Talvolta i contributi sono dovuti anche in assenza di prestazione

Le ipotesi di esonero dall’obbligo di versamento dei contributi previste per le imprese edili dall’articolo 29 del D.L. numero 244/1995 hanno carattere tassativo, sicché le sospensioni della prestazione che non vi rientrano sono assoggettate a contribuzione, quantomeno nei limiti del minimale.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione con la sentenza numero 12425, depositata il 16 giugno 2016. Il caso. La Corte di appello de L’Aquila, in riforma della pronuncia di primo grado, accertava l’obbligo - a carico di una impresa edile - di versare i contributi previdenziali rispetto ad un periodo in cui quest’ultima aveva sospeso la propria attività, senza giovarsi delle prestazioni dei propri dipendenti e senza corrispondere loro alcuna retribuzione. Ad avviso dei Giudici di merito, infatti, l’articolo 29 del D.L. numero 244/1995 a mente del quale «i datori di lavoro esercenti attività edile [ ] sono tenuti ad assolvere la contribuzione previdenziale ed assistenziale su di una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all'orario di lavoro normale stabilito dai contratti collettivi nazionali [ .] con esclusione delle assenze per malattia, infortuni, scioperi, sospensione o riduzione dell'attività lavorativa, con intervento della cassa integrazione guadagni, di altri eventi indennizzati [ .]» ed il successivo D. M. 16 dicembre 1996 che estendeva le ipotesi di esonero dal versamento dei c.d. «minimali» contributivi anche ai «permessi individuali non retribuiti nel limite massimo di 40 ore annue, anticipazioni di CIG, ferie collettive non maturate e corsi di formazione non retribuiti» prevedevano ipotesi tassative di esonero dal versamento della contribuzione, sulla cui ricorrenza la società opponente non aveva offerto alcuna prova. Contro tale sentenza l’impresa edile ricorreva alla Corte di Cassazione, articolando vari motivi. I contributi si pagano anche se non si paga la retribuzione. In particolare, per quanto qui interessa, la ricorrente lamentava l’erroneità della pronuncia di merito nella parte in cui aveva ritenuto tassative le ipotesi di esonero dal versamento dei contributi, da intendersi invece come esemplificative del principio generale per cui l’obbligo contributivo sorge solo a seguito del pagamento della retribuzione. Nel caso di specie, ad avviso della stessa ricorrente, era stata dimostrata la sospensione del sinallagma contrattuale con conseguente sospensione anche dei connessi obblighi contributivi. Motivo che tuttavia non viene condiviso dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, rigetta il ricorso. Ed infatti, la Corte ribadisce la chiara natura antielusiva dell’articolo 29 del D.L. numero 244/1995 e del D.M. 16 dicembre 1996, che induce a ritenere l’elencazione ivi prevista tassativa e non derogabile. Le esclusioni sono tassative e quasi inderogabili. Il carattere di stretta interpretazione della disciplina in commento, ad avviso della Cassazione, costituisce «principio idoneo ad escludere che accordi individuali di sospensione dell’attività, al di fuori della causali indicate, possano condurre all’esonero dall’obbligo del minimale contributivo» Cass. numero 1577/2013 . Unica eccezione a questa regola, «in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata» della normativa, attiene alle sospensioni del rapporto di lavoro «significativamente ed oggettivamente rilevabili», da ritenersi comprese nell’ipotesi di sospensione dell’attività con intervento della cassa integrazione guadagni «implicitamente esclusa per le aziende minori, per le quali non è previsto l’intervento della CIG» . Ciò a condizione che tali sospensioni siano anche preventivamente comunicate all’Istituto, per metterlo in condizione di verificarne l’effettività nell’ottica di evitare agevoli elusioni della normativa Cass. nnumero 9298/2011 16601/2010 21700/2009 12624/2008 . La diversa volontà delle parti è irrilevante. In ragione di quanto sin qui esposto, la Cassazione ribadisce che «ove la sospensione del rapporto derivi da una libera scelta del datore di lavoro e costituisca il risultato di un accordo tra le parti, continua a permanere l’obbligo contributivo dovendosi escludere, attesa l’assenza di una identità di ratio tra le situazioni considerate, la possibilità di una interpretazione estensiva o comunque analogica» delle eccezioni previste dalla legge. Se manca la prova della sussistenza di una fattispecie tipica, i contributi si pagano. Nel caso di specie, ad avviso della Corte, la ricorrente - pur essendo pacifica la sua appartenenza al settore edile – non aveva fornito alcuna prova circa la riconducibilità dell’intercorsa sospensione dei rapporti con i propri dipendenti ad una delle ipotesi previste dalla legge. In ragione di ciò, non potevano quindi che condividersi le coerenti motivazioni della Corte di merito con conseguente obbligo datoriale di versare all’INPS i contributi richiesti.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 9 febbraio – 16 giugno 2016, numero 12425 Presidente Napoletano – Relatore De Gregorio Svolgimento del processo Con la sentenza numero 933 del 9 luglio 2009 il Tribunale di Chieti, pronunciando sull’opposizione proposta da Edilizia D.S. S.r.l. avverso la cartella esattoriale notificata il 24 giugno 2005, relativa ad omessi pagamenti di contributi previdenziali, accoglieva la domanda, ritenendo che per il periodo di tempo considerato si era verificata una delle Ipotesi di sospensione dell’attività lavorativa, che giustificava il mancato pagamento del contributi sul minimale retributivo virtuale. Tale pronuncia veniva Impugnata dall’I.N.P.S., anche quale mandatario della S.p.a. S.C.C.I., sostenendo che l’elencazione delle assenze e degli eventi che esoneravano dalla contribuzione, di cui all’articolo 29 del d.l. numero 244/1995, convertito in L. numero 341/95, era tassativa, mentre la società opponente non aveva dimostrato che nel caso di specie si fosse verificata una delle ipotesi contemplate dal citato articolo 29 e dal d.m. 16-12-1996, cui l’articolo 29 rinviava per l’individuazione da parte del Ministero del Lavoro di altre ipotesi di esonero = permessi individuali non retribuiti nel limite massimo di 40 ore annue, anticipazioni di CIG, ferie collettive non maturate e corsi di formazione non retribuiti . Avevano resistito all’appello D.S.L. e S.M. , già soci della EDILIZIA D.S. sii, posta in liquidazione e poi cancellata dal registro delle imprese in data 12-10-2009, allegando in particolare che i lavoratori, per i quali non era stata versata la contribuzione previdenziale, da calcolarsi sulla c.d. retribuzione virtuale, avevano chiesto ed ottenuto la concessione dei permessi non retribuiti, per cui la contribuzione non poteva esser calcolata anche per detti periodi, secondo le previsioni di cui ai citati articolo 29 e DM 16-12-96. La Corte di Appello di L’AQUILA con la sentenza numero 937 del 24 giugno - 14 luglio 2010 emetteva il seguente testuale dispositivo in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza impugnata, rigetta l’appello, condanna l’appellata alle spese di entrambi i gradi del giudizio, che liquida in euro 3000, di cui 1900,00 per ciascun grado . Con la motivazione, pubblicata il 14 luglio 2010, ben si comprende, in effetti, che in accoglimento dell’interposto gravame, riformata l’impugnata sentenza, veniva respinta l’opposizione a suo tempo proposta avverso l’anzidetta cartella esattoriale, ritenendo che non fosse provata la circostanza dedotta dagli appellati, ossia che i lavoratori, cui si riferiva la pretesa contributiva, avessero chiesto per i relativi periodi permessi non retribuiti, di modo che si rientrava in una delle ipotesi di sospensione dell’attività lavorativa, con contestuale venir meno dell’obbligo contributivo. In particolare, secondo la Corte abruzzese, le testimonianze rese da alcuni lavoratori erano generiche, e non risultava sufficientemente dimostrato che effettivamente i contributi non pagati corrispondessero alle giornate per le quali costoro avevano goduto dei permessi non retribuiti, soprattutto in quanto per l’anno 1995 era ben strano che i giorni di premesso non retribuiti, richiesti dai lavoratori, risultavano da un unico foglio in cui ciascuno aveva indicato i giorni di godimento dei permessi. Quanto, poi, ai fogli di presenza prodotti per gli anni dal 1996 in poi risultava l’assenza, ma non il motivo della stessa, di modo che ben poteva trattarsi anche di assenze che non esoneravano parte datoriale dal versamento dei contributi. Peraltro, era onere dell’impresa edile allegare e provare le ipotesi eccettuative dell’obbligo contributivo di cui ai succitati articolo 29 e D.M., essendo invece sufficiente per I.N.P.S., in ordine alle pretese differenze contributive da impresa edile sulla retribuzione virtuale, indicare l’attività edile espletata ed invocare l’articolo 29, come da citato precedente di Cass. numero 29324/08. Pertanto, l’appello meritava accoglimento in assenza della prova che l’omessa contribuzione si riferisse a giorni di assenza non compresi nell’obbligo contributivo. Hanno proposto ricorso per cassazione gli ex soci D.S. e S. , come da atto di cui alle relate di notifica in data 13 gennaio 2011, affidato a quattro motivi. L’I.N.P.S. ha depositato procura alle liti, anche quale mandatario della società di cartolarizzazione, in favore dell’avv. Antonio Sgroi ed altri, in calce alla copia del ricorso notificatagli. Non risultano depositate memorie ex articolo 378 c.p.comma in vista dell’udienza pubblica fissata al 9 febbraio 2016, alla quale peraltro sono comparse entrambe le parti. Motivi della decisione Con il primo motivo, ex articolo 360 numero 3 c.p.c., i ricorrenti denunciano violazione falsa applicazione dell’articolo 29 DL numero 244/95 conv. In L. numero 341/95, sostenendo la non tassatività dell’elencazione delle ipotesi di cui all’articolo 29, contrariamente a Cass. numero 1301/06 necessità della retribuzione per l’insorgere dell’obbligo contributivo, perciò da escludersi relativamente ai periodi di sospensione non remunerati. Con il secondo motivo, si assume, nuovamente ai sensi del cit. articolo 360 co. I numero 3, violazione e falsa applicazione articolo 115 c.p.c., nonché ex articolo 360 numero 5 stesso codice di rito, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia. Sul presupposto della elencazione esemplificativa, non tassativa, dell’articolo 29, come da Cass. numero 3176/09 e 5233/07, i ricorrenti sostengono l’Insussistenza dell’obbligo contributivo pur in assenza di un’interruzione del sinallagma contrattuale con conseguente mancata retribuzione, sicché la sentenza di appello avrebbe dovuto rigettare l’impugnazione dell’I.N.P.S. essendo smentita la tesi della tassatività. inopinatamente, però la corte distrettuale era entrata nel merito delle assenze dei dipendenti, la cui natura al di la di quanto sottolineato in tema di rispondenza o meno alle ipotesi dl cui all’articolo 29 e successivo d.m. 16-12-96 non era stato oggetto di contestazione da parte dell’I.N.P.S., che in effetti non aveva contestato che i dipendenti della società non avessero lavorato, avendo semplicemente ritenuto che le causali indicate non rientravano tra quelle previste dall’articolo 29, la cui elencazione era tassativa, sicché non potevano estendersi alle mancate prestazioni di attività. L’Istituto stato tra l’altro Cass. lav. numero 16873 del 11/08/2005 con riferimento al settore dell’edilizia, l’importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all’importo di quella che ai lavoratori sarebbe dovuta in applicazione dei contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale e del relativi contratti integrativi territoriali di attuazione - c.d. minimale contributivo secondo la regola generale stabilita - con esclusiva incidenza sul rapporto previdenziale - dall’articolo 29 del d.l. numero 244 del 1995, il quale elenca, altresì, i casi, da considerarsi tassativi, in cui la suddetta regola del minimale è esclusa e delega l’individuazione di altri casi ad un d.m. di