Il Pvc redatto dalla Guardia di Finanza è un atto amministrativo extraprocessuale, come tale acquisibile ed utilizzabile ex articolo 234 c.p.p Tuttavia, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall’articolo 220 disp. att. c.p.p., giacché, altrimenti, la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile. E’ causa di inutilizzabilità dei risultati probatori la violazione delle disposizioni del codice di procedura penale, la cui osservanza, nell’ambito di attività ispettive o di vigilanza, è prevista per assicurare le fonti di prova in presenza di indizi di reità.
Questo il principio di diritto affermato dalla Sezione III della Corte di Cassazione con la sentenza numero 4919/15, depositata il 3 febbraio scorso. All’inizio era solo un Pvc. La Guardia di Finanza, a seguito di attività ispettiva amministrativa presso una società immobiliare, ravvisando, sin dagli inizi, violazioni fiscali penalmente rilevanti in capo alla società, procede alla acquisizione di copiosa documentazione soprattutto rogiti e contratti preliminari relativi alla compravendita di immobili ed alla assunzione di dichiarazioni dagli acquirenti degli immobili, che vengono compendiate in un corposo processo verbale di constatazione poi trasmesso alla Procura della Repubblica. Le risultanze di detto verbale portano alla contestazione della violazione dell’articolo 4, d.lgs. numero 74/2000, con conseguente radicarsi di un procedimento penale a carico del legale rappresentante della società, i cui atti di indagine, come spesso accade, si esaurivano nel redatto Pvc. L’istruttoria dibattimentale di primo grado si risolveva nella acquisizione di detto Pvc, al fine di «utilizzare i dati storici in esso contenuti», e nella audizione del Maresciallo della Guardia di Finanza che lo aveva redatto, che, oltre a ripercorrerne il contenuto, riferiva de relato le dichiarazioni raccolte dagli acquirenti degli immobili in punto di prezzo pagato. Poi il Pvc si fece prova, anche in sede penale. Il materiale probatorio così acquisito veniva ritenuto sufficiente dal giudice di prime cure a fondare l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato per il reato al medesimo ascritto. Avverso la sentenza di primo grado interpone appello la difesa evidenziando, da un lato, come mai l’imputato avesse prestato il consenso alla introduzione nel fascicolo del dibattimento del Pvc, acquisito, in effetti, dal giudice solo per utilizzare i dati storici in esso contenuti e, dunque, non avente efficacia probatoria per la avvenuta violazione dell’articolo 220 disp. att. c.p.p. e, dall’altro, come la testimonianza resa dal Maresciallo si fosse limitata a confermare le risultanza del verbale – per quanto sopra inutilizzabile – ed a riferire de relato dichiarazioni di terze persone. La Corte d’Appello aveva, tuttavia, ritenuto di superare le obiezioni difensive in quanto, sotto il primo profilo, solo all’esito di tutta la attività ispettiva amministrativa la Guardia di Finanza aveva potuto riscontrare l’effettivo superamento delle soglie che attribuiscono penale rilevanza alla condotta di evasione, con la conseguenza che, solo dopo tale momento, si erano concretizzati gli indizi di reato rilevanti ex articolo 220 disp. att. c.p.p., il cui dettato normativo risultava dunque rispettato dagli operanti. Quanto, poi, alla testimonianza de relato , la Corte di Appello evidenziava come il Pvc potesse, di fatto, “sostituire in blocco” l’intera istruttoria dibattimentale in quanto, sul punto, le parti non avevano chiesto alcuna integrazione istruttoria, né, soprattutto la difesa, aveva richiesto ai sensi dell’articolo 195 c.p.p. al cui solo rispetto la legge condiziona l’inutilizzabilità delle dichiarazioni de relato l’audizione dei testimoni le cui dichiarazioni il Maresciallo della Guardia di Finanza aveva riferito in istruttoria dibattimentale. Ne era conseguita, dunque, salva la parziale falcidia derivante dal maturare del termine di prescrizione, la conferma della condanna di primo grado, anche in sede di appello. Sino al giudizio universale della Cassazione Avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze propone, tuttavia, articolato ricorso per cassazione la difesa dell’imputato evidenziando, con