Pisolino a mezzogiorno, nei pressi di una strada pubblica e con costume adamitico: l’imputato resta immacolato

Mancando l’inequivocabile attinenza ad atti della sfera sessuale o libidinosa, non si può configurare il reato di atti osceni in luogo pubblico. Il comportamento dell’uomo ha semplicemente integrato la fattispecie di atti contrari alla pubblica decenza. La contravvenzione, tuttavia, è già caduta in prescrizione.

Questo quanto si evince dalla pronuncia numero 23234/12 della Cassazione Penale, con deposito del 13 giugno. Un sonnellino senza abiti. Il giudice del Tribunale di Palermo assolveva – in quanto il fatto non costituiva reato – un uomo dall’accusa di cui all’articolo 527 c.p. sorpreso dopo mezzogiorno in un’auto su una strada pubblica mentre dormiva beatamente ignudo, con affianco una ragazza non troppo vestita, non aveva turbato il passante strabiliato dalla visione. Né si poteva imputare al dormiente, sempre a detta del fantasioso giudice di primo grado, un atteggiamento volontario nell’essersi sopito nella vettura privo di abiti A seguito dell’appello del Procuratore generale, la Corte territoriale del capoluogo siciliano dichiarava il soggetto colpevole. Probabilmente i due temerari avevano consumato il loro amore sulla macchina e quindi era verosimile che l’imputato si fosse spogliato sua sponte. Nessuna volgarità. Il legale dell’uomo si rivolge al Tribunale Supremo osservando che la mera esposizione della nudità non può definirsi oscena, essendo tale l’atto quando è espressione di concupiscenza e dimostrazione di libido, ma non anche quando possa offendere il sentimento della costumanza e della compostezza. Stava semplicemente dormendo. In sede di Cassazione, si rileva che l’unico elemento appurato dal giudice di merito è che il prevenuto è stato sorpreso ignudo e tra le braccia di Morfeo nella vettura. E la stessa Corte d’Appello ha affermato che l’imputato era colpevole del delitto contestato non perché avesse compiuto un rapporto sessuale, ma perché volontariamente e scientemente si era spogliato prima di sopirsi e ciò a prescindere dalle ragione del gesto esibizionismo? Divertimento? Relazione sessuale? . In sostanza il giudice di seconde cure ha ritenuto integrato il reato di atti osceni in luogo pubblico solo per la circostanza che il soggetto stesse dormendo in costume adamitico all’interno della vettura parcheggiata a bordo carreggiata. Ricorso fondato. Infatti il criterio distintivo fra atti osceni in luogo pubblico e il reato di atti contrari alla pubblica decenza va individuato nel contenuto più specifico del delitto di atteggiamenti osceni che si richiama alla verecondia sessuale invece, nella seconda fattispecie a norma dell’articolo 726 c.p. si sanziona la violazione dell’obbligo di astenersi da comportamenti lesivi del sentimento di pudore collettivo. La differenza tra le due fattispecie. In sostanza, ricorda la Corte Suprema, per integrare il reato di atti osceni occorre che l’atto abbia inequivocabile attinenza con la sfera sessuale. Nella specie è chiaro che l’imputato, pur privo di abiti, si trovava totalmente immobile all’interno dell’auto mentre dormiva profondamente. Mancava dunque ogni richiamo o gesto inerente alla sfera sessuale e della libidine. Si tratta solo di contravvenzione per atti contrari alla pubblica decenza, peraltro prescritta essendo trascorsi più di cinque anni dall’accadimento. L’uomo dorma pure sonni tranquilli, la prossima meglio se non sul ciglio della strada e magari con qualche abito addosso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 22 maggio – 13 giugno 2012, numero 23234 Presidente Mannino – Relatore Franco Svolgimento del processo Con sentenza del 24.6.2009 il giudice del tribunale di Palermo assolse perché il fatto non costituisce reato F.F. dalla imputazione di cui all'articolo 527 cod. penumero , per essere stato sorpreso verso le ore 12.50 in un'auto parcheggiata in una pubblica strada mentre dormiva privo di indumenti e mentre sull'altro sedile si trovava una ragazza con addosso solo qualche abito. Il giudice rilevò che il fatto non aveva turbato il passante e che la condotta non era stata volontaria perché il F. si era addormentato nell'auto privo di vestiti. A seguito di appello del Procuratore generale, la corte d'appello di Palermo, con la sentenza in epigrafe, dichiarò l'imputato colpevole del reato ascrittogli e lo condannò alla pena di mesi tre di reclusione. Ritenne la corte d'appello che era verosimile che i due giovani avessero in precedenza avuto un rapporto sessuale in auto, dopo il quale l'imputato si era addormentato. In ogni caso, l'imputato volontariamente si era spogliato ed era rimasto nudo nella vettura, il che era sufficiente per integrare il reato. L'imputato, a mezzo dell'avv. Antonino Sciarrotta, propone ricorso per cassazione deducendo erronea applicazione dell'articolo 527 cod. penumero e difetto di motivazione. Osserva che la sola esposizione della nudità non può definirsi oscena, essendo tale l'atto quando è espressione di concupiscenza e dimostrazione di libido, ma non anche quando possa offendere il sentimento della costumatezza e della compostezza. Motivi della decisione Il ricorso è fondato. Il giudice di primo grado ha accertato, in punto di fatto, che un passante aveva notato all'interno di un'auto parcheggiata lungo la strada due persone che dormivano un uomo senza vestiti e una donna con qualche vestito che i due soggetti erano immobili che il passante pensò che i due fossero svenuti o stessero male e quindi avvisò la polizia per far prestare loro soccorso. Il giudice ritenne quindi che non era ravvisabile il contestato reato di atti osceni in quanto non vi era prova che il F. , addormentatosi all'interno della sua auto, avesse avuto la volontà cosciente di porre in essere il comportamento illecito. Il Procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello di Palermo, con la sua impugnazione eccepì invece che doveva ritenersi che i due, prima di addormentarsi, si fossero intrattenuti sessualmente per diverse ore all'interno dell'auto e che tale comportamento integrava il reato di atti osceni. La corte d'appello ha dichiarato il prevenuto colpevole del reato di cui all'articolo 527 cod. penumero con una motivazione perplessa. Innanzitutto, ha ritenuto verosimile la ricostruzione avanzata dal Procuratore generale, circa la consumazione nell'auto di un rapporto sessuale fra i due giovani, a seguito del quale il F. si era addormentato. Si tratta però di una motivazione del tutto congetturale ed apodittica, in quanto non sono stati nemmeno indicati gli elementi in base ai quali si dovrebbe presumere che all'interno dell'auto parcheggiata lungo la strada in pieno giorno i due avesse certamente compiuto un rapporto sessuale e che tale rapporto, inoltre, fosse avvenuto nelle stesse condizioni di visibilità. La realtà è che - come esattamente rilevato dal giudice di primo grado, con motivazione che sul punto non è stata specificamente confutata dalla corte d'appello - l'unico dato appurato dai giudici del merito e che il prevenuto è stato sorpreso mentre dormiva nudo all'interno dell'auto. E difatti, subito dopo, la sentenza impugnata, modificando la motivazione, ha affermato che l'imputato era colpevole del delitto contestato non perché a-vesse compiuto un rapporto sessuale, ma perché volontariamente e scientemente, prima di addormentarsi, si era spogliato ed era rimasto nudo all'interno della vettura, e ciò a prescindere dalle ragioni del gesto relazione sessuale, mero esibizionismo, ecc. . Secondo la corte d'appello, quindi, il delitto di atti osceni dovrebbe ritenersi integrato per il solo fatto che l'imputato stava dormendo nudo all'interno di un'auto parcheggiata, dopo essersi volontariamente spogliato. Sennonché esattamente il ricorrente lamenta che la mera esposizione della nudità integrale non integra necessariamente di per sé il reato di atti osceni, giacché, quando non sia espressione di concupiscenza e dimostrazione di libido, l'atto non può definirsi osceno, perché offende solo il sentimento collettivo della scostumatezza e della compostezza. Ed infatti, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, “il criterio di distinzione tra il reato di atti osceni e quello di atti contrari alla pubblica decenza va individuato nel contenuto più specifico del delitto di atti osceni che si richiama alla verecondia sessuale, rispetto al contenuto del reato di cui all’articolo 726 cod. penumero che invece sanziona la violazione dell'obbligo di astenersi da quei comportamenti che possano offendere il sentimento collettivo della costumatezza e della compostezza. Nella fattispecie la Corte ha qualificato atti contrari alla pubblica decenza il palpeggiamento dei genitali davanti ad altri soggetti in quanto appariva manifestazione di scostumatezza e di scompostezza più che concupiscenza e dimostrazione di libido ” Sez. III, 13.5.2004, numero 26388, Arriga, m. 228942 “ai fini della distinzione tra i reati di cui agli articolo 527 e 726 cod. penumero le nozioni di osceno e di pudore non sono riferite ad un concetto considerato in sé, ma al contesto ed alle modalità in cui gli atti o gli oggetti sono compiuti o esposti. Il criterio discretivo va individuato nel contenuto più specifico del delitto di atti osceni, che si richiama alla verecondia sessuale, rispetto a quel complesso di regole etico-sociali, che impongono a ciascuno di astenersi da tutto quanto possa offendere il sentimento collettivo della più elementare costumatezza. Ne consegue che il nudo integrale - considerando il sentimento medio della comunità ed i valori della coscienza sociale e le reazioni dell'uomo medio normale - assume differenti valenze ” Sez. III, 3.7.1997, numero 8959, Gallone, m. 208445 . In altre parole, secondo la giurisprudenza, per integrare il reato di atti osceni occorre che Fatto abbia, intenzionalmente, una non equivoca attinenza con la sfera sessuale. Sulla base di questo criterio discretivo, si è ritenuto, ad esempio, che “integra il delitto di atti osceni in luogo pubblico, e non la contravvenzione di atti contrari alla pubblica decenza, la condotta consistente nello sbottonarsi i pantaloni ed esporre in pubblico i genitali, toccandoli, in quanto l'intenzionalità di tali gesti ha inequivoca attinenza con la sfera sessuale piuttosto che con il comune senso di decenza” Sez. III, 25.3.2010, numero 15676, S., 246971 o “l'esibizione dell'organo genitale maschile con palpeggiamento simulatorio di una masturbazione, in quanto tale condotta lede palesemente il comune sentimento del pudore attinente alla verecondia sessuale” Sez. III, 5.11.2008, numero 46356, Sgarbi, m. 241791 . Al contrario, è stato ritenuto, con un orientamento risalente nel tempo, che “configura l'ipotesi prevista e punita dall'articolo 726 cod. penumero la completa denudazione del corpo, poiché ha l'attitudine a destare disagio e repulsione o curiosità erotica, nell'osservatore dotato di comune sensibilità” Sez. III, 22.9.1982, numero 10824, Pettini, m. 156129 e che “poiché la pubblica decenza va commisurata secondo un criterio storico-sociologico al sentimento comune dell'uomo medio e non alla particolare sensibilità di un singolo, la nudità integrale in luoghi pubblici o aperti al pubblico, al di fuori della particolare situazione dei campi di nudisti, integra comunque gli estremi del reato di cui all'articolo 726 cod. penumero , non rilevando che il denunciante abbia dichiarato di non aver provato disgusto” Sez. III, 27.6.2006, numero 31407, Bompadre, m. 235750 . Nella specie è pacifico che l'imputato, pur essendo nudo, si trovava assolutamente immobile all'interno della vettura mentre dormiva profondamente. Egli quindi non stava compiendo alcun comportamento o gesto aventi inequivoca attinenza con la sfera sessuale o dimostrativo di concupiscenza o di libidine, bensì teneva un atteggiamento idoneo piuttosto ad offendere il sentimento collettivo della costumatezza e della compostezza. Il fatto contestato ed accertato dai giudici del merito va pertanto qualificato non come delitto di atti osceni di cui all’articolo 527 cod. penumero , bensì come contravvenzione di atti contrari alla pubblica decenza ai sensi dell’articolo 726 cod. penumero . Di conseguenza, poiché per detta contravvenzione il termine massimo di prescrizione è di cinque anni e poiché il reato è stato commesso il OMISSIS la prescrizione in mancanza di cause di sospensione è maturata il OMISSIS . La sentenza impugnata deve pertanto essere annulla senza rinvio perché il reato di cui all’articolo 727 cod. penumero così riqualificato il fatto contestato si è estinto per prescrizione. P.Q.M. LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Qualificato il fatto come contravvenzione prevista dall’articolo 726 cod. penumero , annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il resto è estinto per prescrizione.