L’imputato si salva in corner con la repentina correzione

In tema di falsità ideologica commessa da privato in atto pubblico articolo 483 c.p. , il momento in cui si consuma il reato non coincide con la dichiarazione inveritiera, rilevando piuttosto la percezione del pubblico ufficiale che la trasfonde nell’atto.

Lo spiega la V sezione Penale della Cassazione nella recente sentenza 19325/12, depositata il 22 maggio. Dichiarazioni mendaci. Il Tribunale di Napoli, sezione di Ischia, dichiarava un soggetto colpevole di falsità ideologica commessa in atto pubblico, ex articolo 483 c.p. In occasione della selezione per l’assunzione come responsabile del servizio lavori presso un Comune, l’uomo aveva mentito circa le proprie qualità morali, affermando di non avere riportato condanne penali né di avere alcun procedimento in corso. Correzione in un lampo. Il difensore dell’imputato presenta ricorso per cassazione con un unico motivo di impugnazione. Rileva che, per mero errore, l’imputato aveva apposto sul questionario la falsa attestazione, emendata il giorno dopo con subitanea comunicazione, dopo essersi reso conto della svista. Il ravvedimento dell’uomo, a sua detta in totale buona fede, non ha però convinto il giudice a quo la comunicazione non sarebbe valsa a elidere il significato penale della condotta e, dunque, la sussistenza del fatto-reato, ravvisando egli anzi nell’iniziativa anzidetta una conferma della consapevolezza del disattento compilatore in ordine alla mendace attestazione. Prospettiva ribaltata. La Corte Suprema non condivide l’interpretazione. Alla luce della formulazione della norma penale, il reato è perfezionato dalla condotta di chi attesti falsamente al pubblico ufficiale in un atto destinato a provare la verità. Il momento consumativo, stante la finalizzazione della comunicazione privata a essere trasfusa in atto pubblico, va individuato non nel momento della inveritiera dichiarazione, bensì nella relativa percezione dell’ufficiale statale si veda Cassazione numero 10046/08 . L’uomo ha perciò ritratto in «tempo utile» l’informazione scorretta, prima che la stessa fosse trasfusa in un eventuale atto di conferimento di incarico. Da qui l’insussistenza del reato in contestazione.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 3 febbraio – 22 maggio 2012, numero 19325 Presidente Grassi – Relatore Bruno Svolgimento del processo Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Napoli - sezione distaccata di Ischia dichiarava G.G. colpevole del reato di cui all'articolo 483 c.p. perché, in occasione della selezione per l'assunzione di un responsabile del servizio lavori pubblici presso il Comune di Casamicciola, aveva reso mendaci dichiarazioni sulle sue qualità morali, affermando di non avere riportato condanne penali e di non avere procedimenti penali in corso e, per l'effetto, lo condannava alla pena ritenuta di giustizia. Avverso la pronuncia anzidetta il difensore ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva. Motivi della decisione 1. - Con unico motivo di impugnazione, parte ricorrente denuncia violazione dell'articolo 600 lett. e sul rilievo che, per mero errore, l'imputato aveva apposto sul questionario la falsa attestazione, emendata il giorno immediatamente successivo con apposita comunicazione, dopo essersi reso conto dell'errore compiuto in assoluta buona fede. 2. - Una sintetica puntualizzazione della fattispecie costituisce necessaria premessa all'esame della questione di diritto posta dal ricorso in oggetto. È stato incontestatamente accertato dai giudici di merito che l'imputato, intendendo partecipare a procedura concorsuale di selezione per l'assegnazione di un posto di responsabile amministrativo, ha compilato il richiesto questionario allegato alla domanda attestando, contrariamente al vero, di non avere precedenti penali a suo carico. Alla domanda, presentata il 21.12.2007 ha fatto seguito, il giorno immediatamente successivo, una dichiarazione con la quale il G. rappresentava all'Amministrazione l'errore nel quale era incorso, fornendone anche puntuale giustificazione. Il giudice a quo ha ritenuto che tale successiva comunicazione non valesse ad elidere il significato penale della condotta e, dunque, la sussistenza del fatto-reato in contestazione, ravvisando anzi nell'iniziativa anzidetta una conferma della consapevolezza dell'imputato in ordine alla falsa attestazione. 2.1 - Tale interpretazione non può essere condivisa. Ed invero, alla luce delle perspicua formulazione dell'articolo 483, c.p. peraltro chiaramente rubricato falsità ideologica contessa da privato in atto pubblico il reato di cui all'articolo 483 c.p. é perfezionato dalla condotta di chi attesti falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità. Il momento consumativo dello stesso reato, stante la finalizzazione dell'attestazione privata ad essere trasfusa in un atto pubblico, deve essere individuato non già nel momento della inveritiera dichiarazione quanto piuttosto nella relativa percezione da parte del pubblico ufficiale che la trasfonde nell'atto pubblico cfr., Cass. sez. 5, 5.2.2008, numero 10046, rv. 239123 . 2.2 - Orbene, nel caso di specie, è emerso che il giorno successivo alla mendace dichiarazione l'imputato - ancor prima che la detta dichiarazione fosse valutata e trasfusa in atto pubblico di conferimento dell'incarico, ha rappresentato all'Amministrazione l'errore in cui era incorso, ritrattando, comunque, la precedente dichiarazione in tempo utile e, di certo, prima che la stessa fosse trasfusa in eventuale atto di conferimento dell'incarico. Donde l'insussistenza del fatto-reato in contestazione. 3. - L'anzidetto errore di giudizio è ragione di nullità della sentenza impugnata, che va, dunque, dichiarata nei termini di cui in dispositivo. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.