Bancarotta preferenziale, basta la prova del versamento al creditore favorito

Integra il reato di ‘bancarotta preferenziale’ la condotta dell’amministratore che, pur consapevole dello stato di insolvenza della società, effettua pagamenti in nero solo ad alcuni dei creditori.

Lo ha deciso la sentenza numero 41026/12 della Quinta sezione penale della Cassazione. Il caso. Un uomo, amministratore unico di società a responsabilità limitata dichiarata fallita, viene condannato in primo grado per i reati di cui agli articolo 216, comma 1 numero 1, comma 3 e 219, comma 2, l. fall., per aver distratto somme e beni strumentali. All’esito del giudizio d’appello l’imputato viene assolto dal reato di bancarotta fraudolenta, con la formula perché il fatto non sussiste, e da quello di bancarotta preferenziale limitatamente ai pagamenti eseguiti in favore dei suoi dipendenti, perché il fatto non costituisce reato. Versamenti mirati. L’uomo propone quindi ricorso per cassazione, censurando l’erronea applicazione della legge penale con riferimento al reato di bancarotta preferenziale. La Suprema Corte respinge il ricorso, stabilendo che la ritenuta sussistenza del reato di bancarotta preferenziale non ha ragion d’essere. Infatti, il giudice a quo risulta aver correttamente dato conto dei presupposti costitutivi la norma incriminatrice, in particolare in quanto l’imputato ha versato denaro a due creditori della società, pur essendo consapevole dello stato di insolvenza della stessa con ciò ha manifestato la volontà di favorire alcuni creditori in pregiudizio di altri.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 luglio – 19 ottobre 2012, numero 41026 Presidente Teresi – Relatore Bruno Svolgimento del processo A.S. era chiamato a rispondere, innanzi al Tribunale di Brescia, del reato di cui agli articolo 223 e 216, comma 1 numero 1 l.f. perché in qualità di amministratore unico della s.l. Costruzioni s.r.l. dichiarata fallita dal Tribunale di Brescia con sentenza del 2 7.6.200 7, distraeva - La somma di Euro 8.000 corrispondente ai pagamenti effettuati dal debitore G.S. - La somma di Euro 43.794,51 pari al saldo contabile di cassa non rivenuto dalla curatela Le somme di Euro 98.113,24 e Euro 55.172,82 corrispondenti ai prelievi personali operati rispettivamente nel 2005 e nel 2006. Beni strumentali soprattutto macchinari ed attrezzature per l'edilizia per un valore complessivo di Euro 45.156,58. Con sentenza del 25 novembre 2010 il Tribunale dichiarava l'A. responsabile dei reati a lui ascritti, riqualificate le condotte a termini dell'articolo 216, comma 1 numero 1 e comma 3 e 219, comma 2 l.f., concesse le attenuanti generiche prevalenti sulla ritenuta aggravante e, per l'effetto lo condannava alla pena di anni due di reclusione, oltre consequenziali statuizioni. Pronunciando sull'appello proposto dall'imputato, la Corte d'Appello di Brescia, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale accoglimento della pronuncia impugnata, assolveva l'imputato dal reato di bancarotta fraudolenta per distrazione dell'importo di Euro 50.000,00 di cui al prelievo del 25.7.2006, perché il fatto non sussiste nonché del ritenuto reato di bancarotta preferenziale limitatamente ai pagamenti eseguiti in favore dei dipendenti perché il fatto non costituisce reato confermava la pena irrogata. Avverso la pronuncia impugnata l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura indicate in parte motiva. Motivi della decisione 1 - Con il primo motivo d'impugnazione parte ricorrente deduce manifesta illogicità di motivazione ed erronea applicazione della legge penale, ai sensi dell'articolo 606 lett. b ed e c.p.p., con riferimento alla ritenuta sussistenza del reato di bancarotta preferenziale. Il secondo motivo deduce mancanza o manifesta illogicità di motivazione, ai sensi dell'articolo 606 lett. e . 2. - La prima censura è destituita di fondamento. Non merita, infatti, censura di sorta la ritenuta sussistenza del reato di bancarotta preferenziale in riferimento ai pagamenti effettuati, peraltro in nero, a due creditori, nella piena consapevolezza, peraltro, dello stato di insolvenza in cui già versava la società. Sulla base di elementi sintomatici di indubbia pregnanza, il giudice a quo ha dato conto della ritenuta sussistenza dei presupposti costitutivi del reato ritenuto dal primo giudice, segnatamente con riferimento all'elemento psicologico, correttamente ravvisato nell'intendimento di favorire alcuni creditori, nella consapevolezza di arrecare pregiudizio ad altri. La seconda censura è pur essa infondata, in quanto la motivazione della sentenza impugnata, con riferimento anche all'ipotesi distrattiva ritenuta in sentenza, è pienamente adeguata ed immune da vizi logici di sorta nella rappresentazione delle componenti materiali e dell'elemento soggettivo tipici dei reati in contestazione. 3. - Per quanto precede, il ricorso deve essere rigettato, con le consequenziali statuizioni espresse in dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.