Responsabilità medica: se il fatto-reato non lede l’integrità psicofisica, vi può essere diritto al danno non patrimoniale?

Il medico che commette reato di rifiuto di atti d’ufficio articolo 328, comma 1, c.p. può essere tenuto a risarcire il danno non patrimoniale? Spetta il risarcimento del danno non patrimoniale in presenza di un fatto-reato che tutela un bene giuridico diverso dall’integrità psicofisica, scindendo così le figure di «persona offesa» e «danneggiato» dal reato? La Cassazione ord. numero 14453/21, depositata il 26 maggio conferma la distinzione tecnica tra «persona offesa» e «danneggiato» dal reato, ma non esclude la responsabilità civile del medico.

Un uomo chiede il risarcimento del danno morale alla guardia medica che rifiutò la richiesta di visita domiciliare, nonostante i riferiti sintomi di un malore, che successivamente risultò un infarto al miocardio risoltosi positivamente. Il Tribunale accolse la domanda, liquidando in via equitativa 20 mila euro a titolo di danno morale. La Corte di appello riformò la decisione, rigettando la domanda risarcitoria la condotta omissiva del medico integra i presupposti del reato di rifiuto di atti d’ufficio e non ha leso l’integrità psicofisica dell’attore. L’oggetto giuridico tutelato è soltanto il normale e tempestivo funzionamento della P.A. e non anche il diverso bene giuridico costituito dall’integrità psicofisica della persona il malato non è la persona offesa. Dunque non è possibile configurare un danno non patrimoniale eziologicamente legato alla condotta del medico. La Suprema Corte cassa con rinvio la decisione impugnata su due piani 1. tecnicamente è vero che il malato non è persona offesa dal reato di rifiuto di atti d’ufficio, però è errato ai fini risarcitori. Occorre distinguere il soggetto titolare del bene giuridico protetto la persona offesa nel rifiuto di atti d’ufficio è la P.A., il cui normale e tempestivo funzionamento viene tutelato dalla norma penale dal soggetto danneggiato ogni soggetto che dal reato abbia subito un danno . L’individuazione della persona offesa non esaurisce ogni possibile danneggiato civile dal reato, che deve essere accertato con riferimento al caso concreto Cass. civ., sez. III, 23.4.1999, numero 4040, in Resp. Civ. e prev., 2000, 1418 con nota di Feola D. . Tale conclusione poggia su due dati positivi l’articolo 185, comma 2°, c.p. prevede che “ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole ” e non delimita il novero dei soggetti danneggiati risarcibili l’articolo 74 c.p.p. riconosce una legittimazione ampia per l'azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all'articolo 185 c.p., potendo essere esercitata dal soggetto al quale il reato ha recato danno non, quindi, solo dalla persona offesa . Pertanto anche colui che non sia persona offesa, ma è stato danneggiato dal reato, può chiedere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali. 2. Richiamando le note decisioni delle Sez. Unumero del 2008, la Cass. sottolinea che il danno non patrimoniale è risarcibile, nel caso concreto, quando il fatto illecito è astrattamente configurabile come reato in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale. Non si può negare a priori la risarcibilità del danno non patrimoniale da reato solo perchè non ha leso l’integrità psicofisica, ma occorre valutare se comunque abbia leso interessi della persona tutelati dall’ordinamento diversi da quello alla salute, ancorché privi di rilevanza costituzionale come il corretto adempimento dei compiti istituzionali affidati al funzionario pubblico ove posti a diretto servizio dell’utenza . La Cassazione ricorda, infine, che è imprescindibile dimostrare il nesso di causa tra l’evento di danno e il fatto illecito e che il danno non patrimoniale non è in re ipsa. Questo tipo di prova è fondamentale probabilmente la sentenza cassata aveva valorizzato la distinzione tra persona offesa e danneggiato proprio per affermare il difetto di prova di nesso causale. La decisione offre l’occasione per ricordare che la responsabilità per il danno derivante da reato comprende anche i danni mediati ed indiretti che costituiscono effetti normali dell’illecito secondo il criterio della c.d. regolarità causale Cass. penumero , sez. II, 14.5.2010, numero 23046 Trib. Treviso, 12.12.2020, in De iure, per cui è ammissibile la costituzione di parte civile di colui che si affermi danneggiato anche per quelle tipologie di reato che individuano come persona offesa unicamente i titolari del bene giuridico pubblicistico protetto in via immediata dalla norma incriminatrice .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 30 marzo – 26 maggio 2021, numero 14453 Presidente Graziosi – Relatore Iannello Rilevato in fatto 1. C.A. convenne in giudizio avanti il Tribunale di Reggio Emilia R.C. chiedendone la condanna al risarcimento del danno morale sofferto per il rifiuto che questi -contattato quale guardia medica in servizio nella notte fra il 20 ed il 21 gennaio 1998 - oppose alla richiesta di visita domiciliare nonostante i riferiti sintomi di un malore che, successivamente, al Pronto Soccorso, risultò essere un infarto al miocardio, risoltosi fortunatamente bene. Il tribunale accolse la domanda condannando il R. al pagamento della somma di Euro 20.000, equitativamente liquidata a titolo di risarcimento del danno morale. 2. In accoglimento del gravame interposto dal R. e in riforma della detta decisione, la Corte d’appello di Bologna ha invece rigettato la domanda risarcitoria, condannando il C. alla rifusione delle spese di entrambi i gradi del giudizio di merito. Ha infatti ritenuto che la condotta omissiva del R. , pur integrando i presupposti del reato di rifiuto di atti d’ufficio, non ha leso l’integrità psicofisica del C. e non è pertanto idonea a costituire fatto illecito in senso civilistico . Ha poi soggiunto che l’oggetto giuridico tutelato è soltanto il normale e tempestivo funzionamento della pubblica amministrazione nelle sue varie declinazioni pratiche, tra le quali la sanità, e non anche il diverso bene giuridico rappresentato dall’integrità psicofisica della persona , di guisa che il malato non è la persona offesa dal rifiuto del medico di compiere la dovuta visita domiciliare . Da ciò discende, secondo i giudici d’appello, l’impossibilità di configurare un danno non patrimoniale causalmente ascrivibile alla condotta del Dott. R. , nell’accezione del danno morale . 3. Avverso tale decisione C.A. propone ricorso per cassazione con due mezzi, cui resiste R.C. depositando controricorso e proponendo ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi. 4. Essendo state ritenute sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso ai sensi dell’articolo 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata notificata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. Il controricorrente ha depositato memoria ex articolo 380-bis c.p.c., comma 2. Considerato in diritto 1. Con il primo motivo del ricorso principale C.A. denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 2043 e 2059 c.c. e dell’articolo 185 c.p Lamenta che la Corte d’appello non ha tenuto conto della distinzione tra soggetto passivo del reato inteso come titolare del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice e persona danneggiata dal reato come tale pacificamente ritenuto legittimato a costituirsi parte civile ed ha, pertanto, erroneamente escluso dal novero degli aventi diritto al risarcimento il danneggiato dal reato che non sia anche tecnicamente qualificabile come persona offesa dal reato. Rileva che l’articolo 185 c.p. implicitamente richiamato dall’articolo 2059 c.c. in tema di danni non patrimoniali non giustifica una interpretazione riduzionistica ed impone di dare tutela a chiunque persona offesa o no abbia subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto del reato. 2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia omesso esame del contenuto e dei limiti della domanda risarcitoria . Rileva che, diversamente da quanto postulato in sentenza, la domanda risarcitoria non riguardava profili di danno biologico, ma faceva solo riferimento alle conseguenze pregiudizievoli di carattere morale ed esistenziale . 3. Con il primo motivo di ricorso incidentale condizionato R.C. denuncia, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 4, nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell’articolo 116 c.p.c. con riferimento agli articolo 2699 e 2700 c.c. in relazione all’erroneo disconoscimento dell’efficacia probatoria delle dichiarazioni ricevute dal p.u. come dal medesimo attestate all’interno del Registro di Guardia Medica quale atto pubblico dotato di fede privilegiata . Lamenta che erroneamente la corte d’appello ha basato il proprio convincimento sulle dichiarazioni dei testimoni che avevano riferito di aver palesato telefonicamente al R. una serie di sintomi quali formicolio a braccia e gambe, forte sudorazione, mal di stomaco e dolori al petto , così disconoscendo, in assenza di querela di falso, l’efficacia probatoria da attribuirsi al verbale redatto nel registro di guardia medica, atto pubblico dotato di fede privilegiata, dal quale risulta che l’unico sintomo riferito era invece il senso di vomito. 4. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale denuncia, con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 4 e 5, nullità della sentenza o del procedimento con riferimento all’articolo 132 c.p.c., numero 4, per difetto assoluto di motivazione ed omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio con riferimento a tutti gli elementi e circostanze fattuali indicati dall’allora appellante a sostegno della dedotta inattendibilità delle testimoni sentite nel corso del giudizio di primo grado e non credibilità del relativo racconto . Afferma che v’era una copiosa serie di elementi dai quali la corte d’appello avrebbe potuto desumere l’inattendibilità delle testimoni e la non credibilità, anzi l’inverosimiglianza, della versione dei fatti dalle medesime offerta in giudizio osserva in particolare che non è credibile che a fronte dei sintomi detti, ove effettivamente riferiti non fosse stato consigliato l’urgente trasporto al P.S. l’ordine dei medici e la locale A.u.s.l. abbiano deciso di archiviare gli esposti presentati nei suoi confronti. Era inoltre sospetto che il C. avesse sporto querela sei mesi dopo l’accaduto così come il fatto che la sintomatologia riferita apparisse tratta da un manuale di medicina quanto a terminologia, completezza, precisione e successione. Lamenta quindi la mancata ponderazione in sentenza della attendibilità dei testi e della credibilità del loro racconto alla luce di tali circostanze, sebbene specificamente segnalate. 5. È fondato il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento del secondo. 5.1. La sentenza impugnata ha escluso, a priori e in astratto il diritto dell’attore di ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale, sulla base delle seguenti due concorrenti considerazioni - il fatto-reato non ha leso l’integrità psicofisica del C. e non è pertanto idoneo a costituire fatto illecito in senso civilistico - il malato non è, tecnicamente, persona offesa dal reato. In tali termini la giustificazione resa si rivela non conforme a diritto e non può essere avallata. 5.2. Occorre muovere dal secondo rilievo il quale sembra implicare l’assunto che unico soggetto al quale possa riconoscersi il diritto di essere risarcito ai sensi dell’articolo 185 c.p. sia la persona offesa dal reato tecnicamente intesa come soggetto titolare del bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice la quale abbia sofferto un danno in conseguenza dello stesso, con esclusione dunque di altri possibili danneggiati diversi dalla persona offesa. Nel caso di specie soggetto danneggiatile e risarcibile dal reato la cui configurabilità è stata in concreto accertata rifiuto di atti d’ufficio articolo 328 c.p., comma 1 sarebbe dunque da considerare, in tale prospettiva, solo la pubblica amministrazione nelle sue varie declinazioni pratiche, tra le quali la sanità , il cui normale e tempestivo funzionamento la norma intende tutelare, e non il soggetto privato che da quella condotta costituente reato abbia subito conseguenze dannose. Tale assunto è errato in diritto. Va infatti distinta la persona offesa dal reato dal soggetto danneggiato dallo stesso. La persona offesa è, bensì, esclusivamente il soggetto titolare del bene giuridico protetto o dell’interesse tutelato articolo 90 c.p.p. . Nell’ipotesi di cui all’articolo 328 c.p. il bene giuridico tutelato è esclusivamente il buon andamento della pubblica amministrazione e, segnatamente, il suo regolare funzionamento nella fase di realizzazione dei suoi compiti istituzionali, per cui la persona offesa è esclusivamente la P.A. v. ex multis Cass. Penumero 29/10/2019, numero 47114, imp. M. . Il soggetto danneggiato dal reato è, invece, ogni soggetto che dal reato nel caso concreto abbia subito un danno. Ne consegue che l’individuazione della persona offesa non esaurisce l’individuazione di ogni possibile danneggiato civile dal reato, dovendo quest’ultimo essere accertato con riferimento al caso concreto in termini, v. già Cass. 23/04/1999, numero 4040 . Nè vi è ragione logica o giuridica per limitare l’area dei danni risarcibili a tale ultima figura - ossia al danneggiato che non sia anche persona offesa dal reato - ai soli danni patrimoniali, con esclusione di quelli non patrimoniali, tale limitazione non essendo in particolare giustificata ma anzi il contrario dovendosi ricavare a dall’articolo 185 c.p., comma 2, che, nel prevedere che ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili debbono rispondere per il fatto di lui , lungi dal delimitare il novero dei soggetti danneggiati risarcibili, postula solo l’esistenza di un nesso causale tra il reato e il danno, patrimoniale o non patrimoniale che sia b dall’articolo 74 c.p.p. che espressamente riconosce ad ogni soggetto al quale il reato ha recato danno dunque non solo alla persona offesa , il diritto di esercitare l’azione civile nel processo penale attraverso la costituzione di parte civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all’articolo 185 c.p. e danno di cui all’articolo 185 c.p. è anche quello non patrimoniale v. Cass. numero 4040 del 1999, cit. . 5.3. Deriva dalle superiori considerazioni che il rilievo svolto in sentenza secondo cui il malato non è persona offesa dal reato di cui all’articolo 328 c.p., comma 1, è bensì, in sé, tecnicamente corretto, ma è privo di implicazioni pratiche ai fini della soluzione della questione posta, dal momento che il fatto che non sia persona offesa non esclude comunque che colui che è stato danneggiato dal reato possa richiedere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali. Occorrendo dunque passare al vaglio dell’altro argomento speso in sentenza il fatto-reato non ha leso l’integrità psicofisica del C. ’ e non è pertanto idoneo a costituire fatto illecito in senso civilistico converrà rammentare - per quanto qui interessa - i noti principi fissati da Cass. Sez. U. 11/11/2008, nnumero 26972-5, circa le condizioni di risarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali. 5.3.1. Secondo la ricostruzione in quella sede operata, e cui va qui data continuità, il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge , e cioè, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 2059 c.c. a quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale b quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento quali, nei casi suindicati, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni c quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati ex ante dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice. 5.3.2. Orbene, nel caso in esame la risarcibilità del danno non patrimoniale va ricondotta, per quanto s’è detto, alla prima delle tre ipotesi sopra indicate lett. a danno derivante da fatto illecito astrattamente configurabile come reato , con la conseguenza che, come detto, la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale. Alla luce di tale chiara indicazione ermeneutica si rivela pertanto insufficiente a giustificare il diniego della risarcibilità del danno non patrimoniale da fatto-reato la sola constatazione che esso non abbia leso l’integrità psicofisica del C. , occorrendo anche valutare se comunque esso abbia leso interessi della persona tutelati dall’ordinamento diversi da quello all’integrità psico-fisica, ancorché privi di rilevanza costituzionale quale ben può essere quello al corretto adempimento dei compiti istituzionali affidati al funzionario pubblico ove posti a diretto servizio dell’utenza . 5.4. Resta fermo peraltro che, anche in tal caso - l’evento di danno ossia la lesione dell’interesse della persona deve essere correlabile, secondo nesso di causalità materiale, al fatto illecito - il danno non patrimoniale non è in re ipsa, identificandosi il danno risarcibile non con la lesione dell’interesse tutelato dall’ordinamento danno-evento ma con le conseguenze di tale lesione danno-conseguenza , sicché la sussistenza di siffatte conseguenze pregiudizievoli e il loro collegamento all’evento dannoso secondo nesso di c.d. causalità giuridica articolo 1223 e 2056 c.c. devono comunque essere oggetto di allegazione e prova, sebbene naturalmente questa possa essere data anche attraverso presunzioni. Non è questa però mancanza di allegazione e prova del danno-conseguenza la giustificazione spesa in sentenza per il rigetto della domanda risarcitoria, fondato, invece, come detto sulla aprioristica quanto erronea in diritto - esclusione della risarcibilità in astratto del danno dedotto. 6. Occorrendo dunque passare all’esame del ricorso incidentale condizionato, se ne deve rilevare l’inammissibilità, con riferimento ad entrambi i motivi. 6.1. Il primo, invero, non coglie la ratio decidendi, la quale non risiede nella attribuzione di una subvalenza della prova documentale offerta dal contenuto del registro di guardia medica atto pubblico facente fede fino a querela di falso rispetto alla prova testimoniale raccolta, quanto piuttosto in una valutazione di compatibilità tra queste e quella tutte concorrenti - come ritenuto anche dal primo giudice - a delineare un quadro sintomatologico idoneo ad attivare l’obbligo di intervento domiciliare urgente rientrante tra gli atti di ufficio del sanitario in servizio di guardia medica. Varrà al riguardo rammentare che, secondo orientamento costante della giurisprudenza penale di questa Corte, integra il delitto di rifiuto di atti d’ufficio la condotta del sanitario in servizio di guardia medica che non aderisca alla richiesta di intervento domiciliare urgente nella persuasione a priori della falsità o enfatizzazione dei sintomi denunciati dal paziente, posto che l’esercizio del potere-dovere di valutare la necessità della visita sulla base della sintomatologia esposta, sicuramente spettante al professionista, è comunque sindacabile da parte del giudice al fine di accertare se esso non trasmodi nell’assunzione di deliberazioni ingiustificate ed arbitrarie, scollegate dai basilari elementi di ragionevolezza desumibili dal contesto storico del singolo episodio e dai protocolli sanitari applicabili v. Cass. Penumero 31/05/2013, numero 23817 Id. 09/07/ 1999, numero 8837 12/09/2007, numero 34471 20/05/2008, numero 20056 19/03/2009, numero 12143 . 6.2. Il secondo, poi, lungi dal palesare elementi di irriducibile intrinseca contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata o dal rappresentare l’esistenza di fatti storici decisivi oggetto di dibattito processuale, secondo il paradigma censorio di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5 come ricostruito dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte v. per tutte Cass. Sez. U. numero 8053 del 2014 si risolve in una generica critica dell’esito di tale valutazione e nella sollecitazione di un nuovo esame nel merito degli elementi raccolti. 7. In accoglimento, dunque, del ricorso principale, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata al giudice a quo, al quale va anche demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità. 8. Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, numero 228, articolo 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso articolo 13, articolo 1-bis. P.Q.M. accoglie il primo motivo del ricorso principale, nei termini di cui in motivazione dichiara assorbito il secondo dichiara inammissibile il ricorso incidentale condizionato cassa la sentenza in relazione al motivo accolto rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.