Se il marciapiede è privo di mattonelle, la caduta è addebitabile al Comune

Riprende vigore la richiesta risarcitoria avanzata da una donna rimasta vittima di un capitombolo durante una passeggiata sul marciapiede di un viale cittadino. Decisiva la valutazione dello stato del luogo. Censurata la decisione d’Appello, con cui era stata addebitata la responsabilità al 70% alla persona danneggiata.

Marciapiede privo, in un punto, di mattonelle. In quell’avvallamento mette il piede una donna, durante una passeggiata in città, e finisce poi rovinosamente a terra. Lo stato del luogo rende illogico, osservano i giudici, addebitare alla persona danneggiata la percentuale maggiore di responsabilità per la disavventura vissuta. Riprende vigore, quindi, la richiesta risarcitoria avanzata dalla donna nei confronti del Comune Cassazione, ordinanza numero 12166/21, sez. III Civile, depositata il 7 maggio 2021 Il fattaccio risale a ben diciotto anni fa, al maggio del 2003, quando nel territorio di Bari una donna subisce una brutta caduta durante una semplice passeggiata a poco più di un chilometro dal lungomare. Tutto si verifica in pochi istanti la donna sta percorrendo a piedi un viale quando «cade a terra a causa di una buca presente sul marciapiede, in prossimità dell’incrocio» e «riporta anche lesioni personali». Inevitabile l’azione giudiziaria nei confronti del Comune, ritenuto colpevole dalla donna per la disavventura da lei subita. In primo grado la versione da lei fornita è ritenuta plausibile. In secondo grado, invece, la situazione cambia completamente. I giudici d’Appello, difatti, ritengono colpevole soprattutto la donna, attribuendole la responsabilità per la caduta «nella misura del 70%», mentre il restante 30% di colpa viene addebitato all’ente locale. Immaginabile la reazione della donna Consequenziale la decisione di proporre ricorso in Cassazione, evidenziando tramite il proprio avvocato le incongruenze della decisione d’Appello. In particolare, il legale osserva che i giudici di secondo grado «hanno riconosciuto il danno cagionato da cosa in custodia» e «hanno affermato costituire, nel caso, la buca sul marciapiede un’insidia, in quanto non visibile dalla sua posizione all’angolo della strada», ma «anziché ritenere il Comune quale esclusivo responsabile del sinistro per non aver fornito la prova liberatoria a suo carico» hanno del tutto immotivatamente ritenuto la persona danneggiata «corresponsabile nella misura addirittura preponderante del 70 %, senza nemmeno indicare in che cosa sarebbe consistita la sua condotta colposa». In Cassazione viene innanzitutto ricordato che «il custode è invero tenuto, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce e cui fanno riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza in base ai quali è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto , a dimostrare che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso. Deve cioè dimostrare di avere espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività di controllo, vigilanza e manutenzione su di esso gravanti in base a specifiche disposizioni normative» – e alla luce del principio generale del neminem laedere – e deve anche dimostrare che «l’evento è stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero che abbia esplicato la sua potenzialità offensiva prima che, con la diligenza richiesta dallo specifico caso concreto, fosse possibile l’intervento riparatore dell’ente custode, e cioè allorquando, in caso di repentina e imprevedibile alterazione dello stato della strada e delle sue pertinenze, l’evento dannoso si sia verificato prima che l’ente proprietario abbia potuto rimuovere, nonostante l’attività di controllo espletata con diligenza per tempestivamente ovviarvi, la straordinaria ed imprevedibile condizione di pericolo determinatasi». Invece, «il danneggiato è tenuto a provare l’evento dannoso e la sua derivazione dalla cosa non anche l’insidia o il trabocchetto, né la condotta omissiva o commissiva del custode». In questa vicenda, osservano i giudici, è acclarato che «la donna, mentre percorreva a piedi un viale, giunta all’incrocio con un’altra via, svoltava sulla destra ed inciampava, rovinando al suolo, a causa di una buca presente sul marciapiede, proprio in prossimità dell’incrocio». Inoltre, si è appurato che «la buca era coperta, secondo la prospettiva visuale di chi svolta a destra, dallo spigolo del fabbricato posto all’incrocio tra le due strade». Infine, è anche stato rilevato che la buca era in realtà «una parte di marciapiede priva di mattonelle di copertura, non particolarmente profonda», in grado, comunque, di «rappresentare un’insidia non perfettamente visibile per chi, provenendo dal viale, si accingeva a svoltare sulla via», proprio come fatto dalla persona danneggiata. Evidente, quindi, l’errore compiuto in Appello, osservano i giudici della Cassazione, poiché «pur avendo ravvisato non essere stata fornita dal Comune un prova liberatoria, anziché conseguentemente trarne la responsabilità esclusiva», si è pervenuti a ritenere «la sussistenza del concorso di colpa» nella misura del 70 % della persona danneggiata. Ciò che pare evidente, invece, secondo i magistrati di terzo grado, è proprio la responsabilità piena del Comune. E su questo fronte dovranno ora pronunciarsi nuovamente i giudici d’Appello, tenendo conto della versione fornita dalla persona danneggiata – con annessa richiesta risarcitoria nei confronti dell’ente locale –, dello stato del luogo e delle indicazioni fornite dalla Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 9 dicembre 2020 – 7 maggio 2021, numero 12166 Presidente Scarano – Relatore Moscarini Svolgimento del processo Con sentenza del 10/7/2018 la Corte d’Appello di Bari, in accoglimento del gravame interposto dalla sig.ra D.T.A. e in conseguente riforma della pronunzia Trib. Bari numero 4765 del 2014, ha ritenuto la concorrente responsabilità della medesima nella misura percentuale del 70% e del Comune di Bari nella causazione del sinistro avvenuto il omissis , allorquando mentre percorreva a piedi la locale omissis cadeva a terra a causa di una buca presente sul marciapiede in prossimità dell’incrocio, riportando anche lesioni personali. Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la D.T. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 6 motivi, illustrati da memoria. Resistono con separati controricorsi il Comune di Bari e la chiamata in manleva società Italia Opere s.p.a., appaltatrice della manutenzione delle strade di Bari. L’altra intimata non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il 1 motivo la ricorrente denunzia illogica, apparente e, quindi, inesistente motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 5. Con il 2 motivo denunzia violazione degli articolo 113, 114 c.p.c., in riferimento all’articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 3 nonché illogica, apparente e, quindi, inesistente motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 5. Con il 3 motivo denunzia violazione degli articolo 2051, 1226, 1227 c.c., in riferimento all’articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 3 e violazione degli articolo 112, 115 c.p.c., in riferimento all’articolo 366 c.p.c., comma 1, numero 4 nonché illogica, apparente e, quindi, inesistente motivazione su punto decisivo della controversia, in riferimento all’articolo 366 c.p.c., comma 5, numero 5. Si duole che, dopo aver riconosciuto l’applicabilità nella specie dell’articolo 2051 c.c., ed avere affermato costituire nel caso la buca sul marciapiede un’insidia in quanto non visibile dalla sua posizione all’angolo della strada, anziché ritenere il Comune quale esclusivo responsabile del sinistro per non aver fornito la prova liberatoria a suo carico, l’ha del tutto immotivatamente ritenuta corresponsabile nella misura addirittura preponderante del 70%, senza nemmeno indicare in che cosa sarebbe consistita la sua condotta colposa. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono p.q.r. fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, custodi sono tutti i soggetti - pubblici o privati - che hanno il possesso o la detenzione legittima o anche abusiva v. Cass., 3 giugno 1976, numero 1992 della cosa v. Cass., 20/2/2006, numero 3651 Cass., 20/10/2005, numero 20317 , in ragione della relativa disponibilità ed effettiva possibilità di controllo cfr. Cass., 7/7/2010, numero 16029 Cass., 10/2/2003, numero 1948 , cui fanno riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza, in base ai quali sono tenuti ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto cfr., da ultimo. con riferimento a differenti fattispecie, Cass., 5/5/2020, numero 8466 Cass., 5/9/2019, numero 22163 Cass., 12/3/2019, numero 7005 . Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, a carico dei proprietari o concessionari delle strade e delle autostrade è configurabile la responsabilità per cosa in custodia, disciplinata dall’articolo 2051 c.c., essendo possibile ravvisare un’effettiva possibilità di controllo sulla situazione della circolazione e delle carreggiate e delle relative pertinenze, riconducibile ad un rapporto di custodia v. Cass., 19/11/2009, numero 24419 Cass., 29/3/2007, numero 7763. E già Cass., 13/1/2003, numero 298 . Si al riguardo posto ulteriormente in rilievo come, al fine di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, ex articolo 14 C.d.S., gli enti proprietari sono tenuti a provvedere a alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi b al controllo tecnico dell’efficienza delle strade e relative pertinenze c all’apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta. Altresì precisandosi comma 3 che per le strade in concessione i poteri e i compiti dell’ente proprietario della strada previsti dal C.d.S. sono esercitati dal concessionario, salvo che sia diversamente stabilito v. Cass., 20/212006, numero 3651 Cass., 14/7/2004. numero 13087 , e che comma 4 per le strade vicinali di cui all’articolo 2, comma 7, i poteri dell’ente proprietario sono esercitati dal Comune. In caso di sinistro avvenuto su strada, dei danni conseguenti ad omessa o insufficiente relativa manutenzione il proprietario articolo 14 C.d.S. o il custode tale essendo anche il possessore, il detentore e il concessionario risponde ex articolo 2051 c.c., in ragione del particolare rapporto con la cosa che al medesimo deriva dalla disponibilità e dai poteri di effettivo controllo sulla medesima, salvo che dalla responsabilità presunta a suo carico esso si liberi dando la prova del fortuito. In altri termini, il danneggiato che domanda il risarcimento del pregiudizio sofferto in conseguenza dell’omessa o insufficiente manutenzione delle strade o di sue pertinenze invocando la responsabilità ex articolo 2051 c.c., della P.A. è tenuto a dare la prova che i danni subiti derivano dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto cfr. Cass., 20/2/2006, numero 3651 . Tale prova consiste nella dimostrazione del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, e può essere data anche con presunzioni, giacché la prova del danno è di per sé indice della sussistenza di un risultato anomalo , e cioè dell’obiettiva deviazione dal modello di condotta improntato ad adeguata diligenza che normalmente evita il danno cfr. Cass., 20/2/2006, numero 3651 . Facendo eccezione alla regola generale di cui al combinato disposto degli articolo 2043 e 2697 c.c., alla stregua di una scelta effettuata dal legislatore l’articolo 2051 c.c., integra invero un’ipotesi di responsabilità caratterizzata da un criterio di inversione dell’onere della prova, imponendo al custode, presunto responsabile, di dare la contraria prova liberatoria del fortuito - c.d. responsabilità aggravata - v. Cass., 5/5/2020. numero 8466 Cass., 27/6/2016, numero 13222 Cass., 9/6/2016, numero 11802 Cass., 24/3/2016, numero 5877 . Il custode è invero tenuto, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce cui fanno riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza in base ai quali è tenuto ad adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto nonché in ossequio al principio di c.d. vicinanza alla prova, a dimostrare che il danno si è verificato in modo non prevedibile nè superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso. Deve cioè dimostrare di avere espletato, con la diligenza adeguata alla natura e alla funzione della cosa in considerazione delle circostanze del caso concreto, tutte le attività di controllo, vigilanza e manutenzione su di esso gravanti in base a specifiche disposizioni normative nel caso, articolo 14 C.d.S. , e già del principio generale del neminem laedere v. Cass., 20/2/2006, numero 3651 , e - come questa Corte ha più volte avuto modo di porre in rilievo - che l’evento è stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi. non conoscibili nè eliminabili con immediatezza neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero che abbia esplicato la sua potenzialità offensiva prima che, con la diligenza richiesta dallo specifico caso concreto, fosse possibile l’intervento riparatore dell’ente custode cfr. Cass., 9/3/2020, numero 6651 Cass., 18/6/2019, numero 16295 Cass., 19/3/2018, numero 6703 , e cioè allorquando, in caso di repentina e imprevedibile alterazione dello stato della strada e delle sue pertinenze, l’evento dannoso si sia verificato prima che l’ente proprietario abbia potuto rimuovere, nonostante l’attività di controllo espletata con diligenza per tempestivamente ovviarvi, la straordinaria ed imprevedibile condizione di pericolo determinatasi cfr., da ultimo, Cass., 10/6/2020, numero 11096. Cfr. altresì, con riferimento a diversa fattispecie, Cass., 5/5/2020, numero 8466 . Siffatta inversione dell’onere probatorio incide indubbiamente sulla posizione sostanziale delle parti, agevolando la posizione del danneggiato e aggravando quella del danneggiante, sul quale grava anche il rischio del fatto ignoto v., da ultimo, Cass., 10/6/2020. numero 11096. E già Cass., 10/10/2008, numero 25029 Cass., 29/9/2006, numero 21244 Cass., 20/2/2006. numero 3651, nonché Cass., 14/3/1983, numero 1897 . Il danneggiato è dunque tenuto a provare l’evento dannoso e la sua derivazione dalla cosa non anche l’insidia o il trabocchetto, nè la condotta omissiva o commissiva del custode. L’insidia o trabocchetto, quale figura sintomatica di colpa v. Cass., 25/6/1997, numero 5670 Cass., 24/1/1995, numero 809 , è stata ritenuta segnare invero il limite dell’agire discrezionale della P.A., frutto dell’elaborazione giurisprudenziale mediante ben sperimentate tecniche di giudizio, in base ad una valutazione di normalità, col preciso fine di meglio distribuire tra le parti l’onere probatorio v. Corte Cost., 10/5/1999, numero 156 . Onere probatorio che nella giurisprudenza, anche di legittimità, si era peraltro finito per addossare al danneggiato. Questa Corte ha al riguardo tuttavia ormai da tempo chiarito che l’insidia o trabocchetto determinante pericolo occulto non è elemento costitutivo dell’illecito aquiliano, in quanto non previsto dalla regola generale ex articolo 2043 c.c. v., Cass., 14/3/2006, numero 5445 nè da quella speciale di cui all’articolo 2051 c.c. v. Cass., 17/5/2001, numero 6767 , bensì frutto dell’interpretazione giurisprudenziale cfr. Cass., 9/11/2005, numero 21684 Cass., 13/7/2005, numero 14749 Cass., 17/5/2005, numero 6767 Cass., 25/6/2001 numero 10131 , che al fine di limitare le ipotesi di responsabilità ha finito per indebitamente gravare del relativo onere probatorio il danneggiato, con correlativo ingiustificato privilegio per la P.A. v. Cass., 20/2/2006, numero 3051 , in contrasto con il principio cui risulta ispirato l’ordinamento di generale favor per il danneggiato, titolare della posizione giuridica soggettiva giuridicamente rilevante e tutelata invero lesa o violata dalla condotta dolosa o colposa altrui, che impone al relativo autore di rimuovere o ristorare, laddove non riesca a prevenirlo, il danno inferto cfr., con riferimento a differenti ipotesi, da ultimo, Cass., 11/3/2021, numero 6826 Cass., 10/6/2020, numero 11096 Cass., 5/5/2020, numero 8466 Cass., 27/10/2015, numero 21782 Cass., 29/9/2015, numero 19213 Cass., 20/10/2014, numero 22222. E già Cass., 20/2/2006, numero 3651 . A tale stregua, in quanto estraneo alle suindicate regole sia di struttura che funzionali, l’insidia o trabocchetto può ritenersi assumere semmai rilievo - quale esimente di responsabilità - sul piano del fortuito, nell’ambito della prova da parte della P.A. di avere, con lo sforzo diligente adeguato alla natura della cosa e alle circostanze del caso concreto, adottato tutte le misure idonee a prevenire che il bene demaniale presenti per l’utente una situazione di pericolo occulto ed arrechi danno v., da ultimo, Cass., 11/3/2020. numero 6826. E già Cass., 14/3/2006, numero 5445, nonché, conformemente, Cass., 20/2/2009, numero 4234 e Cass., 11/1/2008, numero 390 , e che il verificatosi evento dannoso presenta nello specifico caso concreto i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità non superabili con l’adeguata diligenza, ovvero l’evitabilità del danno solamente con l’impiego di mezzi non già di entità meramente considerevole bensì straordinari cfr. Cass., 20/2/2006, numero 3651 . Ai tini della prova liberatoria da fornirsi per sottrarsi a detta responsabilità e invero necessario distinguere tra le situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, e quelle provocate da una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato della cosa, solamente in quest’ultima ipotesi potendo invero configurarsi il caso fortuito, in particolare allorquando l’evento dannoso si sia verificato prima che l’ente proprietario o gestore abbia potuto rimuovere, nonostante l’attività di controllo espletata con la dovuta diligenza al fine di tempestivamente ovviarvi, la straordinaria ed imprevedibile situazione di pericolo determinatasi v. Cass., 24/2/2011, numero 4495, Cfr. altresì Cass., 12/4/2013, numero 8935 Cass., 12/3/2013, numero 6101 Cass., 18/10/2011, numero 21508 Cass., 6/6/2008, numero 15042 Cass., 20/2/2006, numero 3651 . Quale presunto responsabile il custode può se del caso, in presenza di condotta che valga ad integrare la fattispecie ex articolo 1227 c.c., comma 1, dedurre e provare il concorso di colpa del danneggiato, senz’altro configurabile anche nei casi di responsabilità presunta ex articolo 2051 c.c. del custode v. Cass., 22/3/2011, numero 6529 Cass., 8/8/2007, numero 17377 Cass., 20/2/2006, numero 3651 . La valutazione del rapporto tra la colpa del danneggiante e quella del danneggiato ai fini della determinazione della misura del concorso di colpa ex articolo 1227 c.c., comma 1, ai fini della liquidazione del risarcimento costituisce invero accertamento di fatto. incensurabile in sede di legittimità in presenza di congrua motivazione cfr. già Cass., 10/4/1951, numero 832 . Sotto altro profilo, questa Corte ha avuto più volte modo di porre in rilevo che. ove nell’espletamento della propria attività si avvalga dell’opera di terzi - ancorché non alle sue dipendenze -, il committente o il preponente accetta il rischio connaturato alla relativa utilizzazione nell’attuazione della propria obbligazione, e risponde pertanto direttamente di tutte le ingerenze dannose, dolose o colpose, che a costoro, sulla base di un nesso di occasionalità necessaria, siano state rese possibili in conseguenza della posizione conferita nell’adempimento dell’obbligazione medesima rispetto al danneggiato e che integrano il rischio specifico assunto dal debitore, fondandosi tale responsabilità sul principio cuius commoda eius et incommoda cfr., con riferimento a differenti fattispecie, Cass., 12/5/2020, numero 8811 Cass., 14/2/2019, numero 4298 Cass., 22/11/2018, numero 30161 Cass., 12/10/2018, numero 25273 Cass., 6/6/2014, numero 12833 Cass., 13/4/2007, numero 8826 . Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità in particolare in caso di appalto non viene meno per il committente e detentore del bene il dovere di custodia e di vigilanza e, con esso, la conseguente responsabilità ex articolo 2051 c.c., laddove non vi sia il totale trasferimento all’appaltatore del potere di fatto sull’immobile nel quale deve essere eseguita l’opera appaltata v., da ultimo, Cass., 14/5/2018, numero 11671 , quest’ultimo d’altro canto rispondendo anche dei danni cagionati a terzi dal preposto o dall’ausiliario della cui opera, ancorché non alle proprie dipendenze, si avvalga nell’espletamento della propria attività di adempimento dell’obbligazione, assumendo il rischio connaturato alla relativa utilizzazione nell’attuazione della propria obbligazione principio cuius commoda eius et incommoda, ovvero dell’appropriazione o avvalimento dell’attività altrui per l’adempimento della propria obbligazione , essendo pertanto responsabile di tutte le ingerenze dannose, dolose o colpose, che a costui, sulla base di un nesso di occasionalità necessaria v. Cass., 17/5/2001, numero 6756 Cass., 15/2/2000, numero 1682 , siano state rese possibili in virtù della posizione conferitagli nell’adempimento dell’obbligazione medesima rispetto al danneggiato, e che integrano il rischio specifico a tale stregua assunto cfr., da ultimo, Cass., 5/9/2019, numero 22163 Cass., 12/10/2018, numero 25373 . In tal caso, non venendo i poteri e doveri del custode necessariamente trasferiti in capo all’appaltatore, ricorre di norma l’ipotesi della concustodia cfr. Cass., 30/6/2015, numero 13363 Cass., 30/4/2010, numero 10605 Cass., 10/2/2003, numero 1948, ove si pone in rilievo che la disponibilità della cosa e il potere di relativa utilizzatore e controllo non vengono in tal caso necessariamente trasferiti in capo all’appaltatore, risultando invero tale evenienza, da escludersi in tutti i casi in cui, per