Stretta sulle esterovestizioni impresa con sede sociale e amministrativa all’estero, ma la maggior parte della sua attività si svolge in Italia? La dichiarazione dei redditi va fatta in quest'ultimo Paese, altrimenti si configura l'evasione fiscale.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 16001/13, depositata lo scorso 8 aprile, precisando inoltre che non è invocabile in questi casi il meccanismo del «reverse charge». La fattispecie. Una società, con sede legale in Germania, aveva il proprio centro operativo e decisionale in Italia, ove svolgeva quasi totalmente l’attività di noleggio auto. Pertanto, secondo i giudici italiani, avrebbe dovuto presentare le dichiarazioni annuali Iva. Insomma, l’omissione, e la conseguente evasione fiscale, portava i giudici del riesame a confermare il decreto di sequestro preventivo per equivalente per una somma che superava i 4 milioni e 700mila euro. A presentare ricorso per cassazione è l’amministratore di fatto della società. Tuttavia, la Corte Suprema non ritiene fondati i motivi proposti. I criteri di individuazione dell’esterovestizione erano già stati fissati. Rifacendosi ad una recente pronuncia di legittimità sent. numero 7080/2012 gli Ermellini ribadiscono che «l’obbligo di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi da parte di società avente residenza fiscale all’estero», la cui violazione configura il reato di omessa dichiarazione articolo 5 d.lgs. numero 74/2000 , «sussiste se detta società abbia stabile organizzazione in Italia, il che si verifica» – aggiunge la Cassazione – «quando si svolgano in territorio nazionale la gestione amministrativa e la programmazione di tutti gli atti necessari affinché sia raggiunto il fine sociale, non rilevando il luogo di adempimento degli obblighi contrattuali e dell’espletamento dei servizi». La maggior parte delle attività si svolgono in Italia. Volendo ulteriormente sintetizzare, ai fini delle imposte sui redditi, si considerano residenti in Italia le società e gli enti che, per la maggior parte del periodo di imposta, hanno la sede legale o la sede amministrativa o l’oggetto principale nel territorio dello Stato. Tra i 3 criteri, alternativi, quello della sede dell’amministrazione è caratterizzato dal luogo in cui si esplicano la direzione e il controllo dell’attività. Nulla da fare quindi il ricorso viene rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 marzo – 8 aprile 2013, numero 16001 Presidente Teresi – Relatore Lombardi Ritenuto in fatto 1. Con la impugnata ordinanza il Tribunale di Bolzano ha confermato il decreto di sequestro preventivo per equivalente fino alla concorrenza di Euro 4.720.580,98, emesso dal G.I.P. del medesimo Tribunale in data 29/08/2012 nei confronti di S.H. ovvero della società Rentcar Chartering G.m.b.H con sede in in relazione al reato di cui agli articolo 81 cpv. c.p. e 5 del D. Lgs numero 74/2000, a lui ascritto per non avere presentato, pur essendovi obbligato, per gli anni dal 2004 al 2010 le dichiarazioni annuali iva con imposta evasa per ciascuna annualità superiore ad Euro 77.468,53. li Tribunale del riesame ha affermato che la predetta società Rentcar Chartering era obbligata a presentare le dichiarazioni iva in Italia ai sensi degli articolo 5 del D. Lgs. numero 74/2000 e 73 TUIR, dovendosi ritenere, ai sensi di tale ultimo disposto, che la predetta società aveva la residenza fiscale in . In sintesi, giudici del riesame hanno affermato che la predetta società, pur avendo formalmente sede legale in , aveva il proprio centro operativo e decisionale in , ove svolgeva quasi totalmente l'attività di noleggio auto. Sul punto è stato evidenziato che i rapporti di c/c intestati alla società erano stati accesi in Italia dal S. , quale amministratore e rappresentante legale della società, nonché unica persona delegata ad operare sui predetti conti conti senza i quali la società non avrebbe potuto svolgere alcuna attività, corrispondendo gli stessi ai finanziamenti necessari per l'acquisto delle auto. Il S. aveva, tra l'altro, offerto proprie garanzie immobiliari per ottenere i finanziamenti dalle banche per conto della società Rentcar. Nella sostanza, quindi, è stato affermato, sulla base anche di numerosi ulteriori elementi indiziari, che il S. opera, gestisce ed amministra di fatto la società Rentcar sul territorio nazionale qui si realizza il fatturato maggiore di detta società ed i servizi sono resi si stipulano i contratti ed è ubicato il centro direzionale dell'attività, risultando, quindi, integrata la ipotesi della esterovestizione di società operante di fatto in Italia. Per quanto ancora interessa l'ordinanza ha affermato che l'accertamento dell'iva evasa è stato effettuato sulla base di minuziosi accertamenti, anche extracontablli, senza che si sia fatto ricorso alle presunzioni operanti in materia fiscale. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il S. , tramite i difensori, che la denunciano con nove motivi di gravame. 2.1 Violazione ed errata applicazione degli articolo 5 del D. Lgs numero 74/2000, 73 del TUIR in relazione all'articolo 4 della Convenzione Italia Germania contro le doppie imposizioni, all'articolo 7, comma 3, del DPR numero 633/1972 e all'articolo 9 della VI direttiva CEE numero 77/388. Si precisa che il ricorso per il noleggio di auto a lungo termine ad una società avente sede in consentiva alla clientela fino al 2010, anno in cui è mutata la disciplina della territorialità delle prestazioni, di fruire del più favorevole regime in materia di iva e della sua detraibilità previsto dalla legislazione tedesca. Nella sostanza, poi, si deduce che l'accusa non ha attribuito il giusto valore agli elementi che attestavano il radicamento tedesco della società Rentcar, avendo la stessa non solo sede in Germania, ma ivi anche il proprio amministratore delegato fino al 2010, nella persona di tale J B. residente a OMISSIS . Si citano, poi, giurisprudenza varia anche della Corte di giustizia Europea e le disposizioni della convenzione OCSE in ordine alla distinzione tra attività di amministrazione della società, che nella specie si svolgeva in , e attività di commercializzazione dei servizi offerti al mercato, per affermare la irrilevanza di tale elemento, su cui è fondata la misura cautelare, al fine di ritenere la esterovestizione della società operante in Italia. Si afferma anche la legittimità della fruizione del regime fiscale più favorevole per i servizi prestati da una società estera, come avvenuto nel caso in esame con riferimento all'iva. 2.2 Violazione ed errata applicazione dell'articolo 9 della sesta direttiva CEE 388/77 e dell'articolo 5 del D. Lgs numero 74/2000. Viene citato il predetto articolo 9 della sesta direttiva CEE ai sensi del quale Si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile a partire dal quale la prestazione dei servizi viene resa , principio peraltro corrispondente a quello previsto dall'articolo 7, comma 1 lett. d , del DPR numero 633/1972, per inferirne che, ai fini della configurabilità del reato, l'accusa dovrebbe cancellare la struttura ed i dipendenti tedeschi della società, nonché dimostrare che i noleggi delle autovetture erano operazioni realizzate nella sede italiana di Rentcar, circostanza smentita da numerosi deposizioni raccolte presso i clienti. 2.3 Violazione di legge In relazione agli articolo 1470 e ss., 1571 e ss. e 1474 e ss. C.C In sintesi, si sostiene la effettività dei contratti di noleggio a lungo termine stipulati dalla Rentcar con clienti italiani, non essendovi prova della loro dissimulazione di contratti di compravendita, e la loro liceità sul piano tributarlo, nonché la liceità della fruizione del regime fiscale più favorevole In materia di iva da parte di una società estera per i servizi prestati in un altro paese della Comunità Europea. 2.4 Violazione di legge in relazione all'articolo 17, comma 2, del DPR numero 633/1972 e all'articolo 5 del D. Lgs numero 74/2000. Anche se si fosse trattato di vendite da patte della società tedesca a soggetti italiani l'operazione avrebbe si scontato l'imposta in Italia, ma attraverso il meccanismo del reverse charge da parte dell'acquirente residente in Italia ai sensi dell'articolo 17, comma 2, del DPR numero 633/1972, l'imposta andava recuperata nei confronti dell'acquirente. Le somme, il cui mancato versamento si contesta cumulativamente nei confronti del noleggiatore/presunto venditore, andrebbero perciò frazionate sul singoli clienti, sicché non risulterebbero superate le soglie di punibilità previste dalla fattispecie di cui all'imputazione. 2.5 Violazione di legge in riferimento all'articolo 5 del D. Lgs numero 74/2000 per manifesta carenza del dolo specifico di evasione. La finalità perseguita dalla Rentcar, secondo la stessa pubblica accusa era la concorrenza, definita sleale, nei confronti dei noleggiatori o cessionari italiani. Peraltro, i soggetti sui quali sarebbe gravato il tributo, per il parziale diniego della detrazione, erano i clienti della Rentcar. Quest'ultima, salve le sanzioni amministrative sarebbe rimasta totalmente indifferente alla pretesa tributaria. 2.6 Carenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesti dall'articolo 273 c.p.p Anche se in materia di misure reali è sufficiente il fumus commissi delicti non è idonea ad integrare il requisito richiesto per il sequestro l'astratta attribuzione del reato ad un soggetto, essendo necessario verificare funditus la sussistenza delle condotte criminose che legittimano l'intervento cautelare. Nel caso in esame l'accusa si fonda su elementi confusi, non avendo il Tribunale vagliato attentamente il contesto fattuale ed i profili legal-tributari della vicenda. 2.7 Violazione di legge in riferimento all'articolo 322 ter c.p., per non essere il sequestro collegabile ad alcun profitto della Rentcar GmbH. Si ribadisce che il profitto della fruizione del regime iva agevolato era dei clienti della Rentcar e non della società noleggiatrice. 2.8 Violazione di legge in riferimento all'articolo 5 del d.lgs. numero 74/2000 e all'articolo 322 ter c.p. per errata quantificazione dell'imposta asseritamente evasa. Ai fini della determinazione dell'imposta evasa si è fatto ricorso alle presunzioni operanti in materia tributaria relativamente ai versamenti ed ai prelievi dai conti correnti della società accesi in Italia. Tali presunzioni non possono trovare ingresso probatorio in sede penale, con la conseguenza che la base imponibile andrebbe quantomeno dimezzata. 2.9 Violazione di legge per insussistenza del presupposto della impossibilità di procedere alla confisca diretta del profitto del reato ex articolo 322 ter c.p. e 321 c.p.p La confisca per equivalente deve essere preceduta, ai sensi dell'articolo 322 ter c.p.p., la cui applicazione è stata estesa dall'articolo 1, comma 143 della L. numero 244/2007 ai reati tributali, dall'accertamento della impossibilità di procedere alla confisca diretta del profitto dei reato ovvero delle somme corrispondenti all'iva non versata presenti nella casse della società Rentcar GmbH. Nel caso in esame, però, non è stato effettuato alcun accertamento della possibilità di procedere alla confisca diretta del profitto del reato, mentre è stato disposto direttamente il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti del S. ovvero della società Rentcar Cathering GmbH. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato. Preliminarmente la Corte osserva, in relazione alla richiesta formulata in udienza dal P.G., che il ricorso è stato proposto esclusivamente dal S. nella sua qualità di indagato, sicché non possono essere prese in esame ragioni della società Rentcar Chartering, che non sono state proposte in questa sede. Va, poi, osservato, con riferimento alla legittimità del ricorso posta in discussione da una nota del P.M. procedente, che la nomina di un difensore, ai fini della proposizione del ricorso per cassazione, anche se si verifica il superamento del limite previsto dall'articolo 96, comma 1, c.p.p., deve ritenersi validamente effettuata, stante la peculiarità dell'impugnazione in sede di legittimità, che è disciplinata dall'articolo 613 c.p.p. Sez. Unumero sentenza numero 12164 del 15/12/2011, Di Cecco, RV 252028 . 2. Passando all'esame del merito del ricorso, ai sensi dell'articolo 73, comma 3, del DPR 22/12/1986 numero 917 Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell'amministrazione o l'oggetto principale nel territorio dello Stato . In applicazione della disposizione citata è stato di recente affermato da questa Corte che L'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi da parte di società avente residenza fiscale all'estero, la cui omissione integra il reato previsto dall'articolo 5 del D.Lgs. 10 marzo 2000, numero 74, sussiste se detta società abbia stabile organizzazione in Italia, il che si verifica quando si svolgano in territorio nazionale la gestione amministrativa e la programmazione di tutti