorso stesso. 5. Il panorama giurisprudenziale sul tema è variamente articolato. Vi è un primo orientamento giurisprudenziale che ha ritenuto che il termine per la formazione del silenzio - rifiuto di cui all'articolo 7 della legge numero 533 del 1973 non sia computabile ai fini del decorso del termine di prescrizione, che pertanto deve ritenersi sospeso per il tempo necessario per la formazione del silenzio rifiuto 120 giorni e che a questo periodo di sospensione occorre aggiungere un ulteriore termine di 90 giorni per la proposizione del ricorso amministrativo. In particolare Cass., sez. lav., 26 agosto 1997, numero 8042, ha affermato che il termine prescrizionale annuale del diritto all'indennità di malattia previsto dall'ultimo comma dell’articolo 6 L. 11 gennaio 1943 numero 138, inizia a decorrere dalla data di formazione dei silenzio - rifiuto, ex articolo 7 L. 11 agosto 1973, numero 533, sulla domanda rivolta all'Inps per ottenerla, salvi gli effetti dell'eventuale ricorso contro tale provvedimento a norma dell'articolo 46 L. 9 marzo 1989, numero 88, la proposizione del quale implica la non computabilità, ai fini prescrizionali, del successivo periodo di novanta giorni previsto dal sesto comma della medesima disposizione, decorso il quale l'interessato ha facoltà di adire l'autorità giudiziaria. Una conferma di tale orientamento si ha con Cass., sez. lav., 4 febbraio 2002, numero 1396, che costituisce un precedente più specifico perché riguarda proprio l'indennità di maternità. La corte - nel porsi il problema se, proposta la domanda amministrativa diretta ad ottenere la corresponsione dell'indennità di maternità, il termine di prescrizione annuale decorra dalla data della proposizione della domanda amministrativa ovvero da quella dell'inutile decorso del termine di 120 giorni di cui all'articolo 7 citato - risolve la questione ritenendo la sospensione del termine prescrizionale, così prestando adesione alla precedente sentenza numero 8042 del 1998. Ed infatti ribadisce che il termine prescrizionale annuale, previsto dall'ultimo comma dell'articolo 46 legge 11 gennaio 1943 numero 138, inizia a decorrere dalla data di formazione del silenzio - rifiuto, ex articolo 7 legge 11 agosto 1973 numero 533, sulla domanda rivolta all'INPS per ottenerla, salvi gli effetti dell'eventuale ricorso contro il detto provvedimento a norma dell'articolo 46, quinto comma, legge 9 marzo 1989 numero 88, la proposizione del quale implica la non computabilità, ai fini prescrizionali, del successivo periodo di novanta giorni previsto dal sesto comma della medesima disposizione, decorso il quale l'interessato ha facoltà di adire l'autorità giudiziaria. Successivamente il problema è stato riesaminato funditus da Cass., sez. lav., 10 giugno 2003, numero 9286, che ha affermato che il diritto della lavoratrice agricola all'indennità di maternità - che, nella sussistenza delle condizioni legislativamente stabilite per l'acquisizione della qualità di lavoratrice agricola, nasce direttamente dalla legge, e non dagli atti amministrativi dell'Inps, che hanno mero valore ricognitivo - soggiace al medesimo regime di prescrizione stabilito per l'indennità di malattia dall'articolo 6, ultimo comma, L. 11 gennaio 1943 numero 138, e perciò si prescrive in un anno dalla data della sua acquisizione, senza che sia attribuita a provvedimenti dell'istituto quale, nella specie, la comunicazione alla richiedente della sospensione della pratica in attesa di accertamenti sulla esistenza del rapporto di lavoro subordinato e sulla validità della iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli la idoneità a determinare la sospensione di detto termine, il quale resta invece sospeso, a norma dell'articolo 97, ultimo comma, r.d.l. numero 1827 del 1935, per effetto e per tutta la durata - variabile in funzione della eventuale formazione del silenzio rifiuto sulla domanda ovvero della proposizione del ricorso amministrativo avverso il provvedimento di rigetto della domanda stessa - del procedimento in sede amministrativa. In particolare in questa pronuncia la Corte ha precisato che occorre prendere le mosse dall'articolo 97, ultimo comma, r.d.l. 4 ottobre 1935 numero 1827, convertito nella legge 6 aprile 1936 numero 1155. I primi quattro commi dell'articolo 97 disciplinavano invero il regime dei ricorsi amministrativi, che è stato successivamente novellato ad opera degli articolo 44, 45 e 46 del DPR 30 aprile 1970 numero 639 emanato in forza delle deleghe conferite con gli articolo 27 e 29 della legge 30 aprile 1969 numero 153 , ed ulteriormente modificato dall'articolo 46 della legge 9 marzo 1989 numero 88. Ma - ha rilevato questa corte nella citata pronuncia - nessuna modifica né abrogazione è stata invece operata in relazione all'ultimo comma dell'articolo 97, il quale prevede che Il procedimento in sede amministrativa ha effetto sospensivo dei termini di prescrizione . La ratio della disposizione è quella, da un lato, di esimere l'assicurato che non potrebbe adire il giudice, essendo l'azione improcedibile per il mancato completamento del procedimento amministrativo dall'onere di effettuare continui atti interruttivi nel corso del procedimento medesimo, e dall'altro lato di non aggravare l'Ente previdenziale con continue sollecitazioni. Questo ribadito orientamento giurisprudenziale è stato poi ulteriormente confermato, anche se non con riferimento alla indennità di maternità, da Cass., sez. lav., 15 novembre 2004, numero 