E’ «violazione più grave» il reato punito con la pena edittale massima maggiore

Nessuno spazio alla valutazione “in concreto”. Ma si tenga conto delle circostanze. Le Sezioni Unite pongono così fine ad una antica querelle.

Due imputati ottengono dal g.i.p. locale un patteggiamento per più condotte di commercio di prodotti contraffatti – 474 c.p. -, contrabbando – ex D.P.R. numero 43 del 1973 -, e ricettazione ex articolo 648 c.p., aventi ad oggetto tabacchi ed assimilati illecitamente importati nel territorio. Ricorre il procuratore generale presso la corte d’appello, il giudice, errando, riconosciuta la continuazione fra i reati, avrebbe determinato la “violazione più grave” ex articolo 81 c.p., avuto riguardo alle sanzioni edittali nel massimo ed in astratto previste dal legislatore per le ipotesi di reato contestate, anziché ragguagliare siffatta maggiore gravità alle pene in concreto applicabili. I giudici di legittimità rinviano alle Sezioni Unite, verificata un’ambiguità giurisprudenziale sul punto. Le Sezioni Unite Penali della Cassazione, numero 25939, depositata il 13 giugno 2013, accolgono il ricorso, nei termini che seguono. L’oggetto del contendere. Nel caso sia ravvisabile un medesimo disegno criminoso , il legislatore valuta la minor riprovevolezza delle condotte di reato – siccome unificate da una sola volontà criminale -, consentendo un trattamento sanzionatorio più mite. Il d.l. numero 99/1974 ne ha esteso l’applicazione anche ai reati sanzionati con pene eterogenee – detentive e pecuniarie -, di fatto complicando l’operazione di dosimetria delle pene, al fine di valutare quale è il reato più gravemente punito, la cui sanzione va aumentata fino al triplo. La soluzione vincente delle Sezioni Unite la violazione più grave è quella «in astratto» più gravemente punita. Più gli argomenti proposti, sia letterali che sistematici. Innanzitutto la semantica dell’articolo 81 c.p. pare chiara la “gravità” è riferita alla “ violazione ” – alla valutazione del disvalore della condotta, fissata astrattamente dal legislatore con un massimo edittale – e non alla pena – la quale costituisce in concreto un precipitato dell’operazione processuale di accertamento della verità -. Invece, sotto un profilo sistematico l’articolo 187 delle disp. att. c.p.p. prevede che, ai fini del riconoscimento della continuazione, si deve tenere conto della pena più grave in concreto già comminata. Tuttavia costituisce norma speciale, settorialmente limitata alla fase dell’ esecuzione della pena , il cui valore pare inestensibile alla fase della cognizione processuale, nel reticolato di vigenza proprio dell’articolo 81 c.p. In conclusione ai fini della continuazione, va verificata la forbice edittale ex lege prevista, anziché la pena in concreto distintamente applicabile per ogni reato. Il rischio superato della valutazione in concreto. Altrimenti il giudice potrebbe compiere, in concreto, delle valutazioni di maggiore o minore gravità delle violazioni distoniche con quanto già prefisso dal legislatore. Ad esempio nel caso in cui, a seguito del ragguaglio ex articolo 133 c.p., il giudice disponesse per una violazione edittalmente meno grave una pena in concreto più elevata di quella astrattamente applicabile per la violazione edittalmente più grave. Il giudice, in concreto, smentirebbe la legge e la gerarchia dei disvalori già fissata dal legislatore quando ha definito le forbici edittali di ogni reato. L’operazione giudiziale. Il primo passo. La violazione più grave fra delitti e contravvenzioni. Nulla quaestio nel caso in cui i reati in continuazione siano puniti con pene omogenee, la comparazione matematica non presenta difficoltà e la maggiore gravità è presto ravvisabile – va verificata la pena edittale massima -. Altro è il caso in cui i reati siano delitti e contravvenzioni, ex articolo 39 c.p. distinguibili per la diversa specie delle pene previste – reclusione e multa per i delitti e arresto ed ammenda per le contravvenzioni -. Per tale ipotesi, il giudizio delle Sezioni Unite è tranciante, il delitto è sempre più grave della contravvenzione, anche qualora la pena che segue l’accertamento della contravvenzione – pena convertita ex articolo 135 c.p. – risultasse in fine quantitativamente maggiore della pena detentiva prevista per il delitto. L’assunto pare certamente deducibile dalle discipline, ad esempio, della sospensione condizionale della pena, della prescrizione, della conversione ex articolo 102, l. numero 689/1981 o dalla disciplina dell’entità massima delle pene per delitti e contravvenzioni – ex articolo 78 c.p. -, dalle quali la maggiore gravità dei delitti pare essere un dato legislativamente sancito e di pressocchè assoluto respiro sistematico. Il secondo passo. Si tenga conto delle circostanze. Pur avendo espulso l’articolo 133 c.p. – il quale staglia il fatto di reato alla rude concretezza degli accertamenti processuali e che costituisce la bandiera, respinta dalle Sezioni Unite, dell’accertamento in concreto delle valutazione di maggiore gravità della violazione -, le Sezioni Unite offrono una soluzione di ripiego, finalizzata a recuperare elementi di concretezza nella valutazione sulla gravità del fatto di reato. Per i giudici, ai fini del giudizio di maggiore gravità della violazione, occorre comunque tenere delle circostanze applicabili, calcolando nel minimo l’effetto di riduzione per le attenuanti e nel massimo l’aumento per le circostanze aggravanti, eventualmente operando un giudizio di comparazione e di prevalenza. Il terzo passo. Un ulteriore temperamento. La soglia di sbarramento costituita dalla pena edittale minima di uno dei reati in continuazione. Nel caso in cui la continuazione operi fra reati per cui sono previste pene di identica specie, le Sezioni Unite offrono il terzo principio di diritto il computo finale non può essere inferiore al limite edittale minimo di uno dei reati posti in continuazione.

Corte di Cassazione, sez. Unite Penali, sentenza 28 febbraio - 13 giugno 2013, numero 25939 Presidente Lupo – Relatore Cassano Ritenuto in fatto 1. Il 16 febbraio 2011 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona, accogliendo la richiesta formulata ai sensi dell'articolo 444 cod. proc. penumero , applicava a C.W. e Da Ca. - imputati entrambi dei delitti previsti dagli articolo 416 cod. penumero associazione per delinquere , 474 cod. penumero introduzione nel territorio dello Stato di prodotti con marchi contraffatti , 482-489 cod. penumero falso , 648 cod. penumero ricettazione , 291-bis, comma 1, e 291-ter d.P.R. numero 43 del 1973 e successive modifiche contrabbando di kg. 9.060 di tabacchi esteri , 494 cod. penumero sostituzione di persona , commessi dal mese di OMISSIS al mese di OMISSIS - le seguenti pene, condizionalmente sospese, ritenuta la continuazione fra i reati, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, dichiarate prevalenti sulla contestata aggravante, e tenuto conto della diminuente per il rito - a C. un anno, sette mesi, dieci giorni di reclusione ed Euro 5.300 di multa pena-base per il più grave delitto di cui all'articolo 648 cod. penumero tre anni di reclusione ed Euro 10.329 di multa riduzione ex articolo 62-bis cod. penumero due anni di reclusione ed Euro 6.886 di multa aumento ex articolo 81 cpv. cod. penumero due anni, cinque mesi di reclusione ed Euro 7.950 di multa riduzione di un terzo per il rito - a Ca. un anno, quattro mesi di reclusione ed Euro 5.300 di multa pena-base per il più grave delitto di cui all'articolo 648 cod. penumero due anni, sei mesi di reclusione ed Euro 10.329 di multa riduzione ex articolo 62-bis cod. penumero un anno, otto mesi di reclusione ed Euro 6.886 di multa aumento ex articolo 81 cpv. cod. penumero due anni di reclusione ed Euro 7.950 di multa riduzione di un terzo per il rito . 