Inammissibile per tardività il ricorso in Cassazione contro l’accoglimento parziale della domanda di equa riparazione

Posto che il procedimento ex legge Pinto non costituisce una prosecuzione del processo presupposto, ma un giudizio autonomo, in caso di impugnazione in Cassazione del provvedimento della Corte d’Appello si applica il termine semestrale di decadenza di cui all’articolo 327 c.p.c

Così la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 9546/20, depositata il 25 maggio. La Corte d’Appello di Bari accoglieva solo parzialmente l’originaria richiesta di indennizzo ex articolo 3 l. numero 89/2001 pur ritenendo che la resistenza dell’istante nel procedimento presupposto un giudizio di opposizione ad esecuzione doveva ritenersi temeraria. L’istante ha impugnato la decisione con ricorso per cassazione. Il Ministero della Giustizia, resistendo con controricorso, eccepisce l’inammissibilità del ricorso per tardività in ragione del mancato rispetto del termine decadenziale di cui all’articolo 327 c.p.c Il Collegio sottolinea in primo luogo che la pronuncia impugnata è stata redatta in formato cartaceo e non elettronico, con la conseguenza che il termine semestrale di decadenza di cui all’articolo 327 c.p.c. applicabile ratione temporis è rilevante solo l’attestazione dell’avvenuto deposito in cancelleria. Diversamente, laddove la sentenza sia redatta in formato elettronico, il procedimento decisionale si considera completo al momento della trasmissione del provvedimento mediante PEC con esternazione del provvedimento e della relativa data. È da quel momento che decorre il termine lungo di decadenza per le impugnazioni di cui all’articolo 327 c.p.c La giurisprudenza ha inoltre avuto modo di chiarire che il dies a quo del suddetto termine non è quello della trasmissione del provvedimento del giudice alla cancelleria, bensì quello di attestazione del cancelliere con la quale la sentenza diviene ostensibile agli interessati cfr. Cass.Civ. numero 28491/18 SS.UU. numero 13794/12 . Tornando al caso di specie, il ricorso risulta inammissibile in quanto notificato oltre la scadenza del termine semestrale di cui all’articolo 327 c.p.c. come modificato dalla l. numero 69/2009, a nulla rilevando che il giudizio presupposto sia stato instaurato precedentemente. Ed infatti, conclude il Collegio, l’impugnazione in Cassazione del provvedimento emesso dalla Corte d’Appello sulla domanda di equa riparazione deve essere intesa come ricorso ordinario, con rinvio alle relative regole ed applicazione del termine semestrale di decadenza, fermo restando che «il procedimento ex lege Pinto costituisce non una prosecuzione del processo presupposto, ma un giudizio autonomo rispetto a questo».

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 1 ottobre 2019 – 25 maggio 2020, numero 9546 Presidente D’Ascola – Relatore Falaschi Fatti di causa e ragioni della decisione La Corte di appello di Bari, con decreto numero 4162/2017, pur ritenendo l’ammissibilità dell’opposizione della L. numero 89 del 2001, ex articolo 5 ter, proposta dal medesimo originario ricorrente, L.O. , nei confronti del Ministero della giustizia, in parziale accoglimento della stessa, respingeva l’istanza di indennizzo L. numero 89 del 2001, ex articolo 3, per essere evidente che l’atto di intervento espletato nella procedura esecutiva, quale giudizio presupposto, era privo dei minimi elementi di validità enunciati dall’articolo 499 c.p.c., e dunque irrituale e nullo, con la conseguenza che la resistenza del ricorrente nel giudizio di opposizione alla esecuzione, come pure il relativo ricorso per cassazione, dovevano ritenersi temerari. Avverso il decreto della Corte di appello di Bari, il L. proponeva ricorso per cassazione, fondato su un unico motivo. L’intimato Ministero della giustizia resisteva con controricorso. Su proposta del relatore, che riteneva che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’articolo 380 bis c.p.c., in relazione all’articolo 375 c.p.c., comma 1, numero 5 , il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio. Atteso che - il Ministero intimato ha preliminarmente eccepito l’inammissibilità del ricorso per tardività in ragione del mancato rispetto del termine decadenziale annuale previsto dall’articolo 327 c.p.c L’eccezione di tardività del ricorso per cassazione è fondata. Occorre premettere che il decreto gravato non è stato redatto in formato elettronico, ma in formato cartaceo e risulta depositato in cancelleria in data 14.11.2017, come da attestazione del funzionario apposta in calce al provvedimento. In tal caso, ai fini della decorrenza del termine semestrale di decadenza di cui all’articolo 327 c.p.c., applicabile ratione temporis ricorso introduttivo di primo grado depositato il 29.08.2016, sotto il vigore dell’articolo 327 c.p.c., nel testo modificato dalla novella di cui alla L. numero 69 del 2009 , deve considerarsi rilevante soltanto l’attestazione dell’avvenuto deposito cfr. Cass., Sez. Unumero , numero 13794 del 2012 Cass., Sez. Unumero , numero 18569 del 2016 Cass. numero 12986 del 2016 Cass. numero 9029 del 2019, in motivazione . Nella specie, infatti, non trova applicazione la disciplina dettata per le sentenze redatte in formato elettronico, in cui è dal momento della trasmissione del provvedimento per via telematica mediante PEC che il procedimento decisionale è completato e si esterna, divenendo il provvedimento, dalla relativa data, irretrattabile dal giudice che l’ha pronunciato e legalmente noto a tutti, con decorrenza del termine lungo di decadenza per le impugnazioni ex articolo 327 c.p.c., Cass. numero 17278 del 2016 . Questa Corte ha precisato che, nel caso di redazione della sentenza in formato elettronico, la relativa data di pubblicazione, ai fini del decorso del termine c.d. lungo di impugnazione, coincide non già con quella della sua trasmissione alla cancelleria da parte del giudice, bensì con quella dell’attestazione del cancelliere, giacché è solo da tale momento che la sentenza diviene ostensibile agli interessati Cass. numero 24891 del 2018 . È sempre con riguardo all’ipotesi che alla redazione integrale della sentenza provveda direttamente il giudice estensore in formato elettronico che questa Corte, a Sezioni Unite, si è pronunciata precisando che dal momento in cui il documento, conforme al modello normativo articolo 132 c.p.c., e articolo 118 disp. att. c.p.c. , è consegnato ufficialmente in cancelleria - ovvero è trasmesso in formato elettronico per via telematica mediante PEC D.Lgs. 7 marzo 2005, numero 82, articolo 48 , - il procedimento della decisione si completa e si esterna e dalla relativa data la sentenza diviene irretrattabile dal giudice che l’ha pronunziata, è legalmente nota a tutti inizia a decorrere il termine lungo di decadenza per le impugnazioni di cui all’articolo 327 c.p.c., comma 1, produce tutti i suoi effetti giuridici cfr. Cass., Sez. Unumero , 10 agosto 2012 numero 13794 . Al di fuori di tale ambito, trova applicazione la regola secondo cui il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità non può infatti trovare applicazione la disciplina dettata per le sentenze redatte in formato elettronico, in cui è dal momento della trasmissione del provvedimento per via telematica mediante PEC che il procedimento decisionale è completato e si esterna, divenendo il provvedimento, dalla relativa data, irretrattabile dal giudice che l’ha pronunciato e legalmente noto a tutti, con decorrenza del termine lungo di decadenza per le impugnazioni ex articolo 327 c.p.c., cfr. Cass. numero 24891 del 2018 Cass. numero 2362 del 2019 . Come precisato più volte da questa Corte, al di fuori dell’ambito appena descritto, trova applicazione la regola secondo cui il deposito e la pubblicazione della sentenza coincidono e si realizzano nel momento in cui il deposito ufficiale in cancelleria determina l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico, con attribuzione del numero identificativo e conseguente conoscibilità per gli interessati, dovendosi identificare tale momento con quello di venuta ad esistenza della sentenza a tutti gli effetti, inclusa la decorrenza del termine lungo per la sua impugnazione Cass., Sez. Unumero , numero 13794 del 2012 cit. . Nella specie non risulta neppure prospettato da parte ricorrente che nel caso in esame l’inserimento della sentenza nell’elenco cronologico si fosse perfezionato in data successiva a quella del deposito, sicché non è applicabile il principio sancito da Sezioni Unite numero 18569 del 2016 secondo cui, in caso di apposizione in calce alla sentenza di due diverse date, il giudice deve accertare - attraverso istruttoria documentale ovvero ricorrendo a presunzioni semplici, o, infine, alla regola di cui all’articolo 2697 c.c., - il momento in cui la sentenza sia divenuta conoscibile attraverso il deposito ufficiale in cancelleria ed il suo inserimento nell’elenco cronologico con attribuzione del relativo numero identificativo. Il ricorso è, pertanto, inammissibile perché proposto con ricorso notificato il 31.01.2019, a fronte di decreto depositato il 14.11.2017, e dunque oltre la scadenza del termine semestrale ex articolo 327 c.p.c., come modificato dalla L. numero 69 del 2009, a nulla rilevando neanche che il giudizio presupposto sia stato instaurato prima dell’entrata in vigore di detta legge. Infatti, in base alla L. numero 89 del 2001, articolo 3, comma 6, l’impugnazione per cassazione contro il provvedimento emesso dalla Corte d’appello sulla domanda di equa riparazione deve essere intesa come ricorso ordinario, con conseguente rinvio alle relative regole ed applicazione, pertanto, anche della decadenza per il decorso del termine semestrale dalla pubblicazione della sentenza, in base all’articolo 327 c.p.c., comma 1, cfr. Cass. numero 26272 del 2005 . Del resto il procedimento ex lege c.d. Pinto costituisce non una prosecuzione del processo presupposto, ma un giudizio autonomo rispetto a questo e che s’instaura mediante il deposito del ricorso presso la cancelleria della Corte d’appello. Per le ragioni esposte il ricorso va dichiarato inammissibile. La regolazione delle spese del giudizio di legittimità segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente al pagamento in favore del Ministero delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 900,00 per compensi professionali, oltre a spese prenotate e prenotande a debito.