Mediatori tipici ed atipici: figure diverse ma alle quali applicare la medesima disciplina?

Saranno le Sezioni Unite della Cassazione a decidere l’equiparazione o meno tra mediatori tipici ed atipici quanto al regime delle condizioni per l’insorgere del diritto alla provvigione.

E’ quanto emerso dalla sentenza numero 22558, depositata il 4 novembre 2015. Il fatto. La titolare di uno studio tecnico industriale operante nei settori dei macchinari per cantiere ha proposto ricorso in Cassazione contro, contestando l’interpretazione degli articolo 1754 c.c. e 2, comma 4, l. numero 39/89 conducente alla equiparazione – per il regime delle condizioni per l’insorgere del diritto alla provvigione – tra mediatori tipici ed atipici. Due figure diverse mediatore e procacciatore d’affari. In particolare la ricorrente ha contestato che la norma che rendeva nulla la pattuizione di una provvigione se il soggetto che si poneva come mediatore non fosse stato iscritto nell’elenco di cui all’articolo 2 della l. numero 39/89, si possa applicare ai c.d. procacciatori di affari o rientranti nella categoria dei mediatori atipici atteso che questi, essendo stretti da un rapporto di mandato con il cliente, non si porrebbero in posizione di terzietà tra i soggetti intermediati e, dunque, non vi sarebbe ragione di estendere agli stessi le stesse sanzioni o gli stessi precetti normativi. Il contrasto giurisprudenziale. I giudici di legittimità hanno evidenziato un contrasto di orientamenti divergenti sull’argomento. Un primo orientamento sostiene che «la disciplina di cui alla l. numero 39/89 non possa essere applicata alla mediazione tipica, con particolare riferimento al procacciatore di affari, per la differenza tra le due figure, rinvenuta nella posizione di terzietà che assume il mediatore c.d. tipico, a differenza del rapporto che collega il procacciatore al cliente o preponente.». L’altro orientamento afferma che, «pur ferma restando tale diversità, sarebbe pur identificabile un nucleo comune alle due figure, rappresentato dalla interposizione tra più soggetti al fine di metterli in contatto per la conclusione di un affare, tale dunque da spiegare la applicabilità della sanzione della perdita al diritto alla provvigione». La rimessione alle Sezioni Unite. Il Collegio ritiene che, dato la presenta di tale contrasto interpretativo, l’intervento delle Sezioni Unite consentirebbe di «verificare se nella sistematica della legge prevalga l’uno o l’altro degli indicati profili, con la ricaduta sulla sussunzione o meno della figura del procacciatore di affari sotto la disciplina tipica del mediatore, in termini soprattutto contenitivi della libertà di azione del primo di non sottostare alla prescrizioni previste per il secondo». Per tali ragioni, la S.C. rinvia la causa a nuovo ruolo e rimette gli atti al Presidente affinchè valuti l’opportunità di un intervento regolatore del contrasto interpretativo, demandandolo alle Sezioni Unite.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 14 ottobre – 4 novembre 2015, numero 22558 Presidente Bucciante – Relatore Bianchini Fatto e diritto Premesso che 1 - P.L., titolare di uno studio tecnico industriale operante nel settore dei macchinari per cartiere, citò innanzi al Tribunale di Verona la srl Comit, che aveva acquistato, in una vendita fallimentare, l'impianto della cartiera , e che ad ella si era rivolta per reperire acquirenti dei macchinari stessi, chiedendo che fosse condannata a pagarle Euro 120.000 pari alla somma tra provvigione - convenuta nella misura del 6% del prezzo di vendita a terzi, individuati, per il tramite del suo interessamento, nella società australiana Encore Tissue - e l'ulteriore percentuale del 2% per la cessione dei disegni tecnici dei macchinari. La Comit si costituì, opponendosi all'accoglimento della domanda, sia contestando lo svolgimento degli antecedenti storici esposti in citazione, sia eccependo la nullità della pattuizione sulla provvigione, non essendo la P. iscritta nell'elenco dei mediatori fece valere, in via di subordine, l’annullabilità per dolo incidente della ulteriore pattuizione del 2%, assumendo a tal proposito che falsamente la P. avrebbe dichiarato di dover dividere la provvigione con altra società, che avrebbe avuto la disponibilità dei disegni tecnici necessari per lo smontaggio dell'impianto e per la sua commercializzazione, così celando alla controparte di essere già in possesso degli elaborati medesimi. L'adito Tribunale condannò la Comit al pagamento della minor somma di Euro 85.000, da un lato ritenendo inapplicabile la disciplina della nullità degli accordi sulla provvigione se stipulati da mediatore professionale non iscritto all'albo, in quanto la P. avrebbe assunto la funzione di mera procacciatrice di affari dall'altro sostenendo la carenza della prova della stipulazione dell'accordo sull'ulteriore 2%. 