In materia di azione revocatoria è legittimo l’annullamento di una sentenza per dedotto vizio motivazionale, perché non si fa carico di una valutazione complessiva degli elementi disponibili, anche in relazione alle tesi difensive prospettate ed alla relativa prova fornita a fronte degli elementi documentali in atti o necessari.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n.14660 del 27 giugno 2014, ha affermato che è da ritenersi legittima l’azione revocatoria intrapresa da una banca nei confronti di un suo cliente, debitore dell’istituto di credito, se dalla valutazione complessiva degli elementi probatori disponibili emergono elementi che giustificano i presupposti per l’esercizio della stessa azione revocatoria. Il caso. Nel marzo del 2001, una nota banca ligure citava davanti al Tribunale una persona fisica al fine di far revocare e inefficace, ai sensi dell'articolo 2901 c.c., l'atto di compravendita di una quota pari alla metà di un appartamento la banca sosteneva che la persona fisica, suo cliente, il quale versava in una situazione di grave insolvenza nei propri confronti, si era privato con detta compravendita di ogni suo bene, pur essendo ben consapevole del pregiudizio arrecato alle proprie ragioni creditorie che di tale pregiudizio era stata consapevole la sorella e che comunque quest'ultima non poteva opporre una pretesa mancata conoscenza del pregiudizio arrecatole poiché conosceva o avrebbe dovuto conoscere la situazione del fratello sia per lo stretto rapporto di parentela, sia per quelle ispezioni dei registri immobiliari che il notaio rogante ha il dovere di compiere. Il Tribunale revocò e dichiarò inefficace nei confronti della Banca l'atto di compravendita e, di conseguenza, condannò i convenuti alle spese in particolare il Tribunale ritenne provata la condizione di insolvenza in capo alla persona fisica, debitore della Banca per una somma prossima ai 41mila euro. Per i giudici di primo grado era sussistente la consapevolezza che il debitore aveva di arrecare pregiudizio alle ragioni della banca sia mediante la vendita dell’immobile, sia mediante una pregressa alienazione di altro appartamento con modalità anomale inoltre era pure sussistente la consapevolezza, in capo alla sorella acquirente, dell'effettiva situazione economica del fratello, ricavabile da presunzioni. I due fratelli, avverso la sentenza del Tribunale, si sono appellati davanti alla Corte territoriale, la quale, chiamata a pronunciarsi rigettava la domanda della Banca i giudici di secondo grado hanno ritenuto l’assenza della gravità, precisione e concordanza dei due soli indizi individuati dal primo giudice come prova dell'elemento costitutivo della domanda revocatoria. In particolare, la Corte di merito riteneva che erano stati provati i “pessimi” rapporti esistenti tra i fratelli, circostanza questa idonea ad escludere la presunzione di conoscenza della situazione economica del fratello desunta dal rapporto di parentela. La Corte territoriale, riteneva inoltre, che la vendita della quota era intervenuta a seguito dell’esercizio del diritto dell’appellante alla prelazione ereditaria, allo scopo di definire i rapporti successori, nonché al fine di utilizzare l’appartamento a propria abitazione come dimostrato dalla esecuzione dei lavori poi effettuati e ciò a seguito della separazione dal proprio marito. Né potevano essere qualificate come anomale le modalità di pagamento della compravendita, risultate differenti da quelle dalla stessa appellante dichiarate in sede di interrogatorio. E ciò sia perché le diverse modalità non erano note all’acquirente, sia perché era poi risultato che del pagamento del prezzo si era occupato il marito della sorella che aveva pagato il relativo prezzo, anticipando l’importo dovuto, ricevendo poi il rimborso tramite la cessione, da parte della consorte, della sua comproprietà di altro alloggio mediante procura irrevocabile a vendere. Avverso tale sentenza sfavorevole, la banca è ricorsa in Cassazione. Concorso di più persone a danno della Banca? I giudici di legittimità osservano che la Corte territoriale, dopo aver ricostruito la vicenda, anche processuale, e dopo aver valutato i vari elementi probatori disponibili, conclude che ammessa la veridicità delle emergente probatorie, apparirebbe difficile ipotizzare un concorso di più persone a danno della Banca, tutte