L’ignoranza o l’incertezza sull’esistenza del diritto agli scatti di anzianità non evita la prescrizione

Rispetto al decorso della prescrizione del diritto agli scatti di anzianità successivi, non azionato nel giudizio conclusosi con sentenza passata in giudicato, non può attribuirsi valenza interruttiva alla pendenza del giudizio che ha avuto ad oggetto il riconoscimento del diritto agli scatti di anzianità relativi al periodo precedente.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione – Sezione Lavoro, con la sentenza numero 17797, depositata il 17 ottobre 2012. I dubbi soggettivi o le impossibilità di fatto non impediscono il decorso della prescrizione. La pronuncia in commento ritiene pacifico il principio secondo cui l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l’articolo 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, va ravvisata nelle cause giuridiche che ne ostacolano l’esercizio, e non già negli impedimenti soggettivi o negli ostacoli di mero fatto. Più precisamente, la disposizione di cui all’articolo 2935 c.c., secondo cui la prescrizione comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere, si riferisce soltanto alla possibilità legale di far valere il diritto medesimo e, quindi, alle cause impeditive di ordine generale dell’esercizio dello stesso diritto, quali la sussistenza di una condizione sospensiva non ancora verificatasi o un termine non ancora scaduto. Viceversa, l’impossibilità di fatto di agire in cui venga a trovarsi il titolare del diritto o la pendenza di una controversia avente ad oggetto l’accertamento del diritto la cui lesione venga dedotta come titolo di una conseguente pretesa non sono idonee ad impedire il decorso della prescrizione cfr., rispettivamente, Cass. numero 2429/1994, e Cass. numero 26755/2006 . In applicazione di tali principi, la giurisprudenza di legittimità ritiene che non siano suscettibili di configurarsi come cause impeditive della prescrizione il semplice impedimento soggettivo, ancorché determinato dal fatto di un terzo Cass. numero 15858/2003 , o l’ignoranza dell’esistenza del diritto, ancorché incolpevole Cass. numero 19012/2007 . La stesso vale per la sospensione della prescrizione . Parimenti, la pronuncia in commento ha escluso che impedimenti soggettivi del titolare del diritto, così come l’ignoranza o l’incertezza sull’esistenza del diritto, siano idonei a sospendere il decorso della prescrizione. Ed infatti, l’articolo 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali ad eccezione dell’ipotesi di dolo prevista dal numero 8 del citato articolo non rientra l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sull’esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento così Cass. numero 21495/2005 Cass. numero 15991/2009 Cass. numero 14163/2011 Cass. Sez. 6°, ord. numero 3584/2012 . Come chiarito in altre occasioni dalla Suprema Corte, la sospensione della prescrizione costituisce un’ipotesi eccezionale, non estensibile per applicazione analogica e/o interpretazione estensiva a fatti materiali o ragioni giuridiche non espressamente contemplate dalla legge così, ad esempio, Cass. numero 8533/2006, e Cass. numero 12953/2007 . L’anzianità non si prescrive, ma i relativi diritti sì. Peraltro, la Suprema Corte ha osservato che l’anzianità, quale fattispecie costitutiva di determinati diritti come, ad es., agli scatti di anzianità, alla qualifica superiore, ecc. , configura un mero fatto giuridico, come tale insuscettibile di prescrizione autonoma, mentre i singoli diritti che su di essa si fondano, e dei quali integra il presupposto, sono soggetti ai relativi termini prescrizionali cfr., tra le altre, Cass. numero 8228/2003 . Tanto rilevato, la Cassazione ha affermato – in relazione alla fattispecie che ha dato origine alla pronuncia in commento – che la prescrizione ha avuto autonoma decorrenza, non condizionata dalla pendenza del giudizio avente ad oggetto gli scatti di anzianità relativi al periodo precedente, e che, pertanto, la domanda relativa agli scatti di anzianità successivi deve essere esaminata tenendo conto dell’eventuale maturarsi, nelle more del primo giudizio, del periodo di prescrizione. Nelle cause di lavoro l’interruzione della prescrizione è rilevabile d’ufficio . La Suprema Corte ha, altresì, affermato che, in ordine alle controversie assoggettate al rito del lavoro, l’eccezione di interruzione della prescrizione, configurandosi, diversamente dall’eccezione di prescrizione, come eccezione in senso lato, può essere rilevata anche d’ufficio, in qualsiasi stato e grado del processo, sulla base di allegazioni e di prove ritualmente acquisite o acquisibili al processo, e sulla base dei poteri istruttori legittimamente esercitabili anche d’ufficio, ai sensi dell’articolo 421, co. 2, c.p.c., dal giudice, tenuto, secondo tale norma, all’accertamento della verità dei fatti rilevanti ai fini della decisione cfr. Cass. numero 13783/2007, e Cass. numero 16542/2010 . In realtà, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il principio della rilevabilità d’ufficio dell’eccezione di interruzione della prescrizione ha portata generale, trovando applicazione anche al di fuori del rito del lavoro. Ed infatti, poiché nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto cioè, quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte, o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare, l’eccezione di interruzione della prescrizione, costituendo una contro-eccezione, che non trova, come tale, fondamento in un diritto potestativo, non è soggetta al regime di esclusiva rilevabilità ad istanza di parte cfr. Cass. Sez. Unumero numero 15661/2005 conf. Cass. numero 6092/2006 .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 luglio – 17 ottobre 2012, numero 17797 Presidente Stile – Relatore Arienzo Svolgimento del processo Con sentenza non definitiva del 7.1.2008, la Corte di Appello di L'Aquila, accogliendo parzialmente il gravame della s.r.l. Casa di Cura Villa Serena del Dottor L. P., dichiarava che la retribuzione individuale di anzianità richiesta dai dipendenti per il periodo in contestazione bienni dal 1995 al 2002 dovesse essere corrisposta alla stregua del maturato, senza ulteriori incrementi, sulla base dello scatto riconosciuto per l'ultimo anno 1994 da sentenza passata in giudicato, da applicare agli anni successivi nella medesima misura. Rilevava che il giudicato formatosi con riguardo alla sentenza relativa ai primi due bienni 91-92 e 93-94 , favorevole ai lavoratori, aveva reso incontrovertibile che l'incremento per tali bienni dovesse essere corrisposto e che il soggetto al quale il diritto era stato riconosciuto non poteva essere costretto a ripetere, per un numero indefinito di volte, l'attività giuridica che aveva condotto a tale riconoscimento, atteso che in un rapporto di durata il riconoscimento doveva ritenersi valido anche per il futuro, purché i fatti e le condizioni non fossero variati. Pur non valendo per gli scatti successivi tale principio, essendo stata introdotta la clausola che bloccava la progressione economica di anzianità, doveva considerarsi che gli appellati non avevano chiesto che l'incremento retributivo per l'anzianità maturata fosse aumentato per scatti ulteriori da calcolarsi con incrementi successivi, ma solo l'applicazione, per i bienni successivi, di un incremento retributivo pari a quello maturato al termine del periodo preso in considerazione dalla sentenza passata in giudicato e, quindi, per ammontare non più aumentabile a cagione del blocco della progressione. Riteneva, altresì, la Corte del merito che, nel corso dei primo processo, la prescrizione non potesse maturare in relazione ai ratei richiesti successivamente, riguardando il giudizio la sussistenza del diritto anche con riferimento agli stessi. Con sentenza definitiva del 5.5.2008, la stessa Corte, accogliendo parzialmente il gravame della società, determinava la retribuzione individuale di anzianità in favore di ciascuno dei lavoratori in base al criterio sancito dal giudicato. Per la cassazione di tale pronunzia, ricorre la Casa di Cura, con tre motivi, illustrati con memoria depositata ai sensi dell'articolo 378 c.p.c Rimangono intimati tutti i lavoratori, ad eccezione delle eredi di D.F.C. , deceduto nel , che resistono con controricorso e propongono ricorso incidentale affidato a due motivi. Resiste al ricorso incidentale la Casa di Cura, con proprio controricorso. Motivi della decisione Va, preliminarmente, disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell'articolo 335 c.p.c Con il primo motivo del ricorso principale, viene dedotta violazione e falsa applicazione degli articolo 2935, 2941, 2943, 2948, 2953 e 2909 e. e, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo in relazione all'articolo 360, nnumero 3 e 5, c.p.c., Si assume la prescrizione dei diritti aventi ad oggetto le componenti salariali per il periodo antecedente il quinquennio a ritroso dalla notifica 17.1.2003 del ricorso introduttivo, osservandosi che non sia possibile attribuire efficacia interruttiva e sospensiva al giudizio pregresso, ove la pretesa era stata circoscritta ai soli incrementi salariali del periodo 91/94. Si rileva anche che l'interruzione della prescrizione doveva essere oggetto di una specifica controeccezione e che la pendenza di una controversia avente ad oggetto l'accertamento del diritto non valga a precludere un immediato esercizio dell'azione risarcitoria e quindi non sia causa impeditiva del decorso della prescrizione, costituendo un impedimento di mero fatto, laddove le ipotesi di sospensione sono specificamente enunciate. Con specifici quesiti, si domanda se la proposizione di un domanda giudiziale avente ad oggetto la debenza e la condanna al pagamento di incrementi salariali limitati ad un determinato lasso temporale possa validamente interrompere, per l'intera durata di quel giudizio, il decorso del termine prescrizione relativo agli incrementi maturati in periodo temporale diverso e successivo ed il cui pagamento non sia stato richiesto nel primo giudizio e se l'interruzione della prescrizione possa essere rilevata d'ufficio. Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 2909 c.c. e 1362 e ss. c.c., dell'articolo 112 c.p.c., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo, in relazione all'ari 360, nnumero 3 e 5 c.p.c. osservandosi che l'articolo 33 del c.c.numero l. relativo ai dipendenti di case di cura private del 1.1.1988 era da interpretare alla luce della dichiarazione congiunta della Commissione Paritetica del 7.7.1999 e di quanto sancito dall'articolo 47 del c.c.numero l. 23.12.1999, che avevano previsto che il trattamento individuale di anzianità rimanesse congelato e bloccato nella misura complessiva spettante al 31.12.1990 e che, quindi, nessun incremento fosse dovuto dal gennaio 1991 in avanti per effetto del mutamento del quadro normativo. Si rileva la natura di negozi di accertamento della dichiarazione congiunta e del nuovo c.c.numero l. con la conseguenza che l'estensione del giudicato trovava il proprio limite nella pronunzia di condanna per i soli bienni 1991-92 e 93-94, essendo pacifica la possibilità di deroga anche in peius da parte di accordi successivi, rimarcandosi la non identità del petitum dei due giudizi, il secondo dei quali relativo a pretese retributive riguardanti un periodo diverso del rapporto, in relazione al quale non era precluso rivisitare i presupposti della domanda di pagamento per i periodi successivi. I quesiti attengono alla portata del giudicato esterno, in presenza di sopravvenuto mutamento di fatti e circostanze. Si conclude chiedendo, con motivo privo di autonomia, che si pervenga o al rigetto o alla riduzione del numero di anni per effetto della ritenuta prescrizione. Il primo dei motivi è fondato. Deve premettersi che l'eccezione di interruzione della prescrizione, configurandosi, diversamente dall'eccezione di prescrizione, come eccezione in senso lato, può essere rilevata anche d'ufficio dal giudice in qualsiasi stato e grado del processo, ma sulla base di allegazioni e di prove ritualmente acquisite o acquisibili al processo e, in ordine alle controversie assoggettate al rito del lavoro, sulla base dei poteri istruttori legittimamente esercitabili anche di ufficio ai sensi dell'articolo 421, secondo comma, cod. proc. civ., dal giudice, tenuto, secondo tale norma, all'accertamento della verità dei fatti rilevanti ai fini della decisione cfr. Cass. 14.7.2010 numero 16542, conf. a Cass. 13.6.2007 numero 13783 . Tuttavia, con riguardo alla specifica fattispecie, deve ritenersi che non possa attribuirsi valenza interruttiva, rispetto al decorso della prescrizione del diritto agli scatti di anzianità successivi, non azionato nel primo giudizio conclusosi con sentenza passata in giudicato, alla pendenza del giudizio relativo al riconoscimento degli scatti per i bienni 1991/1992 e 1993/1994. Con la sentenza impugnata la Corte territoriale ha affermato che il giudicato si è formato non soltanto sulla condanna al pagamento degli incrementi oggetto di esplicita e specifica domanda, siccome relativi a periodo antecedente e maturato, ma anche in relazione ai ratei che dovessero maturare alla stregua degli stessi fatti e condizioni , onde era evidente che, nel corso del primo processo, la prescrizione non poteva maturare . Tale affermazione non è condivisibile in diritto, atteso che, a prescindere dalla considerazione che è tutto da dimostrare che i successivi ratei, per come disciplinata la materia dalla contrattazione collettiva ratione temporis applicabile, maturassero tutti alle stesse condizioni, è principio pacifico, affermato dalla giurisprudenza di legittimità, quello che ravvisa l'impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'articolo 2935 c.c. attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, nelle cause giuridiche che ne ostacolano l'esercizio e non negli impedimenti soggettivi o negli ostacoli di mero fatto. Per questi ultimi il successivo articolo 2941 c.c. prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, tra le quali, salvo l'ipotesi di dolo prevista dal numero 8 del citato articolo, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare del fatto generatore del suo diritto, né il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto ed il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento cfr. Cass. 27.6.2011 numero 14163 Cass., ord. sez. 6, 7.3.2012 numero 3584 . Peraltro, in termini più generali, va considerato che anche l'anzianità, quale fattispecie costitutiva di determinati diritto, come quello agli scatti di anzianità, alla qualifica superiore, etc. configura un mero fatto giuridico insuscettibile di prescrizione autonoma, mentre i singoli diritti che su di essa si fondano e dei quali integra il presupposto sono soggetti ai relativi termini prescrizionali cfr., tra le altre, Cass. 23.5.2003 numero 8228, in relazione a fattispecie in cui la S. C. ha confermato la sentenza di merito che aveva riconosciuto le differenze retributive rivendicate dal dipendente, nei limiti della prescrizione quinquennale . Nella ipotesi esaminata, deve rilevarsi che la fattispecie costitutiva non era in contestazione, essendo oggetto di giudizio solo il criterio di calcolo degli incrementi della retribuzione individuale di anzianità in relazione al blocco della automatica progressione disposto da normativa contrattuale collettiva. Deve, pertanto, accogliersi il primo motivo di ricorso, ritenendosi che non sia corretta la decisione nella parte in cui esclude che la prescrizione abbia avuto autonoma decorrenza, non condizionata dalla pendenza del giudizio relativo alla condanna al pagamento degli incrementi relativi ai bienni 1991/92 e 1993/94, in relazione alla domanda di condanna alla corresponsione degli incrementi successivamente maturati e che, in conseguenza di ciò, la domanda relativa agli scatti riguardanti il periodo 1995/2002 debba essere esaminata tenuto conto dell'eventuale maturarsi del periodo di prescrizione. A tale verifica procederà il giudice del rinvio, che determinerà il dovutum detraendo le somme afferenti il periodo eventualmente coperto da prescrizione. La seconda censura si fonda sul richiamo al principio, del tutto condivisibile, affermato da giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, in ordine ai rapporti giuridici di durata ed alle obbligazioni periodiche che eventualmente ne costituiscono il contenuto, sui quali il giudice pronuncia con accertamento su una fattispecie attuale ma con conseguenze destinate ad esplicarsi anche in futuro, l'autorità del giudicato impedisce il riesame e la deduzione di questioni tendenti ad una nuova decisione di quelle già risolte con provvedimento definitivo, il quale pertanto esplica la propria efficacia anche nel tempo successivo alla sua emanazione, con l'unico limite di una sopravvenienza, di fatto o di diritto, che muti il contenuto materiale del rapporto o ne modifichi il regolamento cfr., tra le altre Cass. S.U. numero 13813/06, Cass. 16.8.2004, numero 15931 Cass. 11.11.2003 numero 16959 . Tuttavia, la sopravvenienza - dedotta, peraltro, solo in sede di gravame dalla Casa di Cura - rappresentata dalla dichiarazione congiunta del luglio '99 e dalla normativa contrattuale del 23.12.1999, intese come negozi di accertamento idonei a confortare una diversa interpretazione della volontà delle parti in relazione al periodo successivo alla sentenza passata in giudicato, risulta richiamata senza che in tale sede risulti prodotto ed allegato il testo del c.c.numero l. e della dichiarazione congiunta. Né il richiamo alla documentazione prodotta in primo grado è sufficiente ai fini considerati. Deve al riguardo osservarsi che, in tema di ricorso per cassazione, l'articolo 366, primo comma, numero 6, cod. proc. civ., novellato dal d.lgs. numero 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto tale prescrizione va correlata all'ulteriore requisito di procedibilità di cui all'articolo 369, secondo comma, numero 4 cod. proc. civ., per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel fascicolo di esse, mediante la produzione del fascicolo, purché nel ricorso si specifichi che il fascicolo è stato prodotto e la sede in cui il documento è rinvenibile cfr. Cass., s. u., ord. 25.3.2010, numero 7161 . Nella specie, pur facendosi richiamo alla documentazione allegata alla memoria di costituzione di primo grado, la enunciata prescrizione non può ritenersi soddisfatta, atteso che il testo della dichiarazione congiunta e la normativa contrattuale del 1999 risultano irritualmente inseriti nel fascicolo di parte richiamato, non essendo neanche apposto, in calce alla relativa elencazione nell'ulteriore foliario allegato alle note depositate nel corso del giudizio, il timbro della Cancelleria attestante la ritualità del deposito dei menzionati documenti. Peraltro, deve anche ribadirsi, conformemente a quanto già affermato da questa Corte, che, in relazione all'opzione difensiva del convenuto, consistente nel contrapporre alla pretesa attorea fatti ai quali la legge attribuisce autonoma idoneità modificativa, impeditiva o estintiva degli effetti del rapporto sul quale la predetta pretesa si fonda, occorre distinguere il potere di allegazione da quello di rilevazione, posto che il primo compete esclusivamente alla parte e va esercitato nei tempi e nei modi previsti dal rito in concreto applicabile pertanto sempre soggiacendo alle relative preclusioni e decadenze , mentre il secondo compete alla parte e soggiace perciò alle preclusioni previste per le attività di parte solo nei casi in cui la manifestazione della volontà della parte sia strutturalmente prevista quale elemento integrativo della fattispecie difensiva come nel caso di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un'azione costitutiva , ovvero quando singole disposizioni espressamente prevedano come indispensabile l'iniziativa di parte, dovendosi in ogni altro caso ritenere la rilevabilità d'ufficio dei fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito, sempre che la richiesta della parte in tal senso non sia strutturalmente necessaria o espressamente prevista, essendo però in entrambi i casi necessario che i predetti fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultino legittimamente acquisiti al processo e provati alla stregua della specifica disciplina processuale in concreto applicabile cfr., in tal senso Cass. 20.5.2010 numero 12353 . Quindi, la censura deve essere disattesa sulla base della considerazione che un completo esame della stessa avrebbe reso necessario stabilire la correttezza della valutazione della normativa sopravvenuta compiuta dalla Corte del merito ai fini dell'estensione del giudicato, attraverso la diretta cognizione della normativa contrattuale, ove ritualmente prodotta, per verificare la ricorrenza o meno delle violazioni dedotte, sia con riferimento al vizio di legge che al vizio di motivazione, con specifico riguardo alla enunciata erronea applicazione dei criteri ermeneutici richiamabili in tema di interpretazione dei contratti. Con il primo motivo del ricorso incidentale, gli eredi D.F. deducono la violazione e falsa applicazione dell'articolo 437 c.p.c., nella parte in cui esclude che possano essere introdotte con l'atto di appello domande nuove o nuove eccezioni, nonché l'omissione di motivazione sul punto, rilevando che nessun accenno all'eccezione formulata per la prima volta nell'atto di appello - secondo la quale la successiva norma contrattuale collettiva ccnl 23.12.1999, articolo 47 avrebbe determinato il venir meno del diritto riconosciuto nel precedente giudizio, il cui giudicato troverebbe un limite nel nuovo fatto normativo - era contenuto nel ricorso introduttivo. Sostengono la natura di eccezione in senso proprio del richiamo a nuova disciplina collettiva e, con specifico quesito, formulato all'esito della parte argomentativa, domandano se l'eccezione, formulata per la prima volta in appello, con la quale si afferma che la norma contrattuale, successiva a quella posta a fondamento di precedente giudizio, possa limitare gli effetti dei giudicato, sia da considerare un'eccezione in senso proprio, con conseguente inammissibilità del motivo di appello e divieto di proponibilità della questione nel giudizio di cassazione. Con il secondo motivo di impugnazione, i controricorrenti lamentano la omessa o insufficiente motivazione circa la scelta del criterio di calcolo per determinare l'incremento retribuivo da riportare in busta paga a partire dal 1.1.2005 e conseguentemente circa la correttezza delle somme indicate nel prospetto prodotto dalla società resistente il 10.1.2008, fatti integranti il carattere di decisività per il giudizio. Assumono che nella sentenza del 1998 non viene indicato l'ultimo scatto al 31.12.1994, né viene indicato un criterio per determinarne l'ammontare, onde avrebbe errato la Corte d'appello nel ritenere formatosi un giudicato esterno quanto al criterio di calcolo individuato con riferimento alla W? somma già liquidata per il 1994. Sostengono l'arbitrarietà del criterio dell'estrapolazione indicato da Casa di Cura e applicato dalla Corte, in quanto nel giudicato era carente ogni riferimento ad esso. La deduzione di cui al primo motivo si fonda sul principio, costantemente affermato da questa Corte di legittimità, alla cui stregua nelle controversie assoggettate al rito del lavoro, l'inammissibilità di nuove eccezioni nel giudizio d'appello, stabilita dall'articolo 437 comma secondo cod. proc. civ., riguarda, oltre le eccezioni in senso proprio, le contestazioni della fondatezza della domanda che si risolvono nella generica deduzione di elementi di fatto già conosciuti nel corso dell'istruttoria di primo grado ed ivi non dedotti, essendo precluso all'appellante di ampliare il tema del dibattito in relazione alle sue esigenze difensive, a ciò conseguendo che vanno considerate nuove le eccezioni fondate su elementi di fatto e circostanze non prospettate in precedenza, che introducano nel processo un nuovo tema d'indagine ed alterino l'oggetto sostanziale dell'azione ed i termini della controversia, introducendo l'esame di fatti nuovi cfr. Cass. 11.2.2005 numero 2855 . Il ricorso, quanto all'indicato motivo di impugnazione, deve ritenersi condizionatamente proposto, onde il rigetto del secondo motivo del ricorso principale ne determina l'assorbimento. Quanto alla censura formulata con il secondo motivo, relativa al vizio di motivazione rilevabile in ordine alla indicazione del criterio di calcolo delle differenze economiche per incrementi retributivi, deve rilevarsene l'assoluta genericità, atteso che, pur contestandosi astrattamente il criterio dell'estrapolazione seguito dalla Corte del merito e richiamato da quest'ultima come conforme al giudicato e vincolante ai fini della determinazione del quantum, non si indica il diverso criterio che sarebbe invece desumibile dallo stesso giudicato, né si riporta il passaggio della decisione anteriore che avrebbe legittimato l'adozione di differente modalità di determinazione quantitativa delle differenze reclamate, conforme a quella sostenuta. Orbene, alla stregua delle esposte considerazioni, la sentenza impugnata, in assenza di specifici ed argomentati rilievi atti ad evidenziarne insuperabili vizi motivazionali e logici, deve ritenersi sul punto sorretta da un iter argomentativo congruo, privo di salti logici e rispettoso dei principi giuridici applicabili in tema di giudicato. La sentenza, va in conclusione cassata in relazione al primo motivo del ricorso principale, accolto, e la causa va rinviata alla Corte di appello designata in dispositivo, per nuovo esame che tenga conto del diverso principio di diritto affermato in tema di prescrizione dei diritti maturati in epoca successiva al giudicato. Al giudice di rinvio va rimessa la quantificazione delle spese di lite anche del presente giudizio. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale e rigetta il secondo nonché il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte di Appello di Ancona.