21595, che ha affermato che, in tema di prescrizione annuale del diritto di ottenere dal fondo di garanzia gestito dall'Inps il pagamento delle retribuzioni relative agli ultimi tre mesi del rapporto di lavoro, secondo la previsione dell'articolo 2, quinto comma, d.lgs. numero 80 del 1992, la presentazione della prescritta domanda, secondo le norme che regolano il conseguimento delle prestazioni previdenziali, ai sensi degli articolo 25 e 46 L. numero 88 del 1989, oltre a costituire atto interruttivo della prescrizione, determina l'apertura del procedimento amministrativo preordinato alla liquidazione, cosicché il decorso della prescrizione resta sospeso fino alla sua conclusione che, nel caso di silenzio dell'istituto e di mancata proposizione nei termini del ricorso amministrativo, si ha dopo duecentodieci giorni, di cui centoventi dalla domanda e novanta fissati per la proposizione del ricorso, ai sensi dell'articolo 46 cit. L. numero 88 del 1989 . Ulteriore conferma di tale orientamento giurisprudenziale, con riferimento all'indennità di maternità, si rinviene in Cass., sez. lav., 14 febbraio 2004, numero 2865, che ha ulteriormente ribadito che l'indennità di maternità, di cui all'articolo 15 della legge 30 dicembre 1971, numero 1204, matura di giorno in giorno e si risolve in un complesso di diritti a ratei giornalieri l'azione per conseguire l'indennità si prescrive nel termine di un anno dal giorno in cui i ratei sono dovuti una volta presentata tempestiva domanda amministrativa, l'obbligo di pagamento dei ratei decorre, per l'ente previdenziale, dal giorno di maturazione degli stessi, sicché il silenzio rifiuto dell'ente si perfeziona con il decorso di 120 giorni dalla data di presentazione della domanda, per i ratei maturati contestualmente o precedentemente alla stessa e tempestivamente richiesti, e dal giorno di maturazione di ciascun rateo per quelli maturati successivamente alla domanda amministrativa avverso il provvedimento di diniego o il silenzio rifiuto l'interessato ha il termine di 90 giorni per presentare ricorso amministrativo, ricorso che si ha per respinto dopo ulteriori 90 giorni dalla sua presentazione il procedimento in sede amministrativa, ai sensi dell'articolo 97, ultimo comma, del r.d.l. numero 1827 del 1935, ha effetto sospensivo dei termini di prescrizione. 6. Una giurisprudenza parallela Cass., sez. lav., 4 dicembre 2007, numero 25261 Cass., Sez. 6, 30 agosto 2011, numero 17822 si è poi formata con riferimento all'articolo 111 d.p.r. 30 giugno 1965, numero 1124, che ha previsto, con riferimento alle prestazioni dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, che la prescrizione rimane sospesa durante la liquidazione in via amministrativa dell'indennità liquidazione che deve essere esaurita in periodo di tempo determinato centocinquanta giorni, per il procedimento previsto dall'articolo 104, e duecentodieci, per quello indicato nell'articolo 83 , trascorso il quale, senza che la liquidazione sia avvenuta, l'assicurato ha facoltà di proporre la azione giudiziaria. 7. Puoi richiamarsi altresì la giurisprudenza formatasi sull'indennità premio di servizio INADEL che parimenti, facendo applicazione dell'articolo 7 legge numero 533 del 1973 cit., ha ritenuto che non decorra la prescrizione durante il termine previsto da tale disposizione per la formazione del silenzio rifiuto cfr. Cass., sez. lav., 18 febbraio 1998, numero 1730 id., 16 ottobre 2001, numero 12618 . 8. Alla prescrizione poi si affianca la decadenza prevista dall'articolo 47 del d.p.r. 30 aprile 1970, numero 639, per la quale si è parimenti affermato che non rileva la durata del procedimento amministrativo nel senso che il termine di decadenza decorre soltanto dalla data di comunicazione della decisione definitiva del ricorso pronunziata dai competenti organi dell'istituto o dalla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della decisione medesima. In proposito queste sezioni unite Cass., sez. unumero , 29 maggio 2009, numero 12718 hanno affermato che il cit. articolo 47 individua infine - nella scadenza dei termini prescritti per l'esaurimento del procedimento amministrativo - la soglia di trecento giorni risultante dalla somma del termine presuntivo di centoventi giorni dalla data di presentazione della richiesta di prestazione di cui all'articolo 7 della legge numero 533 del 1973, e di centottanta giorni, previsto dall'articolo 46, commi quinto e sesto, della legge numero 88 del 1989 , oltre la quale la presentazione di un ricorso tardivo - pur restando rilevante ai fini della procedibilità dell'azione giudiziaria - non consente lo spostamento in avanti del dies a quo per l'inizio del computo del termine decadenziale di tre anni o di un anno . Conf. Cass., sez. lav., 29 marzo 2010, numero 7527. 