Bisogna dimostrare che il locatore fosse a conoscenza dell’effettiva destinazione dell’immobile locato

Il conduttore che deduce la simulazione relativa del contratto di locazione di un immobile ad uso abitativo transitorio, stipulato nella vigenza della legge numero 392/1978, ha l’onere di dimostrare che il locatore sia a conoscenza della effettiva destinazione dell’immobile locato.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 12390, depositata il 21 maggio 2013. Il caso. Due donne avevano concesso in comodato gratuito ad altre due persone un immobile di loro proprietà per soddisfare le temporanee esigenze abitative. Fino a quando le due proprietarie decidevano di rivolgersi all’autorità giudiziaria per richiedere la restituzione dell’appartamento, visto che i comodatari si erano resi inadempienti ad alcuni obblighi contrattuali – come ospitare stabilmente terzi, apportare modifiche all’interno dell’appartamento, provocando danni – integranti la risoluzione del contratto. Inoltre, le attrici chiedevano un risarcimento danni per la conseguente occupazione abusiva. Contratto di comodato o locazione? I convenuti, dal canto loro, sostenevano che il contratto era solo formalmente di comodato, ma in realtà dissimulante di locazione, con versamento di un corrispettivo mensile. Sia in primo che in secondo grado, i giudici ritenevano, da una parte, non provata onere dei convenuti la simulazione del contratto, quindi la qualificazione giuridica del contratto rimaneva di comodato e, dall’altra, che le attrici non avevano provato le allegate necessità di disporre del bene, onde il comodato doveva giungere alla scadenza fissata. Ok alla prova per testi o per mezzo di presunzioni. A proporre ricorso per cassazione sono i comodatari. Nel decidere sul ricorso proposto, la Cassazione cita un principio di diritto consolidato Cass., numero 12988/2010 , secondo cui il conduttore che deduce la simulazione relativa del contratto di locazione di un immobile ad uso abitativo transitorio, stipulato nella vigenza della legge numero 392/1978, «al fine di ottenere l’accertamento della destinazione abitativa ordinaria e della conseguente nullità» articolo 79 legge numero 392/1978 «delle clausole relative al canone e alla durata, ha l’onere di dimostrare che il locatore fosse a conoscenza della effettiva destinazione dell’immobile locato». Tale prova – precisa la Cassazione - «può essere fornita anche per testi o per mezzo di presunzioni» articolo 1417 c.c. prova della simulazione , «trattandosi di fornire prova dell’illiceità dell’accordo simulatorio». In conclusione, la sentenza impugnata viene cassata con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 15 gennaio – 21 maggio 2013, numero 12390 Presidente Berruti – Relatore Travaglino Svolgimento del processo Nel giugno del 2001 P B. e Anumero .Bo. , premesso di aver concesso in comodato gratuito a R A. e P.W. , con contratto del 20.11.2002, un immobile di loro proprietà sito in Verona per soddisfarne le temporanee esigenze abitative, e di avere richiesto senza esito la restituzione dell'appartamento, chiesero che l'adito tribunale di Verona condannasse entrambi al rilascio del bene, specificando ancora che i comodatari si erano resi inadempienti ad alcuni obblighi contrattuali ospitando stabilmente terzi, apportando modifiche all'interno dell'appartamento, provocando danni , integranti l'ipotesi, prevista dall'articolo 12 del contratto, di risoluzione della detta convenzione negoziale, e precisando infine che, dal febbraio del 2001, l'occupazione da parte dei convenuti doveva considerarsi abusiva - onde l'ulteriore richiesta di risarcimento del danno, da quantificarsi in una somma pari a 7 milioni di lire, e di pagamento dell'ulteriore somma mensile di 1 milione di lire per l'occupazione abusiva. I convenuti si opposero alla domanda, eccependo, tra l'altro, che l'A. , detentore dell'immobile dal 1996, aveva stipulato con le attrici un contratto solo formalmente di comodato, ma in realtà dissimulante una locazione, per la quale era stata versata a titolo di corrispettivo la somma di 900 mila mensili, mentre anche il secondo contratto, del 20.11.2000, simulava una locazione verso un canone di 600 mila lire mensile, ridotto per le peggiorate condizioni abitative dell'immobile. Essi chiesero, pertanto, il rigetto della domanda e la restituzione delle somme versate a titolo di canone locativo, oltre al risarcimento di danni a vario titolo enunciati. Il giudice di primo grado respinse tutte le domande, ritenendo, da un canto, che la prova della simulazione del contratto da fornirsi, a suo dire, per iscritto non fosse stata offerta dai convenuti, onde la qualificazione giuridica del contratto restava quella di comodato dall'altro, che la B. non avesse a sua volta provato le allegate necessità di disporre del bene, onde il comodato doveva giungere alla scadenza fissata senza peraltro dar rilievo alla circostanza che, medio tempore, a tale scadenza la convenzione negoziale fosse in concreto giunta . La corte di appello di Venezia, investita del gravame proposto dall'A. e dal P. , lo rigettò, confermando nella sostanza l'iter motivazionale percorso dal primo giudice. La sentenza è stata impugnata da entrambi gli appellanti con ricorso per cassazione sorretto da sette motivi di doglianza. Le due parti intimate non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione Il ricorso è fondato quanto al suo primo e secondo motivo. Devono ritenersi assorbite in tale accoglimento le restanti censure mosse dalla difesa dei ricorrenti alla sentenza della corte veneziana. Con il primo motivo, si denuncia, a vario titolo e sotto plurimi e complessi aspetti, la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 1417 c.c Il motivo si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto Voglia la Suprema Corte di Cassazione stabilire se il disposto di cui all'articolo 1417 c.c., nella parte in cui afferma che la prova per testimoni della simulazione è ammessa senza limiti, qualora la domanda sia diretta a far valere l'illiceità del contratto dissimulato nella specie in violazione/elusione della durata legale dei contratti di locazione in 4+4 anni, ex lege 392/78 , sia tale da consentire al soggetto che abbia sottoscritto un contratto formalmente denominato di comodato della durata di un anno, ma che in realtà simula una locazione di immobile ad uso abitativo, e che agisca per ottenere l'accertamento del proprio diritto ad abitare l'immobile per un periodo di 4+4 anni, previsto con norma inderogabile e come tale da sostituirsi ex lege alle difformi pattuizioni contrattuali dall'articolo 2 della legge 431/98, di provare anche per testi e/o mediante presunzioni l'esistenza dell'accordo simulatorio e la reale natura di locazione del contratto in questione. Con il secondo motivo, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla mancata indicazione da parte del giudice di appello degli elementi di diritto sulla base dei quali non sarebbe riscontrabile la violazione delle norme in materia di locazione di immobili ad uso abitativo, denunciata dai sigg.ri A. e P. e la conseguente dei limiti probatori di cui all'articolo 2122 c.c I motivi, da esaminarsi congiuntamente attesane la intrinseca connessione, sono del tutto fondati, dacché funzionali all'affermazione di un principio di diritto più volte predicato da questa Corte regolatrice per tutte, Cass. 12988 del 2010 , a mente del quale il conduttore che deduca la simulazione relativa del contratto di locazione di un immobile ad uso abitativo transitorio, stipulato nella vigenza della legge numero 392 del 1978, al fine di ottenere l’accertamento della destinazione abitativa ordinaria e della conseguente nullità, ai sensi dell'articolo 19 della legge numero 392 cit., delle clausole relative al canone e alla durata, ha l'onere di dimostrare che il locatore fosse a conoscenza della effettiva destinazione dell'immobile locato tale prova può essere fornita anche per testi o per mezzo di presunzioni, ai sensi dell'articolo 1411 cod. civ., trattandosi di fornire la prova dell'illiceità dell'accordo simulatorio. La sentenza impugnata, che si è discostata da tale principio, va pertanto cassata con rinvio, con le modalità di cui al dispositivo che segue. All'esito dell'applicazione della ricordata regula iuris, il processo di rinvio seguirà il conseguente iter processuale, nella specie impedito dall'affermazione dell'opposto ed erroneo principio affermato in tema di prova del negozio dissimulato. P.Q.M. La corte accoglie il primo e secondo motivo di ricorso, dichiara assorbite le restanti censure motivi sub 3, 4, 5, 6, 7 , cassa la sentenza impugnata e rinvia il procedimento alla corte di appello di Venezia, in diversa composizione.