Maltrattamenti, stalking, femminicidio quale effetto dell’incapacità relazionale

L’incontro di studi svoltosi il 17 luglio ad Acireale è stata l’occasione per fare il punto attorno ad una tematica molto varia e “dinamica”, in continua evoluzione normativa e giurisprudenziale, in cui si è alla costante ricerca del corretto bilanciamento tra le esigenze di tutela della vittima e le irrinunciabili istanze garantistiche dell’imputato. Compito dei relatori è stato, appunto, quello di verificare, ciascuno dal proprio punto di vista, nell’ottica dei diversi ruoli processuali accusa, difesa, giudizio il corretto equilibrio di siffatto bilanciamento, senza dimenticare il ruolo imprescindibile dei servizi sociali e assistenziali che possano aiutare lo stalker o il maltrattante in generale, il soggetto che usa violenza a superare il difetto relazionale che è alla nascita del reato.

Il quadro normativo. Il legislatore italiano, dopo una lunga attesa, preso atto della indifferibile esigenza politico-criminale di reprimere il fenomeno dello stalking , ha previsto il delitto di atti persecutori, descritto dall’articolo 612 bis c.p., introdotto dall’articolo 7 d.l. numero 11/2009 convertito in legge numero 38/2009 , completando la tutela con l’ammonimento del Questore e il divieto di avvicinamento, collocato all’articolo 282 ter c.p.p., misura cautelare ritagliata per arginare i fatti di stalking . Inoltre, nella legge 1 ottobre 2012, numero 172 di ratifica della Convenzione sulla protezione dei minori dallo sfruttamento e dagli abusi sessuali, firmata a Lanzarote il 25 ottobre 2007 , il legislatore, nel predisporre i necessari adattamenti dell’ordinamento nazionale imposti dagli obblighi internazionali assunti in sede pattizia, ha apportato alcune modifiche alla fattispecie incriminatrice dei maltrattamenti in famiglia descritta dall’articolo 572 c.p., raddoppiando i termini di prescrizione, e sostituendo l’articolo 572 c.p. novellando la rubrica, ora intitolata “Maltrattamenti contro famigliari o conviventi” aggiungendo nel novero dei soggetti passivi del reato i conviventi, per l’appunto, così recependo un consolidato orientamento giurisprudenziale aumentando i livelli edittali di pena da due a sei anni, precedentemente da uno a sei e trasformando il fatto commesso nei confronti dell’infraquattordicenne da ipotesi base a circostanza aggravante a effetto ordinario. Notevoli le modifiche apportate anche dal d.l. 14 agosto 2013, convertito in legge 15 ottobre 2013, numero 119, con il quale si sono adempiuti obblighi comunitari sanciti dalla Direttiva 2012/29/UE che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato e che sostituisce la previgente decisione quadro 2001/220/GAI , e quelli previsti dalla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica 11 maggio 2011 , ratificata dal nostro Paese con legge del 27 giugno 2013, numero 77. Da ultimo il decreto Legislativo 11 febbraio 2015, numero 9, ha dato attuazione della direttiva 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011 sull’ordine di protezione europeo. L’ammonimento. Introdotto dall’articolo 8 d.l. numero 11/2009, consente alla persona offesa di stalking di chiedere al Questore che ammonisca l’autore delle condotte persecutorie, pena l’aumento della pena per il soggetto già ammonito comma 3 e la perseguibilità d’ufficio comma 4 . L’ammonimento è stato poi esteso dal d.l. numero 93/13 ai reati sentinella dei maltrattamenti percosse e lesioni personali aggravate, consumate o tentate, nell’ambito della violenza domestica , attivabile anche da una segnalazione non anonima alle forze dell’ordine. Si tratta di uno strumento efficace che, come dimostrano i dati statistici, porta sovente alla cessazione delle condotte violente. Devono però essere assicurate al prevenuto le garanzie procedimentali 1 avviso del procedimento di ammonimento all’accusato di stalking con la conseguenza di instaurare un contraddittorio chiedendo anche di essere sentito , a meno che non vi siano ragioni di urgenza previste dall’articolo 7 della l. 241/1990 2 motivazione del provvedimento benché in forma sintetica, richiamando per relationem gli atti istruttori, deve esplicitare chiaramente l’iter logico-giuridico sulla base del quale il Questore ritiene di dover ammonire a desistere dai comportamenti persecutori . Indagini preliminari. Il d.l. numero 93/13 ha ammesso il ricorso alle intercettazioni telefoniche anche nel caso in cui si proceda per il delitto di atti persecutori articolo 266 comma 2 lett. f quater c.p.p. ha previsto che quando deve assumere sommarie informazioni da minori, la polizia giudiziaria deve avvalersi dell'ausilio di un esperto in psicologia o in psichiatria infantile, nominato dal pubblico ministero anche quando si procede per maltrattamenti in famiglia, adescamento di minorenni 609 undecies c.p. e atti persecutori ha introdotto soprattutto l’articolo 384 bis c.p.p. che consente alla polizia giudiziaria di disporre, previa autorizzazione del pubblico ministero, l'allontanamento urgente dalla casa familiare con il divieto di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa, nei confronti di chi è colto in flagranza dei delitti di cui all'articolo di violazione degli obblighi di assistenza