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Ancona il quale lamenta violazione di legge e carenza della motivazione con riferimento alla individuazione del delitto di ricettazione come violazione più grave, atteso che la valutazione di maggiore gravità, ai fini del computo della pena per il reato continuato, deve essere effettuata in concreto e non già con riguardo alla sanzione edittale astrattamente stabilita dal legislatore. Nel caso in esame, pertanto, erroneamente è stata assunta quale pena base della violazione più grave quella del delitto di ricettazione, piuttosto che quella del delitto di contrabbando aggravato di kg. 9.060 di tabacchi lavorati esteri, punito con la pena pecuniaria di cinque Euro di multa per ogni grammo convenzionate di prodotto. La sanzione pecuniaria complessivamente irrogabile per il delitto di contrabbando aggravato, pertanto, è quella di 45.300 Euro di multa, sicuramente superiore a quella stabilita per il delitto di ricettazione Euro 10.329 di multa . Al contrario, la pena detentiva stabilita dalla legge per il delitto di contrabbando minimo due anni e massimo cinque anni di reclusione è inferiore nel massimo a quella prevista per il reato di ricettazione per il quale è stabilita una pena compresa tra un minimo di due anni ed un massimo di otto anni di reclusione. Rileva, pertanto, che ferma restando l'ammissibilità della continuazione anche nel caso in cui qualcuno dei reati contestati sia punito con pene proporzionali in senso proprio, secondo la dottrina prevalente e secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, l'individuazione della violazione più grave, ai fini del computo della pena del reato continuato, deve essere effettuata in concreto e non già con riguardo alla valutazione compiuta in astratto dal legislatore Sez. 5, numero 12765 del 09/02/2010, Scuderi, Rv. 246895 Sez. 3, numero 19978 del 24/03/2009, Angioni, Rv. 243723 . Di conseguenza, comparando la pena irrogabile in concreto per il reato di ricettazione e quella stabilita dalla legge per il reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, risulta evidente che, a fronte di una parità del minimo edittale della pena detentiva, pari a due anni di reclusione per entrambi i reati minimo edittale, a cui il primo giudice si è sostanzialmente tenuto vicino nella individuazione della pena-base , sussiste una palese differenza nella congiunta pena pecuniaria della multa, che, per il reato di ricettazione, arriva a un massimo edittale di Euro 10.329, mentre, per il reato di contrabbando di tabacchi lavorati esteri, è di Euro 45.300 di multa, avuto riguardo al quantitativo contestato. Pertanto, la valutazione di maggiore gravità del reato di ricettazione si appalesa illegittima e, comunque, non sorretta da alcuna motivazione in ordine ai criteri del calcolo della pena e la multa di 5.300 Euro è illegittima per difetto. 3. La Seconda Sezione penale, cui il ricorso era stato assegnato ratione materiae , registrata l'esistenza di un contrasto di giurisprudenza sul tema centrale che ha formato oggetto dell'impugnazione, con ordinanza emessa il 25 settembre 2012, ha rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, a norma dell'articolo 618 cod. proc. penumero . Evidenzia che l'applicazione del principio invocato dal ricorrente - per il quale l'individuazione del reato più grave, da considerare ai sensi dell'articolo 81 cpv. cod. penumero ai fini della determinazione della pena-base, deve essere compiuta tenendo conto del trattamento sanzionatorio nella sua globalità così come in concreto determinato dal giudice - si fonda su un'interpretazione giurisprudenziale del predetto articolo 81 cpv. cod. penumero non uniforme né prevalente, perché oggetto di contrasto, nonostante i ripetuti interventi delle Sezioni Unite che hanno fissato i seguenti principi di diritto. Per la determinazione del reato più grave agli effetti della continuazione non deve farsi riferimento alla comparazione degli indici di gravità concreta dei reati ex articolo 133 cod. penumero , bensì al criterio della più grave pena edittale prevista dal legislatore per ciascun reato da comparare Sez. U, numero 15 del 26/11/1997, dep. 03/02/1998, Varnelli, Rv. 209485 Sez. U, numero 748 del 12/10/1993, dep. 25/1/1994, Cassata, Rv. 195805 Sez. U, numero 4901 del 27/03/1992, Cardarilli, Rv. 191128 . Il riconoscimento della continuazione non presuppone necessariamente reati sanzionati con pene omogenee ed è consentito pur se la contravvenzione è punita con una pena edittale che, valutata sotto il profilo della conversione articolo 135 cod. penumero , risulta più elevata rispetto a quella prevista per il delitto anche in questa ipotesi, deve ritenersi violazione più grave quella costituente delitto Sez. U, numero 4901 del 27/03/1992, Cardarilli, cit. . I principi, così sintetizzati, espressi dalle decisioni delle Sezioni Unite in precedenza richiamate, sono stati seguiti dalla giurisprudenza maggioritaria, la quale ha affermato che, in tema di reato continuato, ai fini della determinazione della violazione più grave, il giudice deve fare riferimento alla pena edittale prevista per ciascuno dei reati contestati, con la conseguenza che più grave deve essere considerata la violazione punita più severamente dalla legge Sez. 6, numero 34382 del 14/07/2010, Azizi Aslan, Rv. 248247 Sez. 5, numero 12473 dell'I 1/02/2010, Salviani, Rv. 246558 Sez. 3, numero 11087 del 26/01/2010, S., Rv. 246468 Sez. 2, numero 47447 del 06/11/2009, Sali, Rv. 246431 Sez. 4, numero 6853 del 27/01/2009, Maciocco, Rv. 242866 Sez. 1, numero 26308 del 27/05/2004, Micale, Rv. 229007 . Pertanto, il giudice non può liberamente scegliere quale sia la violazione più grave, essendo, invece, tenuto, nel rispetto del principio di legalità, ad effettuare la valutazione di maggiore gravità del reato sulla base della comminatoria più grave. Tale approdo ermeneutico si fonda sull'interpretazione letterale dell'articolo 81, cod. penumero , contenente il riferimento alla “violazione più grave” e non alla “pena più grave”, espressione quest'ultima che sarebbe stata più appropriata, qualora il legislatore avesse voluto attribuire alla pena da infliggere in concreto -tenuto conto dei criteri di cui all'articolo 133 cod. penumero - l'efficacia determinatrice della più grave violazione. L'ordinanza di rimessione evidenzia, inoltre, che il principio secondo cui, in caso di continuazione di reati, la pena irrogata per la violazione più grave non può mai essere inferiore a quella che sarebbe irrogabile per il reato o i reati-satellite sanzionati con pena edittale maggiore nel minimo, va applicato tenendo conto del trattamento sanzionatorio nella sua globalità Sez. 2, numero 47447 del 06/11/2009, Sali, cit. . A tale orientamento se ne contrappone un altro minoritario richiamato dal Procuratore generale ricorrente secondo cui, ai fini del computo della pena, l'individuazione della violazione più grave deve essere effettuata in concreto e non già con riguardo alla valutazione compiuta in astratto dal legislatore Sez. 5, numero 12765 del 09/02/2010, Scuderi, cit Sez. 3, numero 19978 del 24/03/2009, Angioni, cit. Sez. I, numero 4322 del 13/01/1996, dep. 10/5/1997, Murgioni, Rv. 207433 . Questo indirizzo esegetico recepisce i principi espressi da una risalente pronuncia delle Sezioni Unite in base alla quale, ai fini della determinazione della pena-base, la più grave delle violazioni deve essere individuata con riferimento alla pena che in concreto dovrebbe essere inflitta per ciascuno dei reati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, qualora non dovesse procedersi al cumulo giuridico di esse, con la conseguenza che, in tale ottica, è irrilevante l'entità edittale delle pene, astrattamente considerate, riferibili ai singoli reati Sez. U, numero 9559 del 19/06/1982, Alunni, Rv. 155673 . L'individuazione del reato ritenuto in concreto più grave incontra, peraltro, un limite invalicabile nel fatto che la pena prescelta non può mai essere inferiore a quella che sarebbe stata irrogabile per un reato concorrente, sanzionato con pena edittale maggiore nel minimo Sez. 1, numero 4322 del 13/01/1997, Murgioni, cit. . 4. Con decreto del 5 novembre 2012, il Primo Presidente ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite, fissando per la sua trattazione l'odierna udienza in camera di consiglio. 5. Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato con trasmissione degli atti al Tribunale di Ancona per l'ulteriore corso. Preliminarmente osserva che il ricorrente ha omesso di considerare che, nel caso di specie, è stato contestato il delitto di cui all'articolo 291 ter, comma 2, lett. c , d.P.R. numero 43 del 1973, introdotto dalla legge numero 92 del 2001, sanzionabile con la multa di Euro venticinque e non cinque come indicato nel ricorso per ogni grammo convenzionale di prodotto e la reclusione da tre a sette anni e non da due a cinque anni, come erroneamente indicato dal ricorrente . Rileva, inoltre, che il contrasto denunciato è solo apparente, in quanto, delle due sentenze citate dal ricorrente, l'una Sez. 5, numero 12765 del 09/02/2010, Scuderi, cit. si limita a richiamare una pronunzia pregressa Sez. 3, numero 19978 del 24/03/2009, Angioni, cit. che, a sua volta, cita, a sostegno della tesi affermata, il disposto dell'articolo 187 disp. att. cod. proc. penumero , concernente, invece, pacificamente la fase dell'esecuzione in cui il giudice è, comunque, privo del potere discrezionale di individuare la violazione più grave. Evidenzia, infine, che la pena base determinata dal giudice nella sentenza impugnata non è conforme ai principi costantemente enunciati dalla giurisprudenza costituzionale Corte Cost., ord. numero 11 del 1997 e di legittimità da ultimo, Sez. U, numero 20798 del 24/02/2011, Indelicato, Rv. 249664 non è, infatti, consentito che colui che ha posto in essere più violazioni sia punito meno severamente, coeteris paribus , rispetto a chi ha realizzato solo una parte di esse, sicché la sanzione del reato-base non può mai essere inferiore a quella prevista come minima per uno qualsiasi dei reati-satellite. 6. I difensori di C. e Ca. hanno entrambi presentato memorie difensive con le quali, anche alla luce delle conclusioni scritte formulate dal Procuratore generale, chiedono il rigetto del ricorso. Osservano che, in tema di continuazione, per la determinazione della violazione più grave occorre fare riferimento alla pena astrattamente stabilita dalla legge. Sulla base di tale presupposto argomentativo rilevano che la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di questo principio, laddove ha considerato reato più grave il delitto di ricettazione che prevede la pena detentiva più elevata nel massimo rispetto a quella indicata per gli altri reati contestati. È irrilevante, quindi, l'entità della pena pecuniaria per stabilire, in astratto, quale sia il reato più grave. Evidenziano, poi, che é stato rispettato il principio per il quale la pena base della violazione più grave non può mai essere inferiore a quella prevista come minimo edittale per uno qualsiasi dei reati-satellite nel caso di specie il delitto di contrabbando di cui agli articolo 291-bis e 291-ter d.P.R. numero 43 del 1973 e successive modifiche . Infatti, nel calcolare la pena-base, tale risultato può essere raggiunto anche tenendo conto del ragguaglio tra pena detentiva e pena pecuniaria Sez. U, numero 15 del 26/11/1997, Cardarilli, cit. . Nel caso di specie il giudice è partito da una pena base di tre anni di reclusione ed Euro 10.329 di multa per il più grave delitto di ricettazione tale pena non solo rispetta il minimo edittale irrogabile per il reato di cui all'articolo 416 cod. pen da tre a sette anni di reclusione senza previsione di pena pecuniaria , ma rispetta anche il minimo edittale del reato previsto dall'articolo 291 bis, comma 1, d.P.R. numero 43 del 1973 e successive modifiche da due a cinque anni di reclusione e multa minima pari ad Euro 50.005 . In particolare la pena pecuniaria andrebbe calcolata tenendo conto della soglia minima di kg. 10 convenzionali stabiliti dalla norma per aversi la violazione del primo comma della suddetta disposizione kg. 10 = gr. 10.000 + gr.l = 10.001 grammi convenzionali, moltiplicati per 5 Euro al grammo = Euro 50.005 . Pertanto, poiché il giudice ha assunto come pena base quella di tre anni di reclusione, ragguagliando articolo 135 cod. penumero l'anno che eccede il minimo della reclusione per il reato di contrabbando, si ottiene la pena-base ragguagliata di due anni di reclusione e 91.250 Euro 365 giorni per 250 Euro , oltre alla multa di Euro 10.329. Il risultato ragguagliato di due anni e 101.579 di Euro eccede, pertanto, il minimo edittale previsto per il reato di cui all'articolo 291-bis, comma 1, d.P.R. numero 43 del 1973. Inoltre, non si può prescindere dal riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, dichiarate prevalenti sulle aggravanti contestate, compresa quella di cui all'articolo 291-ter, comma 2, lett. c d.P.R. numero 43 del 1973 e successive modifiche. In adesione ad un recente orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, la violazione più grave va individuata in astratto in base alla pena edittale comminata dalla legge, avendo però riguardo al reato ritenuto in concreto e all'eventuale giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti e attenuanti Sez. 4, numero del 9/10/2007, Ferrentino, Rv. 238352 . In ogni caso, quand'anche si ritenesse di non attribuire rilievo al giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, occorre considerare che l'imputazione formulata, priva della contestazione di una precisa ipotesi fra quelle disciplinate dall'articolo 291-bis, fa specifico richiamo solo all'aggravante di cui al comma 1 di tale disposizione, laddove precisa che il reato di contrabbando è stato commesso adoperando mezzi di trasporto appartenenti a persone estranee al reato. Atteso che la circostanza aggravante ex articolo 291-ter, comma 1 prevede soltanto un aumento della pena irrogata per il reato di cui all'articolo 291-bis reclusione da due a cinque anni e cinque Euro per ogni chilogrammo convenzionale , la pena-base di due anni e sei mesi di reclusione non viola il minimo edittale per il reato-satellite nella forma aggravata. Considerato in diritto 1. Il ricorso del Procuratore generale è fondato nei limiti di seguito precisati. 1.1. Il suo esame impone una duplice premessa metodologica. In tema di applicazione della pena concordata fra le parti, il giudice è tenuto ad effettuare la verifica sia della qualificazione giuridica dell'imputazione che della legalità della pena irrogata. Sotto il primo profilo il controllo è necessario, affinché l'istituto processuale non si trasformi in un accordo sui reati e sulle stesse imputazioni, in violazione degli articolo 112 Cost. e 444 cod. proc. penumero . È, quindi, obbligo del giudice valutare, sulla base degli atti presenti nel fascicolo del pubblico ministero, l'astratta corrispondenza della fattispecie contestata a quella prospettata consensualmente dalle parti, dando corso alla richiesta ovvero respingendola e procedendo nelle forme ordinarie a seconda che essa appaia o meno corretta Sez. 3, numero 2207 del 14/12/2011, dep. 19/01/2012, Morelli, Rv. 251898 Sez. 5, numero 1627 del 18/12/2001, dep. 16/1/2002, Peano, Rv. 220818 Sez. 2, numero 2737 del 12/05/2000, Tassine, Rv. 217757 . Con riguardo al secondo aspetto, occorre sottolineare che la determinazione contra legem della pena concordata tra le parti ed illegittimamente ratificata dal giudice, invalida la base negoziale sulla quale è maturato l'accordo e vizia la sentenza che lo ha recepito. Il controllo di congruità della pena è logicamente comprensivo della legalità di essa, ossia della sua conformità alle regole che la disciplinano, nonché di quelle che influiscono sulla sua determinazione. 1.2. Nell'ipotesi di impugnazione di una decisione assunta in conformità alla richiesta formulata dalla parte secondo lo schema procedi menta le previsto dall'articolo 444 cod. proc. penumero , l'esigenza di specificità delle censure deve ritenersi addirittura rafforzata rispetto ad un'ipotesi di diversa conclusione del giudizio, dato che la critica al provvedimento che abbia accolto la domanda dell'imputato deve impegnarsi a demolire, prima di tutto, proprio quanto dalla stessa parte richiesto Sez. U, numero 35738 del 27/05/2010, Calibe, Rv. 247841 Sez. U, numero 11493 del 24/06/1998, Verga, Rv. 211468 . 2. Nel caso in esame, il Procuratore generale ricorrente argomenta, sulla base di un'analisi dei diversi orientamenti giurisprudenziali, che la vantazione di maggiore gravità ai fini del computo della pena deve essere effettuata in concreto e non già con riguardo alla valutazione compiuta in astratto dal legislatore e, muovendo da tale premessa, deduce specifiche e argomentate censure in merito alla illegalità, sotto diversi profili, della pena oggetto dell'accordo ex articolo 444 cod. proc. penumero . 3. Tanto premesso, la questione di diritto devoluta alle Sezioni Unite può essere riassunta nei seguenti termini “se, in tema di reato continuato, l'individuazione della violazione più grave ai fini del computo della pena debba essere effettuata in concreto oppure con riguardo alla salutazione compiuta in astratto dal legislatore”. 4. In termini strutturali il reato continuato rappresenta un particolare figura di concorso materiale di reati, unificati dal medesimo disegno criminoso che sta alla base della loro commissione. L'articolo 81, comma secondo, cod. penumero , stabilisce per il reato continuato il cumulo giuridico delle pene in deroga al regime del cumulo materiale previsto per il concorso materiale di reati. Il soggetto agente che, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette più violazioni soggiace al trattamento sanzionatorio previsto per tale ipotesi di concorso di reati, ossia alla pena prevista per la violazione più grave, aumentata fino al triplo. Secondo un'autorevole dottrina e la prevalente giurisprudenza, la ratio di questo più mite trattamento sanzionatorio risiede proprio nella minore riprovevolezza complessiva dell'agente - che cede ai motivi a delinquere una sola volta, quando concepisce il disegno criminoso - e nella necessità di mitigare l'effetto del cumulo delle pene, al quale viene sostituito un cumulo giuridico. Questa funzione dell'istituto è stata resa ancor più evidente dalla novella dell'articolo 81 cod. penumero ad opera del d.l. 11 aprile 1974, numero 99, convertito dalla legge 7 giugno 1974, numero 220, che, nel consentire l'applicazione della continuazione anche in presenza di violazioni di norme incriminatrici sanzionate con pene eterogenee, si colloca in una linea di tendenza contraria all'automatismo repressivo, propria del sistema del cumulo materiale, e favorevole, invece, ad un'accentuazione del carattere personale della responsabilità penale, con un'esaltazione del ruolo e del senso di responsabilità del giudice nell'adeguamento della pena alla personalità del reo Sez. U, numero 5690 del 07/02/1981, Viola, Rv. 149260-66 cfr. anche Corte Cost., sent. numero 254 del 1985 sent. numero 312 del 1988 . Tenuto conto dell'evoluzione normativa, dei ripetuti interventi della Corte Costituzionale sentt. nnumero 115 del 1987, 361 del 1994, 324 del 2008 , della complessa elaborazione giurisprudenziale che ha avuto significativi approdi in decisioni delle Sezioni Unite Sez. U, numero 3286 del 27/11/2008, dep. 23/01/2009, Chiodi, Rv. 241755 Sez. U, numero 1 del 26/02/1997, Mammoliti, Rv. 207939-40 Sez. U, numero 2780 del 24/01/1996, Panigoni, Rv. 203965-78 Sez. U, numero 14 del 30/06/1994, Ronga, Rv. 214535 Sez. U, numero 18 del 16/11/1989, dep. 15/01/1990, Fiorentini, Rv. 183004 , è possibile ritenere ormai superata la concezione unitaria del reato continuato in favore dell'autonomia giuridica delle singole violazioni che confluiscono nel reato continuato, tranne che per gli effetti espressamente previsti dalla legge. I reati legati dal vincolo della continuazione devono, quindi, considerarsi come una vera e propria pluralità di reati autonomi e diversi in funzione del carattere più o meno favorevole degli effetti che ne discendono. In tal modo è possibile garantire, conformemente alla natura dell'istituto, quel trattamento privilegiato che è imposto dalla sua minore riprovevolezza complessiva. La concezione unitaria del reato continuato opera, quindi, soltanto per gli effetti espressamente presi in considerazione dalla legge, come quelli relativi alla determinazione della pena, e sempre che garantisca un risultato favorevole al reo. L'articolo 81 cpv. cod.penumero stabilisce che al reato continuato si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo, con il limite massimo stabilito dalle norme che regolano il cumulo materiale articolo 72 e ss. cod. penumero . Ciò posto, occorre ricostruire i criteri di individuazione della violazione più grave ex articolo 81 cpv. cod. penumero In proposito si registrano orientamenti contrapposti sia in dottrina che in giurisprudenza. 5. In giurisprudenza si confrontano due diversi orientamenti interpretativi. Secondo un indirizzo maggioritario, occorre fare riferimento alla pena comminata in astratto, tenendo, però, conto - a differenza di quanto sostiene la dottrina - non della specie e dell'entità della pena, bensì del genere e dell'entità della sanzione comminata, con le conseguenti ricadute il delitto è da considerare sempre più grave della contravvenzione e ciò anche nel caso in cui quest'ultima sia punita con una pena edittale di maggiore quantità rispetto a quella prevista per il delitto in presenza di una pluralità di delitti o di contravvenzioni si deve considerare più grave il delitto o la contravvenzione che ha il massimo edittale più elevato in presenza di un massimo edittale identico, occorre avere riguardo al delitto o alla contravvenzione con il minimo edittale più elevato Sez. U, numero 15 del 26/11/1997, dep. 03/02/1998, Varnelli, Rv. 209487 Sez. U, numero 748 del 12/10/1993, dep. 25/01/1994, Cassata, Rv. 195805 Sez. U, numero 4901 del 27/03/1992, Cardarilli, Rv. 191128-29 Sez. 5, numero 13573 del 20/01/2012, Santoni, Rv. 253299 Sez. 3, numero 11087 del 26/01/2010, S., Rv. 246468 Sez. 6, numero 34382 del 14/07/2010, Azizi Aslan, Rv. 248247 Sez. 5, numero 12473 dell'I 1/02/2010, Salviani, Rv. 246558 Sez. 2, numero 47447 dei 06/11/2009, Sali, Rv. 246431 Sez. 4, numero 6853 del 27/01/2009, Maciocco, Rv. 242866 Sez. 1, numero 26308 del 27/05/2004, Micale, Rv. 229007 Sez. 5, numero 1781 del 19/04/1999, Ciccinato, Rv. 213400 . Si è tuttavia precisato che, nella concreta quantificazione della pena, il giudice non può irrogare una sanzione che risulti inferiore a quella minima stabilita per uno dei reati-satellite rispetto ai quali venga ravvisata la continuazione Sez. U, numero 15 del 26/11/1997, Varnelli, cit. v. anche Corte Cost., ord. numero 11 del 1997 . In tale contesto, si argomenta che il riferimento al minimo edittale di maggiore gravità assume una precisa valenza unicamente nei casi in cui il giudice ritenga di dovere applicare la pena - individuata sulla base del massimo edittale più elevato - nel minimo di legge o, comunque, in misura inferiore al minimo edittale stabilito per l'altro reato, mentre se il giudice ritiene di dovere applicare una pena superiore, ben può assumere quale parametro di riferimento il massimo edittale più elevato Sez. 6, numero 44336 del 05/10/2004, Mastrolorenzi, Rv. 230252 Sez. 6, numero 18173 del 04/11/2002, dep. 16/04/2003, Broccolo, Rv. 225186 Sez. 5, numero 1749 del 19/04/1999, Schirra, Rv. 213211 Sez. 6, numero 4087 del 19/02/1997, Bassi, Rv. 207402 . Secondo un diverso orientamento, invece, l'individuazione della violazione più grave ai fini del computo della pena deve essere sempre effettuata in concreto e non già con riguardo alla valutazione compiuta in astratto dal legislatore Sez. 6, numero 25120 del 06/03/2012, Cicala, Rv. 252613 Sez. 5, numero 12765 del 09/02/2010, Scuderi, Rv. 246895 Sez. 3, numero 19978 del 24/03/2009, Angioni, Rv. 243723 Sez. 1, numero 4322 del 13/01/1996, dep. 10/05/1997, Murgioni, Rv. 207433 . Le decisioni riconducigli a questo indirizzo, valorizzando il tenore letterale dell'187 disp. att. cod. proc. penumero e una risalente pronunzia delle Sezioni Unite Sez. U, numero 9559 del 19/06/1982, Alunni, Rv. 155673 , affermano che, ai fini della determinazione della pena-base, la violazione più grave deve essere individuata con riferimento alla pena da infliggere in concreto per ciascuno dei reati, dopo la valutazione di ogni singola circostanza e l'eventuale giudizio di comparazione di cui all'articolo 69 cod. penumero , secondo i criteri indicati nell'articolo 133 cod. penumero , senza alcun riguardo al titolo ed alle relative pene edittali. Rilevano poi che, in ogni caso, l'individuazione del reato ritenuto in concreto più grave incontra un limite invalicabile nel fatto che la pena prescelta non può mai essere inferiore a quella che sarebbe stata irrogabile per un reato concorrente, sanzionato con pena edittale maggiore nel minimo. 6. La questione è controversa anche in dottrina. Secondo alcuni Autori, in ossequio al principio di legalità e a quello di certezza del diritto, per accertare quale sia la violazione più grave occorre fare riferimento all'astratta previsione legislativa, ossia alla specie detentiva o pecuniaria e non al genere delittuoso o contravvenzionale e all'entità delle sanzioni applicabili per i singoli reati uniti dal vincolo della continuazione con le conseguenti ricadute pratico-applicative è più grave la violazione per la quale è prevista la pena detentiva rispetto al reato punito con la pena pecuniaria in presenza di pene qualitativamente identiche, la violazione più grave è il reato punito con una pena avente un massimo edittale più elevato o, in caso di identico massimo edittale, il reato per il quale è prevista una pena avente il maggior minimo edittale. Tale approdo esegetico è contrastato da altra parte della dottrina con plurimi rilievi critici. Sotto il profilo letterale si osserva che il tenore testuale dell'articolo 81 cod. penumero evoca la concreta realizzazione del reato. Sul piano logico-sistematico si argomenta che il disposto dell'articolo 187 disp. att. cod. proc. penumero , a prescindere dalla sua collocazione topografica, enuncia una regola di valenza generale che, per ragioni di coerenza complessiva del sistema, non può ritenersi limitata alla sola fase dell'esecuzione, cui pure la disposizione fa espresso richiamo. Altri studiosi sottolineano il tenore ambiguo dell'articolo 81 cod. penumero , in quanto tale suscettibile di diverse