consapevoli del pregiudizio insito nella dismissione del patrimonio del debitore come dovrebbe desumersi dalle modalità di pagamento del prezzo modalità, comunque, non particolarmente anomale e non significative della postulata scientia in capo al soggetto acquirente. Ma anche a prescindere dalle risultante delle prove orali non si vede quale anomalia potrebbe riscontrarsi nel pagamento del corrispettivo e comunque, quand’anche fossero state anomale le modalità, non per ciò solo risulterebbe dimostrata la presunzione di conoscenza anzidetta. Difetta quindi a giudizio dei giudici del merito la gravità, precisione e concordanza dei due soli indizi individuati dal primo giudice come prova dell'elemento costitutivo della domanda revocatoria e quindi deve ritenersi che la Banca, sulla quale gravava l’onere di dimostrare, tra l’altro, la scientia in capo all’acquirente, non sia riuscita ad assolvere al proprio specifico onere probatorio. Per la Corte di Cassazione, tuttavia, il ricorso è fondato quanto al dedotto vizio motivazionale con riguardo alla valutazione complessiva degli elementi probatori disponibili alla sussistenza dei presupposti dell'azione revocatoria. La Corte territoriale, infatti, ha preso in considerazione i singoli elementi indiziari, senza considerare la vicenda nel suo complesso. In particolare, non ha considerato principalmente a il ristretto arco temporale nel quale si sono susseguite le due vendite delle uniche proprietà del debitore, la prima nel febbraio del 1997 in favore del coniuge, non ancora separato e in comunione legale, della sorella del debitore, la seconda nel giugno del 1998 in favore della sorella b le modalità di pagamento del prezzo per entrambe le vendite prezzo già versato precedentemente c la circostanza che, in entrambe le vendite, parte consistente del prezzo veniva pagato mediante l'accollo integrale dell'unico debito del venditore per circa 23mila euro nei confronti di altra banca, oggetto di iscrizione ipotecaria su entrambi gli immobili d la effettiva sussistenza dei rapporti pessimi tra fratelli con riguardo non solo alle risultanze della prova testimoniale, ma anche in relazione alle due vendite in questione e alle modalità di pagamento scelte, che denotano una persistente relazione familiare. Di qui la sussistenza del dedotto vizio motivazionale della sentenza impugnata, che non si fa carico di una valutazione complessiva degli elementi disponibili, anche in relazione alle tesi difensive prospettate ed alla relativa prova fornita a fronte degli elementi documentali in atti o necessari. Valutazione complessiva ancor più necessaria quando si tratti di esaminare la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 2901 c.c
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 12 marzo – 27 giugno 2014, numero 14660 Presidente Oddo – Relatore Parziale Svolgimento del processo Cosi’ la sentenza impugnata riassume lo svolgimento del processo. “Nel marzo del 2001 la Banca Carige, Cassa di Risparmio di Genova e Imperia S.p.A. convenne dinanzi al Tribunale di Chiavari S.A. e V. per sentir revocare e dichiarare inefficace nei propri’ confronti, ai sensi dell’articolo 2901 c.c., l’atto di compravendita a rogito notaio Carlo Rivara di Chiavari stipulato in data 16 giugno 1998 inforca del quale la prima aveva acquistato dal secondo, suo fratello, una quota pari alla metà dell’appartamento sito in omissis int. 11. Dedusse la Banca che S.V. - il quale versava in una situazione di grave insolvenza nei propri confronti — si era privato con detta compravendita di ogni suo bene, pur essendo ben consapevole del pregiudizio arrecato alle proprie ragioni creditorie che di tale pregiudizio era stata consapevole la sorella A. e che comunque quest’ultima non poteva opporre una pretesa mancata conoscenza del pregiudizio arrecatole poiché ben conosceva o avrebbe dovuto conoscere la situazione del fratello sia per lo stretto rapporto di parentela, sia per quelle ispezioni dei registri immobiliari che il notaio rogante ha il dovere di compiere. Nella contumacia di S.V. la convenuta A. , costituitasi, contestò le opposte pretese delle quali chiese il rigetto denunciandone l’infondatezza. In esito ad istruzione orale e documentale il Tribunale adito, definitivamente pronunciando, revocò e dichiarò inefficace nei confronti della Banca l’atto di compravendita di che trattasi condannò i convenuti alle spese. Ritenne il Tribunale provata la condizione di insolvenza in capo a S.V. , debitore della Banca per una somma prossima alle L. 80 milioni sussistente la consapevolezza che lo stesso aveva di arrecare pregiudizio alle ragioni della creditrice sia mediante la vendita dell’immobile di che trattasi sia mediante una pregressa alienazione di altro appartamento con modalità anomale e pure sussistente la consapevolezza in capo alla sorella acquirente dell’effettiva situazione economica del fratello, ricavabile da presunzioni stretto legame di parentela tra i due e particolari modalità del pagamento del corrispettivo ”. 2. Ammessa ed espletata la prova testimoniale, la Corte territoriale rigettava la domanda della Banca. Riteneva l’assenza della “gravità, precisione e concordanza dei due soli indizi individuati dal primo giudice come prova dell’elemento costitutivo della domanda revocatoria”. In particolare, la Corte di merito riteneva che erano stati provati i pessimi rapporti esistenti tra i fratelli, circostanza questa idonea ad escludere la presunzione di conoscenza della situazione economica del fratello desunta dal rapporto di parentela. Riteneva, inoltre, la Corte che la vendita della quota era intervenuta a seguito dell’esercizio del diritto dell’appellante alla prelazione ereditaria, allo scopo di definire i rapporti successori, nonché al fine di utilizzare l’appartamento a propria abitazione come dimostrato dalla esecuzione dei lavori poi effettuali e ciò a seguito della separazione dal proprio marito. Né potevano essere qualificate come anomale le modalità di pagamento della compravendita, risultate differenti da quelle dalla stessa appellante dichiarate in sede di interrogatorio. E ciò sia perché le diverse modalità non erano note all’acquirente, sia perché era poi risultato dalle espletate prove d’appello che del pagamento del prezzo si era occupato il marito della signora appellante, C. , che aveva pagato il relativo prezzo, anticipando l’importo dovuto, ricevendo poi il rimborso tramite la cessione, da parte della consorte, della sua comproprietà di altro alloggio mediante procura irrevocabile a vendere. 3. Impugna tale decisione la Banca che formula due articolati motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. Motivi della decisione 1.1 motivi del ricorso. 1.1 Col primo motivo di ricorso si deduce “Violazione degli articolo 113 c.p.c. e 1417, 2722, 2724 cod. civ. e dell’articolo 345 c.p.c. in relazione all’articolo 360, 1comma, numero 3 e 4 c.p.c. - Violazione ed erronea ricognizione dell’articolo 2901, 1 comma cod. civ. in relazione all’articolo 113 e 360, 1 comma numero 3 c.p.c. - Violazione dell’articolo 360, 1 comma, numero 5 c.p.c. per vizi della motivazione”. Lamenta la ricorrente a l’omessa valutazione del rapporto di stretta parentela tra i contraenti e la circostanza che la vendita della quota del bene ereditato non realizzava uno scioglimento della comunione ereditaria, ma ordinaria ed era stata preceduta dalla vendita al marito della acquirente della quota di un quarto di altro immobile di proprietà comune b la ritenuta ammissibilità della prova testimoniale per provare l’avvenuto pagamento del prezzo da parte di un soggetto diverso di quello risultante dall’atto di compravendita e l’escussione in appello di un teste su un fatto già oggetto di prova in primo grado c la affermazione che nella specie l’azione revocatoria necessitava del consilium fraudis e non unicamente della scientia damni. Vengono formulati i seguenti quesiti “1. se nella causa revocatoria della vendita di quota di immobile effettuata dal debitore S.V. alla sorella S.A. era ammissibile la prova per testi, come ammessa senza motivazione dal Giudice di appello, relativa a circostanze, intese a provare che il pagamento dell’intero prezzo convenuto era stato effettuato dal marito dell’acquirente, C.F. , con mezzi di pagamento propri, in contrasto con le risultante dell’atto scritto, nel quale si dice che il pagamento del presso è stato effettuato con denaro proprio dell’acquirente S.A. , proveniente da una precedente vendita di beni di sua proprietà, o se l’ammissione e l’espletamento di una tale prova per testimoni, sulla quale il Giudice di appello ha fondato la propria pronuncia oggetto di censura, sia invece, come sostenuto dalla ricorrente, in contrasto con le norme rubricate articolo 1417, 2722 e 2724 cod. civ. e 113 c.p.c. sul divieto di prova per testi nei confronti del terzo creditore, di fatti o atti che si assumono anteriori e/o contemporanei all’atto scritto ad substantiam , tendente a fondare l’eccezione di simulazione relativa e di patti contrari al contenuto dell’atto scritto, cosi’ come ritenuto dalla richiamata univoca giurisprudenza di codesta Ecc.ma Corte. Se pertanto la prova come espletata e la pronuncia impugnata vada annullata in parte qua” 2. “Se doveva essere ammesso, come ritenuto dal Giudice di appello, con erronea motivazione, se non addirittura apparente, il capitolo di prova per testi decimo dedotto in atto di appello, tendente a provare che il C. , effettuato il pagamento del prezzo della vendita in luogo della moglie, era stato successivamente rimborsato da quest’ultima col ricavato di altra successiva vendita di beni della stessa, trattandosi di circostanza che oltre ad essere complementare ai capitoli già dedotti in primo grado impugnati per inammissibilità, per quanto detto del quesito sub a, a causa del divieto di cui agli articolo 1417, 2722 e 2724 cod. civ., era anche inammissibile per violazione dell’articolo 345 c.p.c. trattandosi di circostanza che non è stata dedotta in primo grado nonostante che essa avesse già formato oggetto di dichiarazione resa dalla S. nel reso interrogatorio libero, per cui la parte doveva e deve ritenersi incorsa nella decadenza di cui all’articolo 184, 2 comma c.p.c. ante novella apportata dalla L. 2005 numero 80 e successive disposizioni ” 3. “Se nell’azione revocatoria ordinaria per cui e causa il requisito soggettivo del terzo contraente S.A. e precisamente la scientia damni, previsto quale condizione dell’azione dell’articolo 2901, numero 2 prima ipotesi cod. civ. debba identificarsi con la generica conoscenza del pregiudizio che l’atto di vendita della quota di immobile, ultimo bene esistente nel patrimonio del fratello debitore S.V. , e non già necessariamente in un concerto di più persone a danno della Banca, come ritenuto dalla Corte di merito. Conseguentemente ritenere accertato il requisito della conoscenza da parte della S. anche in relazione a quanto svolto nel seguente quesito”. 1.2 Col secondo motivo di ricorso si deduce “Vizio di motivazione su punti decisivi della controversia, per omissione e/o insufficienza della stessa e per omessa ed erronea valutazione delle risultante istruttorie, in relazione all’articolo 360, 1 comma, numero 5 c.p.c.”. La ricorrente censura l’omessa valutazione a della esistenza di una iscrizione ipotecaria in favore del Banco di Chiavari sui beni del fratello /venditore fino alla concorrenza di L. 44.000.000 iscritta il 27 febbraio 1997 estinta dal marito della acquirente il 3 marzo 1997 b del mancato pagamento della totalità del prezzo, essendo stato ad esso imputato l’accollo del debito ipotecario già fatto gravare sull’acquisto anteriore c dello stretto rapporto di parentela tra il venditore e l’acquirente d dell’alienazione da parte dello S. al marito della sorella ed alla sorella dei suoi unici due beni aggredibili in poco più di un anno. Osserva ancora la ricorrente che occorre tener conto, quanto all’interesse della sorella all’acquisto della quota, che la stessa, essendo comproprietaria dell’immobile, aveva già il diritto di servirsi del bene comune nei limiti previsti dall’articolo 1102 e che non aveva indicato le ragioni di una necessità di acquisire la proprietà dell’intero immobile, tale da giustificare l’assunzione di un debito nei confronti del marito, nonché ancora che l’assenza di rapporti tra la Scudieri ed il fratello erano mentiti dagli accordi per l’acquisto da parte della stessa e del di lei marito delle quote immobiliari del debitore. 2. Il ricorso è fondato e va accolto per quanto di seguito si chiarisce. 