Il datore di lavoro supera i limiti quantitativi per il lavoro interinale: niente rapporto diretto

In tema di lavoro interinale, nel caso in cui l’utilizzatore, in violazione dell’articolo 1, comma 8, l. numero 196/1997 applicabile ratione temporis stipuli con il fornitore contratti di fornitura di lavoro temporaneo in misura eccedente la percentuale fissata dai contratti collettivi, non si instaura un ordinario rapporto di lavoro subordinato tra lavoratore ed utilizzatore.

È quanto deciso dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 21399/15, depositata il 21 ottobre. Il caso. Un uomo conveniva in giudizio la s.p.a. alle cui dipendenze aveva lavorato per alcuni anni con contratti di fornitura di lavoro a tempo determinato - stipulati dalla società con varie agenzie di lavoro interinale -, per veder accertata l’illegittimità del ricorso alla fornitura di lavoro a tempo determinato e conseguentemente per ottenere la conversione dei rapporti a termine intermediati in un rapporto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato alle dipendenze della s.p.a Il Tribunale dichiarava l’illegittimità del contratto di lavoro interinale, ma la Corte d’appello riformava la pronuncia di primo grado. Avverso tale decisione, ricorre per cassazione l’uomo, lamentando che la Corte d’appello aveva trascurato di considerare che il legislatore aveva posto fine al radicale e assoluto divieto di intermediazione di cui alla l. numero 1369/1960, ammettendo, accanto alle ipotesi legali di uso del contratto di fornitura, le ipotesi individuate nei contratti collettivi. Ciò a condizione che si tratti di contratti collettivi di livello nazionale stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative e che i contratti individuino i limiti quantitativi alla possibilità di utilizzo dei lavoratori interinali. Nel caso di specie, secondo la ricostruzione del ricorrente, tali limiti sono stati superati, con la conseguenza che il rapporto deve intendersi costituito direttamente alle dipendenze dell’imprenditore utilizzatore a tempo indeterminato. Il superamento dei limiti non comporta l’instaurazione del rapporto con l’utilizzatore. Sul punto, gli Ermellini hanno ricordato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di lavoro interinale, nel caso in cui l’utilizzatore, in violazione dell’articolo 1, comma 8, l. numero 196/1997 applicabile ratione temporis «I prestatori di lavoro temporaneo non possono superare la percentuale dei lavoratori, occupati dall'impresa utilizzatrice in forza di contratto a tempo indeterminato, stabilita dai contratti collettivi nazionali della categoria di appartenenza dell'impresa stessa, stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi» , stipuli con il fornitore contratti di fornitura di lavoro temporaneo in misura eccedente la percentuale fissata dai contratti collettivi, non si instaura un ordinario rapporto di lavoro subordinato tra lavoratore ed utilizzatore, attesa l’assenza di ogni sanzione per la suddetta irregolarità, che riguarda la sola posizione dell’utilizzatore e non può inficiare il rapporto tra lavoratore e fornitore. Secondo l’insegnamento del Supremo Collegio, inoltre, quando l’irregolarità denunciata, come nel caso di specie, non inficia il contratto tra impresa fornitrice e impresa utilizzatrice, questo spiega i suoi effetti naturali, così integrando lo schema legale che prevede obblighi di retribuzione a contribuzione a carico della fornitrice, ed impedisce di ricadere nel paradigma del rapporto di lavoro subordinato ordinario con l’utilizzatrice. Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte ha rigettato il ricorso in esame.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 20 maggio . 21 ottobre 2015, numero 21399 Presidente Stile – Relatore Esposito Svolgimento del processo 1. D.D. conveniva in giudizio A.S.T. s.p.a., alle cui dipendenze aveva lavorato come autista dal 2001 al 2004 in forza di contratti di fornitura di lavoro a tempo determinato, stipulati dalla predetta con varie agenzie di lavoro interinale, tra le quali, da ultima, Ali s.p.a. Deduceva l'illegittimità dei contratti, in primo luogo per il superamento dei limiti percentuali di lavoratori interinali rispetto a quelli dipendenti dall'utilizzatore, così come fissati dalla contrattazione collettiva ex articolo 1 comma 8 l. numero 196/1997. Chiedeva, pertanto, accertarsi l'illegittimità del ricorso alla fornitura lavoro a tempo determinato da parte di A.S.T., la nullità dei termini finali apposti ai contratti di fornitura, la conseguente conversione dei rapporti a termine intermediati in un rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato direttamente alle dipendenze dell'A.S.T 2. Il Tribunale adito riteneva illegittimo il contratto di lavoro interinale stipulato il 3/10/2003 per il periodo 4/10/2003-20/12/2003, per violazione della clausola di contingentamento di cui all'articolo 7 lett. d c.c.numero l. autoferrotranvieri del 27/11/2000, in base alla quale i lavoratori interinali non potevano superare l'8% della forza già in organico presso l'impresa utilizzatrice. 