“Stai zitto e non dire belinate”: frase ineducata, ma non idonea a ledere l’onore o il decoro di una persona

Non integrano il reato di ingiuria le frasi, caratterizzate da terminologia scorretta e ineducata, che pur risolvendosi in affermazioni di insofferenza rispetto all’azione del soggetto verso il quale sono rivolte, non si traducono in un oggettivo giudizio di disvalore sulle sue qualità personali, e che risultano ormai accettate dalla coscienza sociale secondo un criterio di media convenzionale.

Così ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 35027715, depositata il 20 agosto. Il caso. Il Tribunale di Genova, confermando la sentenza del Giudice di Pace di Rapallo, dichiarava una donna colpevole del reato di ingiuria per aver offeso l’onore e il decoro del cognato, pronunciando la seguente frase “stai zitto e non dire belinate”. Avverso tale sentenza ricorre la donna, contestando in particolare la portata offensiva della frase, tipica del linguaggio genovese e utilizzata comunemente in tono scherzoso o ammonitorio, tanto più che, come affermato dalla stessa persona offesa, era stata dichiarata nel corso di una pacata conversazione tra parenti all’epoca in buoni rapporti. Personalità dell’offeso e dell’offensore, contesto e coscienza sociale. La S.C. afferma che, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, in tema di tutela penale dell’onore, per accertare se l’espressione utilizzata sia idonea a ledere il bene del decoro o dell’onore tutelati dalla fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 594 Ingiuria c.p., è necessario riferirsi a un criterio di media convenzionale, in rapporto alla personalità dell’offeso e dell’offensore, nonché al contesto nel quale è pronunciata l’espressione e alla coscienza sociale Cass., numero 46488/14 . In tale ottica, il Collegio ha già avuto modo di affermare che non integrano il reato di ingiuria, le espressioni verbali caratterizzate da terminologia scorretta e ineducata, che pur risolvendosi in affermazioni di insofferenza rispetto all’azione del soggetto verso il quale sono rivolte, non si traducono in un oggettivo giudizio di disvalore sulle sue qualità personali, e che risultano ormai accettate dalla coscienza sociale secondo un criterio di media convenzionale Cass., numero 51093/14 . Il caso di specie risulta dunque rientrare in tale ipotesi, poiché la frase pronunciata dalla ricorrente nei confronti del cognato, benché ineducata e scortese, non ha espresso un obiettivo giudizio negativo sulle qualità personali dell’uomo. Si è trattata dunque di una semplice dichiarazione di insofferenza, non di per sé idonea ad arrecare pregiudizio all’onore e al decoro del soggetto passivo. Per questi motivi, la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 18 giugno – 20 agosto 2015, numero 35027 Presidente Vessichelli – Relatore Caputo Ritenuto in fatto Con sentenza deliberata ii 14/02/2014, ii Tribunale di Genova ha confermato la sentenza del 28/02/2012 con la quale il Giudice di pace di Rapallo aveva dichiarato P.M. colpevole del reato di ingiuria per aver offeso l'onore e il decoro di D.M.S., dicendo stai zitto e non dire belinate , condannando l'imputata alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni in favore della parte civile. Avverso l'indicata sentenza del Tribunale di Genova ha proposto ricorso per cassazione P.M., attraverso Il difensore avv. M. D.B., articolando i motivi di seguito enunciati nel limiti di cui all'articolo 173, comma 1, disp. att. cod. proc. penumero Il primo motivo denuncia vizi di motivazione in ordine all'attendibiiità della testimonianza di D.M.S. e di quella della moglie P. G. quanto alla prima, la persona offesa ha fornito in dibattimento una versione diversa da quanto denunciato, mentre la moglie ha sostenuto inverosimilmente che i rapporti con la sorella - odierna ricorrente - fossero buoni, escludendo che il marito abbia pronunciato parole offensive nei confronti dell'imputata il giudice di appello, inoltre, non ha approfondito l'indagine in ordine alle denunce presentate dai coniugi D.M. - G. P Il secondo motivo denuncia mancata assunzione di una prova decisiva Il Giudice di pace ha rigettato la richiesta della difesa dell'imputata di acquisizione di documenti relativi ad atti di vari procedimenti penali a discarico con l'abnorme motivazione che non vi era il consenso del difensore della parte civile, mentre il Tribunale di Genova non ha In alcun modo motivato sul punto. li vizio denunciato rileva anche in relazione all'invocata esimente di cui all'articolo 599, primo e secondo comma, cod. penumero il terzo motivo denuncia inosservanza o erronea applicazione della legge penale. Nessuna motivazione ha fornito li giudice di appello In ordine alla portata offensiva della frase, tipica dei linguaggio genovese e usata comunemente in tono scherzoso/ammonitorio, tanto più a dar credito alla tesi della persona offesa secondo cui essa sarebbe stata pronunciata nel corso di una conversazione pacata e tranquilla tra parenti allora in buoni rapporti. Il giudice di appello, inoltre, non ha fornito alcuna motivazione in ordine alle invocate esimenti della reciprocità delle offese e della provocazione. Considerato in diritto Il ricorso è deve essere accolto, essendo, nei termini indicati, fondato - e assorbente - Il terzo motivo. Secondo Il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di tutela penale dell'onore, al fine di accertare se l'espressione utilizzata sia idonea a ledere li bene protetto dalla fattispecie incriminatrice di cui ali'articolo 594 cod. penumero , occorre fare riferimento ad un criterio di media convenzionale, in rapporto alle personalità dell'offeso e dell'offensore, unitamente al contesto nel quale l'espressione è pronunciata ed alla coscienza sociale Sez. 5, numero 46488 dei 24/06/2014 - dep. 11/11/2014, Toraldo, Rv. 261031 . In tale prospettiva, questa Corte ha già affermato che non Integrano il reato di ingiuria le espressioni verbali, caratterizzate da terminologia scorretta e ineducata, che pur risolvendosi in dichiarazioni di insofferenza rispetto all'azione del soggetto nei cui confronti sono dirette, non si traducono in un oggettivo giudizio di disvalore sulle qualità personali dello stesso, e che risultano ormai accettate dalla coscienza sociale secondo un criterio di media convenzionale Sez. 5, numero 51093 dei 19/09/2014 - dep. 09/12/2014, Chierego, Rv. 261421 rileva il Collegio che il caso in questione rientra in questa ipotesi, in quanto la frase pronunciata dall'imputata all'indirizzo del cognato - sicuramente scomposta e ineducata - non ha espresso un oggettivo giudizio di disvalore sulle qualità personali di D.M., ma si è concretizzata in una mera dichiarazione di insofferenza Sez. 5, numero 19223 del 14/12/2012 - dep. 03/05/2013, P.M. e P.C. in proc. Fracasso, Rv. 256240 , inidonea a ledere il bene protetto dalla fattispecie incriminatrice di cui all'articolo 594 cod. penumero Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste inerendo la vicenda a rapporti di famiglia, in caso di diffusione della presente sentenza, dovranno omettersi le generalità e gli altri dati identificativi. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché li fatto non sussiste. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati Identificativi a norma deil'articolo 52 d.lgs. 196/03 In quanto disposto d'ufficio.