2.1 La Corte territoriale, dopo aver ricostruito la vicenda, anche processuale, per come riportato nella presente sentenza in sede di svolgimento del processo, e dopo aver valutato i vari elementi probatori disponibili, conclude come segue “Ammessa la veridicità delle emergente probatorie, apparirebbe difficile ipotizzare un concorso di più persone a danno della Banca, tutte consapevoli del pregiudizio insito nella dismissione del patrimonio del debitore come dovrebbe desumersi dalle modalità di pagamento del prezzo modalità, comunque, non particolarmente anomale e non significative della postulata scientia in capo al soggetto acquirente. Ma anche a prescindere dalle risultante delle prove orali non si vede quale anomalia potrebbe riscontrarsi nel pagamento del corrispettivo e comunque, quand’anche fossero state anomale le modalità, non per ciò solo risulterebbe dimostrata la presunzione di conoscenza anzidetta. Difetta quindi a giudizio del Collegio la gravità, precisione e concordanza dei due soli indizi individuati dal primo giudice come prova dell’elemento costitutivo della domanda revocatoria e quindi deve ritenersi che la Banca, sulla quale gravava l’onere di dimostrare, tra l’altro, la scientia in capo all’acquirente, non sia riuscita ad assolvere al proprio specifico onere probatorio”. 2.2 - Il ricorso è fondato quanto al dedotto vizio motivazionale con riguardo alla valutazione complessiva degli elementi probatori disponibili quanto alla sussistenza dei presupposti dell’azione revocatoria. La Corte territoriale, infatti, ha preso in considerazione i singoli elementi indiziali, dandone peraltro una lettura riduttiva, senza considerare la vicenda nel suo complesso. In particolare, non ha considerato a il ristretto arco temporale nel quale si sono susseguite le due vendite delle uniche proprietà del debitore S. , la prima nel febbraio del 1997 in favore del coniuge, non ancora separato e in comunione legale, della sorella del debitore C. , la seconda nel giugno del 1998 in favore della sorella b le modalità di pagamento del prezzo per entrambe le vendite prezzo già versato precedentemente c la circostanza che, in entrambe le vendite, parte consistente del prezzo veniva pagato mediante l’accollo integrale dell’unico debito del venditore per 44 milioni di lire nei confronti di altra banca, oggetto di iscrizione ipotecaria su entrambi gli immobili d l’assenza di prova documentale quanto all’effettivo incasso degli assegni bancali per il pagamento di complessivi 30 milioni di lire emessi, in tesi, dal C. e la mancata prova documentale della procura irrevocabile a vendere della sua quota dell’immobile in via , in tesi conferita dalla signora A. al coniuge in controprestazione del pagamento, in tesi effettuato da quest’ultimo in sua vece del prezzo d’acquisto dell’immobile in omissis f l’assenza al riguardo di qualsiasi indicazione del successivo atto di vendita di tale quota da parte del coniuge, in conseguenza della procura ricevuta e del relativo importo percepito g il contrasto esistente tra la dichiarazione resa della signora A. nel suo atto di acquisto circa le modalità di pagamento del prezzo e quanto dichiarato al riguardo in sede di interrogatorio h la effettiva sussistenza dei rapporti pessimi tra fratelli con riguardo non solo alle risultanze della prova testimoniale da valutare analiticamente , ma anche in relazione alle due vendite in questione e alle modalità di pagamento scelte, che denotano una persistente relazione familiare i la effettiva sussistenza di un interesse della Sig.ra A. ad acquistare la quota del fratello sull’immobile in omissis , tenuto conto della possibilità di disporne ai sensi dell’articolo 1102 codice civile l la conoscenza da parte della signora A. delle condizioni patrimoniali del fratello, le cui proprietà derivavano dalla successione della madre con relativa denuncia prodotta in atti e per le quali era stata effettuata anche una visura ipotecaria m la sufficienza della sola scientia damni e non già del consilium fraudis ai fini di cui all’articolo 2901 codice civile. Di qui la sussistenza del dedotto vizio motivazionale della sentenza impugnata, che non si fa carico di una valutazione complessiva degli elementi disponibili, anche in relazione alle tesi difensive prospettate ed alla relativa prova fornita a fronte degli elementi documentali in atti o necessari. Valutazione complessiva ancor più necessaria quando si tratti di esaminare la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 2901 cod. civ 3. La sentenza impugnata va, quindi, cassata per quanto in motivazione con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Genova, che effettuerà una nuova valutazione degli elementi probatori e indiziari disponibili, e, all’esito, provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Genova, che deciderà anche sulle spese.