Permesso scaduto, rinnovo chiesto tardi: esame obbligatorio. Illegittima l’espulsione

Azzerato il provvedimento emesso dalla Prefettura. La scarsa tempestività dell’immigrato e la presentazione della domanda oltre il termine dei 60 giorni non possono condurre a decretare l’allontanamento dal suolo italiano. L’istanza deve essere presa in esame comunque.

Permesso di soggiorno ‘scaduto’, ma la domanda di rinnovo arriva tardi. Opinabile la tempestività dell’immigrato, ma la richiesta, fuori tempo massimo, non può essere sic et simpliciter rigettata, e, soprattutto, accompagnata da un provvedimento di espulsione Cassazione, ordinanza numero 15129, sesta sezione civile, depositata oggi . Porte chiuse. Eppure, per il Giudice di Pace l’azione del Prefetto, ossia emettere un decreto di espulsione ad hoc nei confronti di un immigrato albanese a causa della «ritardata presentazione della istanza di rinnovo del permesso di soggiorno», è assolutamente legittima. Così si spiega la decisione di respingere l’opposizione proposta dall’immigrato. Nessuno spazio, quindi, secondo il Giudice di Pace, per le contestazioni al decreto del Prefetto. Tempo relativo. Ma a ribaltare la situazione provvedono i giudici della Cassazione, accogliendo il ricorso proposto dall’immigrato, ricorso centrato soprattutto sul fatto che «il termine per la presentazione della domanda di rinnovo non è perentorio» e che la «documentazione attestante i giustificati motivi di ritardo» non era stata adeguatamente valutata. Ciò che conta davvero, secondo i giudici, è il principio secondo cui la «spontanea presentazione» della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno «oltre il termine di 60 giorni dalla sua scadenza» non può consentire «l’espulsione automatica dello straniero». Piuttosto, «il ritardo» può rappresentare semplicemente un «indice rivelatore nel quadro di una valutazione complessiva della situazione in cui versa» la persona coinvolta. Ecco perché, pur considerando acclarato il ritardo, era «obbligo dell’Amministrazione» esaminare la domanda ed eventualmente respingerla, ma certo «non avrebbe potuto semplicemente ignorarla, procedendo ad immediata espulsione». Conseguenza logica è l’accoglimento del ricorso proposto dall’immigrato, e, soprattutto, l’annullamento del provvedimento di espulsione emesso dal Prefetto.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile-1, ordinanza 3 luglio – 10 settembre 2012, numero 15129 Presidente Salmè – Relatore Ragonesi La Corte rilevato che sul ricorso numero 22295/11 proposto da X.I. nei confronti del Prefetto di Macerata +1 il consigliere relatore ha depositato la relazione che segue il re1atore Cons. R., letti gli atti depositati, rilevato X.I. ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento del giudice di pace di Macerata emesso l’1.2.11 con il quale veniva respinta l’opposizione avverso il decreto di espulsione emesso dal prefetto di Macerata il 15.10.10 a seguito di ritardata presentazione della istanza di rinnovo del permesso di soggiorno. L’Amministrazione dell’Interno ha resistito con controricorso. Coi tre motivi di ricorso il ricorrente contesta il decreto impugnato sotto due profili mancata valutazione del fatto che il termine per la presentazione della domanda di rinnovo non è perentorio nonché mancata valutazione della documentazione attestante i giustificati motivi di ritardo mancata traduzione del provvedimento di espulsione nella lingua conosciuta dal ricorrente ma solo in inglese, francese e spagnolo, lingue a lui non note. La prima doglianza appare fondata. Questa Corte ha ripetutamente attenuato che la spontanea presentazione, ai sensi dell’articolo 13, comma secondo, lett. b , del D.Lgs. 25 luglio 1998, numero 286, della domanda di rinnovo del permesso di soggiorno oltre il termine di sessanta giorni dalla sua scadenza non consente l’espulsione automatica dello straniero, la quale può essere disposta solo se la domanda sia stata respinta per la mancanza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti richiesti dalla legge per il soggiorno dello straniero sul territorio nazionale, mentre il ritardo nella presentazione può costituirne solo indice rivelatore nel quadro di una valutazione complessiva della situazione in cui versa l’interessato. Cass. 7892/03, Cass. 8549/04, Cass. 18917/10 . Pertanto, risultando che la domanda di rinnovo del permesso di soggiorno era, stata sia pur tardivamente presentata, sarebbe stato obbligo dell’Amministrazione esaminarla e, se del caso, respingerla anche ritenendo non sussistente la dedotta forza maggiore , ma non avrebbe potuto la stessa Amministrazione semplicemente ignorarla procedendo ad immediata espulsione. La seconda doglianza è anch’essa fondata. Appare infatti da confermare il nuovo e recente indirizzo interpretativo di questa Corte secondo cui, ad eccezione dei casi in cui la lingua dello straniero sia rara e non facilmente conoscibile sul territorio nazionale, l’amministrazione dell’Interno deve predisporre testi informatizzati dei provvedimenti di espulsione nelle lingue straniere più comunemente parlate dagli immigranti stranieri arabo, cinese, albanese, russo etc in modo tale che, pur garantendosi le esigenze dell’amministrazione di governare con celerità fenomeni complessi, si assicuri tuttavia una informazione effettiva ed immediata allo straniero a garanzia dei suoi diritti Cass. 3678/12 . In tal senso la formula contenuta nei provvedimenti espulsivi circa l’impossibilità di rinvenire un traduttore della lingua conosciuta dallo straniero non appare rispondere adeguatamente ad un sindacato di ragionevolezza e plausibilità nei casi in cui, come in quello di specie, la lingua parlata dallo straniero albanese sia facilmente suscettibile di essere posta alla base di provvedimenti espulsivi informatizzati da notificare agli stranieri. In conclusione ricorrono i requisiti di cui all’articolo 375 cpc per la trattazione in camera di consiglio. P.Q.M. Rimette il processo al Presidente della sezione per la trattazione in Camera di Consiglio. Considerato che non emergono elementi che possano portare a diverse conclusioni di quelle rassegnate nella relazione di cui sopra che pertanto il ricorso va accolto con conseguente cassazione del provvedimento che, sussistendo i requisiti di cui all’articolo 384 cpc, la causa può essere decisa nel merito con annullamento del provvedimento di espulsione che l’amministrazione va condannata, quale soccombente, al pagamento delle spese di 1 giudizio liquidate come da dispositivo P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento di espulsione, condanna l’Amministrazione al pagamento delle spese di causa liquidate in euro 1000,00 per onorari oltre euro 200,00 per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge.