Nell’attuale contesto normativo, in cui è prevista l’estensione della copertura assicurativa obbligatoria gestita dall’INAIL anche al danno biologico, le somme erogate dall’Istituto non esauriscono il diritto al risarcimento del danno biologico in capo all’assicurato.
Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 777 del 19 gennaio 2015. Il caso. La Corte d’Appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riconosceva in favore di un lavoratore vittima di un infortunio sul lavoro nell’ambito di un appalto - in aggiunta al danno biologico temporaneo ed al danno morale, già liquidati dal primo Giudice - il risarcimento del danno biologico differenziale e di quello esistenziale, posti solidalmente a carico delle società appaltatrice e subappaltatrice. Contro tale pronuncia, quest’ultima società ricorreva alla Corte di Cassazione articolando vari motivi. L’erogazione dell’INAIL ha natura indennitaria. Con un primo motivo, la ricorrente lamentava come la liquidazione del danno biologico differenziale fosse avvenuta in assenza di alcuna condanna penale relativa all’infortunio ed in mancanza di prove circa l’esistenza di un danno ulteriore rispetto a quello liquidato dall’INAIL. Motivo che tuttavia non viene condiviso dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, rigetta il ricorso. Ritiene infatti la Corte che il d.lgs. numero 38/2000, a mente del quale l’estensione della copertura assicurativa dell’INAIL è estesa anche al danno biologico, non intende fissare in via omnicomprensiva tutti gli aspetti risarcitori di tale danno, bensì definirli ai soli fini dell’assicurazione contro infortuni e malattia professionale. L’erogazione dell’INAIL, prosegue la Corte, risulta quindi strutturata in termini di mero indennizzo, svincolato dalla sussistenza di un illecito, indipendente dall’elemento soggettivo di chi ha realizzato la condotta dannosa e da una sua responsabilità. L’indennizzo ha una funzione sociale autonoma. Ciò è tanto vero, ad avviso della Cassazione, che la rendita INAIL cessa con la morte dell’assicurato risultando esclusa dall’asse ereditario , mentre il diritto al risarcimento – una volta consolidatosi - entra nel patrimonio dell’avente diritto e si trasferisce agli eredi. Inoltre, mentre il risarcimento del danno biologico trova il proprio referente costituzionale nell’articolo 32 Cost., l’indennizzo INAIL è collegato al successivo articolo 38 e risponde alla funzione sociale di garantire mezzi adeguati alle esigenze di vita del lavoratore. Su queste considerazioni la Corte, richiamando il proprio consolidato orientamento Cass. numero 18469/2012 , esclude che le prestazioni erogate dall’Istituto «esauriscano, di per sé ed a priori, il ristoro del danno patito dal lavoratore infortunato o ammalato». L’assenza di responsabilità penale del datore non esclude il diritto ai danni non patrimoniali. Parimenti infondato è inoltre il rilevo della ricorrente circa l’erroneità dell’erogazione di un danno differenziale in mancanza di condanna penale per l’infortunio, nonché in assenza di alcuna prova circa l’esistenza di un danno ulteriore rispetto a quello liquidato dall’INAIL. Ed infatti, secondo il costante orientamento di legittimità, l’esonero del datore dalla responsabilità civile per i danni occorsi al lavoratore infortunato e la limitazione dell’azione risarcitoria di quest’ultimo al danno differenziale nel caso di esclusione di detto esonero per la presenza di responsabilità di rilievo penale , non si riferiscono al danno biologico ed al danno morale, entrambi di natura non patrimoniale ed al cui integrale risarcimento il lavoratore ha diritto qualora sussista una responsabilità datoriale nell’infortunio occorso. Il danno biologico può essere desunto dalle massime di comune esperienza. Con un ulteriore motivo la ricorrente lamentava l’erroneità della pronuncia di secondo grado nella parte in cui aveva liquidato il danno esistenziale prescindendo da allegazioni e prove al riguardo, così di fatto ritenendolo in re ipsa . Motivo che ancora una volta non viene condiviso dalla Cassazione la quale, esaminata la sentenza impugnata, rileva come quest’ultima non abbia affatto ritenuto sussistente il danno in re ipsa , desumendolo invece – sulla base di nozioni di comune esperienza ex articolo 115 c.p.c. – dalla giovane età del ricorrente e dalla gravità delle conseguenze del suo infortunio, tali da comprometterne definitivamente le possibilità di procreazione e di avere una normale vita di relazione.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 26 novembre 2014 – 19 gennaio 2015, numero 777 Presidente Roselli – Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza del 12.5.06 il Tribunale di Torino - per quel che rileva nella presente sede - condannava in solido I.A. e F. , quali soci illimitatamente responsabili della cessata S.numero c. Nuova Egit-Alia, la Oblò S.numero c. di P.M. e P.A. quale società appaltatrice, nonché la Edilponteggi di C.O. S.a.s., quale subappaltatrice, a pagare in favore di A.A.A.A.S. il risarcimento dei danni patiti da costui per infortunio sul lavoro occorsogli il , a seguito del quale aveva riportato un'invalidità dell'85%. Tali danni venivano liquidati in Euro 27.000,00 per danno biologico temporaneo e in Euro 114.204,00 per danno morale. Il primo giudice negava la liquidazione anche del danno biologico differenziale e di quello esistenziale, danni che - invece - venivano riconosciuti dalla Corte d'appello di Torino con sentenza depositata il 16.6.08, che liquidava il primo in Euro 290.367,00 e il secondo in Euro 300.000,00. Per la cassazione di quest'ultima sentenza ricorre C.O. , in proprio e in qualità di liquidatore della Edilponteggi di C.O. S.a.s. in liquidazione, affidandosi a due motivi. A.A.A.A.S. resiste con controricorso. La S.numero c. Nuova Egit-Alia, la Oblò S.numero c. di P.M. e P.A. e costoro personalmente, I.A. e F. , la Nuova Egit-Alia S.numero c, la Aurora Assicurazioni S.p.A. e la Nuova Tirrenia S.p.A., tutti soggetti che hanno partecipato ai gradi di merito, sono rimasti intimati. Motivi della decisione 1- Con il primo motivo il ricorso lamenta violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 13 d.lgs. numero 38/2000 in relazione all'articolo 2059 c.c., per avere l'impugnata sentenza ritenuto liquidabile il danno biologico differenziale pur in assenza di condanna penale per l'infortunio patito dal lavoratore e in assenza di prova specifica di danno ulteriore rispetto a quello coperto dall'INAIL. Il motivo è infondato. Nell'attuale regime, che all'articolo 13 cit. d.lgs. prevede l'estensione della copertura assicurativa obbligatoria gestita dall'INAIL anche al danno biologico, le somme eventualmente erogate dall'istituto non esauriscono il diritto al risarcimento del danno biologico in capo all'assicurato. Invero, lo stesso articolo 13 cit., dopo aver premesso che le disposizioni in esso contenute si pongono nell'ottica della attesa della definizione di carattere generale di danno biologico e dei criteri per la determinazione del relativo risarcimento , definisce il danno biologico solo in via sperimentale e ai soli fini della tutela dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali . Tali puntualizzazioni dimostrano che la prospettiva della norma non è quella di fissare in via generale ed omnicomprensiva gli aspetti risarcitoli del danno biologico, ma solo quella di definire i meri aspetti indennitari agli specifici ed unici fini dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali. Infatti, l'erogazione effettuata dall'INAIL è strutturata in termini di mero indennizzo, indennizzo che, a differenza del risarcimento, è svincolato dalla sussistenza di un illecito contrattuale od aquiliano e, di conseguenza, può essere disposto anche a prescindere dall'elemento soggettivo di chi ha realizzato la condotta dannosa e da una sua responsabilità. Si tenga altresì presente che, anche riguardo al consolidamento degli effetti patrimoniali in capo all'avente diritto, l'indennizzo INAIL si struttura in modo diverso da un risarcimento del danno, dal momento che la rendita cessa con la morte del lavoratore e non passa nell'asse ereditario , mentre il diritto al risarcimento, una volta consolidatosi, entra a far parte del patrimonio dell'avente diritto e si trasferisce agli eredi come del resto si era ritenuto in giurisprudenza anche nell'ipotesi di lesioni che avessero determinato la morte del danneggiato solo in un secondo momento . Sempre a conferma delle notevoli divergenze strutturali tra l'indennizzo erogato dall'INAIL e il risarcimento del danno biologico, si consideri altresì che mentre quest'ultimo trova titolo nell'articolo 32 Cost., l'indennizzo INAIL è invece collegato all'articolo 38 Cost. e risponde alla funzione sociale di garantire mezzi adeguati alle esigenze di vita del lavoratore. In breve, la differenza strutturale e funzionale tra l'erogazione INAIL ex articolo 13 cit. e il risarcimento del danno biologico preclude di poter ritenere che le somme eventualmente a tale titolo versate dall'istituto assicuratore possano considerarsi integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno biologico in capo al soggetto infortunato od ammalato, nel senso che esse devono semplicemente detrarsi dal totale del risarcimento spettante al lavoratore. Ritenere il contrario significherebbe attribuire al cit. articolo 13 la finalità non già di apprestare un arricchimento di tutela in favore del lavoratore ma, al contrario, un suo secco situazione anteriore come formatasi in virtù di giurisprudenza ormai consolidata e un trattamento deteriore - quanto al danno biologico - del lavoratore danneggiato rispetto al danneggiato non lavoratore. Ulteriore conferma del fatto che il cit. articolo 13 d.lgs. numero 38/2000 non possa integrare una limitazione di tutela del lavoratore danneggiato, ma debba, anzi, costituire il contrario, si evince dalla giurisprudenza della Corte cost. che, fin dalla sentenza numero 87/91, pur dichiarando inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli articolo 2, 3 e 74 d.P.R. 30.6.65 numero 1124, in riferimento agli articolo 3, 32 co. 1, 35 co. 1 e 38 co. 2 Cost., sollevata in ragione della mancata indennizzabilità del danno biologico da parte dell'INAIL, ebbe tuttavia a rilevare che indubbiamente, l'esclusione dell'intervento pubblico per la riparazione del danno alla salute patito dal lavoratore in conseguenza di eventi connessi alla propria attività lavorativa non può dirsi in sintonia con la garanzia della salute come diritto fondamentale dell'individuo e interesse della collettività articolo 32 Cost. e, ad un tempo, con la tutela privilegiata che la Carta costituzionale riconosce al lavoro come valore fondante della nostra forma di Stato articolo 1, primo comma, 4, 35 e 38 Cost. , nel quadro dei più generali principi di solidarietà articolo 2 Cost. e di eguaglianza, anche sostanziale articolo 3 Cost. . È vero che il danno biologico, in sé considerato, deve ritenersi risarcibile da parte del datore di lavoro secondo le regole che governano la responsabilità civile di quest'ultimo. Tuttavia, le stesse ragioni, che hanno indotto a giudicare non soddisfacente la tutela ordinaria e ad introdurre un sistema di assicurazione sociale obbligatoria contro il rischio per il lavoratore di infortuni e malattie professionali capaci di incidere sulla sua attitudine al lavoro, inducono a ritenere che anche il rischio della menomazione dell'integrità psico-fisica del lavoratore medesimo, prodottasi nello svolgimento e a causa delle sue mansioni, debba per se stessa, e indipendentemente dalle sue conseguenze ulteriori, godere di una garanzia differenziata e più intensa, che consenta, mediante apposite modalità sostanziali e procedurali, quella effettiva, tempestiva ed automatica riparazione del danno che la disciplina comune non è in grado di apprestare . In definitiva, anche alla stregua di una doverosa interpretazione costituzionalmente orientata, deve escludersi che le prestazioni eventualmente erogate dall'INAIL esauriscano di per sé e a priori il ristoro del danno patito dal lavoratore infortunato od ammalato v. altresì, in motivazione, Cass. numero 18469/12 . Obietta parte ricorrente che il risarcimento del danno differenziale è stato accordato pur in assenza di condanna penale per l'infortunio patito dal lavoratore e in assenza di prova specifica di danno ulteriore rispetto a quello coperto dall'INAIL. Ma a tale riguardo va rilevato che, per costante giurisprudenza, l'esonero del datore di lavoro dalla responsabilità civile per i danni occorsi al lavoratore infortunato e la limitazione dell'azione risarcitoria di quest'ultimo al cosiddetto danno differenziale nel caso di esclusione di detto esonero per la presenza di responsabilità di rilievo penale, a norma dell'articolo 10 d.P.R. numero 1124 del 1965 e delle inerenti pronunce della Corte cost., riguarda l'ambito della copertura assicurativa, cioè il danno patrimoniale collegato alla riduzione della capacità lavorativa generica. Invece - in armonia con i principi ricavabili dalle sentenze della Corte cost. numero 356 e 485 del 1991 e con il conseguente orientamento della giurisprudenza ordinaria sui limiti della surroga dell'assicuratore - tale esonero non riguarda il danno alla salute o biologico e il danno morale di cui all'articolo 2059 c.c., entrambi di natura non patrimoniale, al cui integrale risarcimento il lavoratore ha diritto ove sussistano i presupposti della relativa responsabilità del datore di lavoro cfr., ex aliis, Cass. numero 8182/2001 e successive conformi . 2- Con il secondo motivo il ricorso denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 2059 c.c., nella parte in cui la Corte territoriale ha liquidato il danno esistenziale a prescindere da allegazioni e prova a riguardo, ritenendolo in re ipsa . Il motivo non è conferente perché, in realtà, l'impugnata sentenza non ha ritenuto il danno in re ipsa , ma in sostanza lo ha desunto ex articolo 115 cpv. c.p.c. da massime di comune esperienza, considerata la giovane età dell'odierno controricorrente che aveva appena 25 anni al momento dell'infortunio per cui è causa, che lo ha ridotto su una sedia a rotelle e la gravità delle conseguenze del non poter più avere capacità di procreazione e di vita sessuale, di fare sport e/o altre analoghe attività e, in sintesi, di avere una normale vita di relazione così come gli altri suoi coetanei. È appena il caso di ricordare che l'uso di massime di comune esperienza a fini di riconoscimento del danno non patrimoniale è perfettamente conforme all'insegnamento di Cass. S.U. numero 26972/08. È pur vero che il danno esistenziale non è un'autonoma posta di danno, ma solo un criterio di liquidazione della più generale posta di danno non patrimoniale risarcibile ex articolo 2059 c.c., ma il sostanziale tenore della motivazione della sentenza impugnata dimostra che in tal senso l'ha inteso considerare la Corte di merito. 3- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi. Le spese del giudizio di legittimità dovute al controricorrente, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Non è dovuta pronuncia sulle spese nei confronti dei soggetti rimasti intimati. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente a pagare le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge.