Rientra in Italia dopo esser stato espulso: il processo deve svolgersi, anche se la citazione a giudizio è successiva al suo effettivo respingimento

Non è conforme né alla lettera né alla ratio della disciplina di cui al d.lgs. numero 30/2007 l’interpretazione estensiva delle cause di improcedibilità nel caso in cui il cittadino dell’Unione, già allontanato dal territorio dello Stato in base all’articolo 20, comma 1, d.lgs. numero 32/2008, una volta rientrato illegalmente e quindi denunciato per il reato di cui all’articolo 20, comma 14, del citato decreto, è immediatamente respinto alla frontiera e quindi non si trova più nel territorio nazionale al momento dell’emissione della citazione a giudizio per il delitto di illegale rientro.

Lo stabilisce la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza numero 41095/14, depositata il 3 ottobre 2014. Il delitto di illegale rientro è improcedibile se il respingimento precede la citazione diretta a giudizio? Questa la tesi del Tribunale di Trieste, che dichiarava il non luogo a procedere nei confronti di un cittadino rumeno sottoposto a procedimento penale per il reato di cui all’articolo 20, comma 14 del d.lgs. numero 30/2007 applicando in via analogica l’art 20 bis, comma 1, del citato decreto in relazione all’art 13, comma 3, quater d.lgs. numero 286/1998 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero . Il Tribunale, richiamando la giurisprudenza della Suprema Corte a favore dell’interpretazione estensiva delle cause di improcedibilità di cui all’art 13 quater d.lgs. numero 286/1998 in funzione dell’interesse pubblico a ridurre il sovraffollamento carcerario ed ad allontanare dal territorio gli stranieri sottoposti a procedimento penale, riteneva applicabile in via analogica perché favorevole al reo e conforme all’interesse pubblico la causa di non punibilità citata ogni qual volta il cittadino non fosse più presente sul territorio nazionale prima che fosse emesso il decreto di citazione a giudizio. Un’illegittima impunità, lo straniero rientrato illegalmente non può sottrarsi al processo. Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Trieste proponeva immediato ricorso in Cassazione avverso tale sentenza con un unico motivo relativo alla violazione di legge, in relazione agli articolo 20, comma 14, e 20 bis d.lgs. numero 30/2007 ed all’articolo 13, commi 3 quater , e 13 d.lgs. numero 286/1998, ritenendo illegittimo il principio che derivava dalla sentenza censurata per cui ogni qual volta un cittadino di un paese dell’Unione europea già allontanato rientri in territorio nazionale in spregio al divieto di reingresso e sia però immediatamente respinto alla frontiera, il giudice dovrebbe pronunciare sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’articolo 13, comma 3 quater, d.lgs. numero 286/1998. E questo in quanto i commi 3, 3 bis , 3 ter e 3 quater dell’art 13 d.lgs. numero 286/1998 si limitano a prevedere che nel caso di cittadino comunitario nei confronti di cui sia stato eseguito provvedimento di allontanamento previo nulla osta dell’autorità giudiziaria davanti cui pende il procedimento penale qualora non sia già stato emesso provvedimento che dispone il giudizio il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, salva la riproponibilità dell’azione penale a norma dell’art 345 c.p.p. espressamente richiamato dall’articolo 13, comma 3 quinqiues , d.lgs. numero 286/1998 qualora lo straniero espulso rientri illegalmente nel territorio italiano. Non sussistono quindi secondo la Procura ricorrente ulteriori cause di improcedibilità dell’azione penale in base ad un’errata interpretazione dell’art 13, comma 3 quater , d.lgs. numero 286/1998 il quale derogando al principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione penale è di stretta interpretazione e non è quindi suscettibile di interpretazione analogica ed estensiva. Se il cittadino espulso rientra illegalmente, l’improcedibilità equivale ad un’inammissibile generale impunità per i rientri illegali. La Prima Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, conferma il principio proposto dalla Procura di Trieste annullando con rinvio la sentenza impugnata e fornendo una ricognizione generale della disciplina in tema di espulsione di stranieri. Infatti seppur è incontestabile che l’art 13, comma 3 quater, d.lgs. numero 286/2007 ha introdotto un’inedita figura di sentenza di non luogo a procedere, quest’ultima prevede tassativamente come presupposti l’acquisizione della prova dell’avvenuta espulsione amministrativa dello straniero sottoposto a procedimento penale il quale non si trovi in custodia cautelare in carcere, il previo perfezionamento del nulla osta all’esecuzione dell’espulsione rilasciato dall’autorità procedente in base ai commi 3, 3 bis e ter dell’articolo 13 e la mancata emissione del decreto che dispone il giudizio. La sentenza di non luogo a procedere è quindi condizione di improcedibilità atipica come da ordinanza numero 142/2006 della Corte Costituzionale che ha individuato la ratio dell’istituto nella riduzione dell’interesse dello Stato a punire soggetti non più presenti sul territorio nazionale per evidenti esigenze deflattive del carico di lavoro giudiziario. Tale ‘improcedibilità atipica’ è applicabile quindi esclusivamente al cittadino dell’Unione europea sottoposto a procedimento penale per reato diverso da quelli previsti dall’articolo 380 c.p.p nel solo caso di avvenuta uscita dello stesso dal territorio nazionale in esecuzione di provvedimento di allontanamento emesso nei suoi confronti e non è estensibile al cittadino dell’Unione già allontanato che rientra in Italia violando così il divieto di reingresso ed integrando il reato previsto dall’articolo 20, comma 14, d.lgs. numero 30/2007. In tal caso, in base al richiamo operato dall’art 20 bis comma 1 d.lgs n 30 del 2007 e dal comma 3 quinquies dell’articolo 13 T.U. immigrazione ed articolo 345 c.p.p. va riproposta l’azione penale per il reato per cui è stata proposta sentenza di non luogo a procedere oltre che per il delitto di reingresso in violazione di divieto. Altrimenti argomentando ragiona la Suprema Corte, si arriverebbe ad un ‘effetto aberrante di costituire una sorta di impunità generale per i rientri illegali di soggetti già espulsi o allontanati, in tutti i casi, reiterabili nel tempo di immediato respingimento della stessa persona in palese violazione con il giudizio direttissimo previsto sia dall’art 13 comma 13 ter TU immigrazione sia dall’articolo 20, comma 16, d.lgs. numero 30/2007 nei confronti degli autori di reati di cui rispettivamente all’art 13, comma 13, e 13 bis, del suddetto T.U. ed all’articolo 20, commi 14 e 15, del citato decreto.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 4 luglio – 3 ottobre 2014, numero 41095 Presidente Siotto – Relatore Mazzei Rilevato in fatto 1. Il Tribunale di Trieste, in composizione monocratica, ha dichiarato non luogo a procedere nei confronti di D.S. , cittadino dell'Unione Europea, sottoposto a procedimento penale per il reato di cui all'articolo 20, comma 14, d.lgs. 6/02/2007, numero 30, facendo applicazione dell'articolo 20 bis, comma 1, del medesimo decreto, in relazione all'articolo 13, comma 3 quater, d.lgs. 25/07/1998, numero 286, con succ. mod. Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero . Il D. , imputato di essere rientrato nel territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso, di cui al provvedimento di allontanamento per motivi di pubblica sicurezza, emesso dal Prefetto di Genova e notificatogli il 13 febbraio 2010, era stata respinto coattivamente dal territorio nazionale, nell'immediatezza del reingresso, il 20 gennaio 2012, mediante subitaneo riaccompagnamento in Slovenia attraverso l'ex valico internazionale di , e visto lasciare il territorio italiano, come da annotazione di servizio della polizia giudiziaria, nella stessa data del 20 gennaio 2012, antecedente all'emissione del decreto di citazione diretta a giudizio per il reato di cui all'articolo 20, comma 14, d.lgs. numero 30 del 2007. Conseguentemente, secondo il Tribunale, doveva trovare applicazione il combinato disposto di cui agli articolo 13 quater d.lgs. numero 286 del 1998 e 20 bis d.lgs. numero 30 del 2007, secondo i quali, qualora il destinatario di un provvedimento di allontanamento per motivi imperativi di pubblica sicurezza sia sottoposto a procedimento penale per reati diversi da quelli indicati nell'articolo 380 cod. proc. penumero , il giudice, acquisita la prova dell'avvenuta espulsione, se non è ancora stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio, deve pronunciare sentenza di non luogo a procedere. Il Tribunale, a sostegno della sua decisione, ha richiamato la giurisprudenza di questa Corte a favore dell'interpretazione estensiva della causa di improcedibilità prevista dal citato articolo 13 quater d.lgs. numero 286 del 1998, in funzione dell'interesse pubblico a ridurre il sovraffollamento carcerario e allontanare dal territorio dello Stato gli stranieri sottoposti a procedimento penale, in tutti i casi in cui l'espulsione sia materialmente avvenuta e provata prima della celebrazione del giudizio, anche indipendentemente da un previo provvedimento formale di espulsione o di allontanamento, ove lo straniero, come nel caso di specie, sia stato fermato alla frontiera e immediatamente respinto verso il paese di origine. L'applicazione analogica della norma in esame sarebbe consentita, poiché favorevole al reo e conforme all'interesse pubblico di evitare giudizi inutili ogni volta che il cittadino straniero non sia più presente sul territorio nazionale. 2. Avverso la predetta sentenza ha proposto immediato ricorso per cassazione, a norma dell'articolo 569 cod. proc. penumero , il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Trieste, il quale, con unico motivo, deduce violazione di legge, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero , in relazione agli articolo 20, comma 14, e 20 bis d.lgs. numero 30 del 2007 e all'articolo 13, commi 3 quater e 13, d.igs. numero 286 del 1998. Illegittimo sarebbe il principio espresso nella sentenza impugnata, secondo cui, ogni volta che un cittadino di un paese dell'Unione Europea, già allontanato, rientri nel territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso e sia immediatamente respinto alla frontiera e riaccompagnato nello Stato di provenienza, il giudice dovrebbe pronunciare sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'articolo 13, comma 3 quater, d.lgs. numero 286 del 1998. A confutazione di tale principio il Procuratore ricorrente ricostruisce il quadro normativo, e sottolinea che le disposizioni previste dall'articolo 13, commi 3, 3 bis, 3ter, 3 quater e 3 quinquies, d.lgs. numero 286 del 1998, in tema di espulsione amministrativa di cittadini non appartenenti all'Unione Europea, espressamente richiamate come applicabili dall'articolo 20 bis, comma 1, d.lgs. numero 30 del 2007, in caso di provvedimento di allontanamento adottato nei confronti di cittadini dell'Unione per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza, postulano due condizioni il soggiorno illegale del cittadino comunitario nel territorio nazionale poiché destinatario di provvedimento di allontanamento e la coeva sua sottoposizione a procedimento penale nel territorio dello Stato. In tal caso, alle condizioni previste dalle norme di richiamo i citati commi 3, 3 bis, 3 ter e 3 quater dell'articolo 13 d.lgs. numero 286 del 1998 , e cioè se nei confronti del cittadino comunitario sia stato eseguito il provvedimento di allontanamento, previo nulla osta dell'autorità giudiziaria davanti alla quale penda il procedimento penale, e se non sia stato già emesso il provvedimento che dispone il giudizio, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, salva la riproponibilità dell'azione penale, a norma dell'articolo 345 cod. proc. penumero , espressamente richiamato dall'articolo 13, comma 3 quinquies, d.lgs. numero 286 del 1998, qualora lo straniero espulso ovvero il cittadino comunitario coattivamente allontanato, come da rinvio alla disciplina del testo unico operato all'articolo 20 bis, comma 1, d.lgs. numero 30 dei 2007, rientri illegalmente nel territorio dello Stato. Nel caso di specie, risultando il D. già destinatario di provvedimento di allontanamento per motivi di pubblica sicurezza, giusta provvedimento del Prefetto di Genova notificatogli il 13 febbraio 2010, e integrando il suo rientro nel territorio nazionale, il 20 gennaio 2012, il reato di violazione del divieto di reingresso, di cui all'articolo 20, comma 14, d.lgs. numero 20 del 2007, per il quale è previsto il rito direttissimo dal comma 16 dello stesso articolo, così come per l'omologo delitto di cui all'articolo 13, commi 13 e 13 ter, d.lgs. numero 286 del 1998, commesso dal cittadino extracomunitario in violazione di un provvedimento di espulsione già emesso nei suoi confronti, non sussisterebbero le condizioni di improcedibilità dell'azione penale ritenute dal giudice nella sentenza impugnata, sulla base di un'interpretazione errata dell'articolo 13, comma 3 quater, d.lgs. numero 286 del 1998, il quale, derogando al principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale, è di stretta interpretazione e non è, quindi, suscettibile di interpretazione estensiva e analogica. In ogni caso, nel caso di specie, l'applicazione della disposizione in tema di improcedibilità sarebbe avvenuta in spregio della chiara lettera dell'articolo 13, comma 3 quater, d.lgs. numero 286 del 1998, poiché successiva all'emissione del decreto di citazione a giudizio dell'imputato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. La legge 30/07/2002, numero 189, recante Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo , ha introdotto nell'articolo 13, comma 3 quater, d.lgs. 25/07/1998, numero 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero , abbreviato in T.U. imm., un'inedita figura di sentenza di non luogo a procedere, pronunciata dal giudice in presenza di tre presupposti a l'acquisizione della prova dell'avvenuta espulsione amministrativa dello straniero sottoposto a procedimento penale, il quale non si trovi in stato di custodia cautelare in carcere o nei cui confronti sia stata revocata o dichiarata estinta per qualsiasi ragione la misura della custodia cautelare in carcere b il previo perfezionamento del nulla osta all'esecuzione dell'espulsione, rilasciato dall'autorità giudiziaria procedente, ai sensi dei commi 3, 3 bis e 3 ter, dello stesso articolo 13 c la mancata emissione del provvedimento che dispone il giudizio. Tale sentenza di non luogo a procedere ha natura di sentenza processuale ricompresa nel novero delle condizioni di improcedibilità atipiche, come da ordinanza numero 142 del 2006 della Corte costituzionale, la quale ha individuato la ratio dell'istituto nella riduzione dell'interesse dello Stato alla punizione di soggetti non più presenti sul territorio nazionale e nelle esigenze deflattive del carico di lavoro giudiziario. A norma del comma 3 quinquies del medesimo articolo 13, tuttavia, la sentenza di non luogo a procedere non preclude la riproposizione dell'azione penale nel caso di rientro illegale dello straniero nel territorio dello Stato prima del termine previsto dal comma 14 dello stesso articolo 13 ovvero, se di durata superiore, prima del termine di prescrizione del reato più grave per il quale si era proceduto nei suoi confronti, col pur previsto ripristino della custodia cautelare, a norma dell'articolo 307 cod. proc. penumero , nei confronti dello straniero illegalmente rientrato che sia stato precedentemente scarcerato per decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare. Il d.lgs. 6/02/2007, numero 30, intitolato Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri , come modificato dal d.lgs. 28/02/2008, numero 32, a decorrere dal 2 marzo 2008, richiama parti significative della disciplina finora illustrata, in tema di rapporto tra procedimento penale e procedimento amministrativo finalizzato all'espulsione, contenuta nel testo unico sull'immigrazione non comunitaria. Ai sensi dei comma 1 dell'articolo 20 bis d.lgs. numero 30 del 2007, qualora il cittadino dell'Unione, destinatario del provvedimento di allontanamento di cui al precedente articolo 20, commi 11 e 12, per i motivi previsti dal comma 1 della stessa norma motivi di sicurezza dello Stato, motivi imperativi di pubblica sicurezza o altri motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza , sia sottoposto a procedimento penale, si applicano anche nei suoi confronti le disposizioni di cui all'articolo 13, commi 3, 3 bis, 3 ter, 3 quatere 3 quinquies T.U. imm Un disciplina derogatoria alla normativa del T.U. imm. caratterizza i procedimenti concernenti reati per i quali l'articolo 380 cod. proc. penumero prevede l'arresto obbligatorio in flagranza in relazione ad essi, non si applica al cittadino dell'Unione la sentenza di non luogo a procedere ex articolo 13, comma 3 quater, mentre è possibile procedere al suo allontanamento solo nell'ipotesi in cui il soggetto non sia sottoposto a misura cautelare detentiva custodia in carcere o arresti domiciliari per qualsiasi causa articolo 20 bis, commi 3 e 4, d.lgs. numero 30 del 2007 . Dalla ricognizione normativa finora operata emerge che l'improcedibilità atipica di cui all'articolo 13, comma 3 quater, del testo unico numero 286 del 1998 sull'immigrazione non comunitaria, in forza del rinvio operato dall'articolo 20 bis, comma 1, d.lgs. numero 30 del 2007, come novellato dal d.lgs. numero 32 del 2008, è applicabile al cittadino dell'Unione Europea, sottoposto a procedimento penale per reato diverso da quelli previsti dall'articolo 380 cod. proc. penumero , nel solo caso di avvenuta uscita dello stesso dal territorio nazionale, in esecuzione di provvedimento di allontanamento emesso nei suoi confronti a norma dell'articolo 20, comma 1, d.lgs. numero 30 del 2007, e sempre che non sia stato già emesso il decreto che dispone il giudizio per il reato oggetto della sentenza di non luogo a procedere mentre la medesima causa di improcedibilità non è estensibile al cittadino dell'Unione, già allontanato dal territorio nazionale, il quale vi rientri in violazione del divieto di reingresso, commettendo il reato previsto dall'articolo 20, comma 14, del medesimo decreto legislativo numero 30 del 2007. In tal caso, infatti, stante il richiamo operato dall'articolo 20 bis, comma 1, d.lgs. numero 30 del 2007 anche al comma 3 