La decisione della donna, che fa trovare al marito la valigia sul pianerottolo di casa, è valutabile come reazione ultima alle intollerabili condotte dell’uomo, che ha coltivato costantemente la ‘passione’ dei night club, passione legata, di certo, non al ballo
Praticamente ‘abbonato’ ai ‘night club’, con uscite serali concluse dalla frequentazione di donne da poco conosciute! Comportamento poco aderente al prototipo del marito ideale ciò legittima l’addebito all’uomo della separazione personale dalla moglie. Cassazione, sentenza numero 16170, sez. I Civile, depositata oggi . Night club. Nessun dubbio per i giudici di merito la ‘rottura’ tra i coniugi è stata causata dalla condotta dell’uomo. A margine, poi, viene assegnata «la casa coniugale alla moglie, con obbligo di ospitarvi i figli della coppia», e vengono anche fissati un «assegno di mantenimento, pari a 175 euro mensili» a favore della donna e un «assegno di 425 euro mensili» a favore della figlia «maggiorenne ma non autosufficiente». Nodo gordiano, però, è soprattutto l’«addebito della separazione» su questo punto, per i giudici del merito è evidente il «nesso di causalità tra il comportamento» dell’uomo e «l’intollerabilità della convivenza». E a questo proposito vengono poste in evidenza «circostanze» ritenute decisive «sia dopo la separazione di fatto che in costanza di convivenza» l’uomo «era un assiduo frequentatore di night club» «tale frequentazione non era occasionale, ma quasi costante e diuturna nell’estate, in costanza di matrimonio» «la frequentazione non poteva essere riferita ad una passione per il ballo», poiché l’uomo «era stato visto almeno due volte all’uscita di un ‘night’ a tarda notte, abbracciato a donne diverse dalla moglie». Cacciato. Decisiva, quindi, la ricostruzione del rapporto tra moglie e marito, rapporto deteriorato dalle pessime abitudini dell’uomo. E questa visione viene ora ‘cristallizzata’ in Cassazione, laddove le obiezioni proposte dall’uomo si rilevano assolutamente inutili. Ciò perché «la statuizione di addebito della separazione al marito risulta fondata», in maniera corretta, sulla «valutazione del complesso delle risultanze istruttorie». Anche l’episodio di cui si è lamentato l’uomo, peraltro, ossia il fatto che, un giorno, egli si sia ritrovato la «valigia preparatagli dalla moglie e lasciata sul pianerottolo della casa coniugale», non è valutabile come comportamento scorretto della moglie. Perché la «cacciata da casa del marito» – con «relative scenate della moglie» – è il logico «epilogo della travagliata vita» di coppia, quindi è valutabile come «reazione più che comprensibile» della donna «ad un comportamento arrogante, irriguardoso e gravemente vessatorio» dell’uomo. Tale azione estrema della donna – capace, precedentemente, di provare ogni strada per «prolungare la convivenza, nella speranza, vana, di un ravvedimento del marito» – è valutabile, piuttosto, come difesa della «dignità familiare, offesa gravemente dai comportamenti del coniuge». Quindi, tirando le somme, l’«intollerabilità della convivenza» era frutto delle «violazioni degli obblighi compiute dal marito».