specifico accordo delle parti o per la natura del rapporto ovvero per la situazione in concreto determinatasi, chi ha l’effettivo potere di ingerenza e gestione e intervento sulla cosa, nel conferire il potere di utilizzazione della stessa, ne abbia conservato la custodia , sicché il proprietario o il concessionario sono responsabili del danno derivante a terzi dalla cosa in custodia anche laddove trattisi di insidia creata dall’impresa appaltatrice, sempre che quest’ultima non risulti posta in condizione di esclusivo custode cfr. Cass., 14/5/2018, numero 11671 Cass., 9/7/2009, numero 16126 Cass., 26/9/2006, numero 20825. E già Cass., 7/9/1977, numero 3906. Cfr. altresì, in termini generali, Cass., 4/2/2021, numero 2623 Cass., 13/5/2020, numero 8888 Cass., 29/9/2017, numero 22839 Cass., 17/6/2013, numero 15096 Cass., 20/11/2009, numero 24530 , nel qual caso dell’eventuale danno a terzi è la medesima a rispondere cfr., con riferimento a danni causati nella materiale costruzione dell’opera pubblica, Cass., Sez. Unumero , 27/6/2018. numero 16963 Cass., 17/1/2012, numero 538 Cass., 20/9/2011, numero 19132 . Al riguardo, l’indagine costituisce invero accertamento di fatto, riservato al giudice di merito v. Cass., 10/2/2003, numero 1948 . È fatto in tale ipotesi salvo, nei rapporti interni, il diritto di rivalsa cfr. Cass., 24/4/2019. numero 11194 Cass., 25/9/2012, numero 16254 Cass., 17/1/2012, numero 538. Cfr. altresì, Cass., 11/11/2019, numero 28987 . Orbene, la corte di merito ha nell’impugnata sentenza invero quantomeno in parte disatteso i suindicati principi, nei termini e limiti di seguito indicati. È rimasto nel caso accertato che il omissis , mentre percorreva a piedi il omissis , giunta all’incrocio con la via omissis , l’odierna ricorrente svoltava sulla destra ed inciampava, rovinando al suolo, a causa di una buca presente sul marciapiede, proprio in prossimità dell’incrocio . Nell’impugnata sentenza la corte di merito, nel riformare la sentenza del giudice di prime cure, ha al riguardo precisato che la buca si trovava proprio all’incrocio tra il omissis e la via omissis ed era coperta, secondo la prospettiva visuale di chi svolta a destra, dallo spigolo del fabbricato posto all’incrocio tra le due strade , sottolineando altresì che anche se quella che è stata, in maniera enfatica, definita una buca , è una parte di marciapiede privo recte, priva di mattonelle di copertura. non particolarmente profondo recte, profonda , è pur vero che rappresenta un’insidia non perfettamente visibile per chi, provenendo dal omissis , si accinge a svoltare sulla via omissis, come risulta abbia fatto l’appellante . Orbene, dopo avere correttamente ritenuto trovare nella specie applicazione la disciplina ex articolo 2051 c.c., la corte di merito, pur avendo ravvisato non essere stata dall’odierno controricorrente Comune fornita la prova liberatoria, anziché conseguentemente trarne la responsabilità esclusiva di quest’ultimo è pervenuta a ritenere la sussistenza nella specie del concorso di colpa della danneggiata odierna ricorrente, e a considerare quest’ultima addirittura prevalente. In particolare, dopo aver dato atto che la buca o parte di marciapiede privo recte, priva di mattonelle di copertura, non particolarmente profondo recte, profonda in argomento nella specie costituisce un’insidia il che, invero, esclude di per sé che sia stata dal custode fornita la prova liberatoria la corte di merito, dopo aver affermato che tale buca si trovava proprio all’incrocio tra il omissis e la via omissis e coperta dallo spigolo del fabbricato posto all’incrocio tra le due strade per chi come nella specie la danneggiata odierna provenendo dal omissis , si accinge a svoltare sulla via omissis, come risulta abbia fatto l’appellante , in termini contraddittori e intrinsecamente illogici successivamente afferma che essa fosse invero non perfettamente visibile . In altri termini, rimasto pacificamente accertato che nella specie il danno evento è derivato dalla cosa, avendo la danneggiata odierna ricorrente messo il piede in fallo su un avvallamento della strada , costituente un’insidia , non risulta dalla corte di merito spiegato come, pur trovandosi la buca de qua proprio all’incrocio tra il omissis e la via omissis , e risultando coperta in base alla prospettiva visuale di chi svolta a destra, dallo spigolo del