un primo motivo, come, sin dall’inizio, la Guardia di Finanza avesse evidenziato che erano emerse fattispecie penalmente rilevanti e dunque, sin da tale momento, essendo emersi indizi di reato, «gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro [potesse] servire per l'applicazione della legge penale [dovevano essere] compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice» ai sensi dell’articolo 220 disp. att. c.p.p Ne conseguiva l’inutilizzabilità in sede penale del Pvc, al contenuto del quale, invece, esplicitamente, avevano fatto riferimento i giudici di secondo grado, che il contenuto del medesimo avevano richiamato, sostituendo le risultanze “in blocco” dello stesso, agli esiti della istruttoria dibattimentale. Con un secondo motivo, il ricorrente evidenziava che era onere dell’accusa dimostrare i fatti a carico con prove utilizzabili e tali non potevano essere considerate le dichiarazioni de relato rese dal Maresciallo della Guardia di Finanza, poiché ai sensi dell’articolo 194, comma 4, c.p.p. non è consentito agli ufficiali di P.G. di rendere deposizioni sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni. Gli Ermellini, esaminati i motivi di ricorso ed il tenore della sentenza di primo grado, paiono condividere, in buona sostanza, l’assunto della difesa tuttavia, pur ritenendo superato il vaglio di ammissibilità del proposto ricorso, la Suprema Corte arresta purtroppo!!! la propria valutazione, in quanto, stante l’intervenuta estinzione del reato per decorso del termine di prescrizione, l’esito del preliminare giudizio di ammissibilità è sufficiente per annullare senza rinvio l’impugnata sentenza. Quando scattano le garanzie dell’articolo 220 disp. att. c.p.p Importante è il passaggio, seppur incidentale, della sentenza che si annota, laddove si precisa quali sono i presupposti che fanno scattare le garanzie previste dall’articolo 220 disp. att. c.p.p. che la norma identifica nella emersione di «indizi di reato». La Corte, infatti, è molto chiara nell’affermare che, in tema di reati tributari, non è necessario, affinché possano ritenersi emersi i gravi indizi che impongono di assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale con l'osservanza delle disposizioni del codice di procedura penale, che sia individuato il superamento del tasso soglia che attribuisce rilevanza penale alla condotta. La norma, infatti, si limita a richiedere la presenza di meri indizi ed è dunque sufficiente che, sulla base degli accertamenti compiuti sino a quel momento, appaia probabile il superamento della soglia, senza necessità di attendere quindi l’esito complessivo dell’accertamento, con quella che sarebbe una sostanziale interpretatio abrogans dell’articolo 220 disp. att. c.p.p Diversamente opinando – osserva la Corte – evidente sarebbe la elusione del diritto di difesa e dei principi del giusto processo. Il principio affermato appare di fondamentale importanza in quanto nella prassi, come noto, la Guardia di Finanza, pur in presenza di indizi di reato, prosegue tranquillamente nella redazione del Pvc, spesso senza curarsi del rispetto delle garanzie del codice di rito, limitandosi, all’esito, a trasmettere lo stesso Pvc come notizia di reato alla Procura della Repubblica. Ora, dunque, il rischio che tutte le risultanze investigative successive alla emersione degli indizi di reato siano ritenute inutilizzabili in sede penale è assolutamente concreto. e quali le sanzioni derivanti dalla loro violazione. Sicuramente non meno significativo è l’ulteriore passaggio, sempre incidentale, degli Ermellini laddove si specifica quale sia la sanzione processuale derivante dal mancato rispetto delle garanzie procedurali imposte dall’articolo 220 disp. att. c.p.p La Corte non ha esitazione nell’affermare che la parte del Pvc redatta successivamente alla emersione degli indizi di colpevolezza, qualora non siano rispettate le disposizioni del codice di procedura penale, non può assumere efficacia probatoria e, quindi, è inutilizzabile. La sanzione della inutilizzabilità dei risultati probatori acquisiti dopo l’emersione di indizi di reato in violazione delle disposizione del codice di rito era stata, in effetti, più volte affermata in giurisprudenza invero puntualmente richiamata nel corpo della sentenza che si annota , ma, come noto, non erano mancate pronunce che, per contro, riconducevano tale violazione alla categoria delle nullità d'ordine generale di cui all'articolo 178, comma 1, lett. c , c.p.p Con la conseguenza che, così qualificata, la nullità di ordine generale dovesse essere eccepita prima della pronuncia del provvedimento che conclude l'udienza preliminare, ovvero, se questa udienza manchi, entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1, c.p.p., pena la decadenza Cass. penumero , Sez. Fer., numero 38393/2010 . Assolutamente importante dunque il richiamo, invero assolutamente condivisibile, all’indirizzo che riconduce la violazione dell’articolo 220 disp. att. c.p.p., non al regime generale delle nullità, bensì a quella più grave sanzione che il codice di rito riserva ai mezzi di prova l’inutilizzabilità.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 novembre 2014 – 3 febbraio 2015, numero 4919 Presidente Squassoni – Relatore Franco Svolgimento del processo Con sentenza 10 ottobre 2012 il tribunale di Pisa dichiarò C.C. colpevole del reato di cui all'articolo 4 D.Lvo 74/2000 per aver indicato, in qualità di legale rappresentante della società Cavallini Immobiliare srl, al fine di evadere le imposte IRES, nella dichiarazione annuale relativa al periodo d'imposta 2004, elementi attivi per un ammontare di Euro. 1.553.666,00 e per il periodo d'imposta 2005 elementi attivi per un ammontare di Euro 957.741,00, inferiore a quello effettivo ed in misura superiore ad Euro 103.291,38, evadendo detta imposta per un importo di Euro 512.709,00 per il 2004 e di Euro 316.065,00 per il 2005, e lo aveva condannato, con la attenuanti generiche, alla pena di un anno e mesi 4 di reclusione, con a sospensione condizionale della pena. La corte d'appello di Firenze, con la sentenza in epigrafe, dichiarò estinto per prescrizione il reato relativo al periodo di imposta 2004 e rideterminò la pena in un anno di reclusione. Osservò, tra l'altro, la corte d'appello che era infondata l'eccezione di inutilizzabilità dell'accertamento fiscale compiuto dalla GdF per violazione dell'articolo 220 disp. att. cod. procomma penumero e ciò perché il reato contestato presuppone il superamento della soglia di punibilità, il che può ricavarsi solo a seguito della valutazione finale di tutti gli elementi acquisiti in forza delle indagini compiute e quindi l'indizio di reato può discendere solo a seguito della valutazione complessiva dell'accertamento fiscale da compiersi alla fine delle indagini, non potendo collegarsi l'individuazione del superamento della soglia di punibilità all'accertamento delle singole sottofatturazioni di vendita che quindi il verbale di constatazione in questione era stato acquisito nel rispetto del disposto di cui all'articolo 220 disp. att. cod. procomma penumero che il fatto che l'imputato non abbia prestato il consenso alla acquisizione del detto verbale di constatazione non impedisce che il giudice possa valutarne il contenuto in relazione alla utilizzazione dei dati storici in esso contenuti , per cui esso ben poteva sostituire in blocco l'istruttoria dibattimentale, una volta che le parti non hanno chiesto alcun ulteriore approfondimento istruttorio,oltre l'esame dei predetti testi e in specie del maresciallo Imparato, il quale ha reso specifica testimonianza su tutti i punti del verbale, così confermandone integralmente il contenuto che invero l'approfondimento dibattimentale è mancato per scelta della difesa in quanto, a fronte della testimonianza de relato resa dal maresciallo circa le dichiarazioni rilasciate dagli stessi acquirenti gli immobili oggetto della sottofatturazione, era onere della difesa richiederne il loro esame dibattimentale ai sensi dell'articolo 195 cod. procomma penumero che d'altra parte la documentazione ogget-tiva acquisita col verbale di constatazione contratti preliminari di vendita a prezzi di gran lunga superiori a quelli poi riportati nei corrispondenti rogiti di vendita, mutui ipotecari per importi superiori a quelli risultanti dai rogiti, prelievi in contante da parte degli acquirenti contestuali ai pagamenti, corrispondenti alla differenza fra il