attuazione, 16 dicembre 1996, che rinvia per le eccezioni alle previsioni dei contratti ne deriva che, stante il carattere tassativo delle eccezioni e il richiamo che il suddetto decreto effettua alla contrattazione collettiva, è onere del datore di lavoro, che invoca la ricorrenza di una deroga al minimale, indicare la disposizione contrattuale che la prevede . Nella specie, quindi, l’I.N.P.S. riteneva che parte opponente non avesse assolto all’onere probatorio che le incombeva, in relazione alle invocate circostanze di esonero ex cit. articolo 29, avendo dedotto che in realtà le assenze dei nove dipendenti erano indimostrate e comunque non riportabili alle causali ed agli eventi normativamente previsti. I ricorrenti, di conseguenza, assumevano come vaghe ed inconferenti le argomentazioni di controparte, secondo cui non sarebbero stati provati i giorni di assenza le relative causali. Ed al riguardo, inoltre, i ricorrenti hanno censurato l’impugnata sentenza, per la motivazione a di poco insufficiente, illogica e contraddittoria in relazione alle decisioni ivi assunte, pure in ordine alla supposta genericità delle acquisite deposizioni testimoniali, che avevano confermato la mancata prestazione di attività lavorativa da parte dei dipendenti della EDILIZIA D.S. srl, visto che i testi escussi avevano confermato, in maniera precisa ed inequivoca, la sospensione del sinallagma contrattuale ed n particolare la mancata prestazione, con conseguente mancata retribuzione. Con il terzo motivo è stata denunziata la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.comma - omessa pronuncia sulla domanda proposta in primo grado e ripetuta in appello, laddove era stata contestata anche l’erronea pretesa di contribuzione pure in relazione ai giorni dl ferie e riposi spettanti in costanza di rapporto per effetto del c.c.numero l. e del D.M. 17-12-96 doc numero 5 e 6 i giorni complessivi di assenza da luglio 1995 a ottobre 1999 erano stati 1264 e non 1592, come invece conteggiato dagli ispettori nel verbale , come accertato a seguito del ricalcolo eseguito dall’I.N.P.S. nelle more del giudizio. Tale differenza comportava una riduzione dei contributi da 46.898,93 a 36.865,39 euro, con conseguente riduzione di sanzioni e oneri accessori. La questione non era stata affrontata dall’impugnata sentenza, che aveva accolto la prima delle censure mosse dall’opponente. La Corte di Appello non si era pronunciata al riguardo, omettendo di dare risposta alla contestazione, donde il necessario rinvio del giudizio ai giudice di merito per la decisione sul punto. Con il quarto ed ultimo motivo del ricorso, i ricorrenti deducono violazione e falsa applicazione articolo 112 c.p.comma per omessa pronuncia sulla domanda proposta dalla società opponente In primo grado e reiterata in appello eccessività della pretesa per somme aggiuntive, non trattandosi dl omissione contributiva, ma ai più di mancato pagamento derivante da oggettiva incertezza di cui all’articolo 116, comma 10, L. numero 388/2000. Del resto, la stessa modifica dell’orientamento giurisprudenziale dava contezza dell’incertezza sul punto, che pertanto non poteva comportare l’applicazione delle sanzioni previste per l’omissione contributiva. Tanto premesso, il ricorso, nei limiti in cui può dirsi ammissibile in rito, appare comunque infondato, di guisa che va respinto. Stante la loro evidente connessione, i primi due motivi dell’impugnazione possono essere congiuntamente esaminati. L’articolo 29 d.l. 23/6/1995 numero 244, convertito in legge numero 341/1995, cosi recita I datori di lavoro esercenti attività edile anche se in economia operanti sul territorio nazionale, individuati dai codici ISTAT 1991, dal 45.1 al 45.45.2, sono tenuti ad assolvere la contribuzione previdenziale ed assistenziale su di una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario di lavoro normale stabilito dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale e dai relativi contratti Integrativi territoriali di attuazione, con esclusione delle assenze per malattia, infortuni, scioperi, sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, con intervento della cassa integrazione guadagni, di altri eventi indennizzati e degli eventi per i quali il trattamento economico è assolto mediante accantonamento presso le casse edili. Altri eventi potranno essere individuati con decreto dei ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il ministro del tesoro, sentite le organizzazioni sindacali predette. Restano ferme le disposizioni in materia di retribuzione imponibile dettate dalla L. 30 aprile 1969, numero 153, articolo 12, e successive modificazioni, in materia di minimali di retribuzione ai fini contributivi e quelle di cui al D.L. 9 ottobre 1989, numero 338, articolo 1, comma 1, convertite, con modificazioni, dalla L. 7 dicembre 1989, numero .389. Nella retribuzione imponibile di cui a quest’ultima norma rientrano, secondo le misure previste dal D.L. 29 marzo 1991, numero 103, articolo 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 giugno 1991, numero 166, anche gli accantonamenti e le contribuzioni alle casse edili . Detta norma determina la retribuzione sulla quale si calcolano i contributi, stabilendo che si considera a tal fine la retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario dl lavoro normale stabilito dal contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale e dai relativi contratti integrativi territoriali di attuazione . La finalità è chiaramente antielusiva in tal senso, Cass., 13 ottobre 2009, numero 21700 V. pure Cass., ord., 18 febbraio 2011, numero 3969 . La medesima norma prevede, poi, una serie di eccezioni a tale regola con esclusione nel caso in cui il lavoratore sia stato assente per malattia, infortuni, scioperi, sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, con Intervento della cassa integrazione guadagni, di altri eventi indennizzati e degli eventi per i quali il trattamento economico è assolto mediante accantonamento presso le casse edili . Prevede, infine, che queste eccezioni possano essere ampliate da un decreto interministeriale altri eventi potranno essere individuati con decreto del ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il ministro del tesoro, sentite le organizzazioni sindacali predette . In forza di tale delega, il d.m. 16 dicembre 1996 ha disposto che, oltre alle eccezioni previste dal d.i. numero 244 del 1995, articolo 29, comma 1, sono da escludere a permessi individuali non retribuiti nel limite massimo delle 40 ore b eventuali anticipazioni effettuate dal datore di lavoro di somme corrispondenti agli importi della CIG c periodi di assenza dal lavoro per ferie collettive, per i lavoratori che non le hanno maturate d periodi di assenza per la frequenza di corsi di formazione professionale. Sull’Interpretazione del d.i. 23 giugno 1995, numero 244, articolo 29, convertito, con modificazioni, in L. 8 agosto 1995, n 341, sono Intervenute numerose pronunce di questa Corte, le quali hanno tutte affermato il carattere tassativo dell’elencazione ivi contenuta Cass. 11 agosto 2005 numero 16873, relativa ad una fattispecie di lavoratore assente per causale non identificata Cass. 24 gennaio 2006 numero 1301, relativa ad una fattispecie dl sospensione consensuale della prestazione, alla quale ha ritenuto non applicabile la regola sul minimale di cui all’articolo 29 Cass., 7 marzo 2007, numero 5233, che ha tuttavia offerto una condivisibile interpretazione di Cass. numero 1301/2006, nel senso che, da tale sentenza può solo trarsi il principio secondo cui l’obbligo del minimale contributivo non sussiste nelle ipotesi di sospensione debitamente comunicate all’Inps in via preventiva ed oggettivamente accertabile nonché l’ulteriore principio, secondo cui la regola del minimale e della tassatività delle ipotesi di esclusione, esprime tutto il suo vigore in caso di riduzione dell’attività, nella quale sussiste una retribuzione, seppure parziale . Ripercorrendo i menzionati precedenti, la sentenza di questa Corte 23 gennaio 2013, numero 1577, ha osservato che il carattere di stretta interpretazione della elencazione del d.i. numero 244 del 1995, articolo 29 e delle fonti normative cui esso rinvia - per l’esonero dal minimale contributivo - costituisce un principio idoneo ad escludere che accordi individuali di sospensione dell’attività, al di fuori delle causali Indicate, possano condurre all’esonero dall’obbligo dei minimale contributivo. Ha aggiunto che, in base ad un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma in esame, nell’ipotesi in cui è prevista l’esenzione dell’obbligo del minimale contributivo nei casi di sospensione dell’attività aziendale con intervento della cassa integrazione guadagni - implicitamente esclusa per le aziende minori, per le quali non è previsto l’intervento della CIG - va ricompresa anche quella delle sospensioni significativamente ed oggettivamente rilevabili del rapporto di lavoro. Con tale tesi - fatta propria anche dalla sentenza numero 5233/2007, in relazione ad una fattispecie di sospensione preventivamente comunicata dell’attività aziendale - si è ritenuto di privilegiare la rado del trattamento normativo eguale di situazioni eguali, nonché il criterio di ragionevolezza, non contrastando con il carattere di stretta interpretazione della elencazione affermato da Cass. 16873/2005 e con l’ammissibilità di un’interpretazione estensiva anche delle norme tassative Cass. 19 marzo 2003 numero 4036, 18 dicembre 1999 numero 14302, Cass. 15 aprile 1994 numero 3556, Cass. 7 dicembre 1991 numero 13176 . La tesi riafferma così il principio della necessaria subordinazione dell’esenzione dall’obbligazione contributiva alla comunicazione della sospensione, e cioè alla formalizzazione e al controllo, come nell’Ipotesi di intervento della CIG v. in particolare Cass. 19 maggio 2008, numero 12624 ed, In senso conforme, Cass. 21700/2009, cit. Cass., 15 luglio 2010, numero 16601 Cass., 22 aprile 2011, numero 9298 . In definitiva, si è affermato che l’articolo 29 del d.l. numero 244 del 1995, convertito nella legge numero 341 del 1995, nel determinare la misura dell’obbligo contributivo previdenziale ed assistenziale in riferimento ad una retribuzione commisurata ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario normale di lavoro stabilito dalla contrattazione collettiva, prevede l’esclusione dall’obbligo contributivo di una varietà di assenze, tra di loro accomunate dal fatto che vengono in considerazione situazioni in cui è la legge ad imporre al datore di lavoro di sospendere il rapporto. Ne consegue che, ove la sospensione del rapporto derivi da una libera scelta del datore di lavoro e costituisca il risultato di un accordo tra le parti, continua a permanere Intatto l’obbligo contributivo, dovendosi escludere, attesa l’assenza di una identità dl ratio tra le situazioni considerate, la possibilità di una interpretazione estensiva o, comunque, analogica, e ciò tanto più che la disposizione ha natura eccezionale e regola espressamente la possibilità e le modalità di un ampliamento dei casi d’esonero da contribuzione, che può essere effettuato esclusivamente mediante decreti interministeriali in termini, Cass., 13 ottobre 2009, numero 21700 . È stato, quindi, affermato 1l seguente principio di diritto già enunciato da Cass., numero 12624/2008, cit. , secondo cui Tra le ipotesi di esenzione dall’obbligo del minimale contributivo in edilizia, elencate dal D.L. 23 giugno 1995, numero 244, articolo 29 convertito in L. 8 agosto 1995, numero 341 e dal D.M. 16 dicembre 1996, vanno ricomprese anche le sospensioni di attività aziendale senza intervento della CIG, preventivamente comunicate agli enti previdenziali, in modo da consentirne gli opportuni controlli in tal sensi v. ancora più recentemente Cass. lav. numero 17701 del 26/05 - 07/09/2015 . Dunque, Il principio di diritto che, in ossequio all’articolo 384 comma 1 c.p.c., va ribadito, è il seguente Le ipotesi di esonero dall’assoggettamento a contribuzione previste per le imprese edili dal D.L. 23 giugno 