letture, ed evidenziano che l'articolo 187 disp. att. cod. proc. penumero ben può essere considerata una disposizione speciale dettata dalle particolari esigenze della fase esecutiva. Un ulteriore indirizzo teorico osserva che un limite alla tesi che da rilievo alla maggiore gravità della violazione considerata in astratto è rappresentato dall'ambiguità degli indici edittali infatti un reato può essere punito con una pena edittale massima più elevata, ma con una pena edittale minima meno elevata rispetto a quella rispettivamente prevista per l'altro reato in continuazione e che, in tale caso, per stabilire quale sia in astratto la violazione più grave, si pongono due alternative, entrambe insoddisfacenti. Se si decide di fare, comunque, riferimento al massimo edittale, non necessariamente alla maggiore gravità in astratto corrisponde la maggiore gravità in concreto, con la conseguenza che la pena complessiva del reato continuato può risultare di entità addirittura inferiore al minimo edittale previsto per un'altra violazione. Utilizzando, per ovviare a tali inconvenienti, il criterio del minimo più elevato, s'introduce un parametro meramente formale, in quanto tale inidoneo a dar conto del profilo sostanziale e dell'effettivo disvalore espresso dalla cornice edittale. Traendo spunto da questi rilievi critici, altri Autori argomentano che si deve fare riferimento alla violazione che in concreto risulta essere più grave, con la conseguenza che il giudice, nel rispetto dei parametri fissati dall'articolo 133 cod. penumero , deve innanzitutto determinare la pena per ciascun reato, consumato o tentato, tenendo conto anche delle eventuali circostanze, del loro giudizio di bilanciamento e, quindi, assumere come pena-base per l'aumento fino al triplo quella che, alla stregua di tali operazioni, risulta essere più grave. 7. La questione sottoposta all'esame delle Sezioni Unite si colloca sullo sfondo di un'articolata e graduale elaborazione di principi conseguente alla riforma dell'articolo 81 cod. pen,, introdotta con il d.l. 11 aprile 1974, numero 99, convertito dalla legge 7 giugno 1974, numero 220. L'iniziale indirizzo interpretativo in base al quale l'unificazione di pene di specie o genere diverse costituisce una violazione del principio di legalità Sez. U, numero 12190 del 23/10/1976, Desideri, Rv. 134812-13 è stata superato da altre decisioni che, valorizzando l'ampliato ambito applicativo del reato continuato conseguente alla modifica del 1974, hanno ritenuto ammissibile la continuazione tra reati puniti con pene eterogenee dapprima con esclusivo riguardo alle pene congiunte stabilite per il reato più grave Sez. U, numero 14890 del 22/01/1977, Zavatti, Rv. 137328-30 , quindi anche con riferimento all'ipotesi inversa Sez. U, numero 62206 del 30/04/1983, Anaclerio, Rv. 159727 e, infine, in relazione a reati puniti con pene di specie diversa Sez. U, numero 6300 del 26/05/1984, Falato, Rv. 165181 . Tutte queste prime decisioni non hanno, peraltro, affrontato espressamente la questione interpretativa concernente il concetto di violazione più grave. Successive pronunzie delle Sezioni Unite, nell'approfondire ulteriormente la problematica, hanno argomentato che, ai fini dell'individuazione della violazione più grave da assumere come base per il calcolo delle pene, occorre riferirsi alle valutazioni astratte compiute dal legislatore, ossia si deve avere riguardo alla pena prevista dalla legge per ciascun reato, sicché la violazione più grave va individuata in quella punita dalla legge più severamente Sez. U, numero 15 del 26/11/1997, Varnelli, cit. Sez. U, numero 748 del 12/10/1993, Cassata, cit. Sez. U, numero 4901 del 27/03/1992, Cardarilli, cit. . Sulla pena in concreto inflitta per tale illecito deve essere, poi, applicato l'aumento di pena per la continuazione, contenuta nel limite massimo del triplo. Il Collegio ritiene di confermare in questa sede quest'ultimo orientamento esegetico in favore del quale militano plurime considerazioni di tipo letterale e logico-sistematico. 8. La corretta impostazione della problematica implica, innanzitutto, la ricostruzione dei principi e dei criteri generali contenuti in alcune disposizioni del codice penale che delineano una precisa trama interpretativa in base alla quale, ai fini dell'individuazione della violazione più grave da assumere come base per il calcolo della pena da irrogare in caso di reati in continuazione articolo 81, comma secondo, cod. penumero , deve ritenersi più grave il delitto rispetto alla contravvenzione, fungendo il parametro quantitativo come integratore in presenza di pene di uguale specie. L'articolo 17 cod. penumero , nell'elencare in maniera tassativa e vincolante per l'interprete le specie di pene principali che si applicano a seguito della commissione di un fatto-reato, da un iato, fornisce il criterio di tipo nominalistico per identificare l'illecito criminale rispetto agli altri tipi di illecito previsti dall'ordinamento e, al contempo, coordinandosi con l'articolo 39 cod. penumero , introduce il criterio formale di individuazione delle due fattispecie tipiche di reato, i delitti e le contravvenzioni. Un fatto costituisce reato ogniqualvolta la legge stabilisce per esso una sanzione criminale - pena principale - denominata come ergastolo, reclusione, multa “per i delitti”, arresto e ammenda “per le contravvenzioni”, distinta dalle altre sanzioni extrapenali quanto alla funzione rieducativa, al contenuto prevalentemente afflittivo ed alle finalità di prevenzione generale e speciale. Il successivo articolo 18, a sua volta, raggruppa le pene principali per genere , a seconda del bene da essere sacrificato “pene detentive” o “restrittive della libertà personale” sono l'ergastolo, la reclusione per i reati militari la reclusione militare prevista dall'articolo 22 cod. penumero mil. pace e l'arresto “pene pecuniarie”, incidenti sul patrimonio, sono, invece, la multa e l'ammenda. Nell'impossibilità di enucleare un affidabile criterio qualitativo di distinzione tra delitti e contravvenzioni, così come evidenziato dalla stessa Relazione al codice voi I, 82 , il criterio discretivo più condivisibile e maggiormente seguito sia in dottrina che in giurisprudenza è quello incentrato sulla qualità delle sanzioni articolo 39 cod. penumero . La legge fornisce numerosi elementi di valutazione per ritenere che i delitti siano più gravi rispetto alle contravvenzioni anche nei casi in cui queste ultime siano assistite da una sanzione che, riguardata sotto il profilo della conversione, risulti maggiore quantitativamente rispetto a quella prevista per il delitto. Significative, in tale prospettiva, appaiono le disposizioni in tema di sospensione condizionale della pena, prescrizione, conversione articolo 102 legge numero 689 del 1981 , entità massima delle pene rispettivamente previste per i delitti e le contravvenzioni articolo 78 cod. penumero . Si tratta di elementi univocamente significativi, pur tenendo conto del fatto che alcune collocazioni sistematiche appaiono decisamente sorpassate. Degno di nota al riguardo è il rilievo che anche il legislatore del 1981, con la legge di depenalizzazione, intervenuta ad una significativa distanza di tempo dall'emanazione del codice, pur introducendo qualche innovazione, ha lasciato sostanzialmente inalterati gli indici sopra indicati che depongono certamente per la maggiore gravità dei delitti rispetto alle contravvenzioni Sez. U, numero 4901 del 27/03/1992, Cardarmi, cit. . Così precisato il rapporto tra delitti e contravvenzioni, è indubbio che, nel concorso fra tali reati, debba essere ritenuta più grave la violazione costituente delitto, anche se la contravvenzione è punita edittalmente con una pena che, riguardata sotto il profilo della conversione, risulti maggiore quantitativamente rispetto a quella stabilita per il delitto. Il discorso quantitativo serve come integratore , allorquando si tratti di pene di uguale specie, al fine di decidere della maggiore gravità dell'una o dell'altra violazione. 9. In una prospettiva costituzionale l'approdo ermeneutico in base al quale, ai fini della individuazione della violazione più grave nell'ambito del reato continuato, deve aversi riguardo all'astratta previsione normativa si giustifica alla luce dei principi enunciati dagli articolo 101, comma secondo, e 3 Cost. La nozione di “violazione più grave” in astratto assume come parametro di riferimento le valutazioni compiute dal legislatore in relazione al tipo di condotta trasgressiva. Qualora si attribuisse rilievo alla decisione adottata in concreto dal giudice in relazione alla singola fattispecie sottoposta al suo esame, si invaderebbe uno spazio riservato alla competenza esclusiva del legislatore, al quale soltanto spetta stabilire se una condotta contraria alla legge debba essere qualificata più o meno grave di un'altra e configurare come delitto anziché come contravvenzione una determinata condotta contra ius . Inoltre la determinazione giudiziale caso per caso della violazione più grave in concreto potrebbe essere foriera delle soluzioni più disparate con conseguente possibile lesione dell'affidamento in una parità di trattamento di situazioni analoghe. Sul piano dell'interpretazione letterale, deve essere attribuita una particolare valenza all'espressione violazione , contenuta nell'articolo 81 cod. penumero essa evoca la condotta illecita descritta dalla norma incriminatrice che, in un'ottica sanzionatoria, è assistita da un minimo e da un massimo edittale e si connota concettualmente in maniera distinta ed autonoma rispetto alla nozione di pena . Da un punto di vista logico-sistematico, tale lettura è quella maggiormente coerente con le scelte effettuate dal legislatore in ambito processuale si richiamano, a tale riguardo, le disposizioni in tema di competenza per materia articolo 4 cod. proc. penumero , competenza per connessione articolo 16, comma 1, cod. proc. penumero , nonché in materia di applicazione di misure cautelari personali Sez. U, numero 15 del 26/11/1997, Varnelli, cit. Sez. U, numero 4901 del 27/03/1992, Cardarmi, cit. Sez. 6, numero 34382 del 14/07/2010, Azizi Aslan Detto, Rv. 248247 Sez. 5, numero 12473 dell'11/02/2010, Salviani, Rv. 246558 Sez. 3, numero 11087 del 26/01/2010, S., Rv. 246468 Sez. 2, numero 47447 del 06/11/2009, Sali, Rv. 246431 Sez. 4, numero 6853 del 27/01/2009, Maciocco, Rv. 242866 Sez. 1, numero 44860 del 05/11/2008, Ficara, Rv. 242198 Sez. 1, numero 26308 del 27/05/2004, Micale, Rv. 229007 . Il criterio della gravità “in concreto”, consacrato dall'articolo 187 disp. att. cod. proc. penumero , non può essere valorizzato a sostegno di una diversa interpretazione, atteso il carattere derogatorio della disposizione rispetto a quanto stabilito dall'articolo 81 cod. penumero , desumibile dalla stessa dizione della norma che usa l'espressione “si considera violazione più grave”. Il legislatore ha utilizzato l'espressione “violazione più grave” e non “pena più grave”, come avrebbe fatto se avesse voluto attribuire alla pena da infliggere in concreto - tenuto conto dei criteri di cui all'articolo 133 cod. penumero - l'efficacia determinatrice della più grave violazione. L'articolo 187 disp. att. cod. proc. penumero è, pertanto, espressamente e logicamente limitato alla fase dell'esecuzione, in cui si può solo prendere atto della valutazione effettuata dal giudice della cognizione, sicché, per esaminare sentenze o decreti irrevocabili ai fini del concorso formale o della continuazione, ci si deve necessariamente riferire alle pene più gravi che siano state concretamente inflitte. 10. Sotto il profilo dell'evoluzione storica dell'istituto, infine, il concetto di violazione più grave da cui prendere le mosse quanto al calcolo della pena non è stato in alcun modo interessato dalla novella del 1974 e, in assenza di un espresso mutamento legislativo, non è consentito all'interprete, traendo spunto da una modifica riguardante altri profili, prospettare una diversa disciplina che non trova alcun fondamento nel dato testuale dell'articolo 81 cod. penumero . 11. Per tutte queste ragioni non appare condivisibile l'opposto indirizzo esegetico che afferma la necessità di una valutazione in concreto della violazione più grave unicamente sulla base di un'interpretazione logico-sistematica dell'articolo 187 disp. att. cod. proc. penumero Sez. 5, numero 12765 del 09/02/2010, Scuderi, cit. Sez. 3, numero 19978 del 24/03/2009, Angioni, cit. e di un iter argomentativo avulso dal complesso delle specifiche considerazioni sviluppate nel tempo da plurime decisioni delle Sezioni Unite Sez. U, numero 15 del 26/11/1997, Varnelli, cit. Sez. U, numero 748 del 12/10/1993, Cassata, cit. Sez. U, numero 4901 del 27/03/1992, Cardarilli, cit. e non corredato da ulteriori rilievi critici e da prospettive esegetiche atti a suggerire un ripensamento dell'intera problematica. 12. Una volta individuata la “violazione più grave” nel senso sopra chiarito, i reati meno gravi perdono la loro autonomia sanzionatoria e il relativo trattamento sanzionatorio confluisce nella pena unica irrogata per tutti i reati concorrenti. Costituisce, infatti, una pena legale non solo quella stabilita dalle singole fattispecie incriminatrici, ma anche quella risultante dalle varie disposizioni incidenti sul trattamento sanzionatorio, quali sono, appunto, tra le altre, quelle concernenti il reato continuato Sez. U, numero 4901 del 26/11/1997, Varnelli, cit. Sez. U., numero 748 del 12/10/1993, Cassata, cit. Sez. U, numero 4901 del 27/03/1992, Cardarilli, cit. Sez. U, numero 5690 del 07/02/1981, Viola, Rv. 149259-149263 . Tale lettura appare coerente con i principi enunciati dalla Corte Costituzionale che, avallando l'orientamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità Sez. U, numero 5656 del 26/05/1984, Rabassi, Rv. 164862 , ha affermato che pena legale non è solo quella prevista dalla singola norma incriminatrice, ma quella che risulta dall'applicazione delle varie disposizioni che incidono sul trattamento sanzionatorio e che, quindi, la pena unica progressiva, applicata come cumulo giuridico ex articolo 81 cod. penumero , è anch'essa pena legale, perché prevista dalla legge Corte Cost., sent. numero 312 del 1988 . Anche se essa deve essere il risultato di una operazione unitaria, occorre tuttavia che sia individuabile la pena stabilita dal giudice in aumento per ciascun reato-satellite Sez. U, numero 7930 del 21/04/1995, Zouine, Rv. 201549 , e ciò sia per la verifica dell'osservanza del limite di cui al terzo comma dell'articolo 81 cod. penumero sia perché a taluni effetti il cumulo giuridico si scioglie basti pensare alla prescrizione che va considerata distintamente per ciascun reato Sez. U, numero 2780 del 24/01/1996, Panigoni, cit. Sez. U, numero 10928 del 10/10/1981, Cassinari, Rv. 151241-151242 all'indulto, in cui occorre applicare il beneficio a quei reati che in esso rientrano Sez. U, numero 18 del 16/11/1989, dep. 15/01/1990, Fiorentini, Rv. 183004 all'estinzione di misure cautelari personali, quando la suddivisione della pena irrogata per i reati-satellite rilevi per il calcolo della durata massima della custodia cautelare o per l'accertamento dell'avvenuta espiazione di pena Sez. U, numero 1 del 26/02/1997, Mammoliti, Rv. 207939-40 alla sostituzione delle pene detentive brevi articolo 53, ultimo comma, legge numero 689 del 1981 in cui la pena del reato continuato si scompone per determinare la porzione di pena suscettibile di sostituzione per quei reati che la ammettono. L'applicabilità della continuazione anche tra norme incriminatrici eterogenee comporta che il cumulo giuridico possa avvenire tra pene diverse sia nel genere detentive o pecuniarie che nella specie reclusione o arresto ovvero multa o ammenda . La giurisprudenza di legittimità, dopo un iniziale atteggiamento di chiusura Sez. U, numero 12189 del 23/10/1976, Abbate, Rv. 134811 Sez. U, numero 12190 del 23/10/1976, Desideri, cit. , ha successivamente inverato il precetto normativo riconoscendo la possibilità della continuazione fra reati, di cui uno punito con pena pecuniaria e detentiva congiunte e l'altro con pena unica, sempreché le pene congiunte siano previste per il reato più grave Sez. U, numero 14890 del 22/10/1977, Zavatti, cit. . Ha, poi, esteso tale principio al caso inverso, stabilendo che al reato più grave va aggiunta la pena pecuniaria prevista per il reato satellite Sez. U, numero 6219 del 30/04/1983, Piccione, Rv. 159726 Sez. U, numero 6220 del 30/04/1983, Anaclerio, cit. . È, così, progressivamente emersa la consapevolezza che, in caso di concorso di pene eterogenee, una volta ritenuta la continuazione tra più reati, il trattamento sanzionatolo originariamente previsto per i reati-satellite perde la sua specificità, proprio per la ragione che, individuata la violazione più grave, essi vanno a comporre una sostanziale unità, disciplinata e sanzionata diversamente mediante le regole dettate all'uopo dal legislatore. L'avere il legislatore espressamente disciplinato questa possibilità con conseguente previsione sanzionatola, consente di affermare che non vi è violazione del principio di legalità, dovendosi ogni norma incriminatrice leggere, per quanto riguarda l'aspetto punitivo, come se essa contenesse un'eccezione derogativa della sanzione per il caso che la violazione contemplata vada a comporre un reato continuato. Qualora l'aumento della sanzione del reato principale venisse calcolato sulla base della pena qualitativa edittalmente prevista per il reato o i reati satellite, si violerebbe il preciso disposto normativo che prevede un aumento della pena base determinato per la più grave delle violazioni, quella pena cioè prevista per il reato più grave e non mediante aumenti derivati da pene di specie diversa. 