L’usurpazione “tollerata” di un terreno comunale non può dar luogo ad una sdemanializzazione tacita

Legittimo il provvedimento di rimozione di un manufatto edilizio, insistente su di una porzione di strada comunale, al fine di rendere fruibile all’uso pubblico il tratto di strada secondo il percorso originario, laddove sia incontestata la natura demaniale della porzione di strada, su cui insiste il manufatto medesimo.

Infatti, i poteri di polizia demaniale, sempre immanenti, esigono la realizzazione dell’interesse pubblico al ripristino immediato dello stato dei luoghi, pur a fronte di un lungo intervallo temporale intercorso, caratterizzato da inerzia dell’amministrazione. E’ quanto statuito dal Consiglio di Stato, nella sentenza 3 ottobre 2014, numero 4941. L’usurpazione della strada comunale . La strada comunale, denominata “Roviola”, sita nel Comune di Granaglione, era inserita nel’elenco delle strade comunali già dal lontano 1907 e, quindi, assoggettata al regime del demanio comunale, ai sensi degli articolo 822 e 824 c.c. Tale strada esplicava funzioni di collegamento fra la parte centrale del Comune e le frazioni di Sambucedro e Casa Santini. Nei primi anni ’50, soggetti privati realizzarono un edificio, insistente ed inglobante il sedime della predetta strada comunale, dando luogo, in tal modo, ad un tracciato alternativo. Il Comune, solo nel lontano 2006, ordinò la rimozione del manufatto edilizio, ai fini del ripristino dell'uso pubblico della strada comunale, secondo il suo tracciato originario. A fondamento del proprio provvedimento, il Comune pose una serie di elementi ben precisi e così riassumibili a la strada denominata Roviola rientra nel demanio comunale, in quanto inserita, da lungo tempo, nell’elenco delle strade comunali b la strada è interessata da numerazione civica e da costante manutenzione da parte del Comune medesimo c una tratto della strada è stata inglobato all’interno della proprietà dei soggetti privati, che l’hanno utilizzata per la costruzione del predetto manufatto in muratura, realizzata fra l’altro in assenza di titolo edilizio d il nuovo tracciato, venutosi a creare in conseguenza dell’indebita invasione della strada comunale, non ha le caratteristiche idonee a consentire il transito neppure di piccoli autoveicoli per uso agricolo. Inoltre, deve essere segnalato che,prima dell’intervento di ripristino, da parte del Comune, i proprietari privati formularono una proposta di accordo, rivolta al Comune medesimo, prevedente anche il riconoscimento dello stato di fatto determinatosi, in ragione dell’abusivo intervento, sia per quanto attiene al tracciato stradale, sia per quanto attiene al complesso immobiliare insistente nel mappale. Ciò, senza previsione di istanza di sanatoria edilizia, con conseguente riconoscimento implicito sia della modifica del tracciato, sia dell’assenza di titolo abilitativo per l’immobile parzialmente occupativo. Il provvedimento comunale di ripristino viene impugnato dai privati sulla base della considerazione che l’edificio è stato costruito più di cinquanta anni fa e non esistono prove che il vecchio tracciato sia stato modificato per effetto della richiamata costruzione. Di conseguenza, secondo i ricorrenti, occorreva un’adeguata motivazione in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico prevalente al ripristino di un tracciato, ormai da tempo abbandonato e sostituito da altro regolarmente utilizzato dagli abitanti. Il Tar Emilia Romagna, con la sentenza numero 1287/2008, respinge il ricorso, affermando che, in materia di beni demaniali, non è possibile ipotizzare situazioni irreversibili per effetto di comportamenti occupativi o di impossessamento da parte di privati prolungatisi anche per lungo tempo, stante il divieto di usucapione del demanio, stabilito dall’articolo 823 c.c. Di conseguenza, ad avviso del Tar, non rileva la circostanza che la modifica del tracciato sia o meno addebitabile al costruttore, bensì il fatto obiettivo che una parte del suddetto tracciato sia stata inglobata all’interno di una proprietà privata con occupazione anche materiale dello stesso, seppur parziale, ad opera di un edificio. La pronuncia viene impugnata in appello, sulla base della censura che non si è tenuto conto dell’intervenuta realizzazione e destinazione ad uso pubblico di un tracciato alternativo, che ha fatto venir meno la demanialità della strada comunale. La sdemanializzazione tacita la conferma dei rigorosi presupposti . In buona sostanza, i privati proprietari in appello, pur se non in modo espresso, fanno riferimento ad un’intervenuta sdemanializzazione tacita, nella stravagante forma del “trasferimento” della demanialità dalla vecchia strada pubblica al nuovo tracciato, creatosi, non va dimenticato, in virtù di un abuso usurpativo. Tale argomentazione, ad avviso dei giudici amministrativi di appello non può essere accolta, in quanto la demanialità costituisce una qualità del bene pubblico indisponibile da parte della stessa Amministrazione, che può rinunciarvi solo attraverso l’apposito procedimento di sdemanializzazione Cons. Stato numero 1566/2010 . Infatti, si fa rilevare che il mancato rinnovo di una concessione demaniale o la mancanza di un provvedimento di sgombero non possono dar luogo ad una sdemanializzazione implicita Tar Sicilia numero 2418/2011 . Quindi, con riferimento alla cessazione dell’uso pubblico del bene, la c.d. sdemanializzazione tacita può configurarsi solo per effetto di comportamenti univoci e concludenti. Secondo la costante giurisprudenza amministrativa, «la sdemanializzazione di un bene pubblico, quando non derivi da un provvedimento espresso, deve risultare da altri atti e/o comportamenti univoci della P.A. proprietaria, che siano concludenti e incompatibili con la volontà di quest’ultima di conservare la destinazione del bene stesso all’uso pubblico, oppure da circostanze tali da rendere non configurabile un’ipotesi diversa dalla definitiva rinuncia al ripristino della funzione pubblica del bene» Tar Campania numero 4196/2013 . Conseguentemente, l'appello viene respinto proprio sulla base dell'incontestata natura demaniale della porzione di strada vicinale comunale, sul cui sedime è stato realizzato il corpo di fabbrica in ampliamento al preesistente fabbricato. L'immanenza e la persistenza dei poteri di polizia demaniale esclude ogni rilevanza all'esistenza di un tracciato alternativo e l'interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi ed all'uso pubblico giustifica ampiamente il provvedimento impugnato. La posizione del Consiglio di Stato è pienamente condivisibile alla luce dei vigenti e tuttora validi principi in tema di demanio pubblico. Infatti, non appare possibile configurare, nella concreta fattispecie, un’ipotesi di sdemanalizzazione tacita da parte dell’Amministrazione, in quanto mancano i fatti concludenti di univoca interpretazione per qualificare in tal senso la pur lunga inerzia dell'esercizio del potere pubblico. Invero, come rileva la costante giurisprudenza, la sdemanializzazione tacita deve risultare da comportamenti univoci e concludenti, da cui emerga con certezza la rinuncia alla funzione pubblica del bene Cons. Stato numero 1701/2007 . Inoltre, deve essere osservato che attribuire alla sola inerzia amministrativa effetti costitutivi di sdemanializzazione costituirebbe un modo per depotenziare la condizione giuridica del demanio pubblico prevista dall’articolo 823 c.c. A tal riguardo, è stato significativamente affermato che, in materia di strade, «il disuso prolungato di una strada vicinale da parte della collettività e l'inerzia dell'amministrazione nella cura della stessa e/o nell'intervento riguardo ad occupazioni o usi da parte di privati incompatibili con la destinazione pubblica, non bastano a comprovare inequivocamente la cessata destinazione del bene, anche solo potenziale, all'uso pubblico, occorrendo che detti indizi siano accompagnati da fatti concludenti e da circostanze tali da non lasciare adito ad altre ipotesi, salva quella che la stessa abbia definitivamente rinunciato al ripristino dell'uso stradale pubblico» Cons. Stato numero 5209/2006 . Invero, nella concreta vicenda, l’assenza di validi titoli abilitativi giustificativi del manufatto, insistente sul tracciato, esclude in radice che la situazione di fatto possa essere ritenuta indizio della volontà dell’Amministrazione di abbandonare il vecchio tracciato. Pertanto, una volta esclusa la sdemanializzazione tacita, il ripristino del vecchio tracciato, pur a distanza di un lungo intervallo temporale, si configura come atto che non richiede particolari motivazioni, trattandosi di esercizio della doverosa ed ordinaria potestà conferita all’autorità amministrativa per la tutela del bene demaniale. Infine, per quanto concerne la censura di carente motivazione del provvedimento di rimozione, occorre evidenziare che la medesima non sembra avere fondamento. Infatti, la motivazione esiste, e, fra l’altro, introduce anche elementi specifici a sostegno della necessità del ripristino all'uso originario pubblico. In particolare, viene segnalata, in sede di provvedimento, l’inidoneità del nuovo tracciato, nella configurazione attuale, a consentire il transito di mezzi agricoli.

Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 11 febbraio - 3 ottobre 2014, numero 4941 Presidente Giaccardi – Estensore Spagnoletti Fatto e diritto 1. Pierluigi Fronzoli è proprietario di immobile residenziale ubicato il località Campanaio della frazione Molino del Pallone del Comune di Granaglione, in ampliamento del quale, nei primi anni '50 del secolo scorso, è stato realizzato, asseritamente dal padre de cuius, un corpo di fabbrica insistente e inglobante il sedime della strada comunale Roviola o Rovila di collegamento del comune con le frazioni di Sambucedro e Casa Santini , essendosi poi sviluppato un tracciato alternativo. Il Comune di Granaglione, preso atto della definizione di un accordo, proposto dall'interessato, che avrebbe interessato anche terzi confinanti Valter e Maria Rosa Ballerini, con il provvedimento numero 11/2006 ha ordinato la rimozione del manufatto edilizio ai fini del ripristino dell'uso pubblico della strada comunale secondo il suo tracciato originario. Con la sentenza numero 1287 del 7 aprile 2008 il T.A.R. per l'Emilia Romagna ha rigettato il ricorso in primo grado numero r. 1355/2006 proposto dall'interessato, sul rilievo dell'irrilevanza della risalenza temporale dell'occupazione del bene demaniale, dell'inesistenza di elementi idonei a comprovare una sdemanializzazione tacita, dell'immanenza dei poteri di polizia demaniale, della sufficienza della motivazione addotta in ordine all'interesse pubblico all'esercizio dei poteri di autotutela, estrinsecata nel rilievo che il tracciato alternativo in uso non consente il transito di mezzi agricoli. 2. Con appello notificato il 15 gennaio 2009 e depositato il 21 gennaio 2009 la sentenza è stata impugnata deducendo i motivi di seguito sintetizzati 1 Violazione dei principi generali in materia di autotutela del demanio stradale. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, perché non veniva in questione la risalenza temporale dell'occupazione né era stata invocata una sdemanializzazione tacita, bensì l'intervenuta realizzazione e destinazione ad uso pubblico di un tracciato alternativo di una strada vicinale che da un certo tratto in poi assume caratteristiche di mulattiera e/o sentiero, ossia la circostanza che la demanialità fosse stata per così dire trasferita sul nuovo percorso così gravato dalla servitù di uso pubblico . 2 Erroneo apprezzamento del vizio di eccesso di potere per motivazione insufficiente e incongrua, contraddittorietà e sviamento, perché il nuovo tracciato non ha larghezza inferiore a quello vecchio, onde non risulterebbe conforme al vero che quest'ultimo consenta il passaggio di mezzi agricoli impossibile sul primo, mentre proprio la mancata definizione, per volontà dei terzi, dell'accordo a suo tempo proposto dall'interessato, e la stessa riserva, contenuta nel provvedimento impugnato, di eventuali accordi ex articolo 11 della legge numero 241/1990, manifesterebbe il fine sviato dell'atto di polizia demaniale inteso sostanzialmente a favorire terzi privati confinanti, peraltro parenti di consigliere comunale. Costituitosi in giudizio, il Comune di Granaglione, con memoria difensiva depositata il 9 gennaio 2014 ha dedotto l'infondatezza dell'appello, richiamando e ribadendo la motivazione del provvedimento impugnato, evidenziando come sia incontestata l'occupazione abusiva di bene demaniale comunale, l'immanenza dei poteri di polizia demaniale, nonché l'irrilevanza dell'esistenza di inidoneo tracciato alternativo al fine del transito di mezzi agricoli e confutando come suggestiva la profilata finalizzazione a tutela d'interessi di terzi, che viceversa si vedono gravati del tracciato alternativo che attraversa immobili loro appartenenti. Con memoria difensiva depositata il 9 gennaio 2014 l'appellante ha insistito nelle dedotte censure e in specie sul fine sviato del provvedimento. All'udienza pubblica dell'11 febbraio 2014 l'appello è stato discusso e riservato per la decisione. 3. L'appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata. Infatti, incontestata la natura demaniale della porzione di strada vicinale comunale sul cui sedime è stato realizzato il corpo di fabbrica in ampliamento al preesistente fabbricato, l'immanenza dei poteri di polizia demaniale esclude ogni rilevanza all'esistenza di tracciato alternativo e l'interesse pubblico al ripristino dello stato dei luoghi e all'uso pubblico giustifica il provvedimento impugnato in primo grado, risultando irrilevante che, per effetto del medesimo, possa avvantaggiarsi terzo privato inciso da tracciato alternativo non conforme a quello originario realizzato proprio in relazione all'usurpazione della porzione della strada vicinale comunale che l'ha sottratta all'uso pubblico. 4. In conclusione l'appello deve essere rigettato, con la conseguente conferma della sentenza gravata, restando assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi o eccezioni non espressamente esaminati che il Collegio ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. 5. Sussistono, nondimeno, giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti costituite anche le spese del giudizio d'appello. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta rigetta l'appello in epigrafe numero r. 486 del 2009, e per l'effetto conferma la sentenza del T.A.R. per l'Emilia Romagna, Sede di Bologna, Sezione II, numero 1287 del 7 aprile 2008. Spese del giudizio d'appello compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.