2 - Detta decisione fu riformata dalla Corte di Appello di Venezia in base assorbente rilievo della mancata dimostrazione della iscrizione della creditrice all'albo dei mediatori professionali, condizione essenziale per far sorgere il diritto alla provvigione, rilevando - con sintetico riferimento alla sentenza numero 16147/2010 - che tale presupposto sarebbe stato applicabile anche ai procacciatori di affari, quale doveva essere qualificata la P. . 3 - Quest'ultima ha proposto ricorso per la cassazione di tale decisione, facendo valere due motivi il primo dei quali denundante la omessa o insufficiente motivazione sulle ragioni per le quali si sarebbe ritenuta applicabile anche ai mediatori atipici la disciplina normativa elaborata per quelli tipici il secondo a contestazione dell'interpretazione degli articolo 1754 cod. civ. e 2, comma 4 della legge 39/1989 conducente alla equiparazione - per il regime delle condizioni per l'insorgere del diritto alla provvigione - tra mediatori tipici ed atipici. 4 - Esaminato il ricorso in sede di VI sezione, il consigliere delegato ha proposto la declaratoria di radicale inammissibilità - per le modalità di redazione del ricorso, composto da un richiamo integrale degli atti pregressi- in via gradata ha proposto che venisse dichiarata l’inammissibilità del primo motivo, in quanto non più corrispondente alla nuova formulazione dell’articolo 360, 1 comma numero 5 cpc - e l'infondatezza del secondo. 5 - A seguito di deposito di memorie e di difesa orale, la stessa Corte ha rinviato l'esame del ricorso alla seconda sezione in pubblica udienza, non ravvisando l'evidente infondatezza o fondatezza del ricorso stesso ritenuto che I - La redazione del ricorso non è sussumibile nella tipologia della inammissibilità elaborata da questa Corte laddove parte ricorrente, riproduca integralmente le sentenze, gli atti ed i documenti dei gradi di merito, operando una mera giustapposizione con semplici proposizioni di collegamento vedi, ex multis Cass. 17447/2012 6279/2011 Cass. S.U. 19255/2010 , in quanto, nel caso in esame, l'integrale riproduzione di atti ha riguardato solo le sentenze di 1 e 2 grado, per il resto essendo stato redatto il ricorso sulla base di specifici motivi, congruamente argomentati. II - Non è fondato il primo motivo di ricorso in quanto trova applicazione - ratione temporis - la nuova formulazione dell'articolo 360, 1 comma numero 5 cpc, che limita la censurabilità della motivazione solo allorquando si assista ad un omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio e che è stato oggetto di discussione tra le parti ne deriva che la non condivisione da parte della ricorrente dell'interpretazione delle norme di riferimento su cui vedi infra sinteticamente giustificata dalla Corte del merito, non può rientrare nello schema legale del nuovo vizio di motivazione, giacché la Corte territoriale ha preso posizione su una certa tesi giuridica ed ha anche giustificato tale opzione interpretativa con il richiamo ad una sentenza di legittimità. III - Con il secondo motivo - come esposto nella narrativa del fatto processuale - la ricorrente ha contestato che la norma che rendeva nulla la pattuizione di una provvigione se il soggetto che si poneva come mediatore - e quindi in posizione di terzietà tra le parti messe in contatto - non fosse stato iscritto nell'elenco di cui all'articolo 2 della legge numero 39/1989, si possa applicare anche ai c.d. procacciatori di affari o rientranti nella categoria dei mediatori atipici atteso che questi, essendo stretti da un rapporto di mandato con il cliente, non si porrebbero in posizione di terzietà tra i soggetti intermediati e, dunque, non vi sarebbe ragione di estendere agli stessi le stesse sanzioni o gli stessi precetti normativi. IV - Osserva al riguardo il Collegio che sull'argomento si riscontrano due orientamenti divergenti nella giurisprudenza della Corte da un lato si sostiene che la disciplina di cui alla legge 39/1989 - e, in tempi più recenti, quella ricavabile dal decreto legislativo n 59 del 2010 c.d. decreto Bersani bis - non possa essere applicata alla mediazione atipica, con particolar riferimento al procacciamento di affari, per la ontologica differenza tra le due figure, rinvenuta nella posizione di terzietà che assume il mediatore c.d. tipico, a differenza del rapporto che collega il procacciatore al cliente o preponente vedi Cass. 19066/2006 Cass. 7332/2009 dall'altro si afferma che, pur ferma restando tale diversità, sarebbe pur sempre identificabile un nucleo comune alle due figure, rappresentato dalla interposizione tra più soggetti al fine di metterli in contatto per la conclusione di un affare Cass. 4422/2009 Cass. 16147/2010 - citata dalla sentenza di secondo grado- Cass. 15473/2011 Cass. 762/2014 , tale dunque da spiegare la applicabilità della sanzione della perdita al diritto alla provvigione. IV.a. - Ad avviso del Collegio le suddette opzioni ermeneutiche non sono facilmente risolvibili in termini di scelta tra l'una e l'altra in quanto tendono a