Non mantiene i figli minori, tanto ci pensano i nonni: il ragionamento non funziona

In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, lo stato di bisogno e l’obbligo del genitore di contribuire al mantenimento dei figli minori non vengono meno quando gli aventi diritto siano assistiti economicamente da terzi.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza numero 6682, depositata il 16 febbraio 2015. Il caso. La Corte d’appello di Torino condannava un imputato, per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori ed alla moglie e per non aver corrisposto l’assegno di mantenimento. L’uomo ricorreva in Cassazione, deducendo, con un primo motivo di ricorso, il mancato stato di bisogno dei figli minori, in quanto il reddito del coniuge era stato sempre stato sufficiente anche per il sostentamento dei due minori, al cui mantenimento provvedevano anche i nonni. Inoltre, contestava il mancato esame della propria impossibilità di adempiere agli obblighi di mantenimento, a causa della mancanza di redditi adeguati e dello stato di indigenza in cui si trovava in seguito alla perdita del lavoro. L’assistenza di terzi non aiuta. La Corte di Cassazione ricorda che, in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, lo stato di bisogno e l’obbligo del genitore di contribuire al mantenimento dei figli minori non vengono meno quando gli aventi diritto siano assistiti economicamente da terzi. Perciò, era irrilevante all’integrazione della fattispecie il contributo economico dei nonni. Incapacità economica solo assoluta. Inoltre, l’incapacità economica dell’obbligato, da intendersi come impossibilità di far fronte agli adempimenti previsti dalla legge, deve essere assoluta ed integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti. Nel caso di specie, nel periodo in cui si era verificato l’inadempimento, l’imputato aveva ricevuto degli introiti, anche se modesti, riuscendo però a costituire un altro nucleo familiare e pagando la pigione dell’alloggio in cui viveva. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 25 novembre 2014 – 16 febbraio 2015, numero 6682 Presidente Ippolito – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. Con la decisione indicata in epigrafe la Corte d'appello di Torino ha confermato la sentenza del 16 luglio 2012 con cui il locale Tribunale aveva condannato D.P.D. alla pena di tre mesi di reclusione ed Euro 200,00 di multa in ordine al reato previsto dagli articolo 81 cpv. e 570 c.p. nonché dagli articolo 3 legge numero 54 del 2006 e 12-sexies legge numero 898/1970, per essersi sottratto agli obblighi inerenti la sua qualità di coniuge e padre, facendo mancare i mezzi di sussistenza ai figli minori e alla moglie S.T. e per avere omesso di corrispondere l'assegno di mantenimento stabilito dal giudice civile in Euro 1.050,00 mensili in sede di separazione. I giudici hanno anche confermato le statuizioni civili poste a carico dell'imputato nonché la provvisionale di Euro 9.000 in favore della parte civile. Nel confermare la condanna del D.P. i giudici di secondo grado hanno precisato come non sia contestato che l'inadempimento sia stato parziale dal maggio 2008 e totale dall'ottobre 2008 inoltre, hanno escluso che l'imputato si sia trovato in stato di oggettiva e assoluta incapacità di assolvere all'obbligo di mantenimento. 2. L'imputato ha presentato personalmente ricorso per cassazione. 2.1. Con il primo motivo ha dedotto la violazione dell'articolo 570 c.p., sostenendo che nella specie i figli minori non si sarebbero trovati nello stato di bisogno, presupposto necessario per l'applicazione della norma incriminatrice contestata, in quanto il reddito percepito dal coniuge è stato sempre sufficiente al sostentamento anche dei due minori, aggiungendo che al loro mantenimento provvedevano pure i nonni. 2.2. Con il secondo motivo ha denunciato il vizio di motivazione, rilevando che la sentenza non ha preso in esame la circostanza - fatta valere in appello - della impossibilità di adempiere agli obblighi di mantenimento da parte dell'imputato, sprovvisto di redditi adeguati e in stato di indigenza dal dicembre 2010, a seguito della chiusura della ditta D.P. Service di cui era titolare. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. 3.1. Quanto al primo motivo si osserva che il giudice d'appello ha correttamente ritenuto la sussistenza del presupposto dello stato di bisogno per i figli minori, nonostante il contributo economico dei nonni, in quanto in tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare lo stato di bisogno e l'obbligo del genitore di contribuire al mantenimento dei figli minori non vengono meno quando gli aventi diritto siano assistiti economicamente da terzi Sez. VI 15 giugno 2011, numero 35520, B. Sez. VI 22 ottobre 2014 n 46060, DM . 3.2. In relazione al secondo motivo si rileva che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la sentenza ha preso in esame la questione dedotta m appello circa la presunta impossibilità di adempiere agli obblighi, che ha ritenuto insussistente in fatto, sulla base degli accertamenti in ordine al reddito percepito dall'imputato nel 2008 e nel 2009 testimonianza Faggio , e in diritto, rilevando come non sia stata dimostrata l'assoluta incapacità economica. Secondo la giurisprudenza di questa Corte l'incapacità economica dell'obbligato, intesa come impossibilità di far fronte agli adempimenti sanzionati dall'articolo 570 c.p., deve essere assoluta e deve altresì integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti tra le tante v., Sez. VI, 21 ottobre 2010, numero 41362, M. . Nella specie, la Corte territoriale ha applicato correttamente questo principio, escludendo che l'imputato si sia trovato in una condizione di assoluta incapacità economica, in quanto nel periodo in cui si è verificato l'inadempimento è risultato che D.P. ha comunque ricevuto introiti, seppure modesti, e soprattutto è riuscito a costituire un altro nucleo famigliare, pagando la pigione dell'alloggio dove ha vissuto. Si tratta di una motivazione che appare logica e coerente, oltre che fondata su una corretta interpretazione delle norme sostanziali, e che come tale non può essere oggetto di censure in sede di legittimità. 4. In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento della spese processuali.