3. A seguito di appello interposto da AST la Corte d'Appello di Palermo, con sentenza del 26/2/2009, riformava la sentenza di primo grado. Osservava che il contratto in questione doveva ritenersi disciplinato dalla l. 196/1997 e non dal d.lgs 276/2003, entrato in vigore il 24/10/2003, dopo che il contratto individuale di lavoro era stato stipulato 3/10/2003 . Rilevava che l'articolo 10 l. 196/1997 non censurava l'ipotesi del mancato rispetto dei limiti percentuali di contingentamento. Deduceva, inoltre, che sulla base dell'articolo 86 comma 3 d.lgs. 276/2003, doveva escludersi l'esistenza di limiti percentuali previsti per l'utilizzo di lavoratori interinali nel periodo intercorrente tra l'entrata in vigore del d.lgs. 276/2003 ed il rinnovo del c.c.numero l. autoferrotranvieri avvenuto il 14/12/2004, talché il ceni aveva mantenuto efficacia solo nella parte relativa alla individuazione delle esigenze temporanee legittimanti il ricorso al contratto a tempo determinato. 4. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il D. , articolando due motivi d'impugnazione. Resiste l'intimata con controricorso, illustrato con memorie. Motivi della decisione 1. Il ricorrente deduce con il primo motivo, ai sensi dell'articolo 360 comma 1 numero 3, violazione e falsa applicazione degli articolo 1, comma 2 lett. a e 8 articolo 10 comma 1 l. 196 del 1997 articolo 1 comma 5 l. 1369/1960 articolo 86 comma 3 d.lgs. 275/2003. Osserva che la Corte d'Appello aveva trascurato di considerare il chiaro tenore letterale dell'articolo 1 comma 2 l. 196/1997. Rileva che il legislatore aveva posto fine al radicale e assoluto divieto di intermediazione di cui alla l. 1369/1960, fissando i limiti della professionalità degli intermediari e della tassatività delle ipotesi. Ha ammesso, pertanto, accanto alle ipotesi legali di uso del contratto di fornitura, le ipotesi individuate nei contratti collettivi, ponendo due condizioni che si tratti di contratti collettivi di livello nazionale stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative che i contratti individuino i limiti quantitativi alla possibilità di utilizzo dei lavoratori interinali. Poiché nel caso di specie è stato acclarato in giudizio il superamento dei limiti percentuali previsti dall'articolo 7 lett. d del ceni autoferrotranvieri 27/11/2000, deve reputarsi vi sia stata fornitura di lavoro temporaneo al di fuori dei casi consentiti dal ceni, talché il rapporto deve intendersi costituito direttamente alle dipendenze dell'imprenditore utilizzatore e a tempo indeterminato. Osserva che i due limiti percentuali previsti dall'articolo 7 lett. d e dall'articolo 7 lett. f c.c.numero l. citato non si escludono ma si applicano in modo concorrente, nel senso che i lavoratori interinali devono rimanere in ogni trimestre nella media dell'8 % dei lavoratori a tempo indeterminato in forza all'azienda, e sommati ai lavoratori a termine contestualmente assunti direttamente dall'azienda non devono superare il limite del 20%. 2. Il motivo di ricorso è infondato alla luce del principio affermato da questa Corte di legittimità, che in questa sede s'intende ribadire, secondo il quale In tema di lavoro interinale , nel caso in cui l'utilizzatore, in violazione dell'articolo 1, comma 8, della legge numero 196 del 1997, applicabile ratione temporis , stipuli col fornitore contratti di fornitura di lavoro temporaneo in misura eccedente la percentuale fissata dai contratti collettivi, non si instaura un ordinario rapporto di lavoro subordinato tra lavoratore e utilizzatore, attesa l'assenza di ogni sanzione per la suddetta irregolarità, che riguarda la sola posizione dell'utilizzatore e non può inficiare il rapporto tra lavoratore e fornitore Sez. L, Sentenza numero 5667 del 10/04/2012, Rv. 622267 . Nella citata pronuncia la Corte ha precisato che quando la irregolarità denunciata, come nella specie, non attiene né inficia il contratto tra impresa fornitrice e impresa utilizzatrice, questo spiega i suoi effetti naturali , così integrando lo schema legale che prevede obblighi di retribuzione e contribuzione a carico della fornitrice, ed impedisce di ricadere nel paradigma del rapporto di lavoro subordinato ordinario con la utilizzatrice. 3. Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza nel punto in cui si afferma che al contratto di lavoro non sono applicabili i limiti percentuali previsti dal citato contratto dei ferrotranvieri. Osserva che nel caso in argomento si è di fronte a un contratto di somministrazione che ha avuto la sua genesi in data anteriore alla vigenza del d.lgs. 276/2003, i cui effetti, successivamente al 24/10/2003, data di entrata in vigore del predetto decreto, dovevano essere verificati in base allo ius superveniens d.lgs. citato, articolo 20 e seguenti , il quale sanziona espressamente il superamento dei limiti previsti dai contratti collettivi, con la conseguenza che non si pone una questione di diritto transitorio ma di diritto intertemporale. 4. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato. Il contratto intercorso tra le parti, infatti, è stato stipulato vigente il regime giuridico antecedente al d.lgs. 275/2003 e dallo stesso è regolato legge numero 196 del 1997 . Esso, come si è visto con riferimento alla prima censura formulata, non prevedeva la sanzione della conversione per il caso di violazione delle percentuali previste dalle clausole di contingentamento contenute nei CCNL. La circostanza che l'articolo 86 del citato d.lgs. abbia previsto un regime transitorio idoneo a determinare la perdita di efficacia, fino alla scadenza, di tutte le clausole dettate dai ceni in materia di fornitura di lavoro interinale, ad eccezione di quelle che stabilivano le esigenze di carattere temporaneo atte a giustificare la somministrazione di lavoro a termine, sta a significare, inoltre, la volontà del legislatore di attuare un graduale passaggio dalla vecchia disciplina, che non prevedeva alcun limite percentuale, alla nuova, che ha rimesso alle parti sociali l'individuazione dei limiti di contingentamento, avuto riguardo alle peculiarità del nuovo istituto di somministrazione di manodopera. Alla luce della ratio della disciplina transitoria non può razionalmente accreditarsi la soluzione interpretativa prospettata dal ricorrente, la quale finisce con l'attribuire ai contratti stipulati prima della vigenza del d.lgs. 276/2003 un regime sanzionatorio più severo di quello previsto dalla richiamata disciplina transitoria. 5.Con il terzo motivo il ricorrente si duole di violazione o falsa applicazione dell'articolo 7 comma 3 legge reg. siciliana numero 21/2006 e correlato vizio di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia. Osserva che la norma menzionata aveva previsto la stabilizzazione dei lavoratori a tempo determinato utilizzati da A.S.T. s.p.a. e, poiché il ricorrente al momento della entrata in vigore della norma era in servizio, essendo stato riammesso nel posto di lavoro in virtù della provvisoria esecutorietà della sentenza di primo grado, era suscettibile di stabilizzazione ex lege. Rileva che la Corte d'Appello aveva omesso di motivare su tale decisivo aspetto. 6. Il motivo è inammissibile sotto il profilo di carenza di autosufficienza del ricorso. Ed invero non si indicano, secondo i criteri dettati dalla giurisprudenza di legittimità, gli atti di parte nell'ambito dei quali la questione, che non risulta dibattuta in sentenza e si assume non esaminata, è stata prospettata cfr. Sez. 6 - 5, Ordinanza numero 5344 del 04/03/2013, Rv. 625408 Affinché possa utilmente dedursi in sede di legittimità un vizio di omessa pronuncia, è necessario, da un lato, che al giudice di merito fossero state rivolte una domanda o un'eccezione autonomamente apprezzabili e, dall'altro, che tali domande o eccezioni siano state riportate puntualmente, nei loro esatti termini, nel ricorso per cassazione, per il principio dell'autosufficienza, con l'indicazione specifica, altresì, dell'atto difensivo o del verbale di udienza nei quali le une o le altre erano state proposte, onde consentire al giudice di verificarne, in primo luogo, la ritualità e la tempestività e, in secondo luogo, la decisività Cass. Sez. L, Sentenza numero 9076 del 19/04/2006, Rv. 588498 Per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, valido oltre che per il vizio di cui all'articolo 360, comma primo, numero 5 anche per quello previsto dal numero 3 della stessa disposizione normativa, il ricorrente che denunzia la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quali quelle processuali, non può limitarsi a specificare soltanto la singola norma di cui, appunto, si denunzia la violazione, ma deve indicare gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività di detta violazione . 7. Per tutte le ragioni indicate il ricorso va rigettato. L'esito alterno delle decisioni giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.