Anche in assenza dell’accertamento di un fatto-reato può esser riconosciuta la risarcibilità del danno morale.
Il caso. Una donna colpiva con un forte schiaffo un uomo, provocando lesioni guaribili in 5 giorni. La condanna al risarcimento danni in favore della parte civile scatta solo nel giudizio di appello, dove il gesto viene ritenuto idoneo a provocare le lesioni accertate dal referto medico. Uno schiaffo per difendere il figlio? La donna propone ricorso per cassazione affermando che lo schiaffo sarebbe stato sferrato per difendere il figlio. Il fatto è che «l’impulso e il movente di carattere difensionale, che sarebbero alla base della condotta violenta della donna, è stato – chiarisce la S.C. - correttamente ritenuto privo di qualsiasi convincente dimostrazione probatoria, rivelandosi così una unilaterale argomentazione difensiva». Danni morali solo se è accertata l’illiceità penale? La Cassazione, inoltre, afferma che, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’articolo 2059 c.c., è stata correttamente riconosciuta la risarcibilità del danno morale «anche in assenza dell’accertamento di un fatto-reato» SSUU civ., numero 26972/2008 . In conclusione, il rigetto del ricorso fa scattare nei confronti della ricorrente anche la condanna al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 5 luglio – 9 ottobre 2012, numero 39992 Presidente Zecca – Relatore Bevere Fatto e diritto Con sentenza 21.6.2010, il tribunale di Palermo, in parziale riforma della sentenza 24.6.09 del giudice di pace della stessa sede, impugnata dalla parte civile C.G. , ha condannato P.M.P. al risarcimento del danno arrecato,con la propria condotta lesiva, alla parte civile, danno liquidato in via equitativa in complessivi Euro 3.500, nonché al pagamento delle spese processuali. Il giudice di pace aveva assolto la P. dal reato di lesioni consistite in trauma contusivo emivolto sx, ritenute guaribili in 5 giorni , come da referto dell'ospedale omissis , avendo escluso il dolo nella condotta dell'imputata e il nesso di causalità tra i fatti accertati e le lesioni certificate. Secondo il tribunale, le prove dichiarative dichiarazioni dei testi che assistettero ai fatti, cioè del C. , della moglie R.S. , di P.G. , fratello dell'imputata dichiarazioni dei testi che intervennero poco dopo i fatti, C.C. , sorella della p.o., M.M.G. , madre del C. , P.E. , figlio dell'imputata le dichiarazioni di quest'ultima e la prova documentale il certificato medico hanno dimostrato che la donna colpì volontariamente il C. almeno con un forte schiaffo, con un gesto cioè idoneo a provocare le lesioni accertate dal referto a questa conclusione il giudice giunge anche secondo comuni riferimenti all'esperienza comune . Secondo il giudice di appello, la malattia del corpo, da ricondurre etiologicamente alla violenta e dolosa azione della P. , ha cagionato danni morali, in dipendenza dell'offesa insita nello schiaffo, danni biologici e danni materiali, per la necessità di ricorrere a cure e di rinunciare a occasioni di lavoro. La liquidazione,secondo il giudice, va fatta in via equitativa, in assenza di una prova certa dell'entità complessiva dei danni. Nell'interesse della P. è stato presentato ricorso per i seguenti motivi 1. violazione di legge e vizio di motivazione, in riferimento agli articolo 52 c.p. e 2044 c.c. la teste Ma.Fr. ha affermato che il C. minacciò e investì E. , figlio dell'imputata spostò in avanti l'auto e colpì il giovane che si accasciò sul cofano anteriore correttamente il giudice di pace ha ritenuto che la P. istintivamente cercò di fermare il C. , in difesa del figlio, il cui trauma addominale e alla coscia sinistra è certificato dal referto dell'ospedale omissis 2. violazione di legge in relazione all'articolo 2059 c.c. il tribunale ha condannato la donna al risarcimento dei danni morali per l'offesa insita nello schiaffo subito non ha tenuto conto che l'articolo 2059 prevede che il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge, ovvero in caso di lesione ai valori costituzionalmente protetti Posto che nessuna responsabilità penale è stata accertata e posto che la risarcibilità dei danni morali è prevista solo in caso di affermazione di illiceità penale, la sentenza va cassata nella parte in cui condanna al risarcimento dei danni morali 3. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articolo 2043, 2697, 1226 c.c. non risultano danni materiali, derivati da spese mediche e dalla rinuncia a svolgere attività lavorativa la liquidazioni in via equitativa è poi errata, in quanto non risulta la dimostrazione di un danno materiale e del danno biologico risarcibili, né risulta la difficile loro quantificazione. Il difensore del C. ha depositato memoria difensiva, in cui sono indicate argomentazioni a sostegno della legittimità della sentenza del giudice di appello. Il ricorso non è meritevole di accoglimento. Quanto alla ricostruzione del fatto, la sentenza afferma la responsabilità della P. sulla base di prove dichiarative e documentali deposizioni dei testi e della stessa imputata, certificato medico che sono state valutate con modalità improntate alla massima conformità al contenuto delle dichiarazioni e della certificazione e alla loro razionale interpretazione, giungendo così ad una conclusione assolutamente incensurabile in sede di giudizio di legittimità. L'impulso e il movente di carattere difensionale, che sarebbero alla base della condotta violenta della donna è stato correttamente ritenuto privo di qualsiasi convincente dimostrazione probatoria, rivelandosi così un unilaterale argomentazione difensiva. Quanto al risarcimento dei danni, va affermato l'esito positivo della verifica dell'adeguatezza dei passaggi argomentativi, di cui il giudice di merito si è servito per supportare il proprio convincimento sull'immediata e diretta derivazione dallo schiaffo inferto dall'imputato del danno materiale, biologico e morale, subito dal C. . Correttamente è stata riconosciuta la risarcibilità del danno morale - in conformità a un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 2059 c.c. anche in assenza dell'accertamento di un fatto-reato S.U. civ. n 26972 dell'11 11 2008 . Il giudice nel ricostruire il dato storico - configurato quale ricorrente episodio di una continua conflittualità per piccoli problemi di vicinato - ha dato conto della modesta dimensione della diminuzione patrimoniale, derivata alla vittima dall'impossibilità di svolgere alcuna attività lavorativa e di tener alcun rapporto sociale per cinque giorni ha dato conto del destabilizzante coinvolgimento fisio-psichico derivato dalla pur modesta menomazione della sua integrità corporea ha dato conto della sofferenza emotiva e psicologica, vissuta dall'uomo mentre era violentemente aggredito, per questioni di uso di un cancello, nella sua persona. Sotto quest'ultimo profilo, correttamente è stato ritenuto risarcibile il danno morale, attesa l'accertata lesione di un diritto inviolabile della persona, quale è l'integrità fisica del soggetto aggredito. Non risulta infine censurabile l'utilizzazione di un criterio equitativo, da parte del giudice di merito, nella quantificazione del ristoro pecuniario, liquidato al C. . La già indicata modestia della dimensione dei danni e,conseguentemente, dell'ammontare della somma da corrispondere a titolo di risarcimento, conferisce razionale giustificazione a una quantificazione equitativa confortata anche dalla generale assenza di specifici percorsi valutativi di immediata efficacia nonché dalla mancanza di parametri normativi fissi utilizzabili per la quantificazione pecuniaria dei danni non patrimoniali. Il ricorso va quindi rigettato con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.