Rinvio d’ufficio: il ricorrente guardi il calendario ufficiale

Nel procedimento davanti al Giudice di Pace, il rinvio d’ufficio, per non esservi udienza nel giorno fissato nell’atto introduttivo della lite, deve ritenersi disposto per l’udienza immediatamente successiva, senza alcun obbligo per il cancelliere di comunicare alla parte costituita il rinvio. Ne consegue, pertanto, l’onere delle parti di presentarsi a quella che, secondo il calendario ufficiale, è l’udienza successiva, non sussistendo alcun obbligo di comunicazione dell’eventuale deferimento.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 24294, depositata il 14 novembre 2014. Il caso. Una donna proponeva opposizione, avanti al Giudice di Pace, avverso la cartella esattoriale, notificatale per il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per una infrazione del codice della strada. L’opponente lamentava la mancata notificazione del verbale di accertamento dell’infrazione entro il termine di cui all’articolo 201, comma 1, cds, e chiedeva la dichiarazione di illegittimità della cartella esattoriale. Il GdP, accertata alla prima udienza la non comparizione dell’opponente, convalidava l’atto impugnato con ordinanza. Avverso tale decisione, ricorreva in appello la donna. Il Tribunale, però, rigettava il gravame proposto, confermando la decisione del GdP. La mancata comparizione era imputabile alla negligenza della Cancelleria? La soccombente proponeva allora ricorso per cassazione, censurando la sentenza di secondo grado, avendo confermato erroneamente quella di prima cure. Secondo la ricorrente il Tribunale, una volta accertata la mancata comparizione dell’opponente, aveva convalidato la cartella esattoria, senza però verificare la sussistenza o meno di un legittimo impedimento. Si duole quindi dell’erronea interpretazione degli articolo 140 irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia e 318 contenuto della domanda c.p.c., dell’articolo 82 disp. att. c.p.c. rinvio delle udienze di prima comparizione e d'istruzione e dell’articolo 201, comma 1 e 5, cds notificazione delle violazioni . A detta della ricorrente, la sua mancata comparizione alla prima udienza dipendeva da un errore della cancelleria del GdP, in quanto il rinvio dell’udienza non era stato comunicato alla donna. In sostanza la mancata comparizione era dovuto all’assoluta e incolpevole ignoranza della data di celebrazione, causata dalla negligenza della cancelleria, nell’adempimento degli obblighi di comunicazioni su essa gravanti. La mancata comunicazione del rinvio non è un legittimo impedimento. Ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., il relatore ha depositato la relazione, con la quale è stato richiesto il rigetto del ricorso. Nel dettaglio il relatore ricorda che, in base all’orientamento prevalente di legittimità, è esclusa «la possibilità di qualificare la mancata comunicazione del rinvio dell’udienza ex articolo 23 l. numero 689/1981 come causa di legittimo impedimento dell’opponente a presenziarvi». Le disposizioni codicistiche il rinvio automatico Si aggiunga che, sulla base del disposto dell’articolo 318 c.p.c., se l’atto introduttivo del giudizio indica un giorno nel quale il GdP non tiene udienza, «la comparizione è d’ufficio rimandata all’udienza immediatamente successiva». Inoltre, il vigente articolo 168 bis c.p.c. designazione del giudice istruttore ha abrogato l’obbligo in capo alla cancelleria di comunicare alla parte la nuova data di comparizione, stabilendo, invece, il meccanismo automatico per individuare automaticamente tale data. all’udienza immediatamente successiva. In conclusione, «nel procedimento davanti al giudice di pace il rinvio d’ufficio per non esservi udienza nel giorno fissato nell’atto introduttivo della lite deve ritenersi disposto per l’udienza immediatamente successiva che sarà in concreto tenuta dal giudice designato alla trattazione del processo, senza alcun obbligo per il cancelliere di comunicare alla parte costituita il rinvio. Ne consegue, pertanto, l’onere delle parti di presentarsi a quella che, secondo il calendario ufficiale, è l’udienza successiva, non sussistendo alcun obbligo di comunicazione dell’eventuale deferimento» Cass., numero 15655/2013 . Il Collegio Supremo condivide e fa propriei le argomentazione e la proposto del relatore e decide quindi il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 