La notifica del ricorso introduttivo ad ufficio incompetente non pregiudica il contribuente

di Antonio Terlizzi

di Antonio Terlizzi *La notifica e l'ufficio incompetente. Nel processo tributario, il ricorso avverso un avviso di rettifica iva notificato ad ufficio dell'Agenzia delle Entrate non territorialmente competente è ammissibile laddove si consideri che l'atto impugnato non conteneva alcuna indicazione nominalistica dell'ufficio finanziario. La proposizione dell'impugnazione di un avviso di rettifica iva nei confronti di un ufficio non territorialmente competente della medesima Agenzia delle Entrate non può considerarsi ragione di inammissibilità del ricorso giurisdizionale, dovendo essere l'azione dell'Amministrazione improntata a spirito di collaborazione e buona fede, con conseguente onere di trasmissione all'ufficio competente. Tale interessante assunto è stato statuito dalla Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, con l'ordinanza numero 20697 del 7 ottobre 2011.La Fattispecie. Nel caso di specie, la sentenza impugnata dall'agenzia delle entrate in cassazione impugnata ha ritenuto corretta la proposizione dell'impugnazione dell'avviso nei confronti di un ufficio non territorialmente competente della medesima Agenzia delle Entrate. La Corte ha rigettato il ricorso condannando la parte ricorrente Agenzia delle Entrate a rifondere le spese di lite del giudizio di legittimità liquidate in Euro 3.500,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori.Buona fede e collaborazione nel rapporto d'imposta. L'articolo 10 dello statuto del contribuente legge 27 luglio 2000, numero 212 regolamenta l'affidamento, la buona fede e gli errori del contribuente - rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati sulla collaborazione e la buona fede - non sono irrorate sanzioni ne richiesti interessi moratori se il contribuente agisce in modo conforme alle indicazioni dell'amministrazione finanziaria - non sono irrorate sanzioni se il comportamento del contribuente risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguente a ritardi, omissioni od errori dell'amministrazione finanziaria - non sono irrorate sanzioni a fronte di una violazione che dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla norma tributaria.A tali principi giuridici deve essere riconosciuta la funzione di criterio guida nell'interpretazione del diritto. Tali principi hanno la funzione di orientamento interpretativo e pertanto vincolano coloro che devono applicarli. Il dubbio interpretativo o applicativo sul significato e sulla portata di qualsiasi disposizione tributaria, che coinvolga le materie trattate dalla legge numero 212 del 2000, deve essere pertanto risolto dall'interprete sempre nel senso più conforme ai principi statutari, poiché questi ultimi sono esplicazione delle norme costituzionali. Il termine collaborazione , utilizzato dall'articolo 10 dello Statuto coincide essenzialmente con i principi di buon andamento , efficienza ed imparzialità dell'azione amministrativa tributaria di cui all'articolo 97 Cost. e con l'articolo 53 secondo il quale i contribuenti hanno il dovere di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva . Per quanto riguarda invece il termine buona fede , deve essere invece inteso da parte della pubblica amministrazione come l'attuazione di comportamenti coerenti del contribuente, come dovere di correttezza, volto ad evitare, comportamenti capziosi, dilatori, sostanzialmente connotati da abuso di diritti e/o tesi ad eludere una giusta pretesa tributaria . L'applicazione del principio di affidamento del contribuente costituisce il naturale svolgimento dei principi di collaborazione e di buona fede presenti nella Costituzione e pertanto non può essere limitato alle sole fattispecie individuate nel comma 2 dell'articolo 10 dello Statuto. Queste ultime infatti rappresentano solo alcuni casi che, secondo il legislatore, ricorrono con maggior frequenza nella realtà. Questo comporta che si possono presentare altri casi in cui al contribuente non si possono richiedere, non solo sanzioni ed interessi moratori, ma addirittura lo stesso importo del tributo. I presupposti che integrano una situazione di legittimo affidamento del contribuente di fronte all'azione dell'amministrazione finanziaria che consentono al primo di invocarne la relativa tutela sono - l'attività dell'amministrazione finanziaria che ha determinato una situazione di apparenti legittimità e coerenza dell'attività stessa in senso favorevole al contribuente - il comportamento in buona fede del contribuente che si è affidato alla situazione giuridica apparente determinata dalla stessa amministrazione comunale. É chiaro che la condotta del contribuente può essere meritevole di tutela nel solo caso in cui sia anteriore, contemporanea e successiva all'attività dell'amministrazione e sia connotata dall'assenza di qualsiasi violazione del generale dovere di correttezza gravante sul medesimo affidamento legittimo - la presenza di circostanze specifiche che nel caso concreto fanno venire meno la necessità per l'amministrazione di ricondurre a legittimità la situazione di fatto. Si può ad esempio richiamare una situazione normativa astrattamente idonea a disciplinare la concreta fattispecie, nella quale si inseriscono le condotte dell'amministrazione finanziaria e del contribuente e sulla interpretazione ed applicazione della quale potrebbe incidere il principio del legittimo affidamento ovvero, lo stesso fluire del tempo, quale indice della coerenza dell'azione amministrativa tributaria e/o dell'affidamento del contribuente e/o del consolidamento della situazione giuridica soggettiva favorevole a quest'ultimo. In tutti questi casi, in cui la presenza di una situazione legale apparente ha determinato in capo al contribuente la convinzione della necessità di conformarsi a tale orientamento, è preclusa all'amministrazione la possibilità di rivedere il proprio operato e di riformare gli eventuali atti emessi in malam partem per il contribuente stesso. In queste ipotesi, infatti, all'amministrazione non solo è negata la possibilità di richiedere le sanzioni ed eventualmente anche gli interessi di mora, ma non è neppure possibile richiedere il tributo o la differenza del tributo risultante dal cambiamento di rotta dell'amministrazione, pena il tradimento del contribuente che si è affidato alla stessa amministrazione.Gli Uffici devono compiere ogni sforzo affinché i contribuenti siano informati sulla ripartizione delle competenze. In tale contesto è evidente che, al fine di realizzare un sereno rapporto tra Amministrazione Finanziaria e contribuente, improntato sia all'osservanza dei principi generali dell'ordinamento statuiti dal cd. Statuto dei diritti del contribuente l. numero 212/2000 che del principio di lealtà processuale stabilito dall'articolo 88 del c.p.c., è necessario che ogni ufficio offra ai contribuenti la più completa e chiara collaborazione in tema di corretta individuazione dell'ufficio locale competente a Verificando la propria competenza nel ricevere gli atti d' impugnativa consegnati o pervenuti all'ufficio stesso b provvedendo , in caso di errore del contribuente ad indirizzarlo nella individuazione dell'ufficio competente a gestire la vicenda in contestazione c provvedendo a trasmettere senza alcun indugio all'ufficio competente gli atti d'impugnativa ,dandone contestuale notizia al contribuente articolo 2 del dpr 1199/1971 d provvedendo a non dare rilevanza giuridica ad eventuali ipotesi di incompetenza derivanti da errori scusabili del contribuente nell'individuazione dell'ufficio nei cui confronti proporre le impugnative .* Esperto tributario

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 7 ottobre 2011, numero 20697Svolgimento del processo - Motivi della decisioneL'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale di Roma 270/34/2008, depositata il 14.7.2008, con la quale - in controversia concernente avviso di rettifica IVA per l'anno 1996 basato su metodo accertamento di maggiore imposta e disconoscimento di credito - è stato accolto l'appello proposto dalla contribuente società Cooperativa R.S.G a r.l. avverso la sentenza di primo grado.La sentenza impugnata ha ritenuto corretto che la proposizione dell'impugnazione dell'avviso nei confronti di un ufficio non territorialmente competente della medesima Agenzia delle Entrate non potesse considerarsi ragione di inammissibilità del ricorso giurisdizionale, dovendo essere l'azione dell'Amministrazione improntata a spirito di collaborazione e buona fede, con conseguente onere di trasmissione all'ufficio competente.L'Agenzia ha proposto ricorso affidandolo a due motivi.La società contribuente resiste con controricorso.Il ricorso - ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore, componente della sezione di cui all'articolo 376 c.p.c. - può essere definito ai sensi dell'articolo 375 c.p.c Infatti, con il primo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione di legge e si formula il seguente quesito dica codesta CTR se nella fattispecie in esame violi gli d.lgs. 596 del 1992, articolo 10, 20 e 23, nonché il D.P.R. numero 436, articolo 17 .quella sentenza della CTR come quella in esame che aveva ritenuto trattarsi nei caso di specie di uffici della medesima agenzia ininfluenti ai fini della valida costituzione del rapporto processuale cosicché sarebbe stato onere dell'Ufficio curare la trasmissione a quello competente .Il motivo appare manifestamente infondato, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte per tutte Cassazione civile, sez. trib., 14 marzo 2007, numero 5951 che ha condivisibilmente ritenuto che Nel processo tributano, il ricorso avverso un avviso di mora, emesso dal concessionario per la riscossione, che venga notificato all'ufficio non competente, ricorrendo l'ipotesi, prevista dal d.p.r. 26 ottobre 1972, numero 644, articolo 6, di costituzione in una medesima circoscrizione territoriale di due distinti ed autonomi uffici distrettuali delle imposte dirette, assegnatari di differenti servizi, non può essere ritenuto inammissibile. Ciò in quanto, considerato che l'atto impugnato non conteneva nella specie alcuna indicazione nominalistica dell'ufficio finanziario, ritenere inammissibile il ricorso si porrebbe in contrasto con il principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino, ora codificato, in materia tributaria, dalla L. 27 luglio 2000, numero 212, ma già costituente, alla luce degli articolo 3, 23, 53 e 97 Cost., un principio fondamentale dell'ordinamento, vigente anche a prescindere, ed oltre, la portata della normativa del 2000, ed idoneo ad orientare la soluzione di questioni, come quella di specie, basata su formalistiche distinzioni di servizi esplicati nel medesimo settore impositivo .Quanto al secondo motivo rubricato come Difetto di motivazione ex articolo 360 c.p.c., numero 5 esso si palesa inammissibile poiché non contiene quella indicazione riassuntiva e sintetica, costituente un quid pluris rispetto all'illustrazione del motivo, che, ai sensi dell'articolo 366 bis c.p.c., come interpretato dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte cfr., tra le altre, Cass., Sez. unumero , numero 20603 del 2007 e Cass. numero 8897 del 2008 , deve corredare il motivo con cui si lamentino vizi di motivazione. Pertanto, si ritiene che il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza ed inammissibilità. che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti che non sono state depositate conclusioni scritte, né memorie. che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, il ricorso va rigettato. che le spese di lite vanno regolate secondo la soccombenza.P.Q.M.La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente a rifondere le spese di lite di questo grado, liquidate in Euro 3.500,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori.