Le ordinanze corrette dal Giudice dell’esecuzione devono essere impugnate con l’opposizione agli atti esecutivi

Le ordinanze del Giudice dell’esecuzione che non possono essere revocate per avere avuto attuazione, sono suscettibili di correzione, nei casi e nelle forme previsti dagli articolo 287 e 288 c.p.c Le ordinanze così corrette non sono impugnabili con il ricorso straordinario per cassazione, in quanto possono essere impugnate con il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’articolo 617 c.p.c

Il termine per l’opposizione decorre dalla notificazione o comunicazione della relativa ordinanza, ai sensi dell’articolo 288, ultimo comma, c.p.c., se l’errore corretto sia tale da ingenerare un obiettivo dubbio sull’effettivo contenuto dell’ordinanza, ovvero quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la portata decisoria del provvedimento, dando luogo surrettiziamente ad una revoca o ad una modifica di ordinanza già eseguita e non più opponibile Questo il principio affermato dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 1891, depositata il 3 febbraio 2015. Il fatto. Viene proposto ricorso in Cassazione contro provvedimenti del Giudice dell’esecuzione adottati, su istanza di parte, per la correzione di un errore materiale del piano di riparto e della dichiarazione di esecutività dello stesso. Contro i provvedimenti del Giudice dell’esecuzione Il Collegio, nell’affermare il principio di diritto sopra riportato, ricorda che il rimedio esperibile contro tutti i provvedimenti del Giudice dell’esecuzione, in cui si articola il processo esecutivo, dei quali si contesti la validità, la legittimità, o comunque, l’irregolarità formale, è quello dell’opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 c.p.c opposizione agli atti esecutivi. Il sistema di controllo di legittimità dei provvedimenti del Giudice dell’esecuzione è, infatti, realizzato attraverso il rimedio dell’opposizione agli atti esecutivi, di cui all’articolo 617 c.p.c Questo sistema esclude che gli stessi possano ritenersi sottoposti al diverso regime delle impugnazioni previsto, per le sentenze, dall’articolo 323 del codice di rito, e che, in relazioni ad essi, possa parlarsi di definitività dell’atto giurisdizionale, condizione necessaria affinché un provvedimento decisorio sia impugnabile con il rimedio del ricorso straordinario in Cassazione. L’oggetto delle censure. La sola denuncia, continua il Collegio, di vizi di formazione dell’ordinanza di correzione, che non coinvolgano anche il merito sostanziale del provvedimento, determina l’inammissibilità dell’opposizione, potendo essere formulate solo censure che riguardino o la verifica dell’ammissibilità del procedimento di correzione o la fondatezza del merito del provvedimento correttivo. Nel caso in esame, dove la ricorrente ha lamentato, oltre alla violazione delle norme procedurali dell’articolo 288 c.p.c., anche la modificazione sostanziale del piano di riparto già approvato, il rimedio, dunque, avrebbe dovuto essere quello dell’opposizione agli atti esecutivi contro l’ordinanza dichiarativa dell’esecutività del progetto di distribuzione risultante all’esito della correzione. Per tali motivi, la S.C. ha dichiarato il ricorso inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 10 dicembre 2014 – 3 febbraio 2015, numero 1891 Presidente Finocchiaro – Relatore Barreca Premesso in fatto È stata depositata in cancelleria la seguente relazione “1.- il ricorso è inammissibile, essendo stato proposto contro provvedimenti del giudice dell'esecuzione adottati, su istanza di parte, per la correzione di un errore materiale del piano di riparto e della dichiarazione di esecutività dello stesso. Contrariamente a quanto assume la parte ricorrente non si tratta di provvedimenti riguardo ai quali non sarebbe previsto alcun rimedio, se non, sussistendone il presupposto della decisorietà, il ricorso straordinario per cassazione ex articolo 111 Cost 1.1.- La vicenda processuale esposta in ricorso trova riscontro negli atti impugnati - in data 2 aprile 2009 veniva approvato il progetto di distribuzione nella procedura esecutiva immobiliare numero 432/95 del Tribunale di Viterbo, nei confronti di B.O. e M.F. , nel quale nessuna attribuzione era prevista in favore di Banca di Roma che pure aveva già riscosso la somma complessiva di Euro 98.000,00 ai sensi dell'articolo 41 TUB , mentre per errore era dato atto che la Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio aveva incassato tale ultima somma ed era tenuta alla restituzione di Euro 352,28 - in data 16 dicembre 2009 la Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio depositava un'istanza per la correzione dell'errore materiale nel piano di riparto, con la quale chiedeva che fosse cancellata l'attestazione della riscossione da parte sua della somma di Euro 98.000,00 ed inoltre che fosse ordinata alla Banca di Roma la restituzione di quanto incassato - il giudice dell'esecuzione, senza dare corso al contraddittorio, non si limitava all'eliminazione dell'attestazione riguardante la parte istante, ma disponeva la correzione dell'errore materiale contenuto nel piano di riparto in conformità a quanto indicato nella presente istanza, col primo dei provvedimenti impugnati, datato 16/29 dicembre 2009 - successivamente la BPEL depositava altra istanza per eseguire piano di riparto ed il giudice dell'esecuzione provvedeva, inaudita altera parte, col secondo dei provvedimenti impugnati, in data 8 novembre 2010, ordinando alla Banca di Roma di versare in cancelleria le somme da restituirsi, sulla base del piano di riparto approvato, entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento - assume la ricorrente che né il primo né il secondo di detti provvedimenti sarebbero stati resi noti ad essa destinataria succeduta, per la serie di fusioni riportate in ricorso, a Banca di Roma . L'inammissibilità del ricorso per cassazione comporta l'irrilevanza di tale ultimo dato. In merito alle altre circostanze, risultanti come sopra, si osserva quanto segue. 2.- Va ribadito l'orientamento espresso da questa Corte già in pronunce risalenti, e poi di recente, in ragione del quale le ordinanze del giudice dell'esecuzione che non possono essere revocate per avere avuto attuazione, sono suscettibili di correzione, nei casi e nelle forme previste dagli articolo 287 e 288 cod. proc. civ. atteso che dette norme, ancorché aventi ad oggetto la disciplina del procedimento di cognizione, sono suscettibili di trovare applicazione ai consimili provvedimenti resi nel processo di esecuzione, in quanto, da un lato, costituiscono espressione di una esigenza di ordine generale propria ad ogni tipo di processo e, dall'altro, non trovano ostacolo in opposte disposizioni regolatrici del processo di esecuzione Cass. numero 7930/91, ma cfr. già Cass. numero 1955/63, nonché di recente Cass. numero 11320/09 . L'ultimo comma dell'articolo 288 cod. proc. civ. prevede che, in caso di correzione di errore materiale, sia possibile l'impugnazione delle sentenze relativamente alle parti corrette, con decorrenza del termine dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di correzione. E la norma è interpretata nel senso che il rimedio si applica se con l'ordinanza di correzione sono svelati errores in iudicando o in procedendo evidenziati solo dal procedimento correttivo oppure quando l'errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull'effettivo contenuto della decisione, interferendo con la sostanza del giudicato, ovvero quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la decisione, dando luogo a surrettizia violazione del giudicato per contro l'adozione della misura correttiva non vale a riaprire o prolungare i termini di impugnazione della sentenza che sia stata oggetto di eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo, chiaramente percepibili dal contesto della decisione, in quanto risolventisi in una mera discrepanza tra il giudizio e la sua espressione cfr., tra le tante, Cass. numero 6969/06, nonché Cass. S.U. numero 5165/04 . Nell'applicare, alla stregua dell'orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, l'articolo 288, ult. co., cod. proc. civ. al processo esecutivo, in cui non si può che procedere alla correzione di un errore materiale contenuto in un'ordinanza non adottando, per definizione, il giudice dell'esecuzione provvedimenti qualificabili come sentenze cfr. Cass. numero 22033/11, in motivazione , ne risulterà che l'ordinanza del giudice dell'esecuzione relativamente alle parti corrette potrà essere impugnata. Orbene, il rimedio esperibile avverso tutti i provvedimenti del giudice dell'esecuzione, in cui si articola il processo esecutivo, dei quali si contesti la validità, la legittimità o, comunque, l'irregolarità formale, è quello dell'opposizione agli atti esecutivi ex articolo 617 cod. proc. civ Il sistema di controllo di legittimità dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione è infatti realizzato attraverso il rimedio della opposizione agli atti esecutivi, di cui all'articolo 617 cod. proc. civ. cui si aggiunge quello del reclamo del successivo articolo 630, per il caso di estinzione questo sistema esclude che gli stessi possano ritenersi sottoposti al diverso regime delle impugnazioni previsto, per le sentenze, dall'articolo 323 del codice di rito, ed esclude, ancora, che, in relazione ad essi, possa legittimamente parlarsi di definitività dell'atto giurisdizionale di assenza, cioè, di ogni altro rimedio nell'ambito dell'ordinamento processuale , condizione necessaria affinché un provvedimento decisorio possa dirsi impugnabile, in sede di legittimità, con il rimedio del ricorso straordinario ex articolo 111 Cost. cfr. Cass. numero 9549/97, numero 2502/02 . Va perciò affermato il principio che le ordinanze del giudice dell'esecuzione che non possono essere revocate per avere avuto attuazione, sono suscettibili di correzione, nei casi e nelle forme previsti dagli articolo 287 e 288 cod. proc. civ Le ordinanze così corrette non sono impugnabili col ricorso straordinario per cassazione, in quanto possono essere impugnate col rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'articolo 617 cod. proc. civ. ed il termine per l'opposizione decorre dalla notificazione o comunicazione della relativa ordinanza, ai sensi dell'articolo 288 cod. proc. civ. ultimo comma, se l'errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull'effettivo contenuto dell'ordinanza, ovvero quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la portata decisoria del provvedimento, dando luogo surrettiziamente ad una revoca o ad una modifica di ordinanza già eseguita e non più opponibile. Giova aggiungere che, analogamente al caso della correzione della sentenza cfr. Cass. numero 9425/11 , la sola denuncia di eventuali vizi di formazione dell'ordinanza di correzione, che non coinvolgano anche il merito sostanziale del provvedimento, determina l'inammissibilità dell'opposizione, potendo essere formulate esclusivamente censure che riguardino o la verifica dell'ammissibilità del procedimento di correzione o la fondatezza del merito del provvedimento correttivo. Nel caso di specie, in cui la ricorrente ha lamentato, oltre alla violazione delle norme procedurali dell'articolo 288 cod. proc. civ. per essere stati i provvedimenti del g.e. adottati inaudita altera parte, malgrado l'istanza provenisse soltanto da uno dei creditori partecipanti alla distribuzione , anche la modificazione sostanziale del piano di riparto già approvato, il rimedio avrebbe dovuto essere quello dell'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza dichiarativa dell'esecutività del progetto di distribuzione risultante all'esito della correzione. Si propone, perciò, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso”. La relazione è stata comunicata e notificata come per legge. Ritenuto in diritto A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione. Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Poiché i resistenti non si sono difesi, non vi è luogo a provvedere sulle spese. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso nulla sulle spese.