Niente sanzioni a tutela dell’affidamento del contribuente

L'articolo 10, comma 2, l. numero 212/2000, nel tutelare l'affidamento del contribuente che si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'Amministrazione finanziaria, limita gli effetti di tale tutela alla sola esclusione delle sanzioni e degli interessi, senza incidere in alcun modo sull'obbligazione tributaria, diversamente dall'articolo 11 della medesima legge, il quale, nel disciplinare il caso in cui il contribuente si sia adeguato ad un esplicito responso dell'Amministrazione finanziaria, motivatamente espresso in esito alla particolare procedura dell'interpello, prevede la nullità degli atti impositivi che siano in contrasto con l'esito dell'interpello.

Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 12 settembre 2012, numero 15224. Il caso. Il contribuente ha eccepito la buona fede e il legittimo affidamento, alla stregua del disposto dell'articolo dello Statuto dei diritti del contribuente, avverso l’atto impositivo notificato dall’ente impositore. Il giudice di primo grado ha rigettato il ricorso. La CTR ha accolto l'appello del contribuente, annullando, tra l’altro, l'avviso di accertamento, impugnato con riferimento alla ripresa dei costi non deducibili, sulla base del legittimo affidamento del contribuente, che estingue ex articolo 10 della legge 2000/212 il debito conseguente alla rettifica di una dichiarazione recante un imponibile inferiore a quello accertato o un'imposta inferiore a quella dovuta. La tutela dell’affidamento non può essere estesa alla debenza del tributo. Il giudice di legittimità con la pronuncia citata ha accolto il ricorso per cassazione proposto dall’ente impositore, ritenendo non possibile l’estensione della tutela dell’affidamento anche alla debenza del tributo poiché a L'articolo 10 Statuto del contribuente nulla dice riguardo alla pretesa fiscale, cosa che invece fa l'articolo 11 dello stesso Statuto in tema di interpello. Il comma 2, infatti, così recita «la risposta dell'amministrazione finanziaria, scritta e motivata, vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell'istanza di interpello, e limitatamente al richiedente. Qualora essa non pervenga al contribuente entro il termine di cui al comma 1, si intende che l'amministrazione concordi con l'interpretazione o il comportamento prospettato dal richiedente. Qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità dalla risposta, anche se desunta ai sensi del periodo precedente, è nullo». In tal caso, il legislatore ha adottato una formula chiara ed esplicita di esclusione del contribuente dalla soggezione fiscale nei casi di atti difformi dalla risposta resa nell'interpello da parte dell'Amministrazione. Dunque, solo nel caso dell'articolo 11 viene sancita la nullità dell'atto impositivo, non anche all'articolo 10 b L'estensiva applicazione della tutela dell'affidamento è in conflitto con il principio della indisponibilità dell'obbligazione tributaria tale interpretazione estensiva è “forzata”, poiché contraria al dettato normativo dell’articolo 10 e al principio di inderogabilità e indisponibilità dell’obbligazione tributaria c L'idea stessa della estensione esemplificativa senza alcuna previsione espressa, pur a tutela di un legittimo affidamento da parte del contribuente, non sembra poter autorizzare conclusioni così perentorie che determinano la consumazione di un potere impositivo e, conseguentemente, la inesigibilità della prestazione tributaria. Ma c’è anche un orientamento differente. Secondo un diverso orientamento i casi di tutela espressamente enunciati dal comma secondo del cit. articolo 10 attinenti all'area dell’irrogazione di sanzioni e della richiesta di interessi , riguardanti situazioni meramente esemplificative e legate a ipotesi ritenute maggiormente frequenti, non limitano la portata generale della regola, idonea a disciplinare una serie indeterminata di casi concreti. Questo comporta che si possono presentare altri casi in cui al contribuente non si possono richiedere, non solo sanzioni ed interessi moratori, ma addirittura lo stesso importo del tributo non possono essere irrogate anche le imposte qualora il contribuente si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’A. F., ancorché successivamente modificate dall’amministrazione medesima. L’applicazione del principio di affidamento del contribuente costituisce il “naturale” svolgimento dei principi di collaborazione e di buona fede presenti nella Costituzione e, pertanto, non può essere limitato alle sole fattispecie individuate nel comma 2 dell'articolo 10 dello Statuto. Queste ultime, infatti, rappresentano solo alcuni casi che, secondo il legislatore, ricorrono con maggior frequenza nella realtà.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, sentenza 23 febbraio – 12 settembre 2012, numero 15224 Presidente Adamo – Relatore Schirò Svolgimento del processo Oggetto della controversia è un avviso di accertamento emesso dall'Agenzia delle entrate - Ufficio di Schio nei confronti della s.r.l. A.B.M. con riferimento all'anno 2004, contenente una serie di contestazioni, delle quali assume rilievo, nella presente fase di legittimità, quella concernente una ripresa per costi non deducibili relativa alla nota di credito numero 1321 del 30 luglio 2005, emessa nei confronti della s.r.l. P. per un imponibile di euro 5.526.180.75. La società A.B.M. ha impugnato l'avviso di accertamento, sostenendo che la s.r.l. P. è una società consortile che opera esclusivamente in favore delle società consorziate la stessa A.B.M. e la s.r.l. I. , a cui trasferisce il proprio risultato economico provvisorio, a consuntivo di ogni esercizio, mentre le società consorziate emettono relative note di variazione per conguaglio prezzi. Secondo la contribuente, tali note di variazioni sono lo strumento giuridico, fiscale e civile, per consentire il rispetto della finalità consortile, che consiste nell'operare della società consortile, priva di scopo lucrativo, nell'interesse delle società consorziate, trasferendo loro il risultato economico della propria attività gestionale. La società A.B.M. ha dedotto altresì che la procedura oggetto del rilievo dell'Ufficio non era stata contestata in ben tre precedenti verifiche fiscali, delle quali due effettuate dalla Guardia di finanza nel 1997 per i periodi d'imposta 1995 e 1996 nei confronti della stessa impugnante e della società P. ed un'altra compiuta dall'Agenzia delle entrale nell’anno 2002 per il perIodo d'imposta 1999 nei confronti della sola s.r.l. P Ha pertanto eccepito la buona fede e il legittimo affidamento, alla stregua del disposto dell'articolo 10 della legge 2000/2123 Statuto dei diritti del contribuente . L'Ufficio ha invece ritenuto che la società P. non sia una società consortile, in quanto opera come impresa autonoma all'interno di un processo produttivo a filiera, con la conseguenza che il ribaltamento dei costi dalla società consortile alla società consorziata sarebbe privo di motivazione plausibile e violerebbe il principio di inerenza. Con sentenza del 14 giugno 2007 la Commissione tributaria provinciale di Vicenza ha rigettato il ricorso. La Commissione tributaria regionale del Veneto, con la sentenza indicata in rubrica, ha accolto l'appello della società, nella parte che qui rileva, annullando l'avviso di accertamento impugnato con riferimento alla ripresa dei costi non deducibili di cui alla menzionata nota di credito. A fondamento della decisione, i giudici di appello hanno cosi motivato - dallo statuto della s.r.l. P. emerge chiaramente lo scopo mutualistico di tale società a favore delle due società consorziate, con la conseguenza che la distribuzione degli utili o delle perdite deve essere proporzionale alle quote delle stesse consorziate, come in effetti è avvenuto sin dal 1986, quando la società P. è divenuta società consortile - il comportamento delle tre società è stato oggetto di valutazione e ritenuto fiscalmente regolare in occasione di tre verifiche - trova applicazione il caso di specie il disposto dell’articolo 10 dello Statuto dei diritti del contribuente, in forza del quale non sono irrogate sanzioni, né richiesti interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificati dall'amministrazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni o errori dell'amministrazione stessa, alla stregua di un principio di collaborazione e buona fede tra contribuente e amministrazione finanziaria estensibile anche a elementi dell'imposizione diversi da sanzioni e interessi. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l'Agenzia delle entrate sulla base di tre motivi. La s.r.l. A. resiste con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'articolo 10 della legge 2000/212, deduce che deve escludersi che la mancata valutazione da parte dell'amministrazione finanziaria, ai fini di un accertamento fiscale, di una condotta tenuta dal contribuente sia idonea a ingenerare nel contribuente medesimo un legittimo affidamento sulla liceità di tale condotta, rilevante ai sensi dell'articolo 10 citato, così da divenire causa ostativa rispetto alla contestazione della condotta negli esercizi successivi a quello nel quale l'amministrazione stessa da tenuto un comportamento omissivo. Con il secondo motivo si denuncia ancora violazione e falsa applicazione dell'articolo 10 della legge 2000/212 e si afferma che il legittimo affidamento nel quale il contribuente versa esclude la sua responsabilità rispetto alle sanzioni e agli interessi moratori, ma non vale a estinguere il debito conseguente alla rettifica di una dichiarazione recante un imponibile inferiore a quello accertato o un'imposta inferiore a quella dovuta. Con il terzo motivo si denuncia vizio di motivazione in ordine sia all'accertamento dell’attività consortile della s.r.l. P. che all'inerenza, nell'an e nel quantum, delle somme ad essa corrisposte dalla A.B.M. mediante nota di credito. 2. E’ fondato il secondo motivo di ricorso che, per ragioni logiche, va esaminato prioritariamente rispetto al primo motivo. Osserva al riguardo il collegio che l'articolo 10. comma 2. della legge numero 212 del 2000, nel tutelare l'affidamento del contribuente che si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'Amministrazione finanziaria. limita gli effetti di tale tutela alla sola esclusione delle sanzioni e degli interessi, senza incidere in alcun modo sull'obbligazione tributaria, diversamente dall'articolo 11 della medesima legge, il quale, nel disciplinare il caso in cui il contribuente si sia adeguato ad un esplicito responso dell'Amministrazione finanziaria, motivatamente espresso in esito alla particolare procedura dell'interpello, prevede la nullità degli atti impositivi che siano in contrasto con l'esito dell'interpello Cass. 2009/19479 2011/21070 . In conseguenza dell'accoglimento del secondo motivo resta assorbito il primo motivo, logicamente subordinato. 3. E' fondato anche il terzo motivo. La Commissione regionale, nell'accertare la sussistenza del rapporto consortile e mutualistico esistente tra le società P., A.B.M. e I. - a fronte delle contestazioni mosse sul punto dall'Amministrazione finanziaria, che ha evidenziato l'assoluta carenza degli elementi previsti per il contratto consortile, atteso che lo statuto della P. s.r.l. non specifica esplicitamente i compiti della società, i rapporti di questa con i soci e le modalità di ripartizione tra i soci medesimi dei vantaggi derivanti dallo svolgimento dell'attività consortile - ha affermato, in modo generico e assertivo, che dalla lettura dello Statuto della s.r.l. P. emerge chiaramente lo scopo mutualistico a favore delle due società consorziate, con la conseguenza che la distribuzione degli utili o delle perdite deve essere proporzionale alle quote delle consorziate medesime, senza farsi carico di illustrare gli elementi di fatto da cui poter far derivare l'accertamento della sussistenza del rapporto consortile e mutualistico, dei presupposti per la erogazione di contributi da parte delle consorziate alla società consortile e della congruità di quello in concreto erogato dalla A. alla P. con la nota di credito oggetto della ripresa impugnata dalla società contribuente. Le considerazioni che precedono conducono all'accoglimento del secondo e terzo motivo del ricorso, restando assorbita la censura di cui al primo motivo. Essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va rinviata ad altra sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto, che riesaminerà l'appello alla luce dei principi e delle considerazioni che precedono e provvederà anche a regolare le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. Accoglie il secondo e terzo motivo del ricorso, assorbito il primo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, a diversa sezione della Commissione tributaria regionale del Veneto.