9. A fronte dell'indirizzo giurisprudenziale di cui si è detto finora deve registrarsi, nel 2006, un orientamento di segno opposto, espresso da Cass., sez. lav., 12 aprile 2006, numero 8533, e 13 aprile 2006, numero 8677 ma in realtà anticipato da Cass., sez. lav., 1 marzo 1993, numero 2509 che ha affermato che, in tema di interessi legali e rivalutazione monetaria sui ratei pensionistici erogati successivamente al centoventunesimo giorno dalla domanda amministrativa e di prescrizione del relativo credito, il termine decennale non può rimanere sospeso in pendenza del procedimento amministrativo, per essere i casi di sospensione della prescrizione tassativamente indicati dalla legge, insuscettibili di applicazione analogica e di interpretazioni estensive. In particolare - ha affermato questa corte nella citata pronuncia - nessuna efficacia può riconoscersi alla previsione sospensiva dell'articolo 97 del R.D.L. numero 1827 del 1935, trattandosi di disposizione - contenuta nella disciplina dei ricorsi, ivi prevista all'interno del titolo terzo ricorsi e controversie - tacitamente abrogata per incompatibilità, ai sensi dell'articolo 15 delle preleggi, a seguito dell'intervenuta nuova regolamentazione dell'intera materia del contenzioso amministrativo ad opera, dapprima, del d.P.R. numero 639 del 1970 articolo 44 - 46, inseriti all'interno del titolo terzo ricorsi e controversie in materia di prestazioni e, poi, della legge numero 88 del 1989 articolo 46, intitolato contenzioso in materia di prestazioni , che all'ultimo comma ha abrogato la precedente disciplina dettata dagli articolo 44 - 47 del d.P.R. numero 638 del 1970 cit. né può assumere rilievo che in altri procedimenti contenziosi relativi al riconoscimento di prestazioni analoghe la legge preveda la sospensione della prescrizione cfr. articolo 111 d.P.R. numero 1124 del 1965 . Invece la previsione di improcedibilità della domanda giudiziale prima della definizione del procedimento amministrativo e del decorso dei termini all'uopo fissati, è destinata ad operare esclusivamente in relazione alla proposizione della domanda giudiziale, non potendo incidere sulla determinazione del decorso della prescrizione in esame, atteso che il diritto agli accessori, in caso di ritardo nell'erogazione della prestazione, può essere fatto valere al centoventunesimo giorno dalla presentazione della domanda amministrativa, mentre la procedimentalizzazione delle varie fasi attiene alle modalità di tutela del diritto e non costituisce un impedimento al suo esercizio. Quindi tali pronunce del 2006, seguite in senso conforme da Cass., sez. lav., 28 marzo 2008, numero 8134, segnano un'inversione di giurisprudenza perché si pongono espressamente in contrasto, in particolare, con Cass. numero 9286 del 2003 e Cass. numero 11684 del 2005, cit., escludendo che il decorso del termine di prescrizione sia sospeso nel periodo di tempo necessario per la formazione dei silenzio rigetto del ricorso amministrativo, pur affermando nondimeno che la prescrizione in quel caso, del diritto agli accessori decorre dal 121 giorno dalla data di presentazione della domanda amministrativa, termine che vale per la formazione del silenzio rifiuto ai sensi dell'articolo 7 della legge numero 533 del 1973. 10. Dall'esaminato quadro giurisprudenziale emerge un indirizzo uniforme e più volte confermato, secondo cui il decorso del termine di prescrizione è sospeso durante il tempo per la formazione del silenzio rifiuto dell'Istituto a cui l'assicurato abbia domandato la prestazione di previdenza 120 giorni di cui all'articolo 7 della legge numero 533 del 1906 . È invece controverso, più in generale, se esso sia sospeso anche durante il tempo per la formazione del silenzio rigetto sul ricorso amministrativo, che condiziona la procedibilità della domanda giudiziale articolo 443 c.p.c. ed in particolare articolo 46 legge numero 88 del 1989 , fronteggiandosi su tale questione un orientamento che tale sospensione ha predicato soprattutto Cass. nnumero 9266 del 2003 e 21595 del 2004 , contrastato da un opposto orientamento che l'ha invece esclusa soprattutto Cass. nnumero 8533 e 8677 del 2006 . Il denunciato contrasto di giurisprudenza riguarda quindi questo specifico profilo nel contesto della più ampia questione dell'incidenza del decorso della prescrizione su diritti di natura previdenziale ed assistenziale nel periodo in cui l'azione giudiziaria non è procedibile ovvero in passato proponibile. La questione controversa, pur formulata in questi termini più generali, si riferisce specificamente alla disciplina di settore concernente i diritti di natura previdenziale ed assistenziale, che godono della speciale protezione di cui all'articolo 38 Cost. essa si pone quindi in rapporto di specialità rispetto al contesto codicistico che, se da una parte prevede in generale articolo 2935 c.c. che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, d'altra parte, per la sospensione del decorso di tale termine, contempla non già una norma di carattere generale, ma le ipotesi tipiche catalogate agli articolo 2941 e 2942 c.c. per la tassatività di tali fattispecie di sospensione della prescrizione v. Cass., sez. unumero , 11 giugno 1992, numero 7194, con riferimento ad un'ipotesi di temporanea improponibilità della domanda più recentemente, ex plurimis, Cass., sez. lav., 27 giugno 2011, numero 14163 . 11. Ed è proprio in questa prospettiva di disciplina speciale che occorre partire dall'esame dell'articolo 97 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, numero 1827, convertito nella legge 6 aprile 1936, numero 1155 disposizione questa che appartiene alla prima sistematica regolamentazione della previdenza sociale con l'istituzione dell'Inps, quale ente pubblico avente come missione la gestione delle assicurazioni obbligatorie. Tale norma - che, inserita nel titolo 5 articolo 97 -109 , recante la disciplina dei ricorsi e delle controversie , era il perno del sistema di tutela contenziosa ricorso amministrativo versus domanda giudiziale del diritto dell'assicurato al conseguimento delle prestazioni di previdenza - fissava un duplice principio da una parte primo comma si prevedeva che contro i provvedimenti dell'istituto concernenti le concessioni delle prestazioni assicurative previste dal regio decreto numero 1827/35 e in genere l'attuazione delle disposizioni del decreto stesso, era ammesso il ricorso in via amministrativa da parte degli assicurati e dei datori di lavoro d'altra parte quarto comma si prescriveva che non era ammesso il ricorso in via contenziosa scilicet, innanzi all'autorità giudiziaria ordinaria prima che fosse definito il ricorso in sede amministrativa. Mentre non era previsto alcun termine per il procedimento amministrativo ordinario che si concludeva con il provvedimento dell'Inps di accoglimento o rigetto della domanda, i tempi del procedimento amministrativo contenzioso erano regolati in modo puntuale. L'assicurato aveva un termine di 30 giorni per impugnare il provvedimento a lui sfavorevole e la decisione sul suo ricorso doveva intervenire nel termine di 60 giorni articolo 98 . Dopo che era spirato tale ultimo termine, l'assicurato poteva adire il giudice ordinario e chiedere il riconoscimento del diritto che g!i era stato negato nel procedimento amministrativo, senza peraltro che la sua iniziativa giudiziaria avesse il contenuto di impugnazione degli atti del procedimento amministrativo. Però prima della definizione in sede amministrativa del suo ricorso ovvero prima dello spirare del termine di 60 giorni entro il quale sarebbe dovuta intervenire la decisione amministrativa, l'azione giudiziaria non poteva essere proposta articolo 99 . Analogamente poi l'articolo 460 c.p.c., nella sua originaria formulazione, prevedeva che la domanda relativa a controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie non poteva essere proposta se non quando fossero esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa ovvero non fossero decorsi i termini fissati per il compimento dei procedimenti stessi. Ciò rispondeva a una concezione, tipica di quegli anni, che vedeva la commistione di elementi privatistici e pubblicistici. Da una parte il sistema delle assicurazioni obbligatorie di previdenza si fondava su un modulo tipicamente privatistico, quello del rapporto di assicurazione che vedeva nascere, in favore del soggetto assicurato, veri e propri diritti soggettivi e non già meri interessi legittimi. D'altra parte il riconoscimento del diritto alle prestazioni di previdenza sociale era procedimentalizzato e sfociava in un provvedimento amministrativo dell'Inps, che poteva assegnare o negare la prestazione richiesta secondo che l'istituto ne ravvisasse, o meno, i presupposti provvedimento che, pur non degradando la situazione di diritto soggettivo in interesse legittimo talché la giurisdizione era del giudice ordinario , era comunque a quell'epoca suscettibile, ove non impugnato in sede amministrativa , di diventare definitivo precludendo così l’azionabilità in giudizio del diritto maturato fino alla domanda amministrativa. Infatti la eventuale tutela giurisdizionale si innestava soltanto dopo che il procedimento amministrativo si fosse concluso. Pertanto vi erano sì diritti soggettivi, ma la loro tutela giurisdizionale era, in un certo senso, differita all'esaurimento di un procedimento amministrativo composto da una fase non contenziosa promossa con la domanda dell'assicurato tendente al riconoscimento della prestazione di previdenza e da una contenziosa attivata, di norma, dall'assicurato con l'impugnazione del provvedimento di diniego della prestazione . Quella dell'Inps ente pubblico non economico, appartenente alla pubblica amministrazione in senso lato era un'attività provvedimentale, pur sempre espressione di un pubblico potere, il cui esercizio condizionava in radice la tutela dei diritti soggettivi di natura previdenziale degli assicurati. Al fondo di questa costruzione vi era la concezione per cui l'ente pubblico era deputato al bene comune ed il giudice non entrava in campo se non quando l'attività dell'ente pubblico non si fosse pienamente estrinsecata nel procedimento amministrativo ordinario e poi contenzioso. L'eco di questa concezione si ritrova, dopo la Costituzione, in una pronuncia della Corte costituzionale sent. numero 47 del 1964 che affermò che le norme denunziate [id est articolo 460 c.p.c. e dell'articolo 97, quarto comma, del R.D.L. 4 ottobre 1935, numero 1827] pongono l'onere del procedimento preliminare nel presupposto che l'Istituto nazionale della previdenza sociale, dovendo, come pubblica Amministrazione, conformare a legalità il proprio comportamento, non rifiuterà le prestazioni la cui richiesta attui la volontà della legge, e le adempirà senza che vi sia bisogno della costrizione di una sentenza di condanna . L'assicurato, titolare di un diritto soggettivo di natura previdenziale, non poteva rivolgersi subito al giudice, ma inizialmente - e per un tempo non definito - doveva confidare sul buon andamento della pubblica amministrazione alla quale apparteneva l'Inps . Potendo egli, ed anzi dovendo, proporre una domanda all'Inps, diretta ad ottenere la prestazione previdenziale alla quale egli riteneva di aver diritto, non poteva neppure dirsi che il diritto non potesse essere fatto valere ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2935 c.c., che non richiede - e non richiedeva - l'immediata azionabilità in giudizio del diritto Cass., sez. unumero , 30 ottobre 1992, numero 11847 . Sicché, una volta integrati i presupposti di fatto per l'insorgenza del diritto, comunque cominciava