Mediaset Premium: indennizzo se c'è un disservizio

Mediaset Premium cerca, invano, di restare fuori dalla disciplina decisa dall'Autorità per le comunicazioni, sostenendo di essere un mero aggregatore e, quindi, non rientrerebbe nell’ambito applicativo del Codice delle Comunicazioni elettroniche che esclude espressamente i fornitori di contenuti. Ma i giudici di ambo i gradi non ci stanno.

Individuati i casi di disservizio che danno diritto a ricevere l’indennizzo. Con delibera numero 73/2011 l’AGCOM ha individuato le fattispecie di disservizio che comportano a carico dell’operatore l’obbligo di riconoscere automaticamente un indennizzo all’utente finale secondo parametri stabiliti nelle loro condizioni contrattuali. L’Autorità ha altresì approvato il Regolamento nel quale ha definito alcuni criteri utili per garantire una più omogenea quantificazione degli indennizzi da corrispondere all’utente finale all’esito della definizione stragiudiziale della controversia eventualmente deferita alla cognizione dell’Autorità. La delibera, unitamente al Regolamento ed alla presupposta delibera AGCOM numero 124/2010 relativa alla Consultazione pubblica preventiva all’adozione del Regolamento è stata impugnata da Reti Televisive Italiane RTI spa, operatore del servizio televisivo a pagamento denominato Mediaset Premium , con ricorso al TAR Lazio, che lo ha respinto con sentenza numero 9707/2011. Infatti la sentenza TAR correttamente rileva che RTI, da un lato, opera sulla base «di autorizzazioni alla fornitura di contenuti e servizi di radiodiffusione televisiva in tecnica digitale terrestre», mentre, dall’altro, agisce anche come «fornitore di servizi di accesso condizionato distribuendo agli utenti i pacchetti necessari per l’attivazione dei contenuti televisivi, propedeutici alla visione degli stessi». In sostanza, come ha osservato, inoltre, l’Avvocatura dello Stato, nel momento in cui RTI fornisce agli abbonati alla propria pay tv Mediaset Premium contenuti che, pur prodotti da terzi, sono comunque organizzati in un canale Disney Channel , per ciò solo già svolge un’attività di trasmissione servizi sulla piattaforma televisiva riconducibile alla nozione di servizio di comunicazione elettronica come definito dal Codice delle Comunicazioni elettroniche. Pertanto, la circostanza che RTI spa svolga anche un controllo editoriale sui propri contenuti non costituisce argomento sufficiente per escluderla dalla categoria dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica ai sensi dell’art 1, lett. gg , Codice C.E Né tanto meno può ritenersi irrilevante la circostanza messa in luce dal TAR che RTI intrattenga rapporti diretti con l’utente finale infatti il fornitore di soli contenuti intrattiene rapporti solo a livello di offerta generale wholesale , e non anche a livello individuale con l’utente finale . RTI spa o Elettronica Industriale spa? Secondo RTI, invece, l’operatore di rete televisiva digitale terrestre va individuato non nella RTI medesima, ma nella Elettronica Industriale spa società con capitale controllato interamente da RTI e che questa in osservanza del TUSMAR, articolo 5, lett. g deve essere un soggetto giuridico separato dal soggetto fornitore di contenuti obbligo di separazione societaria infatti tale obbligo è operante solo nei confronti dell’emittente che sia anche operatore di rete in ambito televisivo nazionale ovvero fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato. Ma a differenza di quanto asserito da RTI, il Codice delle Comunicazioni non esclude i servizi di pay tv dalla definizione di servizi di comunicazione elettronica e, quindi, dalla applicazione della disciplina dettata dallo stesso Codice. Secondo il ricorrente, RTI non va qualificato come mero fornitore di contenuti, ciò in quanto la suddetta società consegna all’utente «il kit necessario alla ricezione delle trasmissioni» ed in