quinquies dell'articolo 13 T.U. imm., va riproposta, ex articolo 345 cod. proc. penumero , l'azione penale per il reato che sia stato già oggetto di sentenza di improcedibilità oltre a doversi procedere per il delitto di reingresso in violazione del divieto. Non è, quindi, conforme alla lettera e alla ratio della disciplina di cui al d.lgs. numero 30 del 2007, come novellato dal d.lgs. numero 32 del 2008, l'interpretazione estensiva della disposizione in tema di improcedibilità, sostenuta nella sentenza impugnata, solo perché il cittadino dell'Unione, già allontanato dal territorio dello Stato a norma dell'articolo 20, comma 1, d.lgs. numero 30 del 2007, una volta rientrato illegalmente nel territorio dello Stato e, perciò, denunciato per il reato previsto dall'articolo 20, comma 14, del medesimo decreto legislativo, era stato immediatamente respinto alla frontiera e, pertanto, non si trovava più nel territorio nazionale al tempo dell'emissione della citazione a giudizio per il delitto di illegale rientro. Tale tesi, oltre a non essere conforme alla lettera e alla finalità delle disposizioni in esame, muove da un'erronea interpretazione dell'evoluzione giurisprudenziale che ha interessato l'improcedibilità atipica prevista dall'articolo 13, comma 3 ter, T.U. imm., laddove solo con riferimento al presupposto di fase previsto per il pronunciamento dell'improcedibilità, ovvero la mancata emissione del provvedimento che dispone il giudizio, è stata sostenuta l'applicabilità estensiva della medesima norma anche ai procedimenti in cui non è prevista l'udienza preliminare, risultando l'azione penale esercitabile in forme diverse da quelle indicate nell'articolo 405 cod. proc. penumero , e ciò in conformità della voluntas legis e degli obiettivi di politica criminale perseguiti dal legislatore c.f.r., al riguardo, l'ordinanza numero 143 del 2006 della Corte cost. che ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, comma 3 quater, d.lgs. numero 286 del 1998, introdotto dall'articolo 12, comma 1, legge numero 189 del 2002, in riferimento al parametro di cui all'articolo 3 Cost., richiamando l'interpretazione, in linea con i principi costituzionali, già sostenuta, sul punto, da questa Corte di cassazione nelle sentenze numero 30465 del 2004, Rv. 229794, e numero 38282 del 2004, Rv. 229752, e, più recentemente, nella sentenza numero 35843 del 2007, Rv. 237314 . Né va taciuto che l'interpretazione estensiva propugnata nella sentenza impugnata, assumendo come condizione necessaria, ai fini della sentenza di improcedibilità, solo l'attuato immediato respingimento del cittadino dell'Unione ma lo stesso varrebbe per il cittadino di un paese terzo , rientrato nel territorio nazionale in violazione di precedente provvedimento di allontanamento o di espulsione , indipendentemente dal nulla osta dell'autorità giudiziaria e dagli altri presupposti previsti dall'articolo 13, comma 3 quater, T.U. imm., avrebbe l'effetto aberrante di costituire una sorta di generale impunità per i rientri illegali di soggetti, già espulsi o allontanati, in tutti i casi, anche reiterabili nel tempo, di immediato respingimento della stessa persona, in palese collisione con il giudizio direttissimo previsto sia dall'articolo 13, comma 13 ter, T.U. imm., sia dall'articolo 20, comma 16, d.lgs. numero 30 del 2007, nei confronti degli autori dei reati di cui, rispettivamente, all'articolo 13, comma 13 e 13 bis, del suddetto T.U. e all'articolo 20, commi 14 e 15, del citato decreto legislativo. Va aggiunto che il Tribunale di Trieste, come pure rilevato dalla Procuratore ricorrente, è incorso in errore anche laddove ha riferito il presupposto di improcedibilità, costituito dal non ancora emesso provvedimento che dispone il giudizio o altro provvedimento equipollente , non al tempo di emissione della sentenza di non doversi procedere, con conseguente sua preclusione ove l'atto che instauri il giudizio sia già stato adottato, bensì al solo avvenuto e dimostrato respingimento dello straniero, illegalmente rientrato, al tempo della declaratoria di improcedibilità in senso contrario a tale interpretazione v. Sez. 3, numero 29913 del 23/06/2011, dep. 26/07/2011, C, Rv. 250665 Sez. 1, numero 47454 del 30/10/2013, dep. 29/11/2013, El Basry, Rv. 257471 . 2. Alla luce di quanto precede, risultando fondata la violazione di legge denunciata dal pubblico ministero col ricorso immediato a questa Corte, si impone l'annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza di non luogo a procedere con trasmissione degli atti al Tribunale di Trieste per l'ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Trieste.