il decorso della prescrizione, anche se inizialmente la tutela del diritto passava attraverso un procedimento amministrativo ordinario e poi contenzioso. Questo differimento della tutela giurisdizionale è stato ritenuto compatibile con l'articolo 113 Cost. che assicura che contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti ed interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa C. cost. numero 47 del 1964, cit. . Ma già il legislatore del 1935, pur in un contesto precedente il riconoscimento del diritto alla tutela giurisdizionale da parte della Costituzione repubblicana, tenne conto dell'anomalia di un diritto soggettivo che non era esercitabile ancora davanti al giudice ordinario , ma che intanto poteva estinguersi per il decorso del termine di prescrizione. Di qui la norma - posta a cerniera tra immediatezza del riconoscimento del diritto soggettivo e differimento della sua tutela giurisdizionale - sulla quale è insorto il contrasto di giurisprudenza in esame il quinto comma dell'articolo 97 citato , che prevede va Il procedimento in sede amministrativa ha effetto sospensivo dei termini di prescrizione . Seppur collocata nel titolo quinto del citato regio decreto numero 1827 del 1935, che riguardava i ricorsi e le controversie , la norma aveva in realtà una portata più ampia perché si riferiva al procedimento in sede amministrativa tout court, comprensivo del procedimento amministrativo ordinario e dell'eventuale successivo procedimento amministrativo contenzioso. In sostanza il differimento della tutela giurisdizionale all'esito del procedimento amministrativo ordinario e contenzioso era bilanciato dalla previsione della sospensione del termine di prescrizione del diritto soggettivo, già sorto. Situazione questa che - una volta entrata in vigore la Costituzione repubblicana - si è ritenuta essere non di meno compatibile con la garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale nei confronti della pubblica amministrazione articolo 113, primo comma, Cost. v. Corte cost. numero 47 del 1964, citata e della tutela giurisdizionale tout court articolo 24 Cost. Cass., sez. lav., 17 maggio 1974, numero 1484 . Il collocamento di tale disposizione nel titolo quinto del regio decreto del 1935 non escludeva che in realtà la prevista sospensione del termine di prescrizione riguardasse soprattutto il procedimento amministrativo ordinario, che all'epoca non prevedeva un termine ultimo per il suo completamento, e solo marginalmente il procedimento amministrativo contenzioso, che per la sua conclusione già allora vedeva un termine ben preciso 60 giorni dalla data del ricorso avverso il provvedimento di diniego della prestazione previdenziale articolo 98 cit. , decorso il quale era possibile proporre la domanda al giudice ordinario. La norma però, riferendosi all'uno procedimento amministrativo ordinario e all'altro procedimento amministrativo contenzioso , era espressione di un principio di settore riconducibile alla più generale massima contra non valentem agere non currit praescriptio quando l'assicurato, titolare di un diritto soggettivo di natura previdenziale, ha domandato la prestazione, ma non può adire il giudice nel senso che la sua domanda sarebbe improponibile, com'era in passato, o improcedibile, com'è attualmente perché l'iter del procedimento amministrativo non è completato, quanto meno non soffre il decorso del termine di prescrizione, che è sospeso fin tanto che l'Istituto, che deve provvedere, non abbia provveduto ovvero non sia decorso il termine per provvedere. 12. Questo bilanciamento in chiave compensativa, che inizialmente rispondeva a una scelta discrezionale del legislatore dell'epoca, è poi divenuto essenziale ai fini della compatibilità con gli articolo 24 e 38 della Costituzione sulla tutela giurisdizionale dei diritti di natura previdenziale giacché sarebbe di assai dubbia legittimità costituzionale un assetto normativo secondo cui il diritto dell'assicurato, che abbia domandato la prestazione di previdenza, possa prescriversi anche per tutto il tempo in cui egli - che si è attivato domandando tempestivamente la prestazione all'istituto previdenziale - non può però adire il giudice perché la sua domanda sarebbe improcedibile o addirittura, prima della riforma del rito del lavoro, improponibile . Espressione di questo stesso principio nella medesima materia di diritti soggettivi di natura previdenziale è l'articolo 111 del testo unico 1124 del 1965 che parimenti prevede la sospensione del termine prescrizionale durante il procedimento amministrativo per il riconoscimento delle prestazioni Inail. Per la compatibilità costituzionale di tale forma di tutela giurisdizionale differita cfr. Cass., sez. 1, 23 giugno 1972, numero 2082, che ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 460 c.p.c. e delle disposizioni particolari che, in materia previdenziale ed infortunistica, subordinano la proponibilità dell'azione giudiziaria al previo esperimento delle procedure amministrative. Cfr. altresì - quanto al parallelismo tra prestazioni Inps e prestazioni Inail - Corte cost. numero 23 del 1973 che - sul presupposto della piena comparabilità di tali forme di assicurazioni sociali - ha uniformato la disciplina in parte qua dichiarando la illegittimità costituzionale dell'articolo 57 della legge 30 aprile 1969, numero 153, previsto per le prestazioni delle assicurazioni gestite dall'Inps, nella parte in cui esclude dal beneficio, in esso previsto, le controversie del lavoratore nei confronti dell'INAIL. 