familiare, abuso dei mezzi di correzione o di disciplina ed altri delitti di violenza, prostituzione e pornografia in danno di minori, se sussistono fondati timori di reiterazione delle condotte e di pericolo per le persone offese. L’arresto obbligatorio in flagranza. Altra rilevante novità contenuta nel d.l. numero 93/13 è l’arresto obbligatorio in flagranza di reato articolo 380 c.p.p., comma 2, lett. l ter , c.p.p. per i delitti di atti persecutori e maltrattamenti in famiglia. Sebbene, anche in questo caso, l’intento sia quello di apprestare una difesa più incisiva delle vittime di questi reati, intervenendo in via precautelare con maggiore estensione e senza alcuna discrezionalità valutativa ex articolo 381 c.p.p. circa la gravità del fatto e la personalità del soggetto, non può non osservarsi che si tratta, in ambedue i casi, di reati necessariamente abituali ed è noto che la condizione di flagranza o anche di quasi flagranza nei reati abituali è di accertamento assai problematico e tecnicamente di difficile configurabilità. La Suprema Corte, con riferimento al delitto di maltrattamenti ma le cui conclusioni possono estendersi anche al reato di stalking , trattandosi di reato anch’esso necessariamente abituale ritiene che poiché gli atti in cui si concreta il reato di all’articolo 572 c.p. non devono necessariamente tutti sostanziare singole autonome ipotesi di reato, è ben possibile procedere all'arresto in flagranza dell'autore del reato quando gli operanti della polizia giudiziaria abbiano diretta percezione di un segmento commissivo della condotta che, pur non integrante ex se reato, risulti non indifferente nell'ottica volta a dimostrare sul piano indiziario l'ipotesi di reato Sez. VI, numero 34551/2013 . I giudici di legittimità hanno tuttavia escluso lo stato di c.d. “quasi-flagranza” quando l'azione che porta all'arresto trova il suo momento iniziale non già in un immediato inseguimento da parte della polizia giudiziaria, ma in una denuncia della persona offesa, raccolta quando si era già consumata l'ultima frazione della condotta delittuosa Cass., numero 8955/2015 . Nel caso di spese, atteso che la polizia giudiziaria procedeva all'adozione del provvedimento di allontanamento urgente dalla casa familiare poi confermato nella misura cautelare dell’allontanamento di cui all’articolo 282 bis c.p.p. , non a seguito delle ricerche poste in essere in immediata successione temporale rispetto all'acquisizione della notizia del fatto reato da parte di coloro che vi assistevano o li subivano come la parte lesa , dunque secondo una linea di continuità rispetto alla commissione dell'illecito, bensì dopo avere raccolto la denuncia della vittima presso il Pronto Soccorso del nosocomio, quando la condotta aggressiva, integrante il reato di lesioni personali costituente presupposto per il provvedimento ex articolo 384 bis e 282 bis , comma 6, c.p.p., si era già ampiamente conclusa, con una significativa soluzione di continuità annullando senza rinvio la relativa ordinanza di convalida . Misure cautelari. Mentre il d.l. numero 93/2013 ha previsto la possibilità di applicare il braccialetto elettronico anche al soggetto allontanato dalla casa familiare, il d.l. numero 11/2009 ha previsto la misura cautelare del divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di non avvicinarsi alla stessa. Mentre nei casi il cui il contenuto flessibile della misura riguardi solo il divieto di avvicinamento “locale”, l’ordinanza restrittiva deve indicare specificamente i luoghi inibiti all’indagato Sez. VI, 8 luglio 2011, numero 26819, da ultimo Sez. VI, numero 8333/2015 , la V sezione penale della Suprema Corte ritiene invece che qualora oltre ai luoghi vietati sia presenta il divieto di avvicinamento alla persona offesa, in questo caso diviene irrilevante l’individuazione dei luoghi di abituale frequentazione della vittima in quanto dimensione essenziale della misura è il perimetro mobile dove si svolga la sua vita quotidiana Cass., numero 5664/2015 , che riprende quanto affermato da Cass. numero 36887/2013 numero 19552/2013 numero 14297/2013 . Poiché di recente la Sesta sezione invece ritiene che se il divieto, oltre alla persona offesa, faccia riferimento anche ai luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa deve necessariamente indicare in maniera specifica e dettagliata i luoghi rispetto ai quali è inibito l'accesso all'indagato Cass., numero 28666/2015 , tanto lo impone il tenore inequivoco del dato normativo di riferimento che fa espresso riferimento a luoghi “determinati”, che l'esigenza di tipizzazione della misura, poiché solo in tal modo il provvedimento cautelare assume una conformazione completa che consente il controllo delle prescrizioni funzionali al tipo di tutela che la legge intende assicurare si è aperto un contrasto che dovrebbe portare le Sezioni Unite a dirimere. Giudizio valutazione delle prove. Le difficoltà di tipizzazione legislativa dei reati di maltrattamenti e stalking superate dalla Corte Costituzionale, quest’ultima figura criminosa, con la sentenza numero 172/2014 e di accertamento processuale, sono legate soprattutto in materia di atti persecutori agli eventi psichici previsti dalla norma stato di ansia o di paura, timore per incolumità, modifica delle abitudini di vita . La prova “regina” finisce per essere sempre la dichiarazione della persona offesa, che deve essere attendibile, coerente, logica, priva di contraddizioni interne. Si tratta di una prova logica che, quando la vittima si costituisce parte civile, poiché è portatrice anche di un interesse economico, deve essere più rigoroso anche se non occorrono di riscontri individualizzanti “esterni” ex articolo 192 c.p.p. , deve essere comunque idonei ad accertare la veridicità della dichiarazione. Altri elementi rivelatori degli eventi sono legati al comportamento della vittima, conseguente e susseguente alla consumazione del delitto, e la condotta posta in essere dall’agente che per gravità, natura e numero di atti persecutori dimostri l’idoneità a realizzare uno degli eventi alternativamente previsti dall’articolo 612 bis c.p Stalking sul piano probatorio reato di pericolo concreto? Pur essendo apprezzabile lo sforzo della Suprema Corte di non confinare l’effetto destabilizzante nella mera percezione soggettiva della vittima del reato ma richiedendo che lo stesso deve risultare in qualche modo oggettivamente rilevabile, tuttavia, ove ritenga che in tal senso anche la ragionevole deduzione che la peculiarità di determinati comportamenti suscitino in una persona comune l’effetto destabilizzante descritto dalla norma corrisponde alla segnalata esigenza di obiettivizzazione Cass., sez. V, numero 24135/2012 , sembrano evocare e richiedere una valutazione di idoneità ex ante della condotta a suscitare timore nella persona media, valutazione ovviamente poco compatibile con una fattispecie di danno. Tale orientamento volto a trasformare sul piano probatorio il delitto di atti persecutori in reato di pericolo concreto non di evento sembra trovare conferma laddove, sul piano dell’elemento soggettivo del reato, si considera sufficiente che i comportamenti assillanti ascritti appaiono riconducibili ad una precisa e consapevole volontà minatoria, verbale e materiale, volontà che connota anche la reiterazione dei comportamenti «non è richiesto, perché si configuri il reato, che specifico fine della volizione sia anche l'evento di danno, sufficiente essendo la possibilità di fondatamente prevederlo come conseguenza del proprio continuativo agire sulla psiche della propria vittima» Cass., sez. V, numero 8641/2012 . Il nesso di causalità. Invece, trattandosi di reato di evento, occorre dare la prova del nesso di causalità tra la condotta persecutoria e gli eventi di stalkin g, che non può limitarsi alla dimostrazione dell’esistenza dell’evento, né collocarsi sul piano dell’astratta idoneità della condotta a cagionare l’evento, ma deve essere concreta e specifica Cass., sez. V, numero 46179/2013 , nella quale la Suprema Corte ha ritenuto che la pressione ossessiva esercitata dall’imputato sulla ex che aveva manifestato l’intenzione di interrompere la relazione sentimentale e la ravvisata invasione della sfera privata non includessero “ in re ipsa ” la determinazione di un perdurante e grave stato di ansia o di paura, potendo cagionare altri e diversi stati psicologici, come per esempio una forte irritazione . De iure condendo estendere la messa alla prova per lo stalking. Poiché l’autore degli atti persecutori soffre se non di una patologia border-line di un difetto relazione, non basta agire solo in chiave repressiva per escludere la recidiva, ma occorre “sostenere” questi soggetti in un percorso di recupero di tale difficoltà. In quest’ottica, l’istituto della messa alla prova, di recente esteso dalla legge numero 67 del 2014 ai maggiorenni poteva essere uno strumento che, attraverso lo svolgimento di un programma e l’osservanza delle prescrizioni dei rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria articolo 168 bis c.p. può permettere al soggetto di provare a superare l’incapacità relazionale che porta alla commissione del reato e portare all’estinzione del reato. La messa alla prova si applica solo ai reati puniti con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, mentre il tetto massimo della pena per il delitto di cui all’articolo 612 bis c.p. è stato innalzato a cinque anni dal d.l. numero 78/2013 convertito nella legge numero 94/2013 . Dunque, la probation non può trovare applicazione proprio in relazione ad una delle ipotesi più idonee e che necessitavano dell’istituto. Peraltro, il d.l. 93/2013, aveva introdotto per la prima volta nel nostro sistema una probation cautelare, aggiungendo all'articolo 282 quater , comma 1, c.p.p. il seguente periodo «Quando l'imputato si sottopone positivamente ad un programma di prevenzione della violenza organizzato dai servizi socio-assistenziali del territorio, il responsabile del servizio ne dà comunicazione al pubblico ministero e al giudice ai fini della valutazione ai sensi dell'articolo 299, comma 2», ossia dell’attenuazione delle esigenze cautelari e della sostituzione della misura con altra meno gravosa. Si auspica, in conclusione, che il legislatore possa estendere al delitto di atti persecutori ma anche ai maltrattamenti l’istituto della messa alla prova, anche per completare il percorso normativo che lo aveva portato ad introdurlo già nella fase cautelare.