proposito precisa che il servizio Mediaset Premium può essere ricevuto mediante una semplice smart card , consegnata in comodato al solo fine di accedere al contenuto televisivo della pay tv. Ma ciò non basta, secondo il Collegio, per sostenere che non siamo in presenza di un servizio di comunicazione elettronica, in quanto, senza la fruizione della smart card , non sarebbe possibile né alla RTI fornire i programmi presso l’abitazione dell’utente né a quest’ultimo riceverli, trattandosi di programmi trasmessi in forma codificata. Di conseguenza, è irrilevante l’osservazione che il contratto tra fornitore di contenuti televisivi ed utente finale venga stipulato «per vedere i programmi, e non certo per acquisire la smart card». Secondo RTI, peraltro, l’articolo 84, comma 1, D.lgs. numero 259/2003 a prescindere dalla non applicabilità ai servizi di pay tv prevede che gli indennizzi possano essere riconosciuti soltanto nei casi giustificati , cioè non in via generale e astratta, ma a seguito di accertamenti caso per caso. Inoltre, l’articolo 1, comma 11, l. numero 249/1997 attribuisce ad AGCOM soltanto il compito di definire le modalità per la soluzione extragiudiziale delle controversie caso per caso, mentre la delibera impugnata definisce in via generale ed astratta sia l’obbligo di versare indennizzi sia il quantum. E così, l’articolo 2, comma 12, lett. g, l. numero 481/1995 collega la previsione di indennizzi automatici all’esercizio di poteri di controllo da parte di Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità attraverso ispezioni, accesso e acquisizione di documentazione. Ma tali norme indicate dal TAR, secondo l'appellante, si riferirebbero alla diversa fattispecie di pagamenti di indennizzi disposti caso per caso all’esito di specifici procedimenti di esame del disservizio. L’AGCOM può adottare procedure per esaminare controversie in cui sono coinvolti consumatori e utenti finali. Ma la Sezione, relativamente a questi aspetti, ha ritenuto di confermare totalmente la sentenza di primo grado. Infatti, l’articolo 84 del Codice Telecomunicazioni attribuisce ad AGCOM il potere di adottare «procedure extra giudiziali trasparenti, semplici e poco costose per l’esame delle controversie in cui sono coinvolti i consumatori e gli utenti finali» , «prevedendo nei casi giustificati un sistema di rimborso o di indennizzo». L’AGCOM correttamente ha indicato in tale norma la base giuridica della delibera che è stata impugnata da RTI, ma invero appare evidente che la fissazione della misura degli indennizzi per definire le controversie tra operatori ed utenti finali rappresenta – tra quelle teoricamente possibili la modalità concreta prescelta da AGCOM per esercitare il potere di adottare procedure semplici e trasparenti per la risoluzione delle controversie in applicazione del citato articolo 84 Codice Telecomunicazioni. Tra l'altro, a giudizio della Sezione, appare difficile contestare che in tal guisa AGCOM raggiunge l’obiettivo di garantire sia la certezza del diritto e la differenziazione tra le varie tipologie di disservizio esaminate sia l’uniformità di trattamento delle varie tipologie di disservizi indipendentemente dall’operatore interessato. Inoltre, in una lettura sistematica dell’art 84 citato, appare plausibile che il Codice C.E., nel disporre l’attribuzione degli indennizzi nei casi giustificati , non intenda riferirsi all’esito di un esame dei disservizi caso per caso come asserisce l’appellante , ma piuttosto alla preventiva operazione di individuazione dei disservizi le cui tipologie -per l’appunto meritano una misura di ristoro. In sostanza, l’AGCOM, con la delibera impugnata, non ha violato la portata del citato articolo 84, nella misura in cui tale disposizione – a dire dell’appellante avrebbe consentito soltanto la previsione astratta di un sistema di indennizzo, e non, invece, la introduzione di criteri di calcolo predeterminati infatti in tal modo – come ha osservato il TAR si svuoterebbe di efficacia la disposizione legislativa volta alla «equa e tempestiva risoluzione» delle controversie, lasciando in sostanza quasi invariato il precedente sistema di calcolo basato sulle previsioni dei singoli operatori che aveva dato luogo a significativi fenomeni di disparità di trattamento nella determinazione degli indennizzi . La limitazione invocata da RTI, peraltro, non porterebbe alcun vantaggio per gli stessi operatori, visto che nei rapporti con i propri utenti ciascun operatore resta libero di applicare importi unitari di indennizzo diversi da quelli del Regolamento impugnato e considerato che gli importi definiti dal Regolamento trovano applicazione solo qualora l’operatore non abbia già corrisposto gli indennizzi contrattualmente prefissati prima della instaurazione della controversia oppure si sia, comunque, impegnato a farlo in sede conciliativa. In sostanza, il Collegio rileva che nella ricostruzione del quadro normativo di riferimento, va fatto un rapido cenno anche all’articolo 2, comma 12, l. numero 481/1995 che, tra le funzioni assegnate alle Autorità di Regolazione dei Servizi di pubblica utilità, inserisce anche quella di determinare i casi di indennizzo automatico da parte del soggetto esercente il servizio nei confronti dell’utente nei casi di violazione di clausole contrattuali o erogazione del servizio a livelli qualitativi inferiori a quelli stabiliti in regolamento infatti la disposizione non si riferisce al potere di adozione di specifici provvedimenti dell’Autorità in caso di disservizi, ma al potere di determinazione dei casi , intesi come tipologia di indennizzo automatico a favore dell’utente. L’indennizzo automatico «fa a pugni» con il risarcimento danni? Pertanto, considerato che l’esercizio del potere regolamentare della AGCOM trova esplicito fondamento legale oltre che nella legge numero 249/1997, articolo 1 almeno nella citata normativa del Codice C.E., non sussiste neanche la prospettata violazione dell’articolo 23 Cost., che contempla il limite della riserva relativa di legge in materia di imposizione di prestazioni patrimoniali. Infine, uno dei motivi di appello riguardava anche la presunta violazione delle disposizioni del c.c. in materia di danno da illecito contrattuale e di corrispondente responsabilità. A tale proposito, il Consiglio di Stato, osserva che la sentenza TAR correttamente afferma che l’introduzione dell’indennizzo automatico non contrasta con i principi civilistici in materia di risarcimento del danno, in quanto il medesimo assolve la diversa funzione di ristoro del disagio causato all’utente dal mancato rispetto da parte degli operatori degli standard qualitativi promessi, ferma restando la possibilità di adire il competente giudice per il risarcimento del danno. D’altra parte, se la previsione di un sistema di ristoro del disagio subito dall’utente, mediante la mera constatazione del disservizio, risponde alla esigenza di celere ed uniforme definizione delle tipologie standard delle controversie, per altro verso a differenza di quanto ha asserito l’appellante il Regolamento non ha, in tal guisa, introdotto un’ipotesi di pregiudizio da presumersi senza prova contraria infatti, premesso che l’operatore ha pur sempre la possibilità di provare l’inesistenza del disservizio e la forza maggiore delibera impugnata articolo 2 , risulta determinante la considerazione che non ci si trova in presenza della equazione civilistica danno illecito = risarcimento. Infatti l’indennizzo automatico, per la sua stessa funzione di semplice ristoro del disagio patito dall’utente, ha natura diversa dal pregiudizio economico risarcibile e, quindi, ad esso non sono applicabili le categorie degli elementi soggettivi ed oggettivi previsti dal diritto civile per la responsabilità contrattuale.

Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 25 maggio 2012 9 aprile 2013, numero 1961 Presidente Botto – Estensore Spiezia Fatto e diritto 1.Con delibera numero 73/2011 l’AGCOM ha individuato le fattispecie di disservizio che comportano a carico dell’operatore l’obbligo di riconoscere automaticamente un indennizzo all’utente finale secondo parametri stabiliti nelle loro condizioni contrattuali l’Autorità ha altresì approvato il Regolamento nel quale ha definito alcuni criteri utili per garantire una più omogenea quantificazione degli indennizzi da corrispondere all’utente finale all’esito della definizione stragiudiziale della controversia eventualmente deferita alla cognizione dell’Autorità . La delibera, unitamente al Regolamento ed alla presupposta delibera AGCOM numero 124/2010 relativa alla Consultazione pubblica preventiva all’adozione del Regolamento è stata impugnata da Reti Televisive Italiane RTI spa, operatore del servizio televisivo a pagamento denominato “ Mediaset Premium”, con ricorso al TAR Lazio, che lo ha respinto con sentenza numero 9707/2011, spese compensate . 1.1.Avverso la sentenza RTI ha presentato l’appello in epigrafe, chiedendone la riforma mediante la riproposizione in sostanza dei tre articolati motivi di impugnazione di primo grado . Si è costituita in giudizio l’AGCOM che, con memoria, ha puntualmente controdedotto alle avverse censure, chiedendo il rigetto dell’appello. Con memoria difensiva nell’imminenza dell’udienza pubblica RTI ha replicato alle argomentazioni dell’AGCOM, insistendo per l’accoglimento dell’appello . Alla pubblica udienza del 25 maggio 2012, uditi i difensori presenti per le parti, la causa è passata in decisione . 2.In diritto la controversia concerne la contestata legittimità, sotto diversi profili , della delibera AGCOM numero 73/2011 che ha approvato il “Regolamento in materia di indennizzi applicabili nella definizione delle controversie tra utenti ed operatori e individuazione delle fattispecie di indennizzo automatico ai sensi dell’art 2 comma 12,lett. g della legge 14 novembre 1995 numero 481”, nonché del Regolamento allegato e della presupposta delibera n 124/2010 che ha indetto la consultazione pubblica sullo schema di Regolamento . Le disposizioni del Regolamento sono entrate in vigore dal giorno successivo alla pubblicazione sulla G U 24 marzo 2011 , mentre per quelle che disciplinano gli indennizzi automatici l’applicazione era prevista solo a partire dall’1 gennaio 2012 . Nel respingere i tre articolati mezzi di impugnazione formulati da RTI, in particolare, la sentenza TAR si è pronunciata nei sensi di seguito sintetizzati A. in primo luogo il Regolamento in questione è applicabile alle imprese che forniscono servizi televisivi a pagamento, atteso che – a differenza da quanto asserito dalla ricorrente non siamo in presenza di un mero aggregatore e venditore di contenuti, ma di un soggetto che opera sul mercato delle attività televisive come titolare di concessioni televisive per trasmissioni di canali analogici nazionali e come titolare di autorizzazioni alla fornitura di contenuti e servizi di radiodiffusione televisiva in tecnica digitale terrestre tale soggetto , inoltre, ha un rapporto diretto con l’utente finale al quale, stipulando un contratto, trasmette in forma codificata i pacchetti aggregati e consegna il kit necessario alla ricezione delle trasmissioni B. quanto alla corresponsione degli indennizzi automatici, la legge n 481/1995, all’articolo 2, comma 12, prevede il potere dell’AGCOM di procedere alla determinazione dei casi di indennizzo automatico e tale previsione costituisce il fondamento della definizione dei casi di disservizio che comportano l’indennizzo automatico né l’Autorità ha introdotto prescrizioni autoritative circa la misura degli indennizzi automatici che, in realtà, è già stabilita dalle condizioni contrattuali dei singoli operatori C. le disposizioni regolamentari sull’indennizzo non si pongono in contrasto con i principi civilistici in materia di risarcimento del danno , in quanto l’indennizzo assolve la funzione di ristoro del disagio dall’utente ed è basato sul mancato rispetto degli standard di prestazione contrattualmente determinati dall’operatore televisivo. 2.1.Con il primo motivo d’appello RTI spa riproponendo le censure di primo grado deduce che il Regolamento non sarebbe applicabile nei propri confronti in quanto, in qualità di fornitore di servizi di televisione a pagamento, costituirebbe un mero aggregatore di contenuti e, quindi, non rientrerebbe nell’ambito applicativo del Codice delle Comunicazioni elettroniche che esclude espressamente i fornitori di contenuti . La doglianza non appare condivisibile . Infatti la sentenza TAR correttamente rileva che RTI, da un lato, opera sulla base” di autorizzazioni alla fornitura di contenuti e servizi di radiodiffusione televisiva in tecnica digitale terrestre”, mentre, dall’altro, agisce anche come “fornitore di servizi di accesso condizionato distribuendo agli utenti i pacchetti necessari per l’attivazione dei contenuti televisivi, propedeutici alla visione degli stessi”. Come ha osservato, inoltre, l’Avvocatura dello Stato, nel momento in cui RTI fornisce agli abbonati alla propria pay tv Mediaset Premium contenuti che, pur prodotti da terzi, sono comunque organizzati in un canale Disney Channel , per ciò solo già svolge un’attività di trasmissione servizi sulla piattaforma televisiva riconducibile alla nozione di servizio di comunicazione elettronica come definito dal Codice delle Comunicazioni elettroniche. . Pertanto, la circostanza che RTI spa svolga anche un controllo editoriale sui propri contenuti non costituisce argomento sufficiente per escluderla dalla categoria dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica ai sensi dell’art 1, lett . gg . Codice C .E Né tanto meno può ritenersi irrilevante lacircostanza messa in luce dal TAR che RTI intrattenga rapporti diretti con l’utente finale infatti il fornitore di soli contenuti intrattiene rapporti solo a livello di offerta generale wholesale , e non anche a livello individuale con l’utente finale . 2.2.Né giova a RTI rappresentare appello pag 10 che l’operatore di rete televisiva digitale terrestre va individuato non nella RTI medesima, ma nella Elettronica Industriale spa società con capitale controllato interamente da RTI e che questa in osservanza del TUSMAR, articolo 5, lett. g deve essere un soggetto giuridico separato dal soggetto fornitore di contenuti obbligo di separazione societaria infatti tale obbligo è operante solo nei confronti dell’emittente che sia anche operatore di rete in ambito televisivo nazionale ovvero fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato. Inoltre, a differenza di quanto asserito da RTI app. pag 11 , il Codice delle Comunicazioni non esclude i servizi di pay tv dalla definizione di servizi di comunicazione elettronica e,quindi,dalla applicazione della disciplina dettata dallo stesso Codice. 2.3.Infine l’appellante contesta la sentenza TAR nella parte in cui, per comprovare che RTI non va qualificato come mero fornitore di contenuti, afferma che la suddetta società consegna all’utente “il kit necessario alla ricezione delle trasmissioni” ed in proposito precisa che il servizio “Mediaset Premium” può essere ricevuto mediante una semplice “smart card”, consegnata in comodato al solo fine di accedere al contenuto televisivo della pay tv l’argomento, comunque, non è determinante per sostenere che non siamo in presenza di un servizio di comunicazione elettronica, in quanto, senza la fruizione della“smart card”, non sarebbe possibile né alla RTI fornire i programmi presso l’abitazione dell’utente né a quest’ultimo riceverli, trattandosi di programmi trasmessi in forma codificata . Per queste stesse ragioni è irrilevante l’osservazione dell’appellante memoria replica pag. 6 che il contratto tra fornitore di contenuti televisivi ed utente finale viene stipulato “per vedere i programmi, e non certo per acquisire la smart card”. 2.4. Con il secondo motivo di appello RTI spa censura la sentenza TAR nella parte in cui quanto agli indennizzi e rimborsi automatici ed a quelli non automatici imposti dal Regolamento in questione a carico degli operatori di comunicazioni elettroniche ha individuato la base normativa dell’intervento di AGCOM nel DLGS numero 259/2003, art 84, nonché nella legge numero 249/1997, art . 1, comma 11, e nella legge numero 481/1995, art 2, comma 12, lett. g . Riproponendo quanto dedotto in primo grado, RTI spa rileva che la normativa richiamata dal TAR non giustificherebbe l’adozione della delibera AGCOM numero 73/2011 per i seguenti motivi A l’articolo 84, comma 1, DLGS numero 259/2003 a prescindere dalla non applicabilità ai servizi di pay tv prevede che gli indennizzi possano essere riconosciuti soltanto “ nei casi giustificati”, cioè non in via generale e astratta, ma a seguito di accertamenti caso per caso B l’articolo 1, comma 11, l.249/1997 attribuisce ad AGCOM soltanto il compito di definire le “modalità” per la soluzione extragiudiziale delle controversie caso per caso, mentre la delibera impugnata definisce in via generale ed astratta sia l’obbligo di versare indennizzi sia il quantum C l’articolo 2, comma 12, lett. g, della legge numero 481/1995 collega la previsione di indennizzi automatici all’esercizio di poteri di controllo da parte di Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità attraverso ispezioni, accesso e acquisizione di documentazione . Ad avviso dell’appellante tutte le norme indicate dal TAR si riferirebbero alla diversa fattispecie di pagamenti di indennizzi disposti caso per caso all’esito di specifici procedimenti di esame del disservizio . 2.4.1.Sul punto in questione il Collegio ritiene che la motivazione della sentenza TAR meriti conferma. Premesso che l’articolo 84 del Codice Telecomunicazioni attribuisce ad AGCOM il potere di adottare “procedure extra giudiziali trasparenti, semplici e poco costose per l’esame delle controversie in cui sono coinvolti i consumatori e gli utenti finali”, “prevedendo nei casi giustificati un sistema di rimborso o di indennizzo”, l’AGCOM correttamente ha indicato in tale norma la base giuridica della delibera impugnata vedi punto II.i invero appare evidente che la fissazione della misura degli indennizzi per definire le controversie tra operatori ed utenti finali rappresenta – tra quelle teoricamente possibili la modalità concreta prescelta da AGCOM per esercitare il potere di adottare procedure semplici e trasparenti per la risoluzione delle controversie in applicazione del citato art 84 Codice Telecomunicazioni tra l’altro appare difficile contestare che in tal guisa AGCOM raggiunge l’obiettivo di garantire sia la certezza del diritto e la differenziazione tra le varie tipologie di disservizio esaminate sia l’uniformità di trattamento delle varie tipologie di disservizi indipendentemente dall’operatore interessato. Inoltre, in una lettura sistematica dell’art 84 citato, appare plausibile che il Codice C.E., nel disporre l’attribuzione degli indennizzi “nei casi giustificati”, non intenda riferirsi all’esito di un esame dei disservizi “caso per caso” come asserisce l’appellante , ma piuttosto alla preventiva operazione di individuazione dei disservizi le cui tipologie -per l’appunto meritano una misura di ristoro. 2.4.2.Né l’AGCOM ha violato la portata del citato art 84, nella misura in cui tale disposizione – a dire dell’appellante avrebbe consentito soltanto la previsione astratta di un sistema di indennizzo, e non, invece, la introduzione di criteri di calcolo predeterminati infatti in tal modo – come ha osservato il TAR si svuoterebbe di efficacia la disposizione legislativa volta alla “equa e tempestiva risoluzione” delle controversie, lasciando in sostanza quasi invariato il precedente sistema di calcolo basato sulle previsioni dei singoli operatori che aveva dato luogo a significativi fenomeni di disparità di trattamento nella determinazione degli indennizzi . Tale invocata limitazione, inoltre, non porterebbe alcun vantaggio per gli stessi operatori, visto che nei rapporti con i propri utenti ciascun operatore resta libero di applicare importi unitari di indennizzo diversi da quelli del Regolamento impugnato e considerato che gli importi definiti dal Regolamento trovano applicazione solo qualora l’operatore non abbia già corrisposto gli indennizzi contrattualmente prefissati prima della instaurazione della controversia oppure si sia, comunque, impegnato a farlo in sede conciliativa delibera AGCOM impugnata p. II . ii . 2.5.Infine, nella ricostruzione del quadro normativo di riferimento, va fatto un rapido cenno anche all’art . 2. comma 12, legge numero 481/1995 che, tra le funzioni assegnate alle Autorità di Regolazione dei Servizi di pubblica utilità, inserisce anche quella di determinare i casi di indennizzo automatico da parte del soggetto esercente il servizio nei confronti dell’utente nei casi di violazione di clausole contrattuali o erogazione del servizio a livelli qualitativi inferiori a quelli stabiliti in regolamento infatti la disposizione non si riferisce al potere di adozione di specifici provvedimenti dell’Autorità in caso di disservizi, ma al potere di determinazione dei “casi”, intesi come tipologia di indennizzo automatico a favore dell’utente. Pertanto, considerato che l’esercizio del potere regolamentare della AGCOM trova esplicito fondamento legale oltre che nella legge numero 249/1997, art 1 almeno nella citata normativa del Codice C.E. , non sussiste neanche la prospettata violazione dell’art, 23 Cost., che contempla il limite della riserva relativa di legge in materia di imposizione di prestazioni patrimoniali . 2.6.Va, infine, respinto anche il terzo ed ultimo motivo di appello con il quale RTI censura la sentenza TAR per violazione delle disposizioni del Codice civile in materia di danno da illecito contrattuale e di corrispondente responsabilità . La sentenza TAR correttamente afferma che l’introduzione dell’indennizzo automatico non contrasta con i principi civilistici in materia di risarcimento del danno, in quanto il medesimo assolve la diversa funzione di ristoro del disagio causato all’utente dal mancato rispetto da parte degli operatori degli standard qualitativi promessi, ferma restando la possibilità di adire il competente giudice per il risarcimento del danno. D’altra parte, se la previsione di un sistema di ristoro del disagio subito dall’utente, mediante la mera constatazione del disservizio, risponde alla esigenza di celere ed uniforme definizione delle tipologie standard delle controversie, per altro verso a differenza di quanto asserisce l’appellante il Regolamento non ha, in tal guisa, introdotto un’ipotesi di pregiudizio “ da presumersi senza prova contraria” infatti, premesso che l’operatore ha pur sempre la possibilità di provare l’inesistenza del disservizio e la forza maggiore delibera impugnata art 2 , risulta determinante la considerazione che non ci troviamo in presenza della equazione civilistica danno illecito = risarcimento. Infatti l’indennizzo automatico, per la sua stessa funzione di semplice ristoro del disagio patito dall’utente, ha natura diversa dal pregiudizio economico risarcibile e, quindi, ad esso non sono applicabili le categorie degli elementi soggettivi ed oggettivi previsti dal diritto civile per la responsabilità contrattuale . Infine , ai fini della esatta collocazione del beneficio in questione nel contesto dei rapporti tra operatore ed utente, va ricordato che, in realtà, si tratta delle misure determinate dagli stessi operatori nelle condizioni generali di contratto o nella Carta dei Servizi. 3. In conclusione l’appello va respinto con la conseguente conferma della sentenza TAR in epigrafe. Considerata la novità della questione , ricorrono giusti motivi per compensare tra le parti le spese per questo grado di giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza respinge l’appello in epigrafe. Compensa tra le parti le spese di lite per questo grado di giudizio. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.