2, ordinanza 17 ordinanza – 14 novembre 2014, numero 24294 Presidente Bianchini - Relatore Falaschi Considerato in fatto Con ricorso ex articolo 22 l. numero 689/1981, L.M.C. proponeva opposizione, dinanzi al Giudice di Pace di Roma, avverso la cartella esattoriale numero omissis , notificatale in data 20-04-2007, per il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria per infrazione al codice della Strada. L'opponente lamentava la mancata notificazione del Verbale di Accertamento dell'infrazione datato 12-02-2002 entro il termine di cui all'articolo 201, 1 comma del Codice della Strada ratione temporis applicabile, nonché l'avvenuta prescrizione del diritto a riscuotere la sanzione ai sensi dell'articolo 28 l. numero 689/1981, oltre all'iscrizione a ruolo del verbale de quo successivamente alla scadenza del termine di cui all'allora vigente articolo 17 D.P.R. numero 602/1973 chiedeva, perciò, dichiararsi l'illegittimità della cartella in esame. Il Giudice di Pace, accertata alla prima udienza del 01-04-2009 la costituzione del Comune di Roma e la non comparizione dell'opponente, convalidava l'atto impugnato con ordinanza numero 47428/2009. Avverso tale decisione, la L.M. proponeva appello dinanzi al Tribunale di Roma, insistendo, innanzitutto, per l'annullamento della cartella di pagamento de qua per i medesimi motivi dedotti in primo grado. Contestualmente, l'appellante chiedeva anche l'annullamento dell'ordinanza impugnata per violazione dell'articolo 23 l. numero 689/1981, dell'articolo 318 c.p.c. e dell'articolo 82 disp. att. c.p.c., per non avere il Giudice di Pace comunicato all'opponente il rinvio della prima udienza dalla data del 01-01-2009, originariamente fissata nel decreto notificato in data 03-12-2008, a quella del 01-04-2009. Infine, la L.M. pretendeva il risarcimento del danno sofferto per responsabilità processuale aggravata dovuta a resistenza temeraria di controparte, ai sensi dell'articolo 96, 3 comma c.p.c Il Tribunale di Roma, nella resistenza del Comune di Roma, nonché della Gerit s.p.a. in qualità di agente della riscossione, con sentenza numero 25435/2011 rigettava il gravame proposto. Per la cassazione di tale ultimo provvedimento, la L.M. propone ricorso basato su 4 motivi 1. Violazione o falsa applicazione degli articolo 22 e 23 l. numero 689/1981, dell'articolo 318 c.p.c., dell'articolo 82 disp. att. c.p.c., di Corte Cost., sentt. nnumero 534/1990 e 507/1993, dell'articolo 140 c.p.c, dell'articolo 201, commi 1 e 5 del Codice della Strada, in relazione all'articolo 360, 1 comma, numero 3 c.p.c. nonché omessa motivazione per violazione delle medesime norme in relazione all'articolo 360, 1 comma, numero 5 c.p.c 2. Violazione o falsa applicazione dell'articolo 17 del D.P.R. numero 602/1973, in relazione all'articolo 360, 1 comma, numero 3 c.p.c 3. Violazione o falsa applicazione dell'articolo 28 della l. numero 689/1981, in relazione all'articolo 360, 1 comma, numero 3 c.p.c 4. Violazione o falsa applicazione dell'articolo 96, 3 comma c.p.c., in relazione all'articolo 360, 1 comma, numero 3 c.p.c Roma Capitale ed Equitalia Sud s.p.a., in qualità di successore di Gerit s.p.a., resistono con distinti controricorsi. Il consigliere relatore, nominato a norma dell'articolo 377 c.p.c., ha depositato la relazione di cui all'articolo 380 bis c.p.c. proponendo il rigetto del ricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa. Ritenuto in diritto Il ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c. solo in data 5/9/2014. Occorre premettere che anche per il termine previsto dall'articolo 378 c.p.c., per il deposito delle memorie difensive nel giudizio di Cassazione, trova applicazione la sospensione nel periodo feriale a norma della legge numero 742 del 1969 Cass. 19/5/1990 numero 4524 . La memoria è tardiva perché nel termine di non oltre cinque giorni prima dell'udienza, prevista dall'articolo 378 c.p.c. per il deposito delle memorie difensive, va computato anche il periodo di sospensione feriale dal 1 agosto al 15 settembre di ciascuno anno, disposto dallo articolo 1 legge 7/10/1969 numero 742. Siffatta sospensione si applica a tutti i termini processuali e, quindi, anche a quello anzidetto, salvo che non ricorra uno dei casi tassativamente esclusi in forza di combinato disposto degli articolo 3 legge citata e 92 dell'ordinamento giudiziario. La fattispecie in esame non rientra in nessuna delle suddette previsioni, per cui della memoria depositata dal ricorrente non può tenersi conto, siccome intempestiva, per essere stata depositata, giusta quanto risulta da apposita certificazione della cancelleria, l'11 Settembre 2014 e siccome non può tenersi conto del periodo feriale fino al 15 Settembre, non è stato rispettato il predetto termine calcolato con riferimento alla data dell'udienza fissata ed effettivamente tenutasi il 17 Settembre. Nella relazione il relatore ha rilevato quanto segue. Con il primo motivo, la ricorrente si duole innanzitutto dell'erronea conferma, da parte del Tribunale di Roma, dell'ordinanza con cui il giudice di prime cure, accertata la mancata comparizione dell'opponente o del suo procuratore alla prima udienza in assenza di legittimo impedimento, ha convalidato la cartella esattoriale impugnata. Ciò costituirebbe, a detta della ricorrente, la conseguenza ultima di un'ulteriore erronea interpretazione, fornita in primo grado e avallata in sede di appello, degli articolo 140 e 318 c.p.c., dell'articolo 82 disp. att. c.p.c. e dell'articolo 201, commi 1 e 5 comma del Codice della Strada. A sostegno delle argomentazioni addotte, la ricorrente invoca l'interpretazione dell'articolo 23, 5 comma l. numero 689/1981 forinita da Corte Cost., sentt. nnumero 534/1990 e 507/1993. Nelle decisioni citate il giudice delle leggi afferma la piena legittimità costituzionale della norma in esame ove interpretata nel senso che il Giudice di Pace è tenuto a convalidare il provvedimento opposto, irrogativo di sanzione amministrativa pecuniaria, solamente laddove siano congiuntamente accertati nella prima udienza 1 la mancata comparizione dell'opponente, ovvero del suo procuratore, in assenza di qualsivoglia legittimo impedimento 2 la manifesta infondatezza dell'opposizione proposta, sulla base dei motivi di ricorso e dei documenti prodotto 3 l'effettivo deposito, da parte dell'amministrazione resistente, di copia del rapporto con gli atti relativi all'accertamento, nonché alla contestazione e alla notificazione della violazione. A detta della ricorrente, quindi, il giudice a quo avrebbe omesso qualsiasi controllo sull'effettivo accertamento, da parte del Giudice di Pace in prima udienza, delle condizioni sub 1 e 3 . Infatti, la mancata comparizione dell'opponente all'udienza del 01-04-2009 sarebbe da imputarsi ad un errore commesso dalla cancelleria del giudice di prime cure, che, fissata la prima udienza al 01-01-2009 con decreto notificato in data 03-12-2008, ne avrebbe poi disposto d'ufficio il rinvio al 01-04-2009, senza comunicarlo all'opponente medesima. Pertanto, la mancata comparizione di quest'ultima alla nuova udienza sarebbe in realtà dovuta all'assoluta ed incolpevole ignoranza della data di celebrazione, a sua volta causata da negligenza della cancelleria nell'adempimento degli obblighi di comunicazione su di essa gravanti. Oltretutto, a giudizio della ricorrente, non si sarebbe verificata neppure la condizione sub 3 . Infatti, nel giudizio di primo grado il Comune di Roma, pur sostenendo l'avvenuta notifica del Verbale di Accertamento di violazione al Codice della Strada nelle forme dell'articolo 140 c.p.c. notifica agli irreperibili , avrebbe prodotto agli atti soltanto la certificazione di irreperibilità dell'odierna ricorrente. Ciò non sarebbe sufficiente a dimostrare l'avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio, essendo, invece, necessaria anche la prova dell'avvenuto deposito del verbale de quo nella casa comunale di Roma e dell'effettiva ricezione da parte dell'attuale ricorrente della lettera raccomandata di avviso di deposito del verbale nella suddetta casa comunale, come statuito da Cass. Civ., sez. V, sentt. nnumero 7939/2002 e 6074/2000. Dalla mancata censura di tale difetto probatorio, pertanto, sarebbe derivata l'ulteriore ed erronea non applicazione alla fattispecie concreta del combinato disposto di cui ai commi 1 e 5 ratione temporis vigenti dell'articolo 201 del Codice della Strada, in virtù del quale l'obbligo di pagamento delle sanzioni amministrative per violazioni al Codice della Strada si estingue in caso di mancata notificazione del Verbale di Accertamento entro il 150 giorno successivo alla commissione dell'infrazione. Inoltre, a detta della ricorrente, il Giudice di Pace avrebbe giustificato una palesemente erronea convalida con argomentazioni del tutto inesistenti, incorrendo, pertanto, in un vizio di motivazione da cui risulterebbe affetta anche la sentenza in questa sede impugnata, essendosi il Tribunale limitato ad aderire acriticamente alle conclusioni del giudice di prime cure. Data la complessità della censura mossa, appare opportuno un esame separato dei due profili di illegittimità dedotti, sebbene logicamente connessi. Per quanto attiene alla mancata comparizione dell'attuale ricorrente alla prima udienza dinanzi al Giudice di Pace, l'orientamento prevalente di questa Corte esclude radicalmente la possibilità di qualificare la mancata comunicazione del rinvio dell'udienza ex articolo 23 l. numero 689/1981 come causa di legittimo impedimento dell'opponente a presenziarvi. Nel procedimento dinanzi al Giudice di Pace, infatti, il terzo comma dell'articolo 318 c.p.c. espressamente statuisce che se l'atto introduttivo del giudizio indica un giorno nel quale il giudice di pace non tiene udienza, la comparizione è d'ufficio rimandata all'udienza immediatamente successiva, riproducendo, in tal modo, quanto stabilito dall'articolo 168 bis, 4 comma c.p.c. e dall'articolo 82, 1 comma disp. att. c.p.c. con riguardo al procedimento davanti al Tribunale. Contestualmente, il testo dell'articolo 168 bis c.p.c. anteriore alla modifica apportata dalla l. numero 353/1990, che poneva in capo al cancelliere l'obbligo di comunicare alla parte costituita la nuova data di comparizione, non è stato riprodotto, offrendo, invece, il vigente articolo 168 bis c.p.c. il meccanismo per individuare automaticamente tale data. Da tali considerazioni discende quindi, quale corollario, che nel procedimento davanti al giudice di pace il rinvio d'ufficio per non esservi udienza nel giorno fissato nell'atto introduttivo della lite deve intendersi disposto per l'udienza immediatamente successiva che sarà in concreto tenuta dal giudice designato alla trattazione del processo, senza alcun obbligo per il cancelliere di comunicare alla parte costituita il rinvio. Ne consegue, pertanto, l’onere delle parti di presentarsi a quella che, secondo il calendario ufficiale, è l'udienza successiva, non sussistendo, per i motivi sopra esposti, alcun obbligo di comunicazione dell'eventuale differimento cfr., ex multis, Cass. Civ., sez. III, 21-06-2013, numero 15655 Cass Civ., sez. I, 25-01-2000, numero 801 . Nel caso di specie, non sembra innanzitutto ostare all'applicazione di tale principio il carattere speciale del rito di opposizione alle sanzioni amministrative, dato che l'introduzione del giudizio e l'instaurazione del contraddittorio avvengono in una forma comunque equipollente a quella disciplinata dagli articolo 318 e 168 bis c.p.c Infatti, gli articolo 22 e 23 l. numero 689/1981, prescrivendo il deposito preventivo del ricorso, quindi la successiva notifica dello stesso e del decreto di fissazione della prima udienza, garantiscono ugualmente la regolare investitura dell'opposizione da parte del Giudice di Pace e la corretta instaurazione del contraddittorio. In secondo luogo, nonostante la pressoché incomprensibile calligrafia adoperata nella redazione del decreto notificato il 03-12-2008, non sembra assolutamente plausibile a questo relatore l'avvenuta celebrazione della prima udienza in un giorno palesemente festivo come il Capodanno dell'anno 2009. L'inverosimiglianza di tale data avrebbe dunque dovuto indurre l'opponente ad attivarsi per conoscere il giorno effettivamente stabilito per la celebrazione dell'udienza in questione, non essendo previsto da alcuna norma il compimento di attività giurisdizionale in giorni festivi secondo il calendario civile. Solo per completezza, stante il carattere assorbente delle considerazioni sopra esposte, si osserva che non appare meritevole di accoglimento neppure il secondo profilo del motivo in esame. A dire il vero, non sembra assolutamente contestabile l'obbligo per il Giudice di Pace di procedere ad un effettivo controllo sull'esistenza e la validità della notificazione del Verbale di Accertamento dell'infrazione commessa, in sede di convalida di un provvedimento irrogativo di una sanzione amministrativa pecuniaria. Infatti, la prima sezione di questa Corte, con la sent. numero 1653/2007, citata dalla ricorrente, ha chiaramente aderito all'interpretazione costituzionalmente