A seguito della cessione dei crediti da parte di INPS a SCCIA spa, il trattamento economico dell’Avvocatura interna all’Istituto non comprende il 2% dell’importo lordo dei crediti recuperati in via legale, essendo tale quota riservata all’INPS e non all’Avvocatura.
Questa la decisione della Corte di Cassazione espressa nella sentenza numero 3243/15, depositata il 17 febbraio. La cessione dei crediti da parte di INPS a SCCIA spa. Con la l. numero 448/98, l’INPS veniva autorizzato a cedere, a titolo oneroso, alla SCIA spa - società di cartolarizzazione - alcuni crediti contributivi vantati dall’INPS, che fossero già maturati o comunque maturandi entro la fine del 2001. In particolare, la l. numero 448/98 e gli accordi di cessione tra le due società prevedevano una disciplina specifica per i crediti oggetto di procedimenti giudiziali. Si prevedeva, infatti, il litisconsorzio necessario tra cedente e cessionario o, quantomeno, il diritto del cessionario ad intervenire nelle procedure esecutive pendenti nonché l’onere di INPS di proseguire i giudizi pendenti, ai sensi dell’articolo 11 c.p.c A fronte di tale impegno, l’INPS aveva diritto al rimborso forfettario degli oneri sostenuti per la riscossione ed il recupero dei crediti articolo 9 e seguenti, d.m. 5 novembre 1999 . È qui che sorge la questione sottoposta all’attenzione della Suprema Corte. Con delibera del proprio Consiglio di Amministrazione, l’INPS aveva previsto che il 2% dei crediti recuperati in via giudiziale fosse destinato a coprire le competenze dell’Avvocatura interna. Questo 2% rappresentava, a sua volta, una quota dell’importo che la cessionaria si impegnava a rifondere all’INPS, a titolo di rimborso forfettario per commissioni e spese di riscossione relative ai crediti contributivi recuperati. Per un pugno di euro. L’avvocato ricorrente in Cassazione chiedeva, quindi, il riconoscimento del proprio diritto ad ottenere quel 2% a titolo di onorari. Secondo il ricorrente, infatti, il 2% riconosciuto all’INPS dalla cessionaria era esclusivamente riconducibile alle competenze ed agli onorari dei legali interni all’INPS. Diversamente, secondo i Giudici di merito, tale percentuale era un corrispettivo di pertinenza dell’INPS e non dell’Avvocatura interna, posto che i legali dell’istituto, essendo iscritti all’Albo Speciale, possono patrocinare solo in nome dell’ente di appartenenza. A ciò si aggiunge che la Corte territoriale aveva accertato come la percentuale del 2% riconosciuta all’INPS fosse destinata a compensare una serie di attività svolte dall’INPS, in qualità di mandatario con rappresentanza della cessionaria. In altri termini, tale importo costituiva un compenso forfettario corrisposto da un terzo, per i compiti svolti per suo conto, compiti che non comprendono solo attività strettamente processuali ed esperibili con l’intervento di un Avvocato dell’ente. Di conseguenza, non è sostenibile l’assunto degli Avvocati interni secondo il quale tale rimborso, in quanto riferito alle competenze dagli onorari di Avvocato, spettasse direttamente e per intero all’Avvocatura interna. A sostegno di questa tesi, l’Avvocatura deduceva l’applicazione dell’articolo 30 d.p.r. 411/76. Tuttavia, tale ultima normativa si riferisce a somme che – ab origine – hanno natura di compensi professionali, liquidate in favore dell’INPS secondo tariffe professionali e poste a carico di controparti soccombenti nei confronti dell’istituto. Diversamente, la destinazione del 2% era collegata allo svolgimento di svariate attività svolte in favore del cessionario e spettava all’istituto in base ai relativi contratti di cessione deve quindi escludersi che il 2% potesse riferirsi direttamente ai legali. In sostanza, si tratta di un compenso diverso e aggiuntivo rispetto a quanto gli stessi Avvocati percepiscono per l’attività svolta e che, in quanto forma di retribuzione accessoria, richiede una regolamentazione negoziale specifica e non suscettibile di attribuzione diretta. Il ruolo del contratto collettivo. A completamento del proprio ragionamento, la Suprema Corte specifica che, in ogni caso, l’attribuzione di trattamenti economici ulteriori è comunque riservata la contrattazione collettiva. Nel caso di specie, né i contratti di cessione, né gli accordi sindacali che avevano riconosciuto agli avvocati interni il diritto al compenso per l’attività svolta anche per la cessionaria possono essere riconducibili ad una contrattazione collettiva di valore cogente. Senza una norma del contratto collettivo, non si può procedere all’attribuzione di ulteriori trattamenti economici. La Corte di Cassazione rigetta, quindi, il ricorso, lasciando l’Avvocato a bocca asciutta.