Prelievi col bancomat del padre: figlio salvato dal ‘sì’ della madre

A bilanciare il dissenso del papà è l’assenso della mamma, che ha dato al ragazzo sia la tessera che i codici necessari per prendere denaro allo sportello automatico. Il giovane ha agito, secondo i giudici, nella convinzione di essere legittimato a compiere l’operazione.

Sospetta la gestione della carta bancomat familiare, connessa al conto corrente intestato al marito e cointestato alla moglie. A finire sotto accusa è il figlio della coppia. A salvarlo è l’autorizzazione fornitagli dalla madre. Non punibili, di conseguenza, i prelievi da lui effettuati Cassazione, sentenza numero 20678/2017, Sezione Seconda Penale, depositata il 2 maggio . Sportello. Nessun dubbio sulla ricostruzione della vicenda il ragazzo è stato beccato a prendere dei soldi allo sportello automatico della banca, utilizzando però «la carta intestata al padre». Ciò è sufficiente, secondo il Gup del Tribunale prima e secondo i giudici d’Appello poi, per ritenere il figlio colpevole di «indebito utilizzo della carta bancomat». A inchiodare il giovane è l’applicazione del decreto legge numero 143/1991, relativo ai «Provvedimenti urgenti per limitare l’uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazione e prevenire l’utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio», con specifico riferimento all’articolo 12, secondo cui «Chiunque, al fine di trarne profitto per sé o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all’acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni e con la multa da 600mila lire a 3 milioni di lire». Consenso. La visione tracciata in Appello viene però ritenuta non così solida in Cassazione. Per i giudici del ‘Palazzaccio’, difatti, non può essere ignorata la linea difensiva proposta dal giovane, secondo cui egli ha agito alla luce del «consenso all’utilizzo della carta» espresso dalla «cointestataria del conto», cioè la madre, che gli ha fornito la tessera e addirittura «i codici» necessari per compiere l’operazione. Irrilevante, invece, viene considerato il «dissenso» espresso dal padre, risultato essere il primo titolare del conto. Ciò spinge i magistrati a ritenere che il figlio si sia mosso alla luce del sole e «nella convenzione della legittimità dell’utilizzo della carta» e che quindi egli non sia punibile. Di conseguenza, la condanna emessa in Appello viene azzerata, e le accuse a carico del giovane cadono definitivamente.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 11 aprile – 2 maggio 2017, numero 20678 Presidente Fumu – Relatore Filippini Ritenuto in fatto e diritto 1. Con sentenza in data 28.4.2016 la Corte di appello di Cagliari ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale di Oristano del 4.2.2014 con la quale P. G. M. è stato condannato per il reato di indebito utilizzo di una carta bancomat la Corte territoriale respingeva le censure mosse con l'atto di appello, volte ad escludere la sussistenza del reato essendo il prelievo stato effettuato con la carta bancomat intestata al padre dell'imputato, previo consenso fornito dalla madre cointestataria del conto e comunque a ridurre la sanzione irrogata. 2. Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato, per mezzo del difensore, sollevando i seguenti motivi 2.1. violazione di legge in relazione all'articolo 12 D.L. 143/1991 poiché il fatto è stato compiuto in assenza del necessario dolo, trovandoci in presenza di un consenso all'utilizzo prestato dal contitolare del conto che, quand'anche non sia idoneo a scriminare ex se la condotta, comunque ha creato nell'imputato la legittima convinzione di agire con il consenso dell'avente diritto. 2.2. vizio della motivazione per contraddittorietà poiché si afferma che l'imputato abbia agito nonostante la consapevolezza del dissenso del padre rispetto al prelievo pur risultando tale elemento indimostrato. 2.3. vizio della motivazione per travisamento della prova e contraddittorietà nella parte in cui esclude la possibilità che la denuncia sia stata fatta dal padre dell'imputato senza previamente informare la moglie, pur trattandosi di evenienza affermata da quest'ultima e non contraddetta da alcunché. 2.4. violazione di legge per eccessività della pena irrogata, sproporzionate rispetto alla gravità del fatto. 3. Il primo motivo di ricorso appare fondato. Dal tenore della sentenza impugnata si evince che la Corte territoriale non ha potuto escludere con certezza la fondatezza della tesi difensiva, secondo la quale i prelievi di contante in questione sono stati effettuati da parte dell'imputato dietro esplicito consenso della madre, che ebbe a consegnargli la carta bancomat ed i relativi codici operativi. In tal senso milita evidentemente il rilievo della ordinaria effettuazione dei prelevamenti, impossibile senza la conoscenza dei dati predetti. 3.1. Ciò posto, si rileva che la fattispecie incriminatrice di causa punisce colui che indebitamente utilizza la carta bancomat, con ciò dimostrando di voler perseguire solamente le condotte di colui che non abbia il diritto di servirsene di conseguenza, la fattispecie incriminatrice, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, richiede, in capo all'agente, la consapevolezza della mancanza del diritto. E' quindi evidente che, in una ipotesi nella quale ricorre, quanto meno sotto il profilo del ragionevole dubbio, l'evenienza che l'agente versi nella legittima convinzione della legittimità dell'utilizzo per effetto del consenso espresso da chi pacificamente disponeva della tessera bancomat e dei relativi codici , la sussistenza della relativa esimente putativa possa essere riconosciuta. 4. Gli ulteriori profili di ricorso restano assorbiti si impone dunque l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, non risultando superabile l'aspetto di incertezza probatoria sopra indicato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato. Sentenza a motivazione semplificata.