gli atti necessari affinché sia raggiunto il fine sociale, non rilevando il luogo di adempimento degli obblighi contrattuali e dell'espletamento dei servizi . sez. 3, sentenza numero 7080 del 24/01/2012, Barretta, Rv. 252102 v. anche negli stessi termini sez. 3, sentenza numero 29724 del 26/05/2010, P.M. in proc. Castagnara, Rv. 248109 con riferimento all'obbligo di presentazione della dichiarazione annuale IVA da parte di società avente residenza fiscale all'estero . Orbene, l'ordinanza impugnata ha puntualmente applicato l'enunciato principio di diritto e la norma di riferimento, avendo posto a fondamento del giudizio espresso in ordine alla esterovestizione di società di fatto operante in la indicazione di una serie di elementi, già descritti in narrativa e dettagliatamente indicati da pag. 2 a 5 del provvedimento, univocamente dimostrativi del fatto che la Rentcar Chartering aveva la sede gestionale, essendone l'amministratore di fatto fin dalla sua costituzione il S. , e l'oggetto principale della sua attività nel territorio italiano, dove aveva anche eletto il proprio domicilio fiscale. Sul punto le deduzioni difensive del ricorrente, anche di diritto, di cui ai primi due motivi di ricorso, si esauriscono sostanzialmente nella contestazione degli elementi di fatto posti a fondamento dell'impugnata ordinanza, nonché nella prospettazione, inammissibile in sede di legittimità, di circostanze di fatto l'esistenza di una struttura operativa della società in Germania che non emergono dal provvedimento Impugnato. 2.3 Quanto al meccanismo del cosiddetto reverse charge, di cui all'articolo 17, comma 2, del DPR numero 633/1972, esso trova applicazione con riferimento a cessioni di beni o prestazioni di servizi effettuate da soggetti non residenti, sicché l'assunto giuridico si fonda su un postulato di fatto che risulta sempre in contrasto con l'accertamento di merito contenuto nell'impugnata ordinanza. 2.4 L'accertamento della effettiva natura dei contratti di noleggio a lungo termine è necessariamente riservato alla sede di merito e, peraltro, tale questione non risulta neppure essere stata posta dinanzi al Tribunale del riesame. 2.5 Si osserva ancora con riferimento all'elemento soggettivo del reato che il dolo specifico di evasione delle imposte mediante la mancata presentazione della dichiarazione annuale non è escluso dall'esistenza di ulteriori finalità perseguite da colui che commette il reato. A nulla rileva inoltre, In ordine alla configurabilità della fattispecie, la astratta possibilità per l'imputato di recuperare le imposte evase dai singoli contraenti. 2.6 È noto, poi, In relazione al sesto motivo di gravame, che ai fini della applicazione di misure cautelari reali è sufficiente il fumus commissi delicti, il cui accertamento trova ampio riscontro nella analitica indicazione, nell'ordinanza, degli elementi da cui è stato desunto, mentre non occorre anche la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza richiesti dall'articolo 273 c.p.p. per l'applicazione delle misure personali. 2.7 L'assenza di un profitto della Rentcar Chatering costituisce anche essa mera asserzione del ricorrente in contrasto con le risultanze del provvedimento cautelare. Peraltro, è evidente che tale profitto si è concretato nell'omesso versamento dell'iva dovuta, a nulla rilevando, come già osservato, che la società si sarebbe potuta rivalere del pagamento dell'imposta nei confronti dei singoli contraenti. 2.8 Il Tribunale del riesame ha dato atto che l'ammontare dell'imposta evasa dalla società è stato accertato tramite la ricostruzione del volume di affari ad essa riconducibile con esclusione del ricorso alle presunzioni operanti in materia tributaria, sicché il diverso assunto del ricorrente sul punto risulta meramente assertivo e comunque non risulta apprezzabile in sede di legittimità sulla base di generiche deduzioni. 2.9 Infine, in tema di reati commessi nell’interesse della persona giuridica, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sui beni della persona fisica non richiese, per la sua legittimità, la preventiva escussione del patrimonio dell’ente Sez. 3, Sentenza numero 7138 del 27/01/2011, Mazzitelli, Rv. 249398 massime precedenti conformi numero 10838 del 2007 Rv. 235827 . Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.