fabbricato posto all’incrocio tra le due strade , essa sia stata considerata non perfettamente visibile per chi come nella specie la danneggiata odierna provenendo dal omissis , si accinge a svoltare sulla via omissis, come risulta abbia fatto l’appellante . Per altro verso, nell’impugnata sentenza non risulta dalla corte di merito dato debitamente conto se il Comune abbia dato prova di avere nella specie, con lo sforzo diligente adeguato alla natura della cosa e alle circostanze del caso concreto, adottato tutte le misure idonee a prevenire che il bene demaniale presentasse per l’utente una situazione di pericolo occulto ed arrecasse danno che la situazione di pericolo in argomento sia stata nella specie provocata da una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato della cosa. l’evento dannoso si sia cioè verificato prima che l’ente proprietario o gestore abbia potuto rimuovere, nonostante l’attività di controllo espletata con la dovuta diligenza al fine di tempestivamente ovviarvi nonché il verificatosi evento dannoso presentasse nello specifico caso concreto i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità non superabili con l’adeguata diligenza, ovvero il danno si presentasse evitabile solamente con l’impiego di mezzi non già di entità meramente considerevole bensì straordinari. Essendosi limitata ad evocare le caratteristiche della buca e le modalità nelle quali si è verificato il sinistro”, non risulta dalla corte di merito dato altresì conto delle ragioni per cui è giunta a ritenere la la concorrente responsabilità della sig.ra D.T. nella determinazione del danno , non rinvenendosi argomento alcuno in ordine alla condotta colposa dalla medesima nella specie mantenuta. A tale stregua del tutto immotivata risulta , altresì l’indicata la percentuale di concorso di colpa posto a carico del Comune nella misura del 30% e di quest’ultima nella prevalente misura del 70%, non sottraendosi siffatto apprezzamento in tal caso sottraendosi al sindacato di legittimità, atteso che giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità la valutazione della condotta rilevante ai sensi dell’articolo 1227 c.c., comma 1 e la determinazione del grado delle colpe concorrenti presuppone la valutazione complessiva dei fatti e dell’efficienza causale del comportamento colposo di ciascuno dei corresponsabili, solamente in tal caso potendo ritenersi dal giudice di merito assolto l’obbligo della motivazione con l’esprimere il proprio convincimento circa la maggiore o uguale gravità dell’una o dell’altra colpa cfr., da ultimo, Cass., 2/4/2021, numero 9200 . A tale stregua, la motivazione dell’impugnata sentenza si appalesa non raggiungere invero il limite del necessario minimo costituzionale, risultando pertanto come meramente apparente, in violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 1, numero 4 v. Cass., Sez. Unumero , 3/11/2016, numero 22232 , e quindi in realtà insussistente v. Cass., Sez. Unumero , 7/4/2014, numero 8053. e conformemente, Cass., 20/11/2018, numero 29898, nonché, da ultimo, Cass., 16/2/2021, numero 4030 , conseguentemente non sottraendosi al controllo in sede di legittimità cfr. Cass., 5/5/2017, numero 10973 . Come questa Corte ha avuto più volte modo di affermare, la motivazione del provvedimento impugnato deve ritenersi apparente quando, pur se graficamente esistente ed eventualmente sovrabbondante nella descrizione astratta delle norme che regolano la fatti specie dedotta in giudizio, non consente alcun controllo sull’esattezza e la logicità del ragionamento decisorio, così da non attingere la soglia del minimo costituzionale richiesto dall’articolo 111 Cost., comma 6 v. Cass., 30/6/2020, numero 13248 , come del pari incorre nella violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, numero 4 e dell’articolo 111 Cost., la pronuncia che rivela una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento, come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, nè alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito v. Cass., 14/2/2020, numero 3819 . Dell’impugnata sentenza, assorbiti gli altri motivi, s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Bari, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie p.q.r. il ricorso nei sensi di cui in motivazione. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Bari, in diversa composizione.