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 20 marzo – 15 luglio 2014, numero 16170 Presidente Forte – Relatore Giancola Svolgimento del processo Con sentenza numero 194 del 19.07.2006-17.03.2007 il Tribunale di Macerata pronunciava la separazione personale tra i coniugi D.G. ricorrente nel 2001 e R.A.B., addebitandola al marito assegnava, inoltre, la casa coniugale alla moglie, con obbligo di ospitarvi i figli della coppia, ed imponeva al G. l'assegno di mantenimento per la moglie pari a € 175,00 mensili e l'assegno per la figlia M.E., maggiorenne ma non autosufficiente, di € 425,00 mensili, condannando il ricorrente alle spese di causa. Con sentenza del 3-12.12.2008 la Corte di appello di Ancona, nel contraddittorio delle parti, respingeva il gravame del G. La Corte territoriale premetteva che l'appellante aveva censurato la pronuncia di addebito a sé della separazione, il rigetto della sua domanda di addebito invece alla moglie nonché l'assegno posto a suo carico per il mantenimento della stessa. In particolare in ordine all'addebito si era doluto che il Tribunale avesse fondato il suo convincimento esclusivamente su deposizioni testimoniali, senza accertare la sussistenza del nesso causale tra le asserite violazioni degli obblighi matrimoniali, affermate dai testi, e l' intollerabilità della convivenza. In ordine al mancato addebito alla moglie aveva lamentato che non fosse stato valorizzato quanto emergente dalla espletata istruttoria in ordine al suo allontanamento forzoso dalla casa coniugale da lei attuato ed all'atteggiamento minaccioso dalla stessa sempre serbato. Infine, in ordine all'assegno a favore della moglie denunciava la erroneità della motivazione assunta dal Tribunale fondata sull'affermazione che la B. percepiva solo redditi occasionali nonché la mancata valutazione della circostanza che la stessa aveva ereditato dalla propria madre ben tre unità immobiliari e la valorizzazione invece di presunti suoi redditi derivanti da partecipazione societaria fondati sulla testimonianza di S.C. che, in proposito, aveva affermato solo di averlo visto partire con dei campioni di calzature. Tanto anche premesso la Corte distrettuale riteneva che tutti i motivi di gravame formulati dal G. fossero privi di fondamento. Rilevava che il Tribunale era correttamente pervenuto alla statuizione di addebito della separazione al marito, sulla base di consolidati principi giurisprudenziali e delle stesse risultanze probatorie acquisite in primo grado. In proposito appariva ampiamente raggiunta la prova della sussistenza del nesso di causalità tra il comportamento del G. e l'intollerabilità della convivenza In primo luogo la dimostrazione che proprio la B. avesse fatto quanto era in suo potere per cercare di prolungare la convivenza, risultava dalla stessa proposizione da parte della stessa e prima del deposito del ricorso in esame, di due analoghe istanze poi non coltivate nella speranza vana di un ravvedimento del marito. Né tale comportamento, ai limiti dell'autolesionismo, poteva essere assunto a giustificazione del comportamento non semplicemente indifferente del marito nei confronti della famiglia, bensì, se mai, come tentativo di ripristinare una affectio maritalis che il G. da tempo aveva dismessa. In ordine poi al comportamento del G. valevano le seguenti circostanze riferite dai testi escussi 1. sia dopo la separazione di fatto che in costanza di convivenza era un assiduo frequentatore di Night Club 2. tale frequentazione non era occasionale e limitata alle giornate festive o prefestive, ma quasi costante e diuturna nell'estate in costanza matrimonio 3. la frequentazione non poteva essere riferita ad una passione per il ballo, dal momento che l'appellante era stato visto almeno due volte all'uscita di un night a tarda notte abbracciato a donne diverse dalla moglie 4. in una occasione il G. aveva colpito con un pugno al volto la moglie, come dal medesimo confermato 5. nonostante avesse spese mensili non indifferenti anche per regali ad estranei al nucleo familiare, era particolarmente parsimonioso in casa con la moglie come confermato testimonialmente in ordine alle elargizioni fatte da terzi. Venendo quindi a valutare l'episodio di cui si era doluto l'appellante valigia preparatagli dalla moglie e lasciata sul pianerottolo della casa coniugale questo non appariva che l'epilogo della travagliata vita coniugale la cacciata da casa del marito e le scenate della moglie apparivano non già atteggiamenti eccessivi della stessa ma reazione più che comprensibile ad un comportamento arrogante, irriguardoso e gravemente vessatorio del coniuge nell'evidente intenzione di difendere la dignità familiare offesa gravemente dai comportamenti del coniuge sopra precisati. Pertanto era sicuramente alle violazioni degli obblighi compiute dal marito che doveva riferirsi un'intollerabilità della convivenza, di cui le stesse reazioni della B. costituivano normale conseguenza. Le condizioni reddituali dell'appellante, poi, apparivano sicuramente buone in relazione alla disponibilità mostrata nel corrispondere personalmente l'assegno di mantenimento per la figlia non ancora autosufficiente, all'attività di agente di commercio sempre espletata dopo il lontano fallimento della impresa che a lui faceva capo ed alla disponibilità di auto di grossa cilindrata sicuramente costose anche se sempre intestate, prudenzialmente, a terze persone. La mancanza di redditi derivanti da attività mai espletata dalla B. dopo il matrimonio e la evidente sperequazione esistente tra i coniugi legittimava quindi la corresponsione della somma fissata dal primo giudice, invero, modesta. Avverso questa sentenza il G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi e notificato il 19-21.01.2010 alla B., che non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione A sostegno del ricorso il G. denunzia 1. Violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli articolo 115 - 244 e segg. c.p.c. in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. in merito alla statuizione di addebito a lui della separazione. Formula conclusivamente il seguente quesito di diritto, ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis «La deposizione testimoniale de relato, di per sé sola, priva di elementi di riscontro di altre circostanze aventi un'adeguata consistenza e, come tali irrilevanti e inconferenti, è idonea ad assurgere a valore probatorio?». Il motivo è inammissibile per inammissibilità del quesito generico ed assertivo comunque non aderente al contenuto della sentenza, dalla quale la statuizione di addebito della separazione al marito risulta irreprensibilmente fondata sulla valutazione dei complesso delle risultanze istruttorie, costituite anche da deposizioni su circostanze percepite direttamente dai testi, ammissioni del medesimo ricorrente e riscontri documentali. 2. Violazione dell'articolo 214 c.p.c. in relazione all'articolo 360. comma 1 numero 5 c.p.c . Di nuovo in riferimento all'addebito a sé della separazione, il G. sostiene che la Corte d'Appello ha fondato la propria decisione su documenti disconosciuti e mai verificati inerenti al mantenimento della famiglia. Formula il seguente quesito di diritto «La scrittura privata tempestivamente disconosciuta nel primo atto difensivo successivo alla sua produzione può avere rilievo probatorio nel processo se la parte che l'ha prodotta non ne ha chiesto la verificazione al fine di ottenerne il riconoscimento?». Il motivo è inammissibile per genericità del quesito, meramente esplorativo, e comunque per difetto di autosufficienza e per non pertinenza rispetto al decisum, muto in ordine a scritture private con disconosciuta sottoscrizione del G. 3. Omessa e insufficiente motivazione ex articolo 360 comma 1 numero 5 c.p.c. in relazione alle risultanze istruttorie prove testimoniali poste a fondamento della pronuncia di addebito a carico del G Il motivo è inammissibile per mancanza della sintesi dei rilievi svolti, prescritta dall'articolo 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis. 4. Violazione dell'articolo 151 comma 2 c.c. in relazione all'articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c. con riferimento al rigetto della domanda del G. di addebito della separazione alla moglie. Formula il seguente quesito di diritto «Le violazioni nell'ambito familiare di norme morali e sociali nonché di regole di condotta ed imperative, quali l'aggressione all'integrità morale e sociale dell'altro coniuge, anche se determinate dal comportamento tenuto da quest'ultimo, possono essere valutate dal Giudice come autonome violazioni dei doveri derivanti dal matrimonio e cause concorrenti del deterioramento del rapporto coniugale, con conseguente accoglimento della richiesta di addebito?». Il motivo è inammissibile per genericità del quesito, non pertinente rispetto al decisum per il quale soltanto il G. si era reso autore di violenza fisica da lui stesso ammessa, in danno della moglie e, dunque, di un contegno sottratto a comparazione con quelli dell'altro coniuge di non pari gravità e di per sé sufficiente a legittimare anche l'addebito. 5. Violazione e falsa applicazione dell' articolo 156 comma 1 e 2 c.c. e dell' articolo 143 u.c. c.c. in relazione all'articolo 360 comma 1 numero 3 c.p.c. - insufficiente motivazione ex articolo 360 1° comma numero 5 c.p.c. in relazione al reddito in capo al G . Formula i seguenti quesiti di diritto «a Nel procedimento di separazione tra coniugi, il possesso di beni immobili unitamente alla percezione dei relativi canoni di locazione da parte del coniuge cui non è stata addebitata la separazione possono costituire redditi adeguati al fine di escludere il suo diritto al mantenimento o, comunque, possono costituire un reddito del quale, unitamente all'accertata capacità lavorativa del coniuge percipiente, il Giudice deve tener conto nella determinazione dell'assegno di mantenimento? b Nel procedimento di separazione tra coniugi, l'accertata modesta entità del reddito goduto da un coniuge è di per sè ostativa all'attribuzione di un assegno di mantenimento in favore dell'altro coniuge che sia titolare di un reddito derivante dal patrimonio immobiliare e che disponga di accertate capacità lavorative e professionali?». Il motivo è inammissibile sia per difetto di specificità dei quesiti, privi anche di richiami ad emersi dati oggettivi nonché di correlazione con i profili in concreto valutati dai giudici di merito, e sia per mancanza di sintesi delle censure inerenti alla motivazione dell'impugnata pronuncia. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto. Non deve statuirsi sulle spese dei giudizio di legittimità, dato il mancato svolgimento di attività difensiva da parte della B. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'articolo 52, comma 5, del D.Lgs. numero 196 del 2003, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.