Nei casi in cui il CCNL prevede il lavoro straordinario nei giorni festivi, il lavoratore che rifiuti di lavorare il sabato è licenziato legittimamente, se non prova l’esistenza di giustificato motivo.
Lo ha confermato la sezione Lavoro della Cassazione, con la sentenza numero 16248/12. Il caso. Un lavoratore, operaio addetto all’installazione di impianti, veniva licenziato per essersi rifiutato di lavorare il sabato, giorno di riposo. L’uomo impugnava il licenziamento chiedendone la declaratoria di illegittimità, negata sia in primo grado sia in sede di appello. Il lavoratore ricorre allora per cassazione. Valutazione della provaI motivi di ricorso sono giudicati tutti inammissibili, parte per genericità, parte perché inerenti il merito della controversia tuttavia, la Cassazione non manca di forni re alcune considerazioni. Riguardo alla valutazione della prova, la S.C. ricorda che spetta al giudice del merito il libero apprezzamento delle risultanze istruttorie, consistente nel dare prevalenza all’uno piuttosto che all’altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge ed entro i limiti di una logica e ragionevole argomentazione. Nel caso di specie la valutazione ad opera della Corte territoriale riguardo alla prova del fatto controverso, fornita oralmente, risulta inappuntabile e da confermare. e CCNL. Altrettanto corretta è la decisione in ordine a quanto stabilito dal CCNL di categoria esso prevede espressamente che i lavoratori che vi appartengono non possano rifiutarsi, salvo giustificato motivo, di compiere lavoro straordinario notturno e festivo . Ne consegue che, poiché nel giudizio di merito non è stato provato il giustificato motivo, il licenziamento deve essere considerato come una sanzione proporzionata al grave atto di insubordinazione compiuto dal lavoratore, consistito nell’opporre rifiuto al turno di sabato.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 luglio – 25 settembre 2012, numero 16248 Presidente Vidiri – Relatore Fernandes Svolgimento del processo Il giudice del lavoro presso il tribunale di Bari, con sentenza del 19.11.2004, rigettava la domanda di C.F. , dipendente dalla S.I.R.E.T. s.r.l. con mansioni di operaio qualificato, intesa ad ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli con lettera del 6.5.1998 per aver opposto un netto rifiuto alla richiesta dell'azienda, comunicatagli il venerdì 17.4.1998, di prestare attività lavorativa nel giorno successivo, il sabato, già destinato al riposo, perché l'elettricista di turno sarebbe stato assente dal lavoro. Tale decisione veniva confermata dalla Corte di Appello territoriale sulla scorta dei seguenti argomenti il fatto contestato al C.era stato provato dalle risultanze della prova orale il CCNL di categoria prevedeva espressamente che il lavoratore non poteva rifiutarsi, salvo giustificato motivo, di compiere lavoro straordinario, notturno e festivo l'addebito mosso al C.era da qualificare come un grave atto di insubordinazione non potendo considerarsi valido il motivo addotto dal lavoratore a giustificazione del suo rifiuto di prestare attività lavorativa il sabato successivo la sanzione irrogata era proporzionata ai fatti contestati. Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricorso il C.affidato a cinque motivi. La S.I.R.E.T. s.r.l. resiste con controricorso. Motivi della decisione Col primo motivo di ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione delle norme di diritto in relazione agli articolo 2119 c.c., 1 e 5 della legge 15.7.1966 numero 604 ed agli articolo 24 e 6 CCNL per i lavoratori addetti alla piccola e media industria metalmeccanica ed alla installazione di impianti. Si lamenta che nel corso del giudizio di merito nessuna prova era stata fornita dalla S.I.R.E.T. sulla legittimità dell'irrogato licenziamento. Viene, quindi, formulato il seguente quesito di diritto la violazione dell'articolo 5 L. numero 604/1966 e della legislazione speciale e generale doveva procurare la dichiarazione di illegittimità del licenziamento senza preavviso con ordine di reintegrazione nel posto e nella retribuzione . Con il secondo motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali di lavoro in relazione agli articolo 1455, 2106, 2107, 2119, 2697 c.c, 1 e 5 della L. numero 604/1966 ed all'articolo 116 c.p.c. . Dopo aver riportato il contenuto di alcuni commi dell'articolo 6 del CCNL di categoria il ricorrente ha definito quesito la seguente affermazione La società ha violato la normativa contrattuale nonché la legislazione generale e speciale così come invocata per aver richiesto lo straordinario al di fuori della eccezionalità per non averlo concordato in sede aziendale per non aver provato l'insorta necessità eccezionale . Con il terzo motivo si denuncia la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso. In particolare, la impugnata sentenza avrebbe ignorato il fatto che la società non aveva fornito la prova della gravità dell'addebito e che, quindi, doveva essere dichiarata la illegittimità del licenziamento. Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione di norme dei contratti ed accordi collettivi nazionali articolo 1455, 2106, 2107, 2119 c.c. e 112 e 116 c.p.c. nonché per motivazione contraddittoria laddove la corte di merito, dopo aver riconosciuto che il lavoratore aveva provato documentalmente la visita medica urologica fissata per il sabato 18.4.1998, aveva poi affermato di non poterne tenere conto. Con il quinto motivo si denuncia la omessa ed insufficiente motivazione per non essere stato valutato nella impugnata sentenza l'esemplare curriculum professionale del lavoratore che non era stato mai destinatario di un provvedimento disciplinare e la omessa valutazione concreta e complessiva dei fatti sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo e del requisito della proporzionalità tra addebito e sanzione irrogata. Tutti i motivi sono inammissibili. Il primo per mancanza dei requisiti prescritti dall'articolo 366 bis cpc, applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. numero 40 del 2006 e prima del 4 luglio 2009, e quindi anche al ricorso in esame. Ai sensi dell'articolo 366 cit., nei casi previsti dall'articolo 360 c.p.c., comma 1, nnumero 1 , 2 , 3 e 4 , l'illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d'inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto idoneo a far comprendere alla Corte di legittimità, dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l'errore di diritto asseritamele compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare Cass. 7 aprile 2009 numero 8463 . Nel perseguire tale scopo il quesito di diritto di cui all'articolo 366 bis c.p.c. deve infatti compendiare la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie Cass. 12 marzo 2012 numero 3864 . È, pertanto, inammissibile il ricorso contenente un quesito di diritto che si limiti a chiedere alla S.C. puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge Cass. 17 luglio 2008 numero 19769 , ovvero allorquando il quesito sia formulato in modo implicito, sì da dovere essere ricavato per via di interpretazione dal giudice od ancora sia formulato in modo tale da richiedere alla Corte un inammissibile accertamento di fatto Cass. sez. unumero 28 settembre 2007 numero 20360 . È di tutta evidenza che il motivo in esame è del tutto privo dei sopra richiamati requisiti di ammissibilità. Ed infatti si limita a chiedere a questa Suprema Corte puramente e semplicemente di accertare se vi sia stata o meno la violazione di una determinata disposizione di legge. Il secondo motivo denuncia la violazione di norme del CCNL di categoria senza neppure formulare censure specifiche alla impugnata sentenza ed è del tutto privo di quesito. Il terzo ed il quinto motivo denunciano vizio di motivazione ma non evidenziano, nel ragionamento del giudice di merito quale risulta dalla sentenza, né una obiettiva deficienza del criterio logico che lo ha condotto alla formazione del proprio convincimento né che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l'individuazione della ratio decidendi , e cioè l'identificazione del procedimento logico - giuridico posto a base della decisione adottata. In effetti i lamentati vizi consistono in un inammissibile difforme apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo a detto giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge in cui un valore legale è assegnato alla prova Cass. 29 settembre 2009 numero 20844 6 marzo 2008 numero 6064 SU. 11 giugno 1998 numero 18885 . Peraltro, la sentenza impugnata ha adeguatamente motivato e in ordine alla prova fornita dalla società circa l'addebito mosso al C. sul punto il con il terzo motivo il ricorrente genericamente afferma che detta prova non era stata data e sulla proporzionalità tra l'addebito e la sanzione irrogata inquadrandolo quale grave atto di insubordinazione capace di per sé solo di giustificare il provvedimento espulsivo. Infine, anche il quarto motivo - rubricato come violazione e falsa applicazione di norme e accordi collettivi - denuncia il vizio di motivazione contraddittoria senza tenere in alcun conto delle argomentazioni addotte dalla corte di appello circa le ragioni per le quali la certificazione dell'ambulatorio di urologia del Policlinico di Bari non poteva valere a giustificare il rifiuto di prestare l'attività lavorativa da parte del C. , motivazione del tutto coerente e tutt'altro che contraddittoria. Per quanto sin qui esposto il ricorso va, dunque, rigettato. Il ricorrente, per il principio della soccombenza va condannato alle spese del presente giudizio di legittimità liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio in favore della società resistente, liquidate in Euro 40,00 per esporsi ed Euro 2.500,00 per onorari oltre accessori come per legge.