13. Sulla base delle considerazioni sinora svolte, è indubbio che, in tema di determinazione della pena ai sensi dell'articolo 81 cod. penumero , deve aversi riguardo alla violazione considerata più grave in astratto e non in concreto Sez. U, numero 15 del 26/11/1997, Varnelli, cit. Sez. U, numero 748 del 12/10/1993, Cassata, cit, Sez. U, numero 4901 del 27/03/1992, Cardarilli, cit. , sicché, allorché occorra individuare il reato più grave, deve farsi riferimento alla pena edittale, ovvero alla gravità astratta dei reati per i quali è intervenuta condanna, dandosi rilievo esclusivo alla pena prevista dalla legge per ciascun reato, senza che possano venire in rilievo anche gli indici di determinazione della pena di cui all'articolo 133 cod. penumero che possono contribuire alla determinazione di quella da infliggere in concreto cfr. Sez. U, numero 4901 del 27/03/1992, Cardarilli, cit. che, per prima, ha rivisto l'orientamento espresso da Sez. U, numero 9559 del 19/06/1982, Alunni, che proprio a tali indici aveva fatto riferimento . Ciò posto, però, occorre considerare che la nozione di violazione più grave ha una valenza complessa , che muovendo dalla sanzione edittale comminata in astratto per una determinata fattispecie criminosa, implica la valutazione delle sue concrete modalità di manifestazione. Nel sistema del codice penale, infatti, per sanzione edittale deve intendersi la pena prevista in astratto con riferimento al reato contestato e ritenuto in concreto in sentenza, tenendo conto, cioè, delle singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata, salvo che specifiche e tassative disposizioni escludano, a determinati effetti, la rilevanza delle circostanze o di talune di esse. Di conseguenza, una volta che sia stata riconosciuta la sussistenza delle circostanze attenuanti e che sia stato effettuato il doveroso giudizio di bilanciamento delle stesse rispetto alle aggravanti, l'individuazione in astratto della pena edittale non può prescindere dal risultato finale di tale giudizio, dovendosi calcolare nel minimo l'effetto di riduzione per le attenuanti e nel massimo l'aumento per le circostanze aggravanti Sez. U, numero 3286 del 27/11/2008, Chiodi, cit Sez. 1, numero 24838 del 15/06/2010, Di Benedetto, Rv. 248047 Sez. 1, numero 9828 del 05/02/2009, Russo, Rv. 243426 Sez. 4, numero 47144 del 09/10/2007, Ferrentino, Rv. 238352 cfr. Sez. 6, numero 1318 del 12/12/2002, dep. 14/01/2003, Bombasaro, Rv. 223343 Sez. 2, numero 3307 del 20/01/1992, Sorvillo, Rv. 189675 Sez. 1, numero 8238 del 08/04/193, Bombaci, Rv. 160649 . Si deve, pertanto, conclusivamente affermare, ai sensi dell'articolo 173, comma 3, disp. att. cod. proc. penumero il seguente principio di diritto “In tema di reato continuato, la violazione più grave va individuata in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata e all'eventuale giudizio di comparazione fra di esse”. 14. Fermo restando il criterio di individuazione della violazione più grave sopra enunciato, qualora il giudice intenda graduare al livello più basso la dosimetria della pena, non gli è tuttavia consentito applicare una pena-base inferiore al minimo edittale previsto per uno qualsiasi dei reati unificati dall'identità del disegno. Un simile approdo è in linea con i principi costantemente espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di concorso formale e di continuazione fra reati con plurime decisioni i cui enunciati hanno una valenza ermeneutica generalizzata Sez. U, numero 20798 del 24/02/2011, Indelicato, cit. Sez. U, numero 15 del 26/11/1997, Varnelli, cit. Sez. U, numero 4901 del 27/03/1992, Cardarmi, cit. v. anche Corte Cost., ord. numero 11 del 1997 . In tali decisioni si argomenta, infatti, che, in caso di reati unificati dall'identità del disegno criminoso in ordine ai quali debba trovare applicazione una pena di identica specie, ove l'uno di essi sia punito con pena più elevata nel massimo e l'altro con pena più elevata nel minimo, la pena da irrogare in concreto non può essere inferiore alla seconda previsione edittale v. anche Sez. 3, numero 19737 del 14/04/2011, Bessi, Rv. 250335 Sez. 3, numero 9261 del 28/01/2010, Del Prete, Rv. 246236 Sez. 5, numero 12473 del 11/02/2010, Salviani, Rv. 246558 Sez. 2, Sentenza numero 19148 del 19/04/2007, Cannellino, Rv. 236406 Sez. 2, Sentenza numero 10987 del 17/02/2005, Contini, Rv. 231327 Sez. 5, numero 4503 del 15/10/1997, Pellegrino, Rv. 209663 Sez. 6, numero 4087 del 19/02/1997, Bassi, Rv. 207402 . Si deve, pertanto, conclusivamente affermare, ai sensi dell'articolo 173, comma 3, disp. att. cod. proc. penumero il seguente principio di diritto “In caso di concorso di reati puniti con sanzioni omogenee sia nel genere che nella specie per i quali sia riconosciuto il vincolo della continuazione, l'individuazione del concreto trattamento sanzionatorio per il reato ritenuto dal giudice più grave non può comportare l'irrogazione di una pena inferiore nel minimo a quella prevista per uno dei reati-satellite”. 15. Nel caso in esame gli imputati sono chiamati a rispondere dei delitti previsti dagli articolo 416 cod. penumero associazione per delinquere , 474 cod. penumero introduzione nel territorio dello Stato di prodotti con marchi contraffatti , 482-489 cod. penumero falso , 648 cod. penumero ricettazione , 291-bis, comma 1, e 291-ter d.P.R. numero 43 del 1973 e successive modifiche contrabbando di kg. 9.060 di tabacchi esteri , 494 cod. penumero sostituzione di persona . Il reato più grave, avuto riguardo al massimo della sanzione edittale detentiva per esso prevista, è quello di ricettazione articolo 648 cod. penumero . Con riferimento al concorrente reato di contrabbando - prospettato quale reato più grave nel ricorso del Procuratore generale - occorre evidenziare che entrambi gli imputati sono chiamati a rispondere del delitto di contrabbando aggravato ex articolo 291 bis e 291 ter, comma 2, lett. c , d.P.R. numero 43 del 1973, così come modificato dalla legge numero 92 del 2001, trattandosi di fatto connesso con il reato contro la fede pubblica di cui all'articolo 474 cod. penumero . La circostanza aggravante di cui all'articolo 291-ter, comma 2, lett. c , numero 43 del 1973, così come modificato dalla legge numero 92 del 2001, è contestata specificamente nel corpo dell'imputazione elevata nei confronti di entrambi gli imputati che rispetto ad essa hanno avuto modo di esercitare effettivamente e con pienezza le loro difese, sicché la mancata formale indicazione dell'ipotesi di cui al comma 2, lett. c , del predetto articolo 291-ter è irrilevante, non essendosi tradotta in una compressione del diritto garantito dall'articolo 24 Cost. Sul punto, quindi, non possono trovare accoglimento i rilievi svolti, nelle rispettive memorie, dai difensori degli imputati. Tenuto conto dell'epoca di entrata in vigore della legge numero 92 del 2001 pubblicata nella G.U. numero 79 del 4 aprile 2001 e della data di commissione del reato agosto-dicembre 2008 é pacifica l'applicabilità delle modifiche normative contenute nella legge numero 92 del 2001 che ha introdotto nuove più sfavorevoli previsioni penali. Il Procuratore generale ricorrente, pur facendo espresso riferimento alla contestazione del fatto contenuta nel capo d'imputazione contrabbando di kg. 9.060 di tabacchi lavorati esteri, connesso con un delitto contro la fede pubblica , nell'ambito delle argomentazioni sviluppate in ordine ai criteri di individuazione della violazione più grave in tema di reato continuato e alla conseguente dosimetria della pena, ha omesso di prendere in specifica considerazione l'ipotesi aggravata di cui all'articolo 291-ter, comma 2, lett. c , d.P.R. numero 43 del 1973, così come modificato dalla legge numero 92 del 2001 sanzionata con la reclusione da tre a sette anni e con la multa di venticinque Euro per ogni grammo convenzionale di prodotto , limitandosi a richiamare erroneamente la sola disposizione di cui all'articolo 291-bis punita con la pena della reclusione da due a cinque anni e con la multa di cinque Euro per ogni grammo convenzionale di prodotto superiore ai dieci chilogrammi ex articolo 39-quinquies d.lgs. numero 58 del 2010 . 