L'entrata in vigore della mediazione obbligatoria D.Lgs. 4 marzo 2010, numero 28 , fu rinviata di un anno 20 marzo 2012 dalla legge 26 febbraio 2011, numero 10 per le sole controversie in materia di condominio e per quelle di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti. Nonostante il rinvio i problemi relativi alla concreta applicabilità in ambito condominiale furono subito evidenti. Le difficoltà applicative della disciplina sulla mediazione obbligatoria furono subito denunciate dagli osservatori e dagli operatori del diritto, ma non bastarono, di per sé, a risolvere i problemi aperti della nuova normativa.
Se il buongiorno si vede dal mattino la conciliazione obbligatoria in ambito condominiale. Inizialmente, a fronte di una indeterminatezza normativa, si pensava ad una inclusione, in questa materia, ogni tipo di controversia che presentava dei collegamenti, diretti od indiretti, al condominio. Nel silenzio della norma, ed in assenza di precedenti giurisprudenziali, la maggioranza degli interpreti invece hanno preferito propendere per una interpretazione restrittiva ritenendo che possano essere sottoposte all'obbligo del tentativo di conciliazione solo le controversie relative all'applicazione delle norme in materia condominiale previste dal codice civile ed in particolare dalle disposizioni di cui agli articolo 1117 c.comma e ss. delimitando il perimetro applicativo delle norme sulla mediazione solo per le questioni ricomprese nelle disposizioni di cui agli articolo 1117-1139 c.comma e 61-72 disp. att. c.comma Pertanto rientrano nella materia in esame le controversie sollevate dal conduttore che interviene di diritto alle assemblee per la tutela dei propri diritti relativamente alle spese di riscaldamento e condizionamento d'aria ed alla gestione dei servizi stessi. Analogamente deve ritenersi rientrante nella materia condominiale qualsiasi controversia che coinvolga l'inquilino in ordine all'osservanza del regolamento condominiale posto che il condominio è sicuramente legittimato a chiedere, nei confronti di questi, l'osservanza dello stesso. Il sistema deflattivo. Alcuni dati. Nonostante alcune incertezze applicative, evidenziate dagli addetti ai lavori, il nuovo istituto, fin dalla sua entrata in vigore riscuote un discreto successo in ambito condominiale. Dato l'alto tasso di litigiosità, ben si prestava all'utilizzo della procedura conciliativa in quanto le fattispecie in questione dipendono più da divergenze di opinioni tra singoli condomini per futili motivi facilmente risolvibili usando il buon senso. Infatti, tutte questioni già di competenza esclusiva del Giudice di Pace, proprio per la loro natura, necessitano più di un componimento bonario che di un vero e proprio processo. Inoltre, data l’oggettiva complessità della disciplina condominiale, e la scarsa competenza nella gestione, il ricorso al mediatore poteva sicuramente garantire una immediata risoluzione dei conflitti. A 12 mesi dell'entrata in vigore di questa nuova procedura il Ministero della Giustizia, ha pubblicato le rilevazioni statistiche in tema di mediazione. Si riscontra che tra luglio 2011 e febbraio 2012 il 65% dei procedimenti depositati ha riguardato le materie oggetto di obbligatorietà, soprattutto i diritti reali, la locazione, i contratti bancari e quelli assicurativi. La quota di procedimenti conclusi con un accordo è pari al 19% medio dei 20 mila procedimenti depositati. Nel 63% dei casi, invece, si registra la mancata comparizione dell'aderente mentre nel 18% dei procedimenti non è stato raggiunto l'accordo. L’obbligatorietà anomala i dubbi di costituzionalità. Nonostante la finalità del legislatore di emanare un provvedimento finalizzato alla deflazione del carico giudiziario, già nel primo anno della sua applicazione, le critiche non sono certo mancate. In particolare, a fronte dell'introduzione nell'ordinamento di un evidente caso di giurisdizione condizionata, si è sollevato l'illegittimità costituzionale della norma, sia per il contrasto ex l'articolo 76 della Costituzione, sostenendo che il legislatore delegato abbia ecceduto i limiti imposti dalla delega parlamentare di cui all'articolo 60, l. numero 69/2009, si per contrasto con l'articolo 3 sempre della Costituzione, sostenendo che l'elencazione delle materie per le quali la mediazione è divenuta obbligatoria violi il principio di ragionevolezza. A tal proposito il Consiglio nazionale forense evidenziava che «la previsione del passaggio obbligatorio dalla mediazione come condizione, rendeva non solo più difficoltoso l’accesso alla giustizia da parte dei cittadini ma era una previsione anomala con riguardo alla natura propria di un istituto che risulta tanto più efficace quanto basato sulla reale volontà delle parti. Tanto tuonò che piovve. 24 ottobre uno scarno comunicato, emanato dall’ufficio stampa della Corte Costituzionale, recita «la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per eccesso di delega legislativa, del d.lgs. 4 marzo 2010, numero 28 nella parte in cui ha previsto il carattere obbligatorio della mediazione». Le Agenzie di stampa nell’arco di pochi minuti raccolgono i primi commenti e subito si capisce che questa decisione rimarrà impressa nella mente non solo della classe forense, ma anche della gente comune che immaginava già chiuso il suo conflitto con l’inquilino del piano di sotto, grazie al ricorso al conciliatore, ma ora è costretto a ritornare in Tribunale. Cade così, di colpo, uno dei pilastri fondamentali della riforma della giustizia, sul quale il Governo puntava a ridurre l’eccesivo carico di pendenze che grava, tutt’oggi, in ambito civile. Ovviamente sarà necessario attendere le motivazioni della sentenza. Certo, dallo scarno comunicato si può comunque anticipare che trattasi comunque di un vizio di forma eccesso di delega senza prendere posizione sulla compatibilità costituzionale dell’istituto, pertanto la pronuncia, allo stato, sembrerebbe avere solo una risvolto di natura formale e non sostanziale. Aspettando tempi migliori. Ai sensi dell’articolo 136 Cost. quando la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale di una norma di legge o di atto avente forza di legge, la medesima cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Quindi ad essere interessato dalla decisione della Consulta sono precisamente l’articolo 5, comma 1° primo, secondo e terzo periodo del d.lgs. numero 28/2010, laddove si afferma che «chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari, è tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione». Quindi la mediazione civile non è più una condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, ma rimane comunque vigente la normativa che disciplina la mediazione facoltativa o prevista da clausole contrattuali o su invito del Giudice. Non va dimenticato che un nuovo intervento del legislatore potrebbe comunque sanare l’incostituzionalità sollevata. Che fine farà l’articolo 71-quater sulla mediazione in condominio? La decisione della Consulta provocherà anche delle conseguenze sull’iter di approvazione delle norme che disciplinano il condominio e particolarmente sul testo dell’articolo 71-quater che prevede va il ricorso all’articolo 5, comma 1, d.lgs. numero 28/2010. Sarà dunque necessario predisporre una modifica della norma. Peccato, perché dopo una complessa attività di audizioni di rappresentanti delle categorie, l'iter in sede referente si era concluso con l'approvazione di un provvedimento, anche se ben diverso da quello licenziato dal Senato, che faceva ben sperare in una veloce approvazione. Va inoltre ricordato che in data 23 ottobre, alcuni Senatori avevano avanzato alcuni dubbi per le modifiche introdotte all'articolo 1138 c.c., nella parte in cui introduce un divieto assoluto di inserire nel regolamento di condominio il divieto di detenere animali domestici e in merito alle maggioranze richieste per disporre le modificazioni delle destinazioni d'uso di cui all’articolo 1117-ter. A questo punto il pescoso diventa ancor più tortuoso e lungo del previsto, perché oltre alla presentazione dei nuovi emendamenti, si dovrà anche decidere la sorte dell’articolo 71-quater.