Quando il titolo acquista efficacia esecutiva, il credito, divenuto esigibile, produce interessi da sé.
Non è dunque necessaria un’apposita pronuncia del giudice relativa al pagamento di tali interessi. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 18899/12, depositata il 2 novembre. Il caso. Una donna ricorre contro la sentenza del Tribunale che rigettava la sua opposizione in una controversia riguardante un procedimento di espropriazione nei confronti dell’INPS e di una banca, in quanto sarebbe stata carente di titolo esecutivo relativamente alla pretesa liquidazione di «interessi e svalutazioni successivi». Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione di legge, dal momento che gli interessi e la rivalutazione competono sui crediti di lavoro e, quanto meno, sarebbero dovuti gli interessi legali dalla data di pubblicazione del titolo esecutivo. Esecutorietà del titolo e interessi. Secondo gli Ermellini la censura è in parte fondata come già affermato da autorevole giurisprudenza, una volta che il titolo giudiziale abbia acquistato efficacia esecutiva, il credito, divenuto esigibile, produce interessi da sé. Poiché questo è un effetto che la legge ricollega direttamente al fatto della condanna, non è necessario che il giudice pronunci un’apposita condanna per il pagamento di tali interessi, che risultano già coperti dall’efficacia esecutiva del titolo. Accolta l’opposizione agli atti esecutivi. I giudici di legittimità, dopo aver preso atto dell’inammissibilità della costituzione dell’INPS, avvenuta oltre i termini e per di più con il mero deposito di copia del ricorso, affermano che la causa di opposizione può essere decisa nel merito, poiché «non occorrono accertamenti di fatto per accogliere per quanto di ragione la medesima opposizione, avuto riguardo alla nullità dell’impugnata ordinanza di assegnazione, limitatamente alla parte in cui non ha liquidato gli interessi legali maturati successivamente all’esecutorietà del titolo giudiziale azionato». Per questi motivi la Cassazione accoglie il ricorso nei limiti precisati e, decidendo nel merito, accoglie l’opposizione agli atti esecutivi e annulla l’ordinanza impugnata.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, sentenza 18 ottobre – 2 novembre 2012, numero 18899 Presidente Finocchiaro – Relatore Ambrosio Svolgimento del processo e motivi della decisione È stata depositata in cancelleria la seguente relazione “1. Pronunciando in sede di rinvio dalla Cassazione sull'opposizione proposta ex articolo 617 cod. proc. civ. da L U. avverso l'ordinanza di assegnazione emessa a suo favore nel procedimento di espropriazione nei confronti dell'INPS e del terzo pignorato San Paolo IMI ora Intesa San Paolo s.p.a. con sentenza numero 6974 del 2010 il Tribunale di Roma ha rigettato l'opposizione, osservando - per quanto ancora interessa in questa sede - che la parte istante era carente di titolo esecutivo relativamente alla pretesa liquidazione di interessi e svalutazione successivi” ciò in quanto dalla lettura del titolo, posto a fondamento della procedura esecutiva, risultava che il giudice della cognizione si era limitato a quantificare gli interessi in maniera omnicomprensiva, comprendendoli nella somma complessiva dovuta dall'INPS. 2. Avverso detta decisione ha proposto ricorso per cassazione U.L. , formulando un unico motivo. Nessuna attività difensiva è stata svolta da parte intimata. 3. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per essere accolto per quanto di ragione. 4. Con l'unico motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione degli articolo 115, 116, 429 e 474 cod. proc. civ. articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. . Parte ricorrente osserva che gli interessi e la rivalutazione competono sui crediti di lavoro ex articolo 429 cod. proc. civ. e che sono dovuti, almeno, gli interessi legali dalla data di pubblicazione del titolo esecutivo, tenuto conto del divieto del cumulo introdotte dall'articolo 16 legge numero 412 del 1991 per i crediti previdenziali, come quello in oggetto. 4.1. Il ricorso appare fondato limitatamente alla parte in cui censura la mancata liquidazione degli interessi legali e, quanto alla loro decorrenza, limitatamente agli interessi successivi all’esecutorietà del titolo giudiziale dedotto a fondamento dell'esecuzione. Tanto in applicazione del consolidato orientamento di questa Corte, dal quale prescinde la sentenza impugnata, secondo cui una volta che la sentenza o il provvedimento abbiano acquistato efficacia esecutiva, il credito, nella somma globale liquidata dal giudice con riferimento alla data in cui il provvedimento è pronunciato, divenuto esigibile, produce interessi da sé. E siccome li produce, sino al momento in cui il credito non è estinto, in misura predeterminata, come effetto che la legge ricollega direttamente al fatto della condanna dal momento in cui diviene esecutiva, non c'è bisogno che il giudice pronunci condanna, al pagamento di tali interessi perché essi siano da considerare non solo dovuti, ma coperti dalla efficacia esecutiva del titolo Cass. 14 maggio 2003 numero 7371 in motivazione Cass. 21 aprile 1999 numero 3944 . Anche di recente è stato ribadito che quando la sentenza o il provvedimento di condanna hanno acquistato efficacia esecutiva, il credito, nella somma globale liquidata dal giudice con riferimento alla data in cui il provvedimento è pronunciato, divenuto esigibile, produce interessi di per sé sino al momento in cui non è estinto, sicché non c'è bisogno che il giudice pronunci un'apposita condanna al pagamento di tali interessi, coperti dall'efficacia esecutiva del titolo Cass. 12 aprile 2011, numero 8298 . 4.2. Per il resto le deduzioni svolte da parte ricorrente in ordine all'applicabilità dell'articolo 429 cod. proc. civ. e alla natura previdenziale del credito di cui trattasi si scontrano contro la considerazione della deducibilità delle relative questioni in sede di cognizione, risultando precluse in sede di esecuzione, stante il rilievo contenuto nella sentenza impugnata, secondo cui “dalla lettura del titolo azionato versato in atti non risulta che il giudice della cognizione abbia liquidato anche gli interessi e la svalutazione successiva, essendosi limitato a quantificare gli interessi in via omnicomprensiva e a ricomprendere l'importo come liquidato nella somma complessivamente affermata come dovuta dall'INPS senza aggiungere altro sul punto”. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio preliminarmente da atto dell'inammissibilità della costituzione dell’I.N.P.S. avvenuta oltre il termine di cui all'articolo 370 cod. proc. civ. e peraltro con il mero deposito di copia del ricorso, con in calce una procura priva dei requisiti richiesti per la procura speciale ex articolo 370 co. 3 e 83 cod. proc. civ. qui applicabile nel testo anteriore alle modifiche apportate con legge numero 69 del 2009 per i giudizi instaurati successivamente all'entrata in vigore della legge . Ciò precisato, il Collegio condivide i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione stessa, conducenti ad un limitato riconoscimento delle ragioni poste a fondamento dell'opposizione agli atti esecutivi - limitatamente, cioè, alla riconoscibilità, in sede esecutiva, degli interessi legali successivi all'esecutorietà del titolo giudiziale azionato — attesa la deducibilità delle altre questioni in sede di cognizione. In conclusione, in accoglimento del ricorso nei limiti sopra precisati, occorre cassare l'impugnata sentenza, che ha rigettato l'opposizione ex articolo 617 cod. proc. civ. avverso l'ordinanza di assegnazione del G.E. in favore dell'odierna parte ricorrente debitore I.N.P.S., terzo pignorato S. Paolo IMI . Nel contempo la causa di opposizione si presta ad essere decisa nel merito, giacché non occorrono accertamenti di fatto per accogliere per quanto di ragione la medesima opposizione, avuto riguardo alla nullità dell'impugnata ordinanza di assegnazione, limitatamente alla parte in cui non ha liquidato gli interessi legali maturati successivamente all'esecutorietà del titolo giudiziale azionato. L'impugnata ordinanza di assegnazione va, dunque, annullata, atteso che è conseguenza normale dell'opposizione agli atti, quale giudizio meramente rescindente sulla legittimità di uno degli atti del processo esecutivo, che l'eventuale riconoscimento dell'illegittimità di questo comporti nella sede cognitiva, in cui si esaurisce l'opposizione, la caducazione dell'atto stesso, mentre spetterà al giudice dell'esecuzione, a seguito della ripresa del processo esecutivo in cui è stata emessa l'ordinanza annullata, di adottare ogni conseguente determinazione e, quindi, nella specie, di pronunciare un provvedimento di assegnazione, che non contenga il vizio che ha condotto all'accoglimento dell'opposizione. Si ravvisano giusti motivi di compensazione ex articolo 92 cod. proc. civ. nel testo qui applicabile, anteriore alle modifiche apportate con legge numero 263 del 2005 per compensare interamente le spese dell'intero giudizio, avuto riguardo al limitatissimo accoglimento del ricorso. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione e cassa in relazione decidendo nel merito, accoglie l'opposizione agli atti esecutivi negli stessi limiti e, per l'effetto, annulla l'ordinanza di assegnazione impugnata compensa interamente le spese del giudizio.