soddisfare finalità diverse, parimenti apprezzabili il più risalente indirizzo appare sostanzialmente diretto a preservare la stretta interpretazione del dato normativo, al non dichiarato ma evidente fine di non lasciar senza compenso un'attività che pur sempre è stata svolta, quanto meno a beneficio del preponente il più recente approdo interpretativo tende invece ad attrarre nell'orbita della mediazione tipica anche figure ad essa eccentriche, per combattere la piaga dell'abusivismo, soprattutto da parte di persone moralmente e professionalmente inidonee vedi segnatamente Cass. 13184/2007 . IV.a.1 - La individuazione della prevalenza degli interessi involti - e quindi interessati dall'intervento normativo - nelle ipotesi di procacciamento di affari incide dunque sull'applicazione analogica della disciplina di settore, con particolar riferimento alla tematica della invalidità del contratto di mediazione stipulato con un mediatore abusivo, che impedirebbe il sorgere del diritto al compenso, atteso che i propugnatori dell'esistenza di essa, ne trovano il fondamento nell'incapacità giuridica dell'intermediario o nella contrarietà del suo agire rispetto alla norma imperativa secondo altro orientamento, invece, la mancata iscrizione farebbe soltanto venire meno il diritto a percepire la provvigione, mentre - sotto il vigore della legge 39/1989 – la nullità del contratto si avrebbe solo ex articolo 8, comma 2, l. numero 39, cit., nei casi di recidiva e conseguente applicazione dell'articolo 2231 c.c IV.a.2 - L'auspicato intervento regolatore delle Sezioni Unite consentirebbe, ad avviso del Collegio, di verificare se nella sistematica della legge prevalga l'uno o l'altro degli indicati profili, con ricaduta sulla sussunzione o meno della figura del procacciatore di affari sotto la disciplina tipica del mediatore, in termini soprattutto contenitivi della libertà di azione del primo di non sottostare alle prescrizioni previste per il secondo. IV.a.3 - Né va sottostimato il fatto che l'esito che interpretazione nomofilattica che si sollecita alle Sezioni Unite, potrebbe altresì sciogliere i dubbi circa il pericolo di compressione del diritto del libero procacciatore di affari ad ottenere il compenso - come visto, anche solo uno latere - per il lavoro svolto, quale affermato in sede Eurounitaria per l'agente di commercio rispetto al principio della libertà di stabilimento e della libera prestazione di servizi - ex direttiva del Consiglio CEE numero 86/653/1986 - non apparendo del tutto appagante, proprio con riferimento alla contiguità delle cause in concreto realizzate nei rispettivi ambiti negoziali del mediatore e del procacciatore di affari , l'interpretazione di legittimità che, avuto riguardo alla sanzione della nullità o della inidoneità a produrre effetti sul sinallagma del negozio posto in essere dal soggetto agente in mediazione sottolinea l'inesistenza di un contrasto con la citata Direttiva, argomentando che la stessa non osterebbe a che una normativa nazionale che subordini la validità di un contratto di agenzia all'iscrizione dell'agente di commercio in apposito albo, non si rivolgerebbe al mediatore, il quale agisce in posizione di terzietà rispetto ai contraenti posti in contatto, a tale stregua differenziandosi dall'agente di commercio, che attua invece una collaborazione abituale e professionale con altro imprenditore. Cass. 13184/2007 Cass. 22859/2007 Cass. 7332/2009 . IV.a.4 - Va da sé - e questo, ad avviso del Collegio, costituisce un ulteriore punto di frizione tra le due interpretazioni, forse foriero di una prospettabile terza via - che l'ambito specifico della direttiva Eurounitaria appena indicata affari immobiliari potrebbe lasciare aperta una divergente interpretazione sia in ambito sovranazionale sia in quello nazionale, laddove, come nel campo che ne occupa, si verta in tema di servizi di mediazione per la vendita di aziende o di elementi strutturali delle medesime i macchinali della cartiera fallita, nello specifico . IV.a.5 - L'ulteriore argomento per sollecitare un intervento chiarificatore da parte delle Sezioni Unite viene rinvenuto dal Collegio nel progressivo stabilizzarsi, in sede di legittimità, di un indirizzo che nega, al mediatore non iscritto nei ruoli e quindi, per la ricordata estensione interpretativa, anche al procacciatore di affari - l'azione di ingiustificato arricchimento, sulla base della ritenuta natura sanzionatoria della previsione di cui all'articolo 8 della legge 39/1989 vedi Cass. 4635/2002 Cass. 10205/2011 , soluzione questa conforme all'applicazione dei principi sul riscontro dei necessari presupposti dell'azione ex articolo 2041 cod. civ. ma foriera di distorsioni applicative. P.Q.M. La Corte rinvia la causa a nuovo ruolo e rimette gli atti al sig. Primo Presidente affinché valuti l'opportunità di un intervento regolatore del contrasto interpretativo specificato in motivazione, demandandolo alle Sezioni Unite. Si comunichi.