13. L'articolo 97 è rimasto immutato anche quando il legislatore è intervenuto modificando i termini nei procedimenti amministrativi per l'attuazione delle disposizioni in materia di previdenza sociale e per i relativi ricorsi all'autorità giudiziaria con la legge 5 febbraio 1957, numero 18, che ha riscritto gli articolo 98 e 99, in particolare elevando a 90 giorni sia il termine per proporre il ricorso in sede amministrativa, sia il termine entro il quale questo doveva essere deciso termine quest'ultimo che continuava a condizionare la proponibilità della domanda davanti al giudice ordinario. La successiva riforma del 1970 d.p.r. 30 aprile 1970, numero 639 , in attuazione della delega, in particolare, per il riordino degli organi di amministrazione dell'Inps per l'attuazione del decentramento amministrativo articolo 27 legge 30 aprile 1969, numero 153 ha ristrutturato il procedimento amministrativo contenzioso prevedendo articolo 44 - 47 un ricorso in prima istanza al comitato provinciale ed un ricorso in seconda istanza al comitato regionale con la limitata possibilità di ricorso diretto agli organi centrali dell'istituto . Il doppio termine per proporre il ricorso amministrativo in prima e di seconda istanza e per la decisione dello stesso è rimasto fissato in 90 giorni. Parimenti è rimasta la condizione di improponibilità della domanda articolo 460 c.p.c. all'epoca vigente ancora nella sua formulazione originaria per cui l'azione davanti al giudice ordinario era proponibile soltanto una volta esauriti i ricorsi in via amministrativa, il cui iter risultava però allungato, in termini temporali, dalla previsione di un ricorso in seconda istanza per la revisione della decisione di prima istanza sicché la proponibilità della domanda, mentre prima seguiva alla scadenza del termine di 90 giorni dalla proposizione del ricorso in sede amministrativa l'unico previsto dall'articolo 98 r.d.l. numero 1827 del 1985, come modificato dall'articolo 1 legge numero 18 del 1157 , successivamente, a seguito della riforma del 1970, seguiva all'esaurimento dei ricorsi amministrativi in prima e seconda istanza previsti dall'articolo 47 d.p.r. numero 369 del 1970 e quindi dopo 90 giorni dalla proposizione del ricorso in prima istanza cui andavano aggiunti 90 giorni dalla proposizione del ricorso in seconda istanza. Questa diversa modulazione dei tempi del procedimento amministrativo contenzioso però si innestava in un contesto normativo in cui rimaneva, nell'iter complessivo del procedimento amministrativo, ordinario e poi contenzioso, un elemento di indeterminatezza costituito dalla ancora mancata previsione di un termine per l'Inps per provvedere sulla domanda. Rimaneva quindi anche, invariata e forse semmai accentuata in ragione dell'allungamento dei tempi del procedimento amministrativo contenzioso, l'esigenza di bilanciare l'iniziale prolungata improponibilità della domanda giudiziaria di tutela di diritti soggettivi di natura previdenziale con la previsione della sospensione del termine di prescrizione. L'articolo 59, recante disposizioni finali e transitorie, ha poi previsto l'abrogazione di ogni disposizione contraria o incompatibile con quelle di cui al medesimo d.p.r. numero 639 del 1970. Tra le disposizioni abrogate per incompatibilità non poteva esserci in particolare - conformemente a quanto ritenuto da Cass. numero 9286 del 2003 e numero 21595 del 2004 e diversamente da quanto affermato da Cass. nnumero 8533 e 8677 del 2006 - l'articolo 97, quinto comma, citato, che continuava a prevedere che il procedimento in sede amministrativa aveva effetto sospensivo dei termini di prescrizione. Non solo la ristrutturazione del procedimento amministrativo contenzioso in chiave di decentramento amministrativo, con l'ampio coinvolgimento dei comitati provinciali delle decisioni dei ricorsi in prima istanza, non era affatto incompatibile con la previsione della sospensione del termine di prescrizione che tra l'altro - come già rilevato - riguardava in realtà anche e soprattutto il procedimento amministrativo ordinario ossia pre - contenzioso che non era oggetto della riforma del 1970. Ma anche il contenuto della delega del 1969, che riguardava di decentramento amministrativo dell'attività dell'Inps, non autorizzava il legislatore delegato a modificare tale speciale disposizione di tutela degli assicurati e di moderato riequilibrio della mancata previsione di un termine per l'Istituto di previdenza per decidere sulla domanda dell'assicurato. Inoltre l'ipotizzata abrogazione per incompatibilità dell'articolo 97, quinto comma, citato avrebbe rappresentato una regressione di tutela per gli assicurati anche rispetto al livello del 1935 e un tale assetto normativo - per cui il diritto soggettivo a una prestazione di previdenza, tempestivamente richiesta dall'assicurato all'Istituto, non fosse azionabile in giudizio per un tempo non definito quanto alla durata del procedimento amministrativo ordinario e fosse non di meno suscettibile di estinzione per prescrizione, onerando così l'interessato di ripetuti atti di interruzione della stessa - non sarebbe più stato compatibile con gli articolo 24 e 38 della Costituzione. In realtà il decentramento amministrativo dell'Inps e la riforma del sistema dei ricorsi amministrativi non hanno inciso su questa norma di tutela l'articolo 97, comma quinto per cui, una volta che l'assicurato avesse fatto tempestivamente ciò di cui egli era onerato ossia la domanda di prestazione all'Istituto e spettasse invece a quest'ultimo provvedere, il decorso del termine di prescrizione del diritto alla prestazione era sospeso norma che continuava a svolgere quella funzione di bilanciamento e di riequilibrio per cui era stata originariamente concepita. 