La Cassazione conferma la natura di diritto personalissimo del consenso al perdono.
Il caso. Il giudice per l’udienza preliminare per i minorenni aveva concesso il perdono giudiziale all’imputato minorenne dichiarato contumace, chiedendo il consenso al difensore d’ufficio non munito di procura speciale. Il perdono giudiziale è regolato dall’articolo 169 c.p. e può essere concesso per un reato la cui pena non superi nel massimo 2 anni anche se congiunta a pena pecuniaria non superiore ad euro 5 la Corte costituzionale, nel 1976, è intervenuta ammettendo la seconda possibilità di concessione del beneficio , qualora il giudice ritenga che il minorenne colpevole, valutate tutte le circostanze previste dall’articolo 133 c.p. le modalità dell’azione, l’intensità del dolo, le condizioni familiari e sociali, la condotta di vita anche susseguente al reato , si astenga dal commettere ulteriori reati. L’istituto presenta delle similitudini con quello della sospensione condizionale della pena, solo che nel caso di concessione del perdono, se il processo si trova nella fase dell’udienza preliminare il giudice si astiene dal pronunciare il rinvio a giudizio, mentre se il processo si trova nella fase dibattimentale, il giudice si astiene dal pronunciare sentenza di condanna. È mancato il consenso del minore. L’articolo 32 d.p.r. numero 448/1988 prevede che nell’udienza preliminare, prima dell’inizio della discussione, il giudice chieda all’imputato minorenne se consente alla definizione del processo in quella stessa fase. Se il consenso è prestato, il giudice, al termine della discussione, può pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti dall’articolo 425 c.p.p. o per concessione del perdono giudiziale o per irrilevanza del fatto può anche pronunciare sentenza di condanna, se vi è richiesta del Pubblico Ministero, qualora ritenga applicabile una sanzione sostitutiva o una pena pecuniaria . Il Pubblico Ministero ha proposto ricorso per cassazione per violazione dell’articolo 32 perché non era stato chiesto il consenso del minorenne. La Corte in primo luogo ha valutato ammissibile il ricorso del Pubblico Ministero, affermando che l’interesse all’impugnazione oltre a tendere all’esatta applicazione della legge, deve anche essere «concreto», nel senso che il ricorso non può configurarsi come una mera pretesa all’esattezza giuridica della decisione, ma deve avere un qualche effetto favorevole all’impugnante. Il consenso all’applicazione del perdono giudiziale è diritto personalissimo. La concessione del perdono giudiziale, così come la dichiarazione di irrilevanza del fatto, sono istituti che presuppongono l’attribuibilità del fatto-reato al minorenne, cioè il riconoscimento della sua colpevolezza per questo il consenso viene considerato come un diritto personalissimo dell’imputato che può anche non prestarlo ritenendo di essere innocente. La Corte, pertanto, ha ribadito, in conformità a precedenti pronunce, che il consenso deve essere dato personalmente dal minore, oppure, nel caso l’udienza venisse svolta in contumacia dell’imputato, dal difensore munito di procura speciale appositamente rilasciata ai fini della prestazione del consenso. Nel caso di specie, il giudice aveva chiesto il consenso alla definizione del processo nell’udienza preliminare e, quindi alla possibilità di concedere il perdono, al difensore d’ufficio non munito di procura speciale. Per mancanza di valido consenso, pertanto, la sentenza è stata annullata senza rinvio al giudice dell’udienza preliminare, ma direttamente al Tribunale per i minorenni per il giudizio.
Corte di Cassazione sez. VI Penale, sentenza 9 – 24 febbraio 2012, numero 7395 Presidente De Roberto – Relatore Lanza Ritenuto in fatto e considerato in diritto Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Firenze ricorre avverso la sentenza 30 giugno 2011 del G.U.P. del Tribunale per i minorenni di Firenze che ha dichiarato non luogo a procedere per concessione del perdono giudiziale nei confronti del minorenne, contumace, M., nato il omissis , accusato di furto aggravato. Il ricorso prospetta violazione di legge, con riferimento all'articolo 32 d.p.r. 448/1988, come modificato dall'articolo 22 l. 63/2001, nella parte cui consente la pronuncia di concessione del perdono giudiziale oppure quella della irrilevanza del fatto, solo se previamente consentita dalla parte oppure manifestata, in caso di contumacia, da difensore munito di procura speciale. Tanto premesso, va valutato l'interesse del P.M. alla chiesta pronuncia di annullamento. In materia di impugnazioni, se è vero che il pubblico ministero è legittimato ad impugnare, laddove ravvisi una decisione in qualsiasi modo ingiusta, indipendentemente dalle conseguenze favorevoli o sfavorevoli per l'imputato, purché il provvedimento tenda all'esatta applicazione della legge, è tuttavia necessario che l'interesse sta concreto , non potendo l'impugnazione configurarsi come una mera pretesa all'esattezza giuridica della decisione sotto il profilo teorico. In altri termini, se la decisione, ove anche favorevole all'impugnazione del P.M., non può avere alcuna conseguenza concreta, vi è la mancanza di un interesse concreto alla decisione sull'impugnazione Cass. Penumero Sez. 6, 1473/1997 Rv. 207489 P.M. in proc. Pacifico . Va infatti ribadito Sez. U, 42/1995 Rv. 203093, Timpani che l'interesse richiesto dall'articolo 568, quarto comma, cod. proc. penumero , quale condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere correlato agli effetti primari e diretti del provvedimento da impugnare e, pertanto, esso sussiste a condizione che il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l'eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione pratica più vantaggiosa per l'impugnante, rispetto a quella esistente, e nel nuovo giudizio possa ipoteticamente raggiungersi un risultato, non solo teoricamente corretto, ma anche praticamente favorevole. In adesione a tali regole, nella specie, va quindi affermata l'ammissibilità dell'impugnazione del pubblico ministero, diretta ad invalidare la pronuncia di concessione del perdono giudiziale a minore, contumace, il quale non abbia manifestato - trattandosi di diritto personalissimo - il suo previo consenso all'applicazione del beneficio, né abbia sul punto conferito procura speciale al difensore, ravvisata la necessaria connotazione di concretezza dell'impugnazione, considerato che il beneficio in questione presuppone, ove previamente consentito, il pregiudizievole riconoscimento della sussistenza e l'attribuibilità del fatto-reato contestato al minorenne imputato. Verificata l'ammissibilità dell'impugnazione, il motivo risulta fondato e la gravata sentenza va annullata senza rinvio. Va considerata infatti illegittima la decisione con cui il giudice dell'udienza preliminare presso il tribunale per i minorenni dichiari, previa acquisizione del consenso del difensore d'ufficio, il non luogo a procedere per irrilevanza dei fatto o per concessione dei perdono giudiziale nei confronti dell'imputato contumace, in quanto il consenso alla definizione del processo, in sede di udienza preliminare, per irrilevanza del fatto oppure per perdono giudiziale - che presuppone l'affermazione di responsabilità dell'imputato stesso - deve, ex articolo 32 d. P.R. numero 448 del 1988, essere prestato dal minore e non dal difensore d'ufficio, non munito di procura speciale, trattandosi di un diritto personalissimo dell'imputato il quale appunto può prestare detto consenso personalmente, oppure a mezzo di procuratore speciale Cass. Penumero sez. 5, 6374/2010 Rv. 246156. Massime precedenti Conformi numero 22538 del 2003 Rv. 226271, numero 4134 del 2008 Rv 238392, numero 14173 del 2009 Rv. 243687 . La gravata sentenza va quindi annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti ai Tribunale per i minorenni di Firenze. P.Q.M. annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale per i minorenni di Firenze.