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 6 novembre 2014 – 18 febbraio 2015, numero 3242 Presidente Stile – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Roma, il M. esponeva 1 di essere dipendente dell'INPS con la qualifica di avvocato in servizio presso l'avvocatura distrettuale della sede di Roma 2 che l'Inps, in attuazione della L. numero 448/98, aveva ceduto alla società di cartolarizzazione dei crediti INPS SCCI i propri crediti contributivi, con distinti contratti del 29.11.99, 31.5 01 e 18.7.02 che i tre contratti di cessione prevedevano che I1NPS, tramite la propria avvocatura, avrebbe proseguito i giudizi pendenti alla data di cessione, e avrebbe assunto - sempre tramite la propria avvocatura - i giudizi pendenti alla data di cessione nonché, sempre tramite la propria avvocatura, anche la difesa tecnica della società concessionaria 3 che ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Ministero del Tesoro 2.11.99, l'INPS avrebbe trattenuto un importo sino al 2% delle somme riscosse e recuperate che tale importo era stato espressamente qualificato clausola 9, punto 5 del contratto 31.5.01 nonché deliberazione INPS numero 89/02 quale corrispettivo per l'attività svolta dall'avvocatura dell'Istituto, prevedendone la distribuzione a ciascun avvocato dell'INPS secondo i criteri di ripartizione degli onorari e competenze ai sensi dell'articolo 30, comma 2, d.P.R. numero 411/76 4 che l'INPS non aveva tuttavia provveduto al pagamento dei compensi per gli anni 2000-2002 5 che il 4.6.03 era stato stipulato un accordo sindacale col quale si destinava una parte di tali risorse 70% agli avvocati INPS, che chiedevano la condanna dell'Istituto al pagamento degli onorari e compensi tutti relativi all'attività giudiziale svolta al riguardo in favore della SCCI. Nella resistenza dell'INPS, il Tribunale accoglieva le domande che la Corte d'appello di Napoli, invece, con sentenza depositata il 12 aprile 2011, respingeva. Per la cassazione propone ricorso l'avv. M. , affidato a undici motivi, poi illustrati con memoria. Resiste l'INPS con controricorso. Motivi della decisione Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata della sentenza. 1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 13 L. numero 448/98 e dell'articolo 4 d.m. 5.11.99, nel testo sostituito dall'articolo 9 del d.m. 2.12.99, nonché dell'articolo 1362 c.c. in relazione ai contratti di cessione dei crediti alla SCCI articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c. . Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c. . Lamenta che la quota del 2% trattenuta dall’INPS per l'attività di difesa e rappresentanza era corrispettivo della relativa attività svolta dai difensori dell’INPS, come emergeva anche dal comportamento successivo dell'Istituto che, almeno in un primo momento, erogò ai suddetti tale quota come compensi per l'attività legale svolta. 2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione, sotto altro profilo, dell'articolo 4 d.m. 5.11.99, nel testo sostituito dall'articolo 9 del d.m. 2.12.99, nonché dei contratti di cessione 29.11.99, 31.5 01 e 18.7.02, sostenendo che le somme che affluiscono all’INPS attraverso il 2% non divergono dai corrispettivi per le prestazioni professionali che normalmente affluiscono in apposita contabilità dell'Istituto, con la conseguenza che esse dovevano essere ripartite secondo la disciplina di cui all'articolo 30, comma 2, del d.P.R. numero 411/76, come confermato dal Regolamento del marzo 2003. 3.- Con i successivi motivi di ricorso, il ricorrente denuncia 3 violazione dell'articolo 132, secondo comma, numero 4 c.p.c., in relazione all'articolo 360 numero 4 c.p.c. circa la carenza di motivazione circa l'applicabilità dell'accordo collettivo del 4 giugno 2003 4 violazione dell'articolo 1362,1 comma, c.c., in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. per l'erronea interpretazione dei menzionati contratti 5 insufficiente motivazione su fatto controverso e decisivo applicazione o meno del c.c.numero l. 4.6.03 per effetto della novazione ad opera dell'accordo 19.12.05 6 violazione dell'articolo 1362, comma 1, c.c. e motivazione insufficiente circa l’interpretazione dell'accordo 4 giugno 2003 articolo 360, comma 1, nnumero 3 e 5 c.p.c. 7 violazione dell’articolo 1362, 1 comma, c.c. e del principio generale dei diritti quesiti derivanti dall'accordo 4 giugno 2003 articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. 8 violazione del c.c.numero l. 8 gennaio 2003, articolo 1, commi 2, 3, 4, 5, 6 violazione del c.c.numero l. 16.2.1999, articolo 4 e 42 violazione dell'articolo 40, comma 3, del d.lgs. numero 165/2001 falsa applicazione dell'articolo 43 della legge numero 449/1997 secondo cui la relativa decurtazione si applica solo alle somme provenienti da contratti di sponsorizzazione e collaborazioni con soggetti privati et similia , violazione dell'articolo 1362 c.c. errata interpretazione dell'accordo 19.12.05 articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. 9-10 violazione dell'articolo 1366 cc. circa l’interpretazione dell'accordo ora detto articolo 360, comma 1, numero 3 c.p.c. omessa motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sempre con riferimento alla valutazione del suddetto accordo articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c. 11 violazione dell'articolo 435 c.p.c. per aver ritenuto la domanda inerente il detto accordo del 2005 inammissibile perché non proposta in primo grado articolo 360, comma 1, numero 4 c.p.c. . Il ricorrente lamenta in sostanza l'erronea interpretazione della disciplina legale e contrattuale disciplinante la materia e comunque la mancata applicazione del c.c.numero l. 19.12.05. 4.- I motivi, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. Deve subito rilevarsi che la sentenza impugnata si sottrae assolutamente alla violazione dell'articolo 132 numero 4 c.p.c., inerendo il relativo vizio all'insufficiente motivazione circa l'applicabilità dell'accordo collettivo del 2003, peraltro, come in seguito evidenziato, adeguatamente esaminato dalla Corte di merito. Per il resto si osserva che l'articolo 13 della legge numero 448 del 23 dicembre 1998 previde la cessione a titolo oneroso ad una società di cartolarizzazione la S.C.C.I. S.p.A. , dei crediti contributivi vantati dall'INPS già maturati e maturandi sino ai 31.12.2001. Il comma 8 di tale articolo disponeva Nei procedimenti civili di cognizione e di esecuzione, pendenti alla data della cessione, il cessionario può intervenire fermo restando che l'INPS non può in ogni caso essere estromesso. Per i giudizi di opposizione all'esecuzione promossi avverso, il ruolo, instaurati successivamente alla cessione dei crediti, sussiste litisconsorzio necessario nel lato passivo tra l'INPS ed il cessionario . L'articolo 4 del d.m. 5.11.99, nel testo sostituito dall'articolo 9 del d.m. 2.12.99 attuativo della suindicata legge prevede L'INPS assume l'onere degli aggi, commissioni e spese di riscossione e recupero relative ai crediti contributivi ceduti, nonché delle anticipazioni della remunerazione riconosciuta ai concessionari, in applicazione dell'articolo 17, comma 5, del d.lgs. numero 112/99. L’INPS trattiene, ovvero ha diritto di ricevere, dall'acquirente dei crediti un importo sino al 2% di qualunque somma riscossa o recuperata a valere sui crediti contributivi ceduti, a titolo di rimborso forfettario degli oneri di cui al presente comma . Con contratti stipulati in data 29.11.99, 31.5.01 e 18.7.02, l'INPS cedette all'acquirente i crediti contributivi maturati al 31.12.99, al 31.12.00 ed al 31.12.01. In tutti tali contratti, alla clausola 9, si prevedeva che l'INPS assume nei confronti dell'acquirente gli impegni di cui alle clausole 9.2., 9.3 e 9.4 . Con la clausola 9.2 l'INPS, in ordine ai crediti contributivi ceduti, si impegnava a proseguire i relativi giudizi ex articolo 111 c.p.c., con facoltà dell'acquirente di intervenire in tali giudizi. La clausola 9.3 prevedeva, in materia di esecuzione forzata, che I1NPS si impegna proseguire le dette esecuzioni ex articolo 111 c.p.c. con facoltà dell'acquirente di intervenire in tali esecuzioni. La clausola 9.4 prevedeva che qualora i debitori promuovessero giudizi di merito o opposizione all'esecuzione , I1NPS e l'Acquirente sarebbero stati litisconsorti necessari. In tal caso I1NPS si impegnava a proseguire la relative lite anche per conto dell'Acquirente, impegnandosi ad assumerne la difesa tecnica. La clausola 9.5 disponeva che l’ Acquirente con il presente contratto conferisce mandato con rappresentanza all'INPS affinchè lo stesso provveda, ove richiesto e tramite gli avvocati della propria avvocatura, alla rappresentanza e difesa tecnica dello stesso Acquirente dinanzi alle autorità giudiziarie . Solo nel secondo contratto di cessione, alla clausola 9.5, fu previsto che per lo svolgimento delle attività indicate nella presente clausola 9, sarà corrisposto dall'Acquirente all’INPS un corrispettivo in conformità a quanto previsto dalla clausola 11 che segue . L'articolo 11 di tutti i contratti di cessione prevedeva il diritto dell'INPS al rimborso forfettario dell'insieme degli oneri sostenuti per la riscossione ed il recupero dei crediti in questione. Con delibera numero 89 del 26 marzo 2002, il Consiglio di amministrazione dell'INPS, richiamata la clausola 9.5 del secondo contratto, stabilì di attribuire il 2% dell'importo lordo dei crediti recuperati in via legale per l'anno 2000 all'Avvocatura interna, dedotte le spese forfetarie nella misura del 10% in applicazione della legge professionale, gli incentivi speciali per il recupero ed incassi crediti già erogati per il 2000 e gli oneri riflessi , ed inoltre di distribuire le somme spettanti secondo le quote, contrattualmente stabilite, di ripartizione di onorari e competenze legali . Con tale delibera fu dunque prevista l'attribuzione agli avvocati dell'INPS dell'importo che, in base al DM 5 novembre, 1999 ed ai contratti di cessione la società di cartolarizzazione era tenuta a corrispondere all'INPS a titolo di rimborso forfetario per rifonderlo dell'onere degli aggi, commissioni e spese di riscossione e recupero relative ai crediti contributivi. Tale delibera venne revocata dal Commissario Straordinario dell'Istituto con determinazione numero 805 del 2003 sul presupposto che il 2% dei crediti riscossi o recuperati fosse corrispettivo di pertinenza dell’INPS e non dell'Avvocatura, perché i legali, iscritti all'Albo speciale, potevano patrocinare solo in nome dell’INPS, al quale la SCCI aveva dovuto conferire mandato con rappresentanza, perché non rientrava nella competenze del C.d.A. dell'Istituto la determinazione del trattamento economico dei dipendenti, oggetto esclusivo della contrattazione collettiva, sia, infine, in considerazione dell'accordo sindacale 4.6.03 che destinava all'avvocatura solo una parte 70% del complessivo importo del 2% dei contributi recuperati per via legale afferenti gli anni 2000-2001 e la restante parte alla contrattazione integrativa relativa al personale amministrativo. 4.1. Il M. sostenne che il credito azionato trovava la propria fonte non solo nelle delibere dei C.d.A. INPS, ma soprattutto nell'articolo 30 del d.P.R. numero 411/76, trattandosi di compensi dovuti agli avvocati dell'Istituto per l'attività legale svolta anche in favore della SCCI, senza quindi la necessità di una nuova contrattazione sugli stessi che con l'accordo del 4.6.03, era stato ribadito e riconosciuto che il loro diritto al compenso per l'attività legale svolta era a titolo di onorari senza alcuna riserva da parte dell'INPS. Tale tesi, come correttamente evidenziato dalla sentenza impugnata, è infondata in quanto basata sull'erroneo presupposto che la percentuale del 2% riconosciuta all’INPS costituisse esclusivamente una competenza di procuratore ed onorario di avvocato per i legali interni dell'INPS. Deve invece convenirsi con la sentenza impugnata laddove osserva che tale percentuale del 2% era un corrispettivo di pertinenza dell’INPS e non dell'Avvocatura interna, posto che i legali dell’INPS, essendo iscritti all'Albo speciale, possono patrocinare solo in nome dell'Ente di appartenenza. I giudici di appello hanno poi correttamente ritenuto che dalla lettura dei contratti di cessione succedutisi nel tempo, la percentuale del 2% riconosciuta all’INPS fosse destinata a compensare una seria complessa di attività svolte dall’INPS quale mandatario con rappresentanza della cessionaria tale importo costituiva infatti un compenso forfettario corrisposto da un terzo per i compiti svolti per suo conto che non comprendono solo attività strettamente processuali e richiedenti necessariamente l'intervento di un avvocato dell'Ente, ma anche altri oneri ed attività accessorie e complementari a quelle legali inerenti anche il personale amministrativo degli uffici legali. Ne derivava che non era sostenibile l'assunto degli avvocati interni secondo il quale tale rimborso forfettario, in quanto riferito alle competenze di procuratore ed onorari di avvocato riscosso dall'Ente, spettasse direttamente e per intero agli avvocati ai sensi dell'articolo 30 del d.P.R. numero 411/76. Tale ultima normativa, infatti, si riferisce a somme che ab origine hanno natura di compensi professionali, liquidate in favore dell’INPS secondo tariffe professionali e poste a carico di controparti soccombenti nei confronti dell'Istituto. Dal momento che, come visto, la destinazione del'importo in questione 2% era collegato allo svolgimento di molteplici attività svolte in favore del cessionario, spettante all'Istituto in base ai relativi contratti di cessione, deve escludersi, come correttamente considerato dal giudice d'appello, che la normativa invocata d.P.R. numero 411/76 , potesse consentire la relativa diretta distribuzione ai legali medesimi. Trattasi in sostanza di un compenso diverso ed aggiuntivo rispetto a quanto gli stessi legali percepiscono per l'attività professionale svolta per I1NPS, che, in quanto forma di retribuzione accessoria, richiede una regolamentazione negoziale specifica e non suscettibile di attribuzione diretta. 4.2. Anche valutando la richiesta in base all'accordo sindacale del 4.6.03 che prevedeva la distribuzione agli avvocati interni del 70% degli introiti in questione , non potrebbe giungersi a diverse conclusioni. Ed invero ribadito che le somme in questione non costituiscono onorari, esse non potevano essere attribuite agli avvocati né ai sensi dell'articolo 30 DPR numero 411/76, né sulla base dell'accordo sindacale detto, recepito nella determina numero 805/03. Ed infatti, per i lavoratori alle dipendenze di datori di lavoro pubblici, l'articolo 2, comma 3, del d.lgs numero 29/93, come sostituito dal d.lgs numero 80/98, nonché l'articolo 2, comma 3, del d.lgs numero 165/01, prevedono che l'attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi, con la precisazione che i contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri e le modalità previste nel titolo III del presente decreto . L'attribuzione di trattamenti economici ulteriori è dunque riservata ad un contratto collettivo validamente stipulato e tale non può ritenersi l'accordo sindacale del giugno 2003. Ed invero l'articolo 40 del d.lgs numero 165/01 stabilisce che La contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono essa può avere ambito territoriale e riguardare più amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate . L'accordo del giugno 2003, che peraltro avrebbe necessitato di un atto applicativo mai intervenuto, esorbita dalle materia riservate dal contratto collettivo nazionale alla contrattazione integrativa, tra le quali non è prevista la corresponsione diretta di trattamenti economici in favore del personale. In definitiva esclusa la natura di onorari del rimborso forfettario de quo, non sussistono i presupposti per l'attribuzione diretta agli avvocati interni. Né la domanda potrebbe trovare applicazione in base al c.c.numero i. 19.12.05, posto che tale accordo prevedeva solo che una parte delle risorse de quibus fossero destinate a finanziare il fondo dei trattamenti accessori dei professionisti dell'Istituto e dunque non direttamente gli avvocati prevedeva inoltre la necessità di una espressa adesione, da manifestarsi nelle forme di cui agli articolo 65 e 66 d.lgs. numero 165/01 e degli articolo 410 e 411 c.p.c., entro 60 giorni dalla data di stipula del presente accordo, con conseguente rinuncia all'azione giudiziaria ed impegno alla cessazione dell'eventuale giudizio in corso con compensazione delle spese , circostanza non verificatasi nella specie, ove anzi dallo stesso ricorrente è riferito pag. 45 ricorso che egli non prestò adesione a tale accordo. 5.-Il ricorso deve pertanto rigettarsi. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 100,00 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi, oltre accessori di legge.