14. Solo successivamente, di lì a poco nel 1973 , con la riforma del processo del lavoro L. numero 533 del 1973 si ha - non già l'abrogazione per incompatibilità - ma un ridimensionamento della portata dell'articolo 97, quinto comma. Si ha infatti che da una parte l'articolo 7 della legge numero 533 del 1973 ha previsto che la richiesta all'istituto assicuratore si intende respinta, a tutti gli effetti di legge, quando siano trascorsi 120 giorni dalla data della presentazione, senza che l'istituto si sia pronunciato. D'altra parte rileva il nuovo articolo 443, primo comma, c.p.c., introdotto dalla stessa legge numero 533 del 1973, che ha previsto che la domanda relativa alle controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatorie di cui al primo comma dell'articolo 442 non è procedibile se non quando siano esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa o siano decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi o siano, comunque, decorsi centottanta giorni dalla data in cui è stato proposto il ricorso amministrativo così superandosi ogni ipotesi di improponibilità della domanda per il mancato preventivo esperimento del procedimento amministrativo contenzioso articolo 149 disp. att. c.p.c. . In particolare quindi il legislatore del 1973 ha introdotto, come istituto generale, il silenzio rifiuto sulla domanda dell'assicurato eliminando così quello che costituiva l'aspetto di maggiore criticità dell'effettività della tutela degli assicurati. Con la riforma del 1973 i tempi sia del procedimento amministrativo ordinario che di quello contenzioso risultano ora ben fissati in generale salvo disposizioni speciali 120 giorni per la formazione del silenzio rifiuto sulla domanda dell'assicurato diretta ad ottenere la prestazione rivendicata 180 giorni per la formazione del silenzio rigetto sul ricorso amministrativo proposto avverso il provvedimento di diniego ovvero il silenzio rifiuto. In questo diverso contesto normativo, di elevazione del grado di tutela degli assicurati, si è avuto una corrispondente riduzione dell'area di applicabilità dell'articolo 97, quinto comma, cit Chiamato a giocare un ruolo assai minore di bilanciamento e compensazione, limitato ormai solo al periodo di tempo in cui l'assicurato ha domandato la prestazione e l'istituto non ha provveduto nel termine di 120 giorni e successivamente ha impugnato il silenzio rifiuto o il provvedimento negativo in ipotesi emesso prima della scadenza di tale termine e gli organi deputati ad emettere la decisione sul ricorso amministrativo non abbiano provveduto nel prescritto termine non superiore a quello di 180 giorni fissato dall'articolo 443 c.p.c. . Rimaneva e rimane quindi ancora come principio di settore, enucleabile dall'articolo 97, quinto comma, citato, l'affermazione che il de corso del termine della prescrizione è sospeso in caso - e per il tempo - di inerzia giustificata e quindi incolpevole dell'assicurato, che abbia fatto ciò di cui egli è onerato proposizione della domanda all'Istituto e successivamente proposizione del ricorso amministrativo e che sia in attesa delle determinazioni dell'Istituto e degli organi preposti alla decisione dei ricorsi amministrativi, ossia in generale per il tenni ne di 120 giorni per la formazione del silenzio rifiuto ed il termine non superiore a 180 giorni per la formazione del silenzio rigetto. Né tale principio risulta successivamente contrastato dalla legge numero 88 del 1989 di ristrutturazione dell'Inps che ha semplificato il procedimento amministrativo contenzioso con la previsione, in particolare, della definitività delle decisioni dei comitati provinciali sui ricorsi amministrativi. Neppure in questa circostanza, infatti, il legislatore ha inteso eliminare la speciale norma di tutela desumibile dall'articolo 97, quinto comma, citato. 15. Si tratta di un principio di settore che si pone in termini di specialità rispetto ai principi generali desumibili dalla disciplina codicistica per cui da una parte la prescrizione comincia a decorrere solo dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere articolo 2935 c.c. e d'altra parte sono tipiche le cause di sospensione del decorso del termine di prescrizione articolo 2941 e 2942 c.c. . Rapporto di specialità che in questa materia è simile a quello che caratterizza l'analogo principio di settore secondo cui il decorso del termine di prescrizione dei crediti retributivi del lavoratore subordinato è sospeso per tutto il tempo in cui il rapporto di lavoro non è assistito dalla garanzia della cosiddetta tutela reale ex articolo 18 della legge numero 300 del 1970 Cass., sez. unumero , 13 febbraio 1984, numero 1073 . E talvolta anche fuori della materia del lavoro e della previdenza si rinvengono massime di giurisprudenza ispirate all'analogo rilievo, al fine della sospensione del termine di prescrizione, dell'inerzia giustificata e quindi incolpevole del creditore. Cfr. Cass., sez. 3, 9 aprile 2009, numero 8674 che in materia di rapporti assicurativi ha affermato che, nel caso in cui le condizioni generali di polizza demandino ad apposita perizia medica l'accertamento dell'entità delle lesioni per le quali l'assicurato chiede l'indennizzo, affinchè tale previsione contrattuale valga a paralizzare il decorso del termine di prescrizione di cui all'articolo 2952, secondo comma, c.c. fino alla conclusione della perizia, occorre che il sinistro sia stato denunciato alla compagnia di assicurazioni entro Tanno dal giorno in cui si è verificato il fatto generatore di danno. Per altro verso invece, ancorata al principio generale della tassatività delle fattispecie di sospensione del termine di prescrizione, è Cass. civ., sez. unumero , 30 ottobre 1992, numero 11847, che in terna di risarcimento dei danni prodotti da circolazione di veicoli a motore, ha affermato che la lettera raccomandata spedita, ai sensi dell'articolo 22 L. 24 dicembre 1969 numero 990, dal danneggiato all'assicuratore del danneggiante per richiedere il risarcimento dovutogli costituisce atto interruttivo della prescrizione in coincidenza con il quale inizia il decorso di un nuovo termine prescrizionale, il cui dies a quo non può essere differito alla scadenza del termine di sessanta giorni, che costituisce lo spatium deliberandi, accordato dal legislatore all'assicuratore per l'eventuale composizione bonaria della controversia, e non ha incidenza sulla disciplina ordinaria della prescrizione e della sua interruzione attualmente l’articolo 145 d.lgs. numero 209 del 2005 patimenti prevede che l'azione per il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli e dei natanti, per i quali vi è obbligo di assicurazione, può essere proposta solo dopo che siano decorsi sessanta giorni, ovvero novanta in caso di danno alla persona, decorrenti da quello in cui il danneggiato abbia chiesto all'impresa di assicurazione il risarcimento del danno . 16. Da ultimo non può non rilevarsi anche che la soluzione accolta, che predica la perdurante vigenza dell'articolo 97, quinto comma, citato, pur con quella portata ridotta sopra precisata, risponde altresì all'esigenza che il processo interpretativo della normativa nazionale sia orientato alla maggiore conformità ai trattati internazionali articolo 111, primo comma, Cost. ciò che postula il rispetto del principio del processo equo posto dall'articolo 6 Convenzione Europea di salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, in sinergia con la garanzia costituzionale della tutela giurisdizionale articolo 24 Cost. ed ora anche con l'articolo 47 della Carta diritti fondamentali UE, che assicura il diritto a un ricorso effettivo al giudice sicché l'inerzia giustificata - e quindi incolpevole - nell'agire in giudizio, per essere la domanda temporaneamente improcedibile, risulterebbe sanzionata in modo non equo con la estinzione del diritto per prescrizione o anche solo con il decorso del termine di prescrizione del diritto. 17. Questo argomentare conduce quindi - a composizione del denunciato contrasto di giurisprudenza - all'affermazione del principio di diritto seguente con riferimento alle prestazioni di previdenza e assistenza, per le quali l'articolo 97, quinto comma, r.d.l. numero 1827 del 1935 prevedeva - e prevede tuttora - che il procedimento in sede amministrativa ha effetto sospensivo dei termini di prescrizione, il decorso della prescrizione, che comincia solo se e quando il diritto può essere fatto valere articolo 2935 c.c. , è sospeso durante il tempo di formazione del silenzio rifiuto a norma dell'articolo 7 della legge numero 533 del 1973, che stabilisce che la richiesta all'istituto assicuratore di una prestazione di previdenza o assistenza si intende respinta, a tutti gli effetti di legge, quando siano trascorsi 120 giorni dalla data della sua presentazione, senza che l'Istituto si sia pronunciato - nonché durante il tempo in cui la domanda è improcedibile articolo 443 c.p.c. per non essere ancora decorso, in generale, il termine di centottanta giorni dalla data in cui è stato proposto il ricorso amministrativo ovvero, in particolare, per non essere ancora esauriti i procedimenti prescritti dalle leggi speciali per la composizione in sede amministrativa ovvero decorsi i termini ivi fissati per il compimento dei procedimenti stessi, come nel caso delle prestazioni previste dall'articolo 46 della legge numero 88 del 1989 quale è, nella specie, l'indennità di maternità , che contempla il termine di 90 giorni per il ricorso al comitato provinciale e di ulteriori 90 giorni per la decisione di quest'ultimo. Nella specie, come risulta dagli atti e dalla stessa citata ordinanza della sezione lavoro, il termine annuale di prescrizione del diritto all'indennità di maternità della ricorrente, interrotto con la domanda amministrativa del 30 ottobre 1997, non è interamente spirato alla data del ricorso amministrativo proposto il 15 gennaio 1999, che ha ulteriormente interrotto tale termine, dovendo tenersi conto della sospensione della prescrizione durante il tempo di 120 giorni per la formazione del silenzio rifiuto dell'Istituto ai sensi dell'articolo 7 legge numero 533 del 1973. È quindi affetta da vizio di violazione di legge la sentenza impugnata che ha invece escluso la sospensione del termine di prescrizione durante il tempo per la formazione del silenzio - rifiuto sulla domanda di prestazione della ricorrente. 18. In conclusione il ricorso va accolto con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, alla corte d'appello di Roma in diversa composizione. P.Q.M. La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, alla corte d'appello di Roma.