Non ci sono prove contro Busco, ma punti oscuri sulla vicenda sì

Nessuna prova che il segno sul seno di Simonetta Cesaroni - vittima dell’omicidio di via Poma – sia dovuto ad un morso. Non solo. «Non c’è nessuna prova» che l’eventuale morso sia «attribuibile» a Raniero Busco, condannato in primo grado a 24 anni di carcere.

In 30 pagine di sentenza numero 39220/14, depositata il 24 settembre , infatti, la Corte di Cassazione ha affermato che la tesi del morso era solo «un’ipotesi non l’unica e i pareri indicano una compatibilità tra i segni sul corpo della vittima e la dentatura di Busco». «Come si vede – hanno aggiunto gli Ermellini - si tratta di due passaggi diversi attribuibilità dei segni ad un morso attribuibilità del morso a Busco per nessuno dei quali viene espressa una certezza di carattere scientifico». Il proscioglimento non è da mettere in discussione. Insomma, per gli Ermellini, mancano le prove per accusare, «oltre ogni ragionevole dubbio», Raniero Brusco dell’omicidio di Simonetta Cesaroni, uccisa a Roma il pomeriggio del 7 agosto del 1990 in via Poma. Inoltre, viene precisato che il verdetto di primo grado, che ha portato alla condanna di Brusco a 24 anni di carcere, ricostruiva il delitto in maniera «suggestiva, ma ampiamente congetturale in ordine a vari aspetti». Il verdetto di proscioglimento dell’imputato, emesso dalla Corte d'Assise d'appello di Roma il 27 aprile 2012, non è da mettere in discussione perché – si legge nel dispositivo - risponde alle regole della «congruità e completezza della motivazione» ed ha una «manifesta logicità». Infatti, «non c'è nessuna prova» che il segno sul seno sia dovuto «ad un morso» né che tale morso sia «attribuibile» a Busco. Non si sa nulla sulle modalità e i tempi dell'azione omicidiaria e nemmeno sul movente. La S.C. ripercorre, quindi, la vicenda giudiziaria e precisa che non c'è alcuna certezza sulla «effettuazione della telefonata da Simonetta a Busco all'ora di pranzo» del 7 agosto 1990 e, comunque sia, «il contenuto di tale telefonata» non è noto. Manca poi la prova del fatto che Busco fosse a conoscenza del luogo dove Simonetta lavorava. È, infine, rimasto misterioso «l'autore dell'opera di ripulitura della stanza» dove Simonetta è stata pugnalata con 29 stilettate. Ci sono diversi punti oscuri. Il delitto di Via Poma, dunque, rimane un grande caso irrisolto di cronaca nera, con ancora molti “punti oscuri”

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 26 febbraio – 24 settembre 2014, numero 39220 Presidente Giordano – Relatore Rocchi