La carica di amministratore di una società a base personale è incompatibile con la qualifica di lavoratore subordinato, in quanto non possono riunirsi in tale posizione sia i poteri riservati all’esecutore subordinato della volontà sociale, sia i poteri dell’organo competente ad esprimere tale volontà.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 7312/13, depositata il 22 marzo. Il caso un rapporto di lavoro subordinato? L’accomandataria di una piccola società ricorre di fronte al Giudice del lavoro, contestando il fatto di non svolgere esclusivamente attività di direzione ed amministrazione, ma anche mansioni di concetto con specifica ed elevata capacità tecnico professionale e autonomia di iniziativa nell’ambito delle direttive generali impartite dall’accomandante. Per questo, la donna chiede l’accertamento della natura subordinata del rapporto e il pagamento delle differenze retributive in applicazione del trattamento economico previsto dal CCNL Commercio per l’impiegato di concetto di II livello. Negato il vincolo di subordinazione. La domanda viene accolta in primo grado, ma la decisione viene ribaltata in sede di Appello in particolare, i giudici di secondo grado rilevano che la ricorrente per espresso e libero accordo contrattuale era al tempo stesso conferente d’opera e amministratore della società la sua collaborazione veniva prestata in autonomia e senza vincolo di subordinazione infine, la donna aveva ricevuto per le sue prestazioni somme superiori a quelle che avrebbe percepito come dipendente. La soccombente ricorre allora per cassazione. No a censure di merito. Con un articolato ricorso, la donna lamenta che la Corte di Appello avrebbe dato preminenza al nomen iuris e alle dichiarazioni negoziali rispetto al dato fattuale, avrebbe escluso l’eterodirezione in caso di prestazioni professionalmente elevate a causa della mancanza di ordini specifici e controllo assiduo da parte del datore e infine non avrebbe dato rilievo ai c.d. indici sussidiari, determinanti ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro. Secondo gli Ermellini, tuttavia, i primi tre quesiti tendono sostanzialmente a sollecitare un riesame dei fatti inammissibile in sede di legittimità. Essenziale distinguere amministratore e lavoratore subordinato. La ricorrente censura poi il fatto che i giudici di merito abbiano escluso la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato a motivo della compresenza di un eventuale, ma distinto, ruolo gestorio o sociale in capo al dipendente. Neppure tale doglianza merita accoglimento secondo la S.C., infatti, la carica di amministratore unico di una società a base personale è incompatibile con la posizione di lavoratore subordinato, in quanto non possono riunirsi in tale qualifica sia i poteri riservati all’esecutore subordinato della volontà sociale, sia i poteri dell’organo competente ad esprimere tale volontà. Ciò vale, a maggior ragione, nelle società a base personale, nelle quali è da ritenersi essenziale la distinzione tra i soggetti titolari dei due diversi rapporti giuridici. Per questi motivi la Cassazione rigetta il ricorso.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 24 gennaio – 22 marzo 2013, numero 7312 Presidente Miani Canevari – Relatore Blasutto Svolgimento del processo Con ricorso al Giudice del lavoro di Trento, V. C. esponeva che in data 15.9.97 era stata costituita, tra essa ricorrente e la soc. F. s.a.s. di C. U. & amp C, la società Arche di V. C. & amp C. s.a.s. in cui aveva rivestito il ruolo di socio accomandatario e nella quale, in forza dell' articolo 6 del contratto sociale, avrebbe dovuto prestare attività di direzione ed amministrazione che invece aveva sempre svolto per la società mansioni di concetto con specifica ed elevata capacità tecnico professionale, con autonomia di iniziativa nell'ambito delle direttive generali ricevute da C. U., dal quale dipendevano l'organizzazione, le modalità e i tempi di svolgimento del lavoro. Agiva quindi per l'accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro svoltosi nel periodo compreso tra il 1.1.98 e il 31.12.2003, convenendo in giudizio la società nelle more divenuta A. S.a.s. di G. I. e C. U., della quale chiedeva la condanna al pagamento delle relative differenze retributive in applicazione del trattamento economico previsto dal CCNL Commercio per 1'impiegato di concetto di II livello. La domanda, accolta in primo grado, veniva respinta dalla Corte di appello di Trento che, con sentenza in data 13.9.2007, osservava che per espresso accordo contrattuale la V. era al contempo socio conferente opera ed amministratore della società e la sua collaborazione, alla stregua del vincolo contrattuale liberamente assunto, era prestata in autonomia senza vincolo di subordinazione, salva la prova - che tuttavia non era stata offerta - che il C., socio accomandante, avesse agito come effettivo datore dì lavoro. Risultava per tabulas che la V. nel settembre 1997, sua sponte era divenuta legale rappresentante e socia accomandatarìa della società e che, in tale veste, aveva compiuto una serie di atti in contrasto con la dedotta natura subordinata del rapporto inoltre, aveva ricevuto per la sua prestazione somme superiori a quelle che avrebbe percepito come dipendente. L'insieme di tali elementi deponeva per la natura autonoma della collaborazione prestata in favore della società, mentre gli elementi indicati a sostegno della presunta subordinazione, quali l'osservanza di un orario di lavoro, il coordinamento delle ferie e la continuità della remunerazione per l'opera prestata, non erano incompatibili con il suddetto regime di collaborazione. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione V. C. con tre motivi, ciascuno articolato in diversi quesiti dì diritto. Resiste con controricorso la s.a.s. Arche dì G. I Parte ricorrente ha depositato memoria ex articolo 378 cod. proc. civ Motivi della decisione Con i tre motivi di ricorso, tra loro connessi e articolati in una pluralità di quesiti, si denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 2094, 2697, 1322 e 1362 cod.civ. nonché vizio di motivazione art 360 cod, proc. civ., nnumero 3 e 5 per avere la Corte di appello dato preminenza al nomen iuris e alle dichiarazioni negoziali rispetto al dato fattuale, mentre il riconoscimento della subordinazione non è nella disponibilità delle partì, la cui manifestazione dì volontà non può avere alcun valore dichiarativo o ricognitivo della natura del rapporto di lavoro primo quesito per avere escluso l'eterodirezione in caso diprestazioni professionalmente elevate in ragione della mancanza di ordini specifici e di controllo assiduo da parte del datore secondo quesito per non avere dato adeguato rilievo agli indici ed. sussidiari, che invece in caso di prestazioni lavorative di carattere intellettuale - in cui difetta un'ingerenza continuativa del datore di lavoro -assumono rilievo determinante ai fini della qualificazione terzo quesito ,* per avere la Corte territoriale escluso la configurazione dì un rapporto di lavoro subordinato in ragione della compresenza di eventuale, ma distinto, ruolo gestorio o sociale in capo alla ricorrente quarto quesito . Lamenta difetto di motivazione circa il fatto determinante costituito dall'avere svolto le mansioni all'interno dell'azienda e avvalendosi dei mezzi e delle attrezzature della stessa, con modalità del tutto analoghe a quelle degli altri dipendenti, nonché motivazione lacunosa ed incongrua per avere ritenuto non dimostrabile la subordinazione nella particolare fattispecie, omettendo dì esaminare e valutare gli elementi di prova emersi nel corso del giudizio di primo grado. Il ricorso è infondato. Secondo la narrativa dei fatti esposta dalla stessa ricorrente, in data 15 settembre 1997 venne costituita la società Arche di V. C. & amp C. s.a.s , i cui soci erano la stessa V. con qualifica di socio accomandatario d'opera e la società in accomandita semplice Fìrmian s.a.s. di C. U. & amp C. , con qualifica di socio accomandante, titolare dell' intero capitale sociale, pari all' importo dì lire 3.000.000 l'oggetto della società consisteva nell'attività di elaborazione dati. In data 24.2.2000 la F. s.a.s. di C. U. & amp C. cedette l'interapartecipazione posseduta nella società a C. U., il quale divenne socio accomandante titolare dell' intero capitale sociale. Pertanto, alla data in cui - secondo la tesi di parte ricorrente - avrebbe avuto inizio il rapporto di lavoro subordinato 1.1.98 la V. era socio accomandatario della società in favore della quale la stessa assume di avere svolto lavoro subordinato quale impiegata di concetto. Muovendo da tali presupposti di fatto, la sentenza impugnata trova la sua ratio decidendi nel riscontro di effettività, desunto da elementi indiziari, del ruolo gestorio assunto dalla ricorrente nella società. In particolare la Corte territoriale ha indicato a l'atto di cessione di quote in cui la V. aveva dichiarato davanti al notaio dì partecipare alla società conferendo la propria opera amministrativa e non come dipendente b l'articolo 6 dell'atto costitutivo della società, in cui la V. aveva dichiarato di fare parte della compagine sociale unicamente come socio accomandatario gerente ed aveva affermato di collaborare con l'azienda come lavoratrice autonoma con l'incarico di prestazione d'opera intellettuale nella materia di revisioni amministrative e contabili e la sottoscrizione di molteplici atti notarili, tra cui la variazione del 24.2.2000 e il contratto dì locazione