orientata dell'articolo 23, 5 comma, l. numero 689/1981 fornita da Corte Cost., sentt. nnumero 534/1990 e 507/1993. Tuttavia, il mancato svolgimento dell'accertamento de quo non appare censurabile in sede di legittimità, giacché, secondo un principio ormai radicato nella giurisprudenza di questa corte, il controllo sulla ritualità della notifica del verbale di accertamento dell'infrazione, essendo quest'ultimo un atto del procedimento amministrativo, costituisce un accertamento di fatto, rientrante nei poteri del giudice del merito. Il giudice di legittimità, pertanto, può essere investito della questione de qua solo ove si deduca dinanzi ad esso, ai sensi dell'articolo 360, 1 comma, numero 5 c.p.c., un vizio di omissione, insufficienza o contraddittorietà della motivazione adottata dal giudice a quo per giustificare l'esito dell'esame effettuato cfr., ex multis, Cass. Civ., sez. II, 14-08-2012, numero 14526 Cass. Civ., sez. III, 04-08-2000, numero 10236 Cass. Civ., sez. I, 28-10-1995, numero 11318 . Nel caso di specie è stato effettivamente denunziato un vizio di omessa motivazione della sentenza d'appello, con riferimento anche alla valutazione compiuta dal giudice a quo sulla regolarità della notificazione del Verbale di Accertamento. Tuttavia, la censura suddetta non sembra cogliere nel segno, giacché il Tribunale di Roma, nel ritenere sufficientemente motivata l'ordinanza di convalida del Giudice di Pace, fornisce esso stesso una motivazione non di certo apparente o inesistente, bensì fondata su un'evidente valutazione della documentazione prodotta, che attesta la regolarità della notificazione della contestazione. Pertanto, il primo motivo di ricorso è da ritenersi infondato. Alla luce di quanto sopra ritenuto, resta assorbito l'esame del secondo e del terzo motivo di ricorso, trattandosi di censure sul merito del giudizio a quo, non analizzabili a seguito del rigetto del primo motivo, concernente vizi di rito. Con il quarto motivo, la ricorrente si duole della mancata condanna delle controparti, nel giudizio a quo, al pagamento di somma equitativamente determinata per responsabilità processuale aggravata, ai sensi dell’articolo 96, 3 comma c.p.c Si osserva che la responsabilità ex articolo 96 cod. proc. civ. integra una particolare forma di responsabilità processuale aggravata a carico della parte soccombente che abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, e si atteggia diversamente a seconda dei gradi del giudizio, atteso che, mentre in primo grado essa è volta a sanzionare il merito di un'iniziativa giudiziaria avventata, nel secondo grado, regolato dal principio devolutivo, essa deve specificamente riferirsi alla pretestuosità dell'impugnazione. In ogni caso, però, il presupposto della condanna al risarcimento dei danni a titolo di responsabilità aggravata per lite temeraria è la totale soccombenza, con la conseguenza che non può farsi luogo all'applicazione dell'articolo 96 c.p.c. quando tale requisito non sussista cfr., ex multis, Cass. Civ., sez. I, 27-08-2013, numero 19583 Cass. Civ., Sez. II, 12-10-2009, numero 21590 del 12-10-2009 . Nel caso di specie, quindi, non sembrano ricorrere i presupposti affinché la ricorrente possa pretendere la condanna per resistenza temeraria di controparti totalmente vittoriose in entrambi i gradi di merito. Pertanto, anche l'ultimo motivo di ricorso è da ritenersi infondato . Il collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e la proposta del relatore. In particolare, quanto alla interpretazione dell'articolo 23, comma 2, legge numero 689 del 1981, il ricorrente offre un'erronea lettura del decreto in relazione alla data di fissazione della prima udienza di comparizione delle parti, con ciò confermando di avere ricevuto comunicazione di detto decreto, dando quindi atto della regolare applicazione nella specie della normativa invocata. Pertanto il ricorso deve essere rigettato per manifesta infondatezza. Le spese di questo giudizio di cassazione seguono la soccombenza del ricorrente e sono liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore della causa e tenuto conto dei parametri di cui al D.M. 10/3/2014 numero 55. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di Cassazione che liquida per ciascun controricorrente in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre a spese forfettarie ed accessori come per legge.