16. Le richieste di applicazione concordata della pena avanzate per iscritto dagli imputati, cui il pubblico ministero ha prestato il suo consenso cfr. verbale di udienza e che sono state recepite dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ancona con la sentenza pronunziata il 16 febbraio 2011 ex articolo 444 cod. proc. penumero , prevedevano il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche da dichiarare prevalenti sulle contestate aggravanti. Il provvedimento impugnato non ha precisato i reati in relazione ai quali sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche. Peraltro, in adesione all'orientamento espresso da queste Sezioni Unite e condiviso dal Collegio Sez. U, numero 2780 del 24/01/1996, Panigoni, cit. in senso conforme Sez. 6, numero 12414 dell'08/03/ 2011, V., Rv 249646 Sez. I, numero 37108 del 20/09/2002, Peddio, Rv 222528 , è da ritenere che, in presenza di più reati uniti tra loro con il vincolo della continuazione, se il giudice non ha espressamente indicato le imputazioni in relazione alle quali sono state riconosciute le circostanze attenuanti generiche, queste ultime debbono intendersi riferite, sulla base di una vantazione globale del complesso dei fatti funzionale ad accertare aspetti fondamentali ai fini del complessivo trattamento sanzionatorio quali la capacità a delinquere, l'intensità del dolo, la condotta del reo antecedente, contemporanea e susseguente al singolo fatto, etc. e in assenza di specifici elementi di segno contrario, a tutti i reati in contestazione per il principio del favor rei e tenuto conto della natura stessa di tali circostanze, basate su considerazioni attinenti alla personalità dell'imputato. Di conseguenza le circostanze attenuanti generiche devono, nella concreta fattispecie sottoposta all'esame di questa Corte, intendersi riconosciute anche con riguardo al delitto di contrabbando aggravato, in quanto, per espressa previsione normativa articolo 291-ter, comma 3, d.P.R. numero 43 del 1973 così come modificato dalla legge numero 92 del 2001 , la circostanza aggravante di cui all'articolo 291-ter, comma 2, lett. e , non è sottratta al giudizio di bilanciamento articolo 69 cod. penumero con eventuali circostanze attenuanti ritenute sussistenti. Il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulle aggravanti contestate comporta che violazione più grave debba essere considerato il delitto di ricettazione per il quale i limiti massimi della pena della reclusione da due a otto anni sono più elevati rispetto a quelli del reato di contrabbando ex articolo 291-bis d.P.R. numero 43 del 1973, così come modificato dalla legge numero 92 del 2001 da due a cinque anni di reclusione . 17. Sulla base di tali rilievi è evidente che, nel caso di specie, la pena pecuniaria prevista per il più grave delitto di ricettazione multa da Euro 516 ad Euro 10.329 è inferiore a quella minima multa di Euro cinque per ogni grammo convenzionale di prodotto, come definito da ultimo dall'articolo 39-quinquies d. Igs. numero 58 del 2010 , irrogabile per il reato di contrabbando, tenuto conto del quantitativo di kg. 9.060 di tabacchi lavorati esteri oggetto della condotta contestata erroneamente pretermesso nelle memorie difensive , nonché del giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche con l'aggravante di cui all'articolo 291-ter d.P.R. numero 43 del 1973 e successive modifiche. Per quest'ultimo, infatti, la legge stabilisce, oltre alla reclusione, una pena pecuniaria proporzionale in funzione del valore economico dell'oggetto materiale del reato valore della mercé e del danno tributo evaso cagionato dalla condotta. La proporzionalità non incide sulla fattispecie legale, caratterizzata da una struttura essenzialmente unitaria, ma investe soltanto il sistema di commisurazione della pena, tant'è che non è prevista una speciale disciplina sanzionatoria riferita al concorso formale o materiale di reati è di conseguenza esclusa ogni incompatibilità con il regime previsto dall'articolo 81 cod. penumero Sez. U, numero 5690 del 07/02/1981, Viola, cit. . La continuazione è ammessa, quindi, anche nel caso in cui alcuno dei reati sia punito con pene propriamente proporzionali Sez. 3, numero 24719 del 15/05/2001, Gagliardi, Rv. 219102 Sez. 3, numero 5704 del 14/03/1983, Massimino, Rv. 159551 Sez. 3, numero 1393 del 06/12/1982, dep. 16/02/1983, Di Stefano, Rv. 157469 Sez. 3, numero 8304 del 17/06/1981, Azzolini, Rv. 150213 Sez. 3, numero 5270 del 16/03/1979, Patelli, Rv. 142196 . Comparando, quindi, la pena pecuniaria applicabile per il reato di ricettazione da un minimo di 516 Euro ad un massimo di 10.329 Euro e quella proporzionale stabilita dalla legge per il delitto di contrabbando di tabacchi lavorati esteri Euro 5 per ogni grammo di tabacchi lavorati esteri , risulta che, a fronte di una parità del minimo edittale della pena detentiva, vi è, tra i due reati, una sensibile differenza nella pena pecuniaria, considerato che per il delitto di contrabbando articolo 291-bis, comma 1, e 291-ter, comma 2, lett. e , d.P.R. numero 43 del 1973, così come modificato dalla legge numero 92 del 2001 essa, tenuto conto del quantitativo contestato kg. 9.060 non può essere inferiore ad Euro 45.300.000 Euro 5.000 x 9.060 kg. . Né a diversa conclusione si perviene considerando il ragguaglio tra pena pecuniaria e pena detentiva per la differenza tra la pena pecuniaria applicata per il reato più grave e quella maggiore applicabile al reato satellite. 18. Va effettuata anche la verifica dell'osservanza del limite minimo con riferimento ai restanti reati satellite. Relativamente al delitto di cui all'articolo 416 cod. penumero , occorre differenziare le posizioni di C. e Ca. . Al primo è stata contestata e riconosciuta in sentenza l'ipotesi di cui all'articolo 416, comma primo promotore del sodalizio , cod. penumero avuto riguardo al minimo edittale tre anni di reclusione e al giudizio di bilanciamento delle circostanze attenuanti generiche, la pena applicata in concreto è ampiamente superiore al minimo previsto dalla legge. Essendo stata, invece, contestata e riconosciuta nei confronti di Ca. l'ipotesi di cui all'articolo 416, comma secondo, cod. penumero , è indubbio che la pena applicata in concreto per tale reato è ampiamente superiore al minimo edittale un anno di reclusione , tenuto conto della ritenuta sussistenza delle circostanze attenuanti generiche e del relativo giudizio di bilanciamento. Ampiamente rispettati risultano, infine, i minimi edittali previsti per gli ulteriori reati-satellite contestati. In particolare quanto all'articolo 474 cod. penumero poi sostituito dall'articolo 7 legge, numero 99 del 2009 , si rileva che lo stesso, al momento del fatto 2008 , era sanzionato fino a due anni di reclusione e fino ad Euro 2065 di multa e che, dunque, la pena minima era di quindici giorni di reclusione e cinque Euro di multa l'articolo 24 cod. penumero è stato modificato dall'articolo 3, comma 60, legge 15 luglio 2009, numero 94 . 19. Non può farsi ricorso alla procedura di rettificazione articolo 619, comma 2, cod. proc. penumero per applicare d'ufficio, una misura della pena esulante dall'accordo intervenuto, in quanto l'imputato, di fronte ad essa, potrebbe non rinnovare la richiesta, ai sensi dell'articolo 444 cod. proc. penumero , e optare per il rito ordinario Sez. 5, numero 46790 del 25/10/2005, Grifantini, Rv 233033 Sez. 5, numero 40840 del 20/09/2004, Terzetti, Rv 230216 Sez. 3, numero 30581 del 12/06/2001, Santullo, Rv. 220046 Sez., numero 641 del 16/02/1999, Zanon, Rv. 213275 Sez. 1, numero 1571 del 14/03/1995, Panariello, Rv 201163 Sez. 6, numero 2791 del 01/02/1995, Damiano, Rv. 200808 Sez. 6, numero 3462 del 06/11/1990, dep. 23/03/1991, Cracco, Rv 186694 Sez. 1, 19/06/1998, numero 3655, Spalvieri, Rv 211424 Sez. 1, numero 574 del 06/02/1992, Angeloni, Rv 189929 . 20. Per queste ragioni, quindi, s'impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con conseguente trasmissione degli atti al Tribunale di Ancona per il corso ulteriore. Nel giudizio conseguente all'annullamento senza rinvio della sentenza di patteggiamento articolo 444 cod. proc. penumero determinata da illegalità della pena, le parti sono rimesse dinanzi al giudice nelle medesime condizioni in cui si trovavano prima dell'accordo annullato e, pertanto, non è loro preclusa la possibilità di riproporlo, sia pure in termini diversi Sez. U, numero 35738 del 27/05/2010, Calibe, cit. . P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata. Dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Ancona.