finanziaria di fine anno 2002 d la lettera raccomandata del 16 giugno 2003 con cui la V. comunicò il proprio recesso dalla società con effetto dal 1° gennaio 2004, come previsto dall'articolo 14 dell'atto costitutivo. Priva di attinenza alla fattispecie è la censura secondo cui la ricerca della volontà delle parti attraverso il nomen luris attribuito al rapporto non può andare disgiunto da una verifica dei risultati con riguardo alle caratteristiche e modalità concretamente assunte dalla prestazione stessa nel corso del suo svolgimento. Non è questa la ragione assunta dalla Corte di merito a fondamento della propria decisione, incentrata sulla effettività della posizione di socio accomandatario, valutazione a sua volta basata sulla presenza di elementi indiziari atti ad escludere la fittizietà del ruolo gestorio. I primi tre quesiti, a prescindere dalla genericità della loro formulazione, seppure formalmente diretti a denunciare la violazione delle norme di diritto, sono intesi a contestare la motivazione della sentenza, valutata come carente per non avere tratto dalle risultanze istruttorie i significati ritenuti evidenti o, comunque, preminenti. Così inteso, l'articolato motivo involge la valutazione e 1'apprezzamento delle prove, compito riservato al giudice di merito nel tentativo di opporre agli elementi di prova valorizzati dal giudice di appello quelli ritenuti dalla parte ricorrente maggiormente convincenti, il ricorso in esame sollecita, nella forma apparente della denuncia di error in iudicando, un riesame dei fatti, inammissibile in questa sede. Il quarto quesito censura la sentenza per avere la Corte territoriale escluso la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato in ragione della compresenza di eventuale ma distinto - ruolo gestorio o sociale in capo al dipendente . II motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la carica di amministratore unico dì una società a base personale è incompatibile con la posizione di lavoratore subordinato della stessa, in quanto non possono in un unico soggetto riunirsi la qualità di esecutore subordinato della volontà sociale e quella di organo competente ad esprimere tale volontà infatti, la costituzione e l'esecuzione del rapporto lavorativo subordinato devono essere collegabili ad una volontà della società distinta da quella dell'amministratore Cass. sent. 15 settembre 1979 numero 4779 cfr. pure Cass. 17 maggio 1975 numero 1940 . Nella fattispecie in esame, la Corte di appello ha riscontrato - secondo il suo insindacabile apprezzamento, non validamente censurato - l'effettività del ruolo gestorio assunto dalla V. di conseguenza, è corretta anche in punto di diritto la sentenza impugnata laddove ha escluso che l'amministratore unico di una società in accomandita semplice possa essere, contemporaneamente dipendente della medesima, per la necessità che non si concentrino ad un tempo nella stessa persona fisica il potere di esprimere la volontà della società, di dare ad essa esecuzione nonché di effettuarne il relativo controllo, tanto più che, instaurandosi il rapporto di lavoro subordinato nei confronti dell'amministrazione della società, nel caso di amministratore unico verrebbe a mancare l'elemento dell'intersoggettività, senza del quale è inconcepibile la stessa esistenza di siffatto rapporto giuridico. Ciò vale, a maggior ragione, per le società di persone, nelle quali la mancata creazione di un distinto ente giuridico e la minore spersonalizzazione dei soggetti preposti agli organi sociali fanno apparire ancor più necessaria la distinzione tra i soggetti dei relativi rapporti giuridici Cass. 3 novembre 1977 numero 4690 . Quanto al vizio di motivazione articolo 360 primo comma, numero 5 cod.proc.civ. , premesso che questo può rilevare solo nei limiti in cui 1F apprezzamento delle prove - liberamente valutabili dal giudice di merito, costituendo giudizio di fatto - si sia tradotto in un iter formativo di convincimento affetto da vizi logici o giuridici, restando altrimenti insindacabile, deve rilevarsi che nessun vizio logico è stato denunciato circa l'ordine argomentativo della sentenza impugnata, in quanto la presunta omessa motivazione su fatti che si assumono decisivi si risolvono nel tentativo di opporre una diversa ricostruzione dei fatti mediante la valorizzazione di elementi diversi da quelli indicati dal giudice di appello a fondamento della propria valutazione, v., ex plurimis, tra le più recenti, Cass. numero 6288 del 18/03/2011 . Il ricorso va dunque respinto, con onere delle spese, liquidate come in dispositivo, a carico di parte ricorrente. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 4.000,00 quattromila per compensi e Euro 40,00 quaranta/00 per esborsi, oltre accessori di legge.