1995, numero 244 articolo 29, convertito In L. 8 agosto 1995 numero 341, e dal D.M. 16 dicembre 1996 hanno carattere tassativo, sicché le sospensioni consensuali della prestazione che non vi rientrano sono assoggettate a contribuzione, quantomeno nel limiti del minimale cfr. pure Cass. lav. numero 2766 del 12/12/2013 06/02/2014 . Alla luce dell’anzidetto orientamento interpretativo In materia, cui il collegio intende dare continuità, non ravvisandosi serie e meritevoli ragioni per discostarsene, i primi due motivi di riscorso appaiono infondati, non risultando alcuna violazione di legge, né alcun errore di diritto nel caso di specie in proposito nella sentenza de qua, considerato tra l’altro che gravava, una volta risultando pacifica la natura edile dell’attività esercitata, pienamente su parte opponente fornire adeguata dimostrazione degli elementi costituitivi del vantato diritto all’esonero della contribuzione previdenziale. Ed a tal riguardo appare, altresì, inammissibile la censura dl carente o contraddittoria motivazione sollevata nella seconda parte del secondo motivo, in relazione all’articolo 360, co. 1, numero 5 c.p.c., non soltanto per effetto di quanto sopra precisato in ordine alla corretta applicazione della suddetta normativa di riferimento, ma anche perché la Corte di merito, alla stregua dell’interposto gravame, forniva sufficiente e logica spiegazione della ratio decidendi nella sua pronuncia di accoglimento dell’appello, da intendersi evidentemente con li rigetto dell’opposizione all’epoca spiegata avverso la cartella di pagamento notificata il 24 giugno 2005. In proposito, infatti, la Corte distrettuale nell’ambito delle sue precipue competenze di merito, con argomentazione immune da errori logico-giuridici, perciò insindacabile in sede di legittimità, accertava come non provato che l’omessa contribuzione riguardasse giornate di assenza non comprese nell’obbligo contributivo. A tal riguardo, premesso che parte opponente prodotto un foglio dattiloscritto dai lavoratori interessati riferito a giorni di pretesi permessi non retribuiti per l’anno 1995 , nonché i fogli dl presenza relativi agli anni dal 1996 al 1999, in cui erano state registrate le assenze, osservava che, a parte la genericità delle dichiarazioni sul punto rese da alcuni testi circa la corrispondenza della relativa contribuzione rispetto alle giornate In cui si assumevano goduti permessi non retribuiti, per l’anno 1995 era ben strano che tali giorni dl permessi non retribuiti risultassero da un unico foglio in cui ciascun lavoratore interessato aveva indicato i giorni di loro godimento, mentre quanto ai fogli di presenza per gli anni dal 1996 pur risultando le assenze, non constava invece il motivo delle stesse, di modo che ben poteva riguardare anche assenze che non esoneravano, invece, parte datoriale dal versamento della contribuzione. Pertanto, tenuto altresì conto delle eccezioni al riguardo sollevate dall’I.N.P.S. tutt’altro che generiche, contrariamente a quanto Ipotizzato dai ricorrenti , del tutto legittimamente la Corte di Appello ha ritenuto non dimostrate le indispensabili circostanze, la cui prova invece incombeva alla parte datoriale opponente. Quanto, poi, al terzo motivo, relativo alla dedotta omessa pronuncia su domanda proposta dalla società in primo grado e ripetuta in appello, la stesso mezzo d’impugnazione risulta ad ogni modo non sufficientemente formulato v. in particolo articolo 366 nnumero 3 e 6, nonché 369 co. II numero 4 , avendo appena accennato, tra l’altro, a non meglio indicato c.c.numero l., di cui è stata ad ogni modo omessa la riproduzione, almeno in ordine alla sollevata questione ferie e riposi, non essendo di certo sufficiente l’accennato mero richiamo a docomma numero 5 e numero 6 - v. sul punto Cass. 12 dicembre 2014 numero 26174, nonché 7 febbraio 2011, numero 2966 . Tenuto conto altresì di quanto sopra affermato in punto di diritto, relativamente all’obbligo di contribuzione previdenziale, con riferimento al primi due motivi di ricorso, gli istanti nemmeno hanno chiarito le disposizioni di legge, che esonererebbero parte datoriale dalla dovuta contribuzione in relazione al giorni di ferie e di riposo spettanti al propri dipendenti 20 giorni all’anno per i primi e 5 gg. annui per I secondi, - periodo luglio 1995 / ottobre 1999 , essendosi poi limitati ad accennare appena, di sfuggita, al diverso conteggio operato dagli ispettori nel verbale, come accertato a seguito di non meglio individuato ricalcolo eseguito dall’Istituito nelle more del giudizio, di modo che i giorni complessivi di assenza sarebbero stati 1264 e non già 1592. Il D.M. Ministero del Lavoro, di concerto con l’allora Ministero del Tesoro in data 16.12.1996 G.U. numero 305 del 31.12.1996 , infatti, ha individuato, secondo la previsione dell’articolo 29, comma 1, citato, altri eventi e situazioni, non previste da leggi o da contratti, che determinano sospensione dell’attività lavorativa e non comportano il versamento di contribuzione virtuale 1 permessi individuali non retribuiti nel limite massimo di 40 ore annue 2 eventuali anticipazioni effettuate dal datore di lavoro di somme corrispondenti agli importi della cassa integrazione guadagni per i periodi per i quali è stata richiesta ed in pendenza di istanza di concessione 3 periodi di assenza del lavoro per ferie collettive, per i lavoratori che non le hanno maturate 4 periodi di assenza per la frequenza di corsi di formazione professionale non retribuiti dal datore di lavoro e svolti presso gli Enti scuola edili, anche se indennizzati dagli Enti medesimi. Il ricorso, di cui al III motivo, pertanto non appare autosufficiente nella sua enunciazione, sicché impedisce di comprendere appieno il senso e la fondatezza della relativa censura, che quindi potrebbe ritenersi anche già assorbita dalla pronuncia di appello, mediante l’accoglimento del gravame ed il conseguente rigetto di ogni doglianza in merito a suo tempo formulata con l’opposizione alla cartella esattoriale, tanto più poi che gli attuali istanti non chiariscono per nulla l’accenno fatto al conteggio contenuto nel verbale ispettivo di accertamento quindi nemmeno specificamente contestato , in base al quale presumibilmente deve ritenersi per l’effetto avvenuta l’Iscrizione a ruolo de qua, da parte dell’ente impositore. Né quindi si chiarisce come ed in quali termini l’INPS avrebbe poi diversamente conteggiato nelle more del giudizio le giornate di assenza, per cui si assume una riduzione contributiva da 46.898,93 Euro a 36.865,39. Parimenti, è del tutto inammissibile il quarto ed ultimo motivo di ricorso, essendo stato formulato In modo quanto mai scarno e generico, laddove si esaurisce in pratica nel solo richiamo della norma articolo 116, co. X, L. numero 388/00 , di cui si pretende l’applicazione, senza alcun ulteriore riferimento al caso di specie in esame, se non l’astratto e mero richiamo ad un unico precedente giurisprudenziale di merito v. Tribunale Pesaro 1 marzo 2004 . Tale assoluta genericità osta, quindi, anche all’esame di merito, almeno per quanto concerne il giudizio di legittimità, circa la denunciata eccessività della pretesa per somme aggiuntive per contro, l’articolo articolo 366 del codice di rito stabilisce che il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, tra l’altro l’esposizione sommaria del fatti della causa, nonché i motivi per i quali si chiede la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, secondo quanto previsto dall’articolo 366-bis, inciso quest’ultimo peraltro ancora risultante nel testo vigente dell’articolo 366, nonostante l’abrogazione dei successivo articolo 366 bis ad opera dell’articolo 47, co. 1, lett. d , l. 18 giugno 2009, numero 69 . Mamma, vanno disattesi i motivi addotti a sostegno del ricorso, con conseguente condanna altresì di parte soccombente al pagamento delle spese. P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, tra loro in solido, al pagamento delle relative spese, che liquida, a favore dell’I.N.P.S., in 1500,00 euro, oltre accessori come per legge.