Erede o legatario? A stabilirlo è il giudice di merito

Non spetta ai giudici di legittimità stabilire se una disposizione testamentaria conferisce al beneficiario il titolo di erede o un legato.

La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 17266/2012 depositata il 10 ottobre, ha anche affermato che è possibile procedere con un’azione di riduzione se il bene integra una “quota”. Il caso. In riforma della decisione di primo grado, la Corte d’appello di Trieste aveva aperto all’azione di riduzione di una dei figli del de cuius che lamentava la lesione della sua quota di riserva. Detta lesione, nel concreto, era consistita nella preposizione ad erede del figlio di suo fratello di una casa. Erede o legatario? La Cassazione, pur rigettando il ricorso, ha avuto modo di chiarire che in materia di distinzione tra erede e legatario, l’assegnazione di beni determinati deve interpretarsi articolo 588 c.c. come «disposizione ereditaria institutio ex re certa , qualora il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nell’universalità dei beni o in una parte indeterminata di essi», mentre deve considerarsi legato – precisa ulteriormente la Corte - «se abbia voluto attribuirgli singoli individuati beni». È il giudice di merito che deve accertarlo. Tuttavia tale indagine, diretta ad accertare se il testatore abbia conferito al beneficiario il titolo di erede o un legato, spetta al giudice di merito e non a quello di legittimità. Pertanto, il ricorso viene rigettato con la condanna in solido dei ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 29 settembre – 10 ottobre 2012, numero 17266 Presidente Schettino – Relatore San Giorgio Svolgimento del processo 1. - Con atto di citazione del 5 giugno 2006 C.P. propose appello nei confronti di U C. , L C. e A F. avverso la sentenza del Tribunale di Udine che aveva pronunciato solo sulla domanda di riduzione proposta nei confronti di L. ed A. , dichiarandola inammissibile, e disponendo la remissione della causa in istruttoria per le restanti domande. P C. aveva convenuto il fratello U. , il figlio di costui Lu.e .la.mo. Antonella Fistarol.e.c.l. .e.d.i.p. P C. , e che il omissis era stato registrato il testamento olografo del de cuius con il quale veniva designato quale erede dell'immobile in omissis il nipote L. , con riserva di usufrutto vitalizio in favore del figlio U. e della nuora. Secondo l'attrice, il testamento aveva leso la sua quota di riserva, sicché ella aveva chiesto ridursi le disposizioni testamentarie afferenti all'erede e, se necessario, l'incidenza dei legati usufrutto a favore di U. e della F. . I convenuti avevano eccepito la mancanza della accettazione con beneficio di inventario, condizione per la proponibilità della domanda di riduzione nei confronti dei soggetti diversi dai coeredi, nel caso in esame legatari non chiamati quali coeredi, U. e A. . U. aveva eccepito di non essere erede, essendogli stato attribuito un bene specifico e determinato per garantire la continuità familiare nel passaggio della proprietà dal nonno al nipote. Avevano osservato i convenuti che per l'esercizio dell'azione di riduzione senza accettazione con beneficio di inventario mancava anche la condizione della totale pretermissione della legittimarla, essendo l'attrice entrata in possesso, come il fratello, di parte del patrimonio ereditario non contemplato in testamento. L'attrice non aveva inoltre imputato alla propria quota di legittima donazioni indirette ricevute dal de cuius. Il Tribunale aveva accolto la eccezione di inammissibilità della domanda nei confronti di L C. e A F. . 2. - La Corte d'appello di Trieste, con sentenza depositata il 23 dicembre 2010, in riforma della sentenza impugnata, rigettò detta eccezione nei soli confronti di L. , osservando che la posizione di costui era quella di erede, come risultava dalla formulazione delle due schede testamentarie che gli assegnavano la casa di omissis , che, tra l'altro, rappresentava la parte più cospicua del patrimonio del de cuius. Rilevò ancora che L. aveva accettato l'eredità puramente e semplicemente. Era dunque da escludere la necessità di previa accettazione con beneficio di inventario da parte di P. al fine di proporre azione di riduzione. La posizione di A F. era, invece, di legataria, come già affermato nella sentenza di primo grado, non impugnata sul punto. 3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorrono C.U. e L. e A F. sulla base di due motivi, illustrati anche da successiva memoria. Resiste con controricorso C.P. , che ha a sua volta depositato memoria. Motivi della decisione Deve, preliminarmente, essere esaminata la eccezione, sollevata dai ricorrenti, di inammissibilità del controricorso in quanto notificato in una sola copia ai tre ricorrenti, in asserita violazione degli articolo 170-330 cod.proc.civ 2.1. - La eccezione non può essere accolta. 2.2. - I ricorrenti, cui era diretto l'atto, erano rappresentati e difesi dal medesimo avvocato ed avevano eletto un unico domicilio. Non può, pertanto, conseguire alla mancata notifica del controricorso in più copie, per quanti erano i ricorrenti - che non pregiudica interessi costituzionalmente protetti, quale l'effettività del contraddittorio cfr., sul punto, Cass., sent. numero 10386 del 2011 , l'inammissibilità del controricorso. Già in tal senso, del resto, si muove, con riguardo alle notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento, l'articolo 170, secondo comma, cod.proc.civ., nella formulazione conseguente alla sostituzione del comma originario per effetto dell'articolo 13 1. 26 novembre 1990, numero 353. 3. - Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 564,588, 1362 cod.civ., nonché omessa o insufficiente motivazione in ordine alla individuazione della natura particolare o universale delle disposizioni testamentarie. Avrebbe errato la Corte di merito nel ritenere che L C. fosse stato istituito erede dal nonno, e non fosse legatario, con la conseguenza dell'ammissibilità dell'azione di riduzione della disposizione testamentaria ritenuta lesiva del diritto alla quota di riserva proposta da P C. siccome non condizionata dalla previa accettazione dell'eredità con beneficio di inventario da parte dell'attrice. Si rileva al riguardo che l'interpretazione della scheda testamentaria condotta dal giudice di secondo grado non si sarebbe dovuta arrestare al lemma erede contenuto nel primo testamento, ma avrebbe dovuto tenere conto della intera espressione erede della casa e accessori , espressione priva di rilevanza tecnica e neutra dal punto di vista giuridico, e che, se mai, farebbe pensare alla volontà del testatore di assegnare al nipote la proprietà di un bene determinato, la casa avita, al fine di garantire la continuità dell'appartenenza del fabbricato a un C. maschio . La sentenza impugnata - rilevano i ricorrenti - non indica in alcun modo da quali elementi emergerebbe che il testatore abbia inteso attribuire al nipote una quota del suo patrimonio attraverso l'assegnazione allo stesso della proprietà della casa. Per contro, la minuziosa disciplina della seconda scheda testamentaria evidenzierebbe come i figli del de cuius U. e P. fossero stati immessi nella universalità del suo patrimonio, attraverso una analitica e paritaria suddivisione, del danaro e dei beni mobili, e attraverso il carico delle spese funerarie. Né alcun rilievo assumerebbe, ai fini in esame, l'autoattribuzione, da parte di C.L. , della qualità di erede attraverso la dichiarazione di accettazione dell'eredità compiuta in occasione della pubblicazione del testamento olografo, non valendo tale dichiarazione a fargli conseguire quello status di erede che né la legge né il testamento gli attribuirebbero. 4.1. - La censura non può trovare accoglimento. 4.2. - Secondo l'orientamento di questa Corte, in materia di distinzione tra erede e legatario, l'assegnazione di beni determinati deve interpretarsi, ai sensi dell'articolo 588 cod. civ., come disposizione ereditaria institutio ex re certa , qualora il testatore abbia inteso chiamare l'istituito nell'universalità dei beni o in una parte indeterminata di essi, considerata in funzione di quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato, se abbia voluto attribuirgli singoli individuati beni. L'indagine diretta ad accertare se ricorra l'una o l'altra ipotesi, si risolve in un apprezzamento di fatto, riservato ai giudici del merito, ed è, quindi, incensurabile in sede di legittimità se conseguentemente motivato v., sul punto, Cass., sent. numero 3016 del 2002 . L'indagine diretta ad accertare se il testatore, nell'attribuire beni determinati, abbia posto in essere una institutio in re certa, conferendo così al beneficiario il titolo di erede, oppure un legato, integra un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se non sotto il profilo della motivazione Cass., sentt. numero 13835 del 2007, numero 3016 del 2002, cit. . 4.3. - Nella specie, la Corte di merito ha fornito articolata ed esaustiva motivazione del proprio convincimento in ordine alla qualità di L C. di erede del nonno. Al riguardo, essa ha fatto anzitutto riferimento al tenore letterale delle due schede testamentarie, la prima delle quali lo istituiva erede expressis verbis, mentre la seconda, che non smentiva la prima, si soffermava sulle ragioni della scelta di assegnare a L. la casa di omissis - che indubbiamente rappresentava la parte più ingente del patrimonio del de cuius -, da ricondurre al desiderio che essa rimanesse in proprietà del maschio della famiglia C. . La sentenza si è soffermata poi sulle condizioni sociali e sulla cultura del de cuius, che, ad avviso del giudice di secondo grado, imponevano di ritenerlo pienamente consapevole della istituzione di erede operata nei confronti del nipote. La Corte di merito richiama, infine, il verbale notarile di testamento olografo del omissis , che conteneva l'atto di accettazione pura e semplice dell'eredità da parte dello stesso L. documento che, se non idoneo, come rilevato dal ricorrente, a determinare ex se l'acquisizione in capo a L. dello status di erede, pur tuttavia, secondo la condivisibile osservazione del giudice di secondo grado, vale sicuramente ad escludere l'esistenza di qualsiasi forzatura nella interpretazione adottata nella decisione impugnata. 5. - Le argomentazioni da ultimo svolte danno conto, altresì, della infondatezza del secondo motivo del ricorso, con il quale si deduce violazione e falsa applicazione degli articolo 112, 342 e 345 cod.proc.civ., osservandosi che il rilievo attribuito all'accettazione dell'eredità da parte di L C. , quasi a volerne inferire una sorta di confessione sullo status di erede, costituirebbe il frutto di un inammissibile intervento del giudice, in assenza di alcuna allegazione o deduzione al riguardo da parte dell'attrice. In tale situazione, la mera presenza di documenti non specificati nella domanda e sui quali non sia stata richiamata l'attenzione non autorizzerebbe il giudice ad utilizzarli ai fini della formazione del proprio convincimento. È sufficiente, sul punto, ribadire che la sottolineatura dell'atto di accettazione dell'eredità da parte di L C. era intesa, nella economia della decisione della Corte, semplicemente a corroborare la correttezza della decisione adottata. 6. - Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del presente giudizio, che, in ossequio al criterio della soccombenza, devono essere poste a carico dei ricorrenti in solido, vengono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 3200,00, di cui Euro 3000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed accessori.