Nessuna contestazione del cliente, ma la parcella dell’avvocato non è al sicuro

Nell’ambito del pignoramento presso terzi, preliminarmente all’emissione dell’ordinanza di assegnazione, il Giudice dell’esecuzione ha il potere – dovere di verificare l’idoneità del titolo e la correttezza della quantificazione del credito operata dal creditore nel precetto, anche in assenza di contestazioni da parte del debitore.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 24367, depositata il 17 novembre 2014. Il fatto. L’avvocato, procuratore antistatario in un processo per espropriazione forzata di crediti presso terzi, proponeva opposizione agli atti esecutivi contro l’ordinanza di assegnazione di somme emessa dal Giudice dell’esecuzione, assumendone l’illegittimità per avere il giudice d’ufficio espunto alcune voci del precetto, così assegnando una somma inferiore a quella richiesta. Il giudice adito rigettava l’opposizione. L’avvocato propone ricorso per la cassazione di tale decisione, contestando la legittimità dell’eliminazione di alcune voci di spesa indicate in precetto, sostenendo che, in mancanza di opposizione del precettato, il giudice non poteva espungerle o ridurle d’ufficio. Il potere - dovere di verifica del Giudice dell’esecuzione. Il Collegio, riprendendo quanto già ampiamente stabilito, afferma che «nell’ambito del pignoramento presso terzi, preliminarmente all’emissione dell’ordinanza di assegnazione, il Giudice dell’esecuzione ha il potere – dovere di verificare l’idoneità del titolo e la correttezza della quantificazione del credito operata dal creditore nel precetto, con un accertamento dallo stesso impugnabile nei modi e nei termini della opposizione agli atti esecutivi.» Invero, precisa la Corte, il fatto che il debitore abbia il potere di contestare l’ammontare del credito azionato nei suoi confronti, non significa che, ove non lo faccia, il Giudice dell’esecuzione debba limitarsi ad assumere il credito esposto dalla parte istante nel precetto o nella istanza di assegnazione, senza poter verificare la corrispondenza della sua liquidazione al titolo esecutivo e la correttezza della quantificazione delle spese di precetto. Legittima l’eliminazione o la riduzione delle voci non dovute o dovute in maniera inferiore. Il principio richiamato dal ricorrente, secondo cui la parcella dell’avvocato costituisce una dichiarazione unilaterale assistita da presunzione di veridicità, in quanto l’iscrizione all’albo del professionista è una garanzia della sua personalità, per cui le poste o le voci in essa elencate, in mancanza di specifiche contestazioni del cliente, non possono essere disconosciute dal giudice, attiene ai rapporti tra avvocato e cliente e nulla ha a che vedere con la questione oggetto del caso in esame, la quale riguarda piuttosto il generale potere di verifica officiosa in ordine alla correttezza della nota spese redatta dall’avvocato. Ne consegue che il giudice di merito, in presenza di una nota specifica relativa alle competenze professionali, è legittimato a eliminare o ridurre le voci a suo giudizio non dovute o dovute in maniera inferiore, purché motivi adeguatamente la scelta decisoria adottata. Alla luce di queste osservazioni, il Collegio ha deciso per il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 15 ottobre – 17 novembre 2014, numero 24367 Presidente Finocchiaro – Relatore Amendola Svolgimento del processo e motivi della decisione È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti. Il relatore, cons. Adelaide Amendola esaminati gli atti, osserva 1. L'avvocato Forgione, procuratore antistatario in un processo per espropriazione forzata di crediti presso terzi promosso innanzi al Tribunale di Roma contro il Ministero dell'Economia e delle Finanze - processo nel quale il terzo pignorato era la Banca d'Italia - propose opposizione agli atti esecutivi, ex articolo 617 cod. proc. civ., avverso l'ordinanza di assegnazione di somme emessa dal giudice dell'esecuzione in data 16/21 marzo 2011, assumendone l'illegittimità, per avere il giudice d'ufficio espunto alcune voci del precetto, così assegnando una somma inferiore a quella richiesta. Domandò, quindi, che gli venisse riconosciuto l'importo di euro 645,57, con vittoria di spese. 2. Con sentenza del 27 gennaio 2012, nella contumacia del convenuto, il giudice adito ha dichiarato inammissibile, e ha comunque rigettato l'opposizione. Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte Salvatore Forgione, formulando due motivi e notificando l'atto al Ministero della Giustizia e alla Banca d'Italia. Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva. 3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata, successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall'articolo 360 bis, inserito dall'articolo 47, comma 1, lett. a della legge 18 giugno 2009, numero 69. Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli articolo 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi rigettato. Queste le ragioni. 4. Con il primo motivo l'impugnante denuncia violazione degli articolo 617, secondo comma, e 176 cod. proc. civ., ex articolo 360, nnumero 3 e 4 cod. proc. civ. Oggetto delle critiche è l'affermazione del giudice di merito secondo cui, considerato che la conoscenza legale del provvedimento impugnato doveva ritenersi acquisita il 25 marzo 2011, giorno in cui l'opponente aveva chiesto il rilascio di copie autentiche dell'atto, l'opposizione, proposta il 21 aprile 2011, era irrimediabilmente tardiva, risultando ampiamente superato il termine di venti giorni previsto dall'articolo 617 cod. proc. civ. Il ricorrente, ricordato che spetta al giudice di merito verificare, attraverso l'esame del fascicolo d'ufficio, la tempestività o meno dell'opposizione, a fronte della specifica deduzione dell'opponente che la notifica da parte della cancelleria era avvenuta il 9 settembre 2011, evidenzia che, nella fattispecie, le copie, richieste il giorno 25 marzo 2011, gli erano state rilasciate il successivo primo aprile di talché, rispetto a tale data, l'opposizione era assolutamente tempestiva. Con il secondo mezzo, lamentando violazione degli articolo 112 e 615 cod. proc. civ., nonché del D.M. 9 aprile 2004, ex articolo 360, nnumero 3 e 5, cod. proc. civ., l'esponente segnala che egli aveva contestato la legittimità dell'eliminazione di alcune voci di spesa indicate in precetto, sostenendo che, in mancanza di opposizione del precettato, il giudice non poteva espungerle o ridurle d'ufficio, di talché l'arresto del Supremo Collegio richiamato dal decidente, non aveva alcuna attinenza con la fattispecie dedotta in giudizio, nella quale non era in discussione l'ammontare del credito il cui pagamento era stato intimato all'obbligato. 5. Ciò posto, si osserva. Come emerge dalla esposizione delle censure, il Tribunale ha, da un lato, dichiarato inammissibile l'opposizione, per essere stata la stessa tardivamente proposta e, ha, dall'altro, ritenuto l'opposizione stessa in ogni caso infondata. Ora, a prescindere dalla verifica dell'assolvimento dell'onere probatorio in ordine alla tempestività del mezzo e dagli accertamenti da svolgersi, sul punto, anche d'ufficio, accertamenti che presuppongono l'acquisizione del fascicolo processuale, allo stato non ancora trasmesso dalla cancelleria del giudice a quo, malgrado la richiesta formulata dal ricorrente, ex articolo 369 cod. proc. civ., assorbente è il rilievo della assoluta infondatezza delle critiche relative al merito della scelta decisoria adottata. 6. Questa Corte ha già avuto modo di stabilire, in termini definitivi ed appaganti, che, nell'ambito del pignoramento presso terzi, preliminarmente alla emissione dell'ordinanza di assegnazione, il giudice dell'esecuzione ha il potere - dovere di verificare l'idoneità del titolo e la correttezza della quantificazione del credito operata dal creditore nel precetto, con un accertamento dallo stesso impugnabile nei modi e nei termini della opposizione agli atti esecutivi confr. Cass. civ. 8 aprile 2003, numero 5510 . E invero, il fatto che il debitore abbia il potere di contestare l'ammontare del credito azionato nei suoi confronti, non significa che, ove non lo faccia, il giudice dell'esecuzione debba limitarsi ad assumere il credito esposto dalla parte istante nel precetto o nella istanza di assegnazione, senza poter verificare la corrispondenza della sua liquidazione al titolo esecutivo e la correttezza della quantificazione delle spese di precetto. Né si vedono le ragioni per le quali l'ufficio, in mancanza di rilievi dell'esecutato, debba astenersi da qualsivoglia controllo su queste ultime. 7. La giurisprudenza richiamata dall'impugnante non è, ad avviso del relatore, conducente. Il principio, a più riprese ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la parcella dell'avvocato costituisce una dichiarazione unilaterale assistita da presunzione di veridicità, in quanto l'iscrizione all'albo del professionista è una garanzia della sua personalità, di talché le poste o le voci in essa elencate, in mancanza di specifiche contestazioni del cliente, non possono essere disconosciute dal giudice confr. Cass. civ. sez. unumero 18 giugno 2010, numero 14699 Cass. civ. 4 aprile 2003, numero 5321 , attiene ai rapporti tra avvocato e cliente e nulla ha a che vedere con la questione oggetto del presente giudizio, la quale riguarda piuttosto il generale potere di verifica officiosa in ordine alla correttezza della nota spese redatta dall'avvocato. 8. Ne deriva che, mentre non è in discussione che il precetto, in quanto atto che precede l'esecuzione, ben può contenere anche l'intimazione al pagamento delle spese ad esso relative, senza che occorra una apposita liquidazione da parte del giudice dell'esecuzione, costituendo le stesse un accessorio di legge a quelle processuali, come avviene per le spese inerenti agli atti successivi e conseguenti alla sentenza confr. Cass. civ. 28 settembre 2011, numero 19791 , va qui ribadito che il giudice del merito, in presenza di una nota specifica relativa alle competenze professionali, è legittimato a eliminare o ridurre le voci a suo giudizio non dovute o dovute in misura inferiore, purché motivi adeguatamente la scelta decisoria adottata confr. Cass. civ. 16 luglio 1981, numero 4652 Cass. civ. 23 ottobre 1979, numero 5337 . Sennonché non di questo si duole l'impugnante, posto che lo stesso, pur avendo richiamato nell'intestazione del secondo motivo di ricorso anche il numero 5 dell'articolo 360 cod. proc. civ., ha poi svolto le sue censure esclusivamente in chiave di violazione di legge, omettendo anche qualsivoglia specificazione in ordine alle voci del precetto espunte dall'ordinanza di assegnazione, e tanto, a tacer d'altro, in palese violazione del criterio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione . A seguito della discussione sul ricorso, svoltasi in camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni in fatto e in diritto esposte nella relazione. Ne deriva che il ricorso deve essere rigettato. La mancata costituzione in giudizio della parte vittoriosa preclude ogni pronuncia in ordine alle spese di giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 15 ottobre 2014.