pattuito e il dichiarato è prova oggettiva delle sottofatturazioni operate che erano irrilevanti le osservazioni del CT della difesa, perché l'accertamento della sottofatturazione non si basava su calcoli presuntivi ma su dati oggettivi e sulle dichiarazioni degli acquirenti circa i maggiori importi pagati alla C. rispetto a quelli riportati sul rogito formale di vendita. L'imputato, a mezzo dell'avv. Anna Francini, propone ricorso per cassazione deducendo 1 violazione degli articolo 191 cod. procomma penumero e 220 disp. att. cod. procomma penumero Osserva che dalla stessa sentenza impugnata emerge che l'accertamento della sottofatturazione è frutto della mera “trasfusione” nella contestazione delle risultanze del processo verbale di constatazione redatto dalla GdF. Tale atto, oltre ad essere di natura induttiva, è stato annullato dalla commissione tributaria e comunque non può essere ritenuto sufficiente a fondare la prova della responsabilità dell'imputato in sede penale. Ciò in quanto nessuno degli elementi di prova su cui tale accertamento appare essere fondato è passato al vaglio del dibattimento. L'accertamento contenuto nel processo verbale è fondato su un'attività ispettiva eseguita in sede amministrativa, e quindi extra-processuale, e le sue risultanze non possono assurgere al rango di prova in quanto non sottoposte al vaglio del contraddittorio in sede dibattimentale. Nel momento in cui gli agenti ebbero a riscontrare indizi di reato avrebbero dovuto proseguire l'indagine secondo le modalità dell'articolo 220 disp. att. cod. procomma penumero , secondo cui quando nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti emergano indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale sono compiuti con l'osservanza delle disposizioni del codice. Il rispetto delle regole di rito sarebbe stato necessario quantomeno una volta compiute le prime delle numerose audizioni degli acquirenti degli immobili, per non parlare della successiva acquisizione della documentazione concernente la compravendita contratti preliminari, mutui ipotecari, rogiti di vendita, ecc . Si tratta infatti indiscutibilmente di indizi di reato che imponevano il ricorso alle disposizioni del codice di procedura penale. Nella specie gli indizi di reato sono riferiti dagli operanti come emersi sin dalle fasi iniziali dell'indagine amministrativa allorquando, come risulta dal PVC in data 31/01/2009, in capo alla società si ravvedevano ipotesi penalmente rilevanti e si procedeva ad acquisire copiosa documentazione. Del resto, oltre all'attività amministrativa nessun altro accertamento è stato svolto in sede penale a seguito della comunicazione della notizia di reato che, infatti, contiene ed esaurisce tutto quanto è stato ritenuto rilevante ai fini dell'accusa. Il PVC non poteva perciò essere utilizzato a fini probatori. 2 violazione dell'articolo 526 cod. procomma penumero Ricorda che, stante il mancato consenso della difesa, il processo verbale di constatazione è stato acquisito dal giudice di primo grado esclusivamente in relazione all'utilizzazione dei dati storici in esso contenuti. Sennonché poi lo stesso ha, di fatto, sostituito in blocco l'istruttoria dibattimentale. Invero, il funzionario dell'Agenzia delle Entrate ha confermato che l'attività dell'Agenzia si è limitata alla mera ricezione del verbale. Il mar.llo I. ha potuto solo fornire indicazioni del tutto gene-riche sulle risultanze dell'accertamento svolto in sede amministrativa senza scendere nel merito di nessuna delle singole contestazioni. La carenza probatoria non può essere compensata per relationem attraverso il richiamo al PVC, atteso che si tratta di un'attività ispettiva compiuta in ambito amministrativo, in assenza delle garanzie processuali assicurate dal rispetto del principio del contraddittorio che lo rende, pertanto, inutilizzabile senza il consenso della parte. Nella specie, poi, il processo verbale di constatazione non può essere utilizzato nemmeno al fine di verificare il superamento della soglia di punibilità perché i dati contenuti nell'accertamento amministrativo non hanno poi trovato alcun conforto in sede dibattimentale. In altre parole, sarebbe stato possibile utilizzare per il calcolo del superamento della soglia le risultante del PVC solo all'esito di una attività dibattimentale che avesse fornito in relazione ad ognuna delle vendite la prova della quantità del pagamento extracontabile ed essa fosse risultata corrispondere a quella indicata nel processo verbale di constatazione. Inoltre, l'istruttoria dibattimentale mai avrebbe potuto confermare i dati del conteggio posto che l'accertamento ha natura induttiva. 3 violazione dell'articolo 195, comma 4, cod. procomma penumero Osserva che è erronea l'affermazione della sentenza impugnata secondo cui l'istruttoria dibattimentale avrebbe potuto essere sostituita in blocco dal contenuto del verbale di constatazione dato che le parti non hanno chiesto alcun ulteriore approfondimento istruttorio e, in particolare, il mancato approfondimento dibattimentale sarebbe dovuto ad una precisa scelta processuale della difesa che di fronte alla testimonianza de relato resa dal Maresciallo circa le dichiarazioni rilasciate dagli stessi acquirenti degli immobili era onere della difesa richiedere il loro esame dibattimentale ai sensi dell'articolo 195, comma 1 c.p.p. . Osserva che al contrario nessun obbligo faceva capo alla difesa - mentre eventualmente sarebbe stato onere dell'accusa attivarsi, ove possibile, per assolvere al proprio onere probatorio - posto che è proprio lo stesso articolo 195 c.p.p. a prevedere, al suo comma quarto, che gli ufficiali di polizia giudiziaria non possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni con le modalità di cui agli articoli 351 e 357, comma 2, lettere a e b . Tale norma, quindi, esclude espressamente la testimonianza indiretta da parte degli ufficiali di PG non consentendo, in casi di questo tipo, alle altre parti di chiamare a deporre il soggetto indicato dal teste. Nell'imminenza dell'udienza la difesa ha depositato memoria con cui tra l'altro rileva l'intervenuta prescrizione del reato. Motivi della decisione Preliminarmente va rilevato che dall'avviso di accertamento della Agenzia delle Entrate per l'annualità 2005 e dalla comunicazione di avvenuto ricevimento del Modello Unico per il periodo di imposta 1.1.2005 - 16.11.2005, emerge che la dichiarazione dei redditi 2005 sulla base della quale è stato effettuato l'accertamento e da cui scaturisce la contestazione per il reato di cui all'articolo 4 d. lgs. 10 marzo 2000, numero 74 è stata presentata dalla Cavallini Immobiliare srl in data 12.1.2006. La dichiarazione copre tutta l'attività della società Cavallini fino al momento della sua messa in liquidazione avvenuta il 16.11.2005. Il residuo reato di dichiarazione infedele per l'anno 2005 si è quindi consumato il 12.1.2006, al momento della presentazione della dichiarazione. Il termine ordinario di prescrizione pertanto scadeva il 12.7.2013. Risulta che il corso della prescrizione è stato sospeso dal 23.2.2012 al 13.3.2012 per astensione , dal 13.3.2012 al 31.5.2012 per richiesta difensore e dal 26.6.2012 al 10.10.2012 per richiesta difensore , per un totale di mesi 6 e giorni 24. Il residuo reato si è quindi prescritto in data 5 febbraio 2014. Ciò posto, va anche rilevato che il ricorso non può certamente ritenersi manifestamente infondato. E difatti, esattamente il ricorrente ricorda che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “Il processo verbale di constatazione redatto dalla guardia di finanza o dai funzionari degli uffici finanziari è un atto amministrativo extraprocessuale, come tale acquisibile ed utilizzabile ex articolo 234 cod. procomma penumero a fini probatori. Tuttavia, qualora emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalità previste dall'articolo 220 disp. att., giacché altrimenti la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non può assumere efficacia probatoria e, quindi, non è utilizzabile ” Sez. III, 1.4.1998, numero 7820. Molayem. Rv. 211225 conf. Sez. III, 18.11.2008, numero 6881 del 2009, Ceragioli, Rv. 242523 “ È causa di inutilizzabilità dei risultati probatori la violazione delle disposizioni del codice di procedura penale la cui osservanza, nell'ambito di attività ispettive o di vigilanza, è prevista per assicurare le fonti di prova in presenza di indizi di reato ” Sez. III, 10.2.2010, numero 15372, Fiorillo, Rv. 246599 . La sentenza impugnata ha ritenuto irrilevante nella specie la mancata prosecuzione secondo le modalità previste dall'articolo 220 disp. att., e ciò per il motivo che “ il reato contestato all'imputato presuppone il superamento della soglia di punibilità nella misura indicata nella norma incriminatrice, il che può ricavarsi solo a seguito della valutazione finale di tutti gli elementi acquisiti in forza delle indagini compiute e quindi l'indizio di reato può discendere solo a seguito della valutazione complessiva dell'accertamento fiscale da compiersi alla fine delle indagini, non potendo collegarsi l'individuazione del superamento della soglia di punibilità all'accertamento delle singole sottofatturazioni di vendita ”. Si tratta però di una argomentazione non condivisibile perché sembra risolversi, in sostanza, in una interpretazione abrogatrice della norma procedurale di garanzia. Se, invero, si devono aspettare i risultati complessivi dell'accertamento per valutare se vi sia stato o meno il superamento della soglia di punibilità, allora la conseguenza sarebbe che per i reati tributari che prevedono una tale soglia non dovrebbero mai essere adottate le modalità previste dall'articolo 220 disp. att. durante gli accertamenti ed i processi verbali di constatazione redatti dalla guardia di finanza o dai funzionari degli uffici finanziari il che non pare possa ammettersi, perché porterebbe in definitiva ad una elusione degli obblighi di legge, con lesione del diritto di difesa e dei principi del giusto processo. Inoltre, le dette modalità debbono essere seguite quando emergono indizi di reato e non solo quando emerga la prova di un reato, il che significa che per rendere operante la norma di garanzia non occorre che sia stata già raggiunta la prova del superamento della soglia di punibilità, ma è sufficiente che vi sia una concreta probabilità che la soglia possa essere superata. In ogni caso, nella specie, la corte d'appello non ha nemmeno valutato se dopo le prime indagini audizioni degli acquirenti degli immobili, acquisizione della documentazione concernente la compravendita fossero emersi indizi di reato che imponevano il ricorso alle disposizioni del codice di procedura penale, ed anzi non ha nemmeno esaminato l'eccezione della difesa secondo cui nel verbale di constatazione si affermava che già in data 31.1.2009 erano emerse ipotesi penalmente rilevanti. Nemmeno è condivisibile l'affermazione della sentenza impugnata secondo cui il verbale di constatazione “ ben poteva sostituire in blocco l'istruttoria dibattimentale, una volta che le parti non hanno chiesto alcun ulteriore approfondimento istruttoria ” e ciò perché “di fronte alla testimonianza de relato resa dal m.llo circa le dichiarazioni rilasciate dagli stessi acquirenti gli immobili oggetto della sottofatturazione da cui risultava appunto tale circostanza, era onere della difesa richiederne il loro esame dibattimentale ai sensi dell'articolo 195, comma 1, c.p.p., il che non è stato ”. Sennonché, in realtà, era onere dell'accusa presentare elementi di prova utilizzabili. Del resto, proprio l'articolo 194, comma 4, cod. procomma penumero dispone che “ Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni con le modalità di cui agli articoli 351 e 357, comma 2, lettere a e b ”. Tale divieto opera anche quando le dichiarazioni siano state assunte non correttamente e, comunque, non osservando le modalità di cui alle dette disposizioni Corte costituzionale, sentenza numero 305 del 2008 . Non essendo il ricorso manifestamente infondato ed essendosi quindi ritualmente instaurato il rapporto processuale di impugnazione, questa Corte può e deve rilevare e dichiarare la causa di estinzione del reato sopravvenuta dopo l'emissione della sentenza impugnata. D'altra parte, le considerazioni dianzi svolte non sono tali da far ritenere che dagli atti emerga in modo evidente una causa di proscioglimento nel merito. La sentenza impugnata deve dunque essere annullata senza rinvio perché il residuo reato si è estinto per